Per purificare la Chiesa non serve la macchina del tempo, ma la santità

Intervista di Alessandro Gnocchi

9 ottobre 2018
 

condotta da Aldo Maria Valli


Pubblicato sul sito di Aldo Maria Valli
Pubblicato anche su Riscossa Cristiana
da cui abbiamo tratto l'immagine




Taddeo di Bartolo, particolare dell'inferno - Duomo di San Gimignano


Introduzione di Aldo Maria Valli

ILa corruzione morale nella Chiesa non nasce certamente in questo nostro tempo, ma arriva da lontano, e affonda le sue radici nella mancanza di santità.

Alessandro Gnocchi, che dalle pagine di Riscossa cristiana segue e commenta le vicende della Chiesa con passione e onestà intellettuale, è una delle poche voci che riescono a giudicare la crisi attuale secondo una prospettiva storica. Così facendo, spiega che quanto monsignor Viganò ha rivelato al mondo circa la situazione attuale ha un precedente: la denuncia di Emanuele Brunatto, il primo figlio spirituale di Padre Pio.

Tornare a quei fatti significa immergersi in una realtà che molti fedeli cattolici preferirebbero non vedere e non conoscere. Eppure è necessario. Ai tempi di Benedetto XV e Pio XI la corruzione morale all’interno della Chiesa era non solo diffusa, dice Alessandro Gnocchi, ma superiore all’attuale. Ecco perché l’argomentazione secondo la quale la rovina sarebbe incominciata con il Concilio Vaticano II non regge. La rovina, in realtà, nasce ogni volta che la santità non viene messa al primo posto. E questo vale per ogni tempo. Né si può sostenere che sia sufficiente salvaguