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Il sacro “bastone” della bestia Ma non vedete? Non è ancora abbastanza chiaro? di
Francesco Lamendola
Articolo pubblicato sul sito Accademia Nuova Italia
Presentazione, impaginazione e neretti sono nostri
![]() È solo l’ultimo dettaglio, l’ultima puntata dell’atroce spettacolo con cui il signore argentino, sin dal primo istante, anzi, sin da prima della sua elezione - che non avrebbe mai dovuto avere luogo perché lui è un gesuita e, come tale, in quel conclave non doveva neppur esserci, e invece c’era già stato nel 2005 e per poco non era già stato eletto allora, al posto di Ratzinger -, sin da allora ci ha abituati a vedere ogni giorno una nuova mossa per desacralizzare la dottrina cattolica e per sfigurare la Chiesa. Ora si tratta di socchiudere la porta della Comunione ai divorziati risposati, ora di chiudere un occhio mentre si consuma l’eutanasia ai danni di un povero bambino; ora di invitare i musulmani alla santa Messa, ora di riabilitare pienamente Lutero; ora di riconoscere ai giudei il permanere intatto dell’Antica Alleanza, e perciò la qualifica di popolo tuttora eletto (a dispetto di una cosuccia da niente come il rifiuto e la crocifissione di Gesù e la sua perenne maledizione rituale nelle preghiere del Talmud), ora di rifiutare qualsiasi risposta ai cardinali che lo interrogano su questioni di fede; ora di commissariare e sequestrare come malfattori i Francescani dell’Immacolata, ora di cambiare, di punto in bianco, il catechismo, e di cambiare perfino le parole del Padre nostro. E intanto, dall’ambone di Santa Marta, ogni giorno, omelie sempre sul filo dell’eresia, e sempre tali da generare confusione, sconcerto, tristezza, e da minare ogni senso di sicurezza, ogni fede nella verità, ogni atto positivo del credente nei confronti del suo Dio (anche perché, dice costui, Dio non è cattolico) e perciò della sua religione. Sempre espressioni ambigue, irriverenti, talvolta sacrileghe, come quando dice che le Persone della Santissima Trinità litigano continuamente fra di loro… cose da pazzi. Cose che, se la Chiesa fosse ancora sana e se vi fossero ancora dei veri cardinali e dei veri vescovi, e non una banda di massoni travestiti da eminenze, e monsignori, non gli sarebbero state passate lisce, ma sarebbero state stigmatizzate. Perché si deve obbedire al papa, quando il papa obbedisce a Dio e svolge fedelmente la sua funzione di vicario del Buon Pastore, ma non quando egli si comporta da lupo e disperde le pecore in ogni direzione, agendo con malizia calcolata e mosso da un’ambizione vergognosa, da una vanità divorante, che lo ha reso disponibile alle sporche manovre della mafia di san Gallo, quand’essa era in cerca dell’uomo “giusto” da mettere sulla cattedra di San Pietro, per affrettare e rendere irreversibili gli effetti della “svolta” conciliare. Frutto, quest’ultima, a sua volta, delle trame della massoneria ecclesiastica, in collaborazione, diciamo così, con la massoneria ebraica, il B’nai B’rith. ![]() Nessuno se ne accorge? Ma che altro deve ancora fare costui, perché la gente finalmente apra gli occhi? Che altro ci si deve aspettare da lui, perché i cattolici si rendano conto di chi egli è veramente, di quali sono i suoi veri piani, del lavoro che sta facendo, e che è stato incaricato di fare sin dal marzo del 2013, cinque anni e mezzo or sono? Deve forse mostrare sul braccio il numero della Bestia, 666? L’autorità di un papa è fatta anche di gesti; la sua pastorale si avvale anche di segni liturgici. Ebbene, al Sinodo dei giovani egli si è presentato impugnando una specie di ferula che imitava assai vagamente un crocifisso, ma che faceva pensare a tutto, tranne che a un Crocifisso. Si trattava di un bastone con due corni, attraversati da un grosso chiodo, dono, a sua volta, di un gruppo di giovani, al Circo Massimo. Be’, in fondo si trattava solo di un bastone; di un oggetto molto brutto, ma insomma un semplice bastone. Arte moderna, magari; arte sacra post-conciliare, si potrebbe precisare. E tuttavia, vedere un papa, se tale lo si vuol considerare, celebrare la santa Messa impugnando quel bastone cornuto, con il grosso chiodo in mezzo; sospettare in quel bastone una oscena imitazione del Crocifisso; cogliere un’intenzione perfida, diabolica, in quella contraffazione, in quel messaggio dico-e-non-dico, suggerisco e faccio l’indiano, scaglio il sasso e nascondo la mano, come del resto fa sempre costui, questa volta ci ha provocato una sensazione di indignazione assai più forte di molte altre volte; perfino più forte di quando ha volgarmente offeso Gesù Cristo, dicendo che fa un po’ lo scemo, o che è brutto che fa schifo. Sì: una indignazione, mista a incredulità, persino più forte di allora. Ma come, ci siamo detti, la sua arroganza arriva a tanto? E nessuno ne prende nota? Nessuno se ne accorge? Ma che altro deve ancora fare costui, perché la gente finalmente apra gli occhi? Che altro ci si deve aspettare da lui, perché i cattolici si rendano conto di chi egli è veramente, di quali sono i suoi veri piani, del lavoro che sta facendo, e che è stato incaricato di fare sin dal marzo del 2013, cinque anni e mezzo or sono? Deve forse mostrare sul braccio il numero della Bestia, 666? Deve invocare il Grande Architetto dell’Universo, e dichiarare apertamente che alla divinità di Gesù Cristo, lui, non ci crede affatto? ![]() L'ennesima provocazione? Se i simboli hanno ancora un valore, come è stato per due mila anni nella Chiesa di Cristo, non è questo forse il sacro bastone della "Bestia"? Un papa che si presenta a celebrare la santa Messa impugnando un bastone che pare un simbolo esoterico, o massonico, o diabolico: un bastone con due corna, come di solito si rappresenta il Diavolo; non con un Crocifisso, ma con un oggetto che appare come la sua orribile deformazione. E, di nuovo, come mille altre volte, la perfidia dell’ambiguità, in modo da suggerire, senza però esporsi del tutto; la perfidia di far passare per visionario, per allucinato, per paranoico, chi vede e capisce, ma non ha le prove per dire che costui sta sfidando Iddio e i fedeli! Non ha le prove, ma le prove sono nell’evidenza stessa del gesto, in quel preciso oggetto che tiene in mano. ![]() Che papa è un papa che si presenta a celebrare la santa Messa impugnando un bastone che pare un simbolo esoterico, o massonico, o diabolico: un bastone con due corna, come di solito si rappresenta il Diavolo? Nella liturgia cattolica, ripetiamo, non esistono gesti fatti a caso, non vi sono oggetti fatti pressappoco: tutti, fino all’ultimo gesto e fino all’ultimo oggetto, hanno una funzione precisa, e sono codificati da secoli di Tradizione e di Magistero. Ma lui, il signore argentino, non bada a questi formalismi; lui, il papa della povera gente, il papa dei gesti improvvisi e generosi, quello che sposa in aereo una coppia, mentre si sta volando a 10.000 metri sulle Ande, lui che si mette il naso da pagliaccio per divertir la gente, e che va a raccontare le barzellette alle suore di clausura, per divertirle e quasi per consolarle della vita vuota e noiosa che fanno là dentro, lui si presenta impugnando un bastone con i corni, un oggetto che pare uscito dalle mani del Demonio, tanto è brutto e tanto allude, ma sconciamente, al simbolo della santa Croce di Gesù Cristo. Avremmo preferito che fosse stato un oggetto del tutto incongruo, qualsiasi cosa, ma non questa oscura, orrenda, somiglianza con un Crocifisso. Perché quell’oggetto ci fa venire in mente che, nelle Messe nere, la liturgia cattolica è sostanzialmente rispettata, solo che viene capovolta: ogni gesto e ogni simbolo acquistano un significato opposto a quello che ha nella Chiesa. È una liturgia alla rovescia. E quel bastone, quella specie di ferula, a noi pare proprio il contrario di un Crocifisso: un alludere al fatto che Gesù non era Dio, o al fatto che il suo Sacrificio è stato inutile, o, ancora, al fatto che il vero Dio da adorare non è Lui, ma un altro: quello che, nella dottrina cattolica, viene presentato esplicitamente come il suo nemico. ![]() Bergoglio è eretico: sostiene apertamente che Dio non è cattolico, andando palesemente contro il volere di nostro Signore Gesù Cristo che a tal riguardo è stato "chiarissimo"! E il papa, il vicario di Cristo in terra, il capo di un miliardo e trecento milioni di fedeli, può forse avere meno attenzioni, meno cautele, una minor dose di prudenza di quanta ne hanno, abitualmente, un medico, o un comandante di nave, o una maestra o una ragazza che fa l’animatrice in un’attività parrocchiale? Via, è semplicemente inconcepibile. Perciò, se una cosa del genere accade, non si può pensare a un malinteso, a una leggerezza, a un atto involontario. No, tanto più che quel signore sa benissimo quel che si dice da parte di alcuni cattolici: che di parole e gesti ambigui, e male interpretabili, ne ha già detti e fatti anche troppi. Eppure ha voluto farne un altro: ha voluto presentarsi in chiesa, per la santa Messa, con un oggetto che aveva qualcosa di orribile, che pareva una sfida ai sentimenti di chi, alla santa Messa, ci va per incontrare il Signore Gesù Cristo, e non per un Dio generico, aconfessionale, un Dio non cattolico. Lui, però, sostiene apertamente che Dio non è cattolico. E allora, bisogna fare due più due: bisogna ammettere che nessun gesto, da parte di quel signore, è casuale, e tanto meno involontario. No: è un uomo furbo, e tutto quel che fa è studiato e pianificato per tempo. Il matrimonio sull’aero ad alta quota, che pareva una cosa improvvisata, era stato studiato e programmato da lungo tempo, come poi si è saputo. Tutto quel che fa e quel che dice è soggetto alla stessa logica. Finge spontaneità, ma è un grande calcolatore, una mente fredda che pianifica ogni cosa con estrema cura, e vuole che appaia spontanea e naturale. È un mistificatore, un manipolatore, uno che gioca con le folle, e che effettivamente è riuscito ad incantarle. Perfino la trovata di andare al gabinetto chimico, in mezzo alla folla osannante, durante la visita pastorale a Milano, era studiata a tavolino: chi si è preso la briga di cronometrare la sua sortita, ha concluso che, data la complessità dei paramenti, non può essersi recato in quel posto per fare ciò che in apparenza doveva fare. ![]() Che altro ancora deve fare, costui, perché sia chiaro a tutti chi è, e che intenzioni ha? Miracoli della buona volontà: tutto per i poveri; cosa non si farebbe per poter lavare loro i piedi. E per avere gli obiettivi dei fotografi concentrati su di sé, su quel gesto così generoso, così cristiano. Poi, magari, la stampa parla quasi più della lavanda dei piedi che della Pasqua come Resurrezione del Signore. Strano, vero? Perché la Pasqua non è la lavanda dei piedi, è la Passione, Morte e Resurrezione del Signore. E via di questo passo: sempre ambiguità, sempre gesti che creano malintesi, che sovvertono la scala di ciò che è essenziale rispetto a ciò che è secondario. La lavanda dei piedi è un gesto di umiltà, ma puramente umano. La Passione, Morte e Resurrezione del Signore sono il cuore del Vangelo: la garanzia che Gesù non è un semplice profeta, ma il Figlio di Dio, vero Dio e vero uomo, venuto nel mondo per la nostra salvezza. Però, da quando sul soglio di san Pietro c’è il signore argentino, si parla sempre meno di ciò che è essenziale e sempre più di ciò che è secondario. Si parla del perdono, ma non del pentimento; si parla dell’amore, ma non della grazia; si parla del paradiso, ma non dell’inferno; si parla della vita, ma non del giudizio; si parla del bene, poco del male. Che altro ancora deve fare, costui, perché sia chiaro a tutti chi è, e che intenzioni ha? (torna
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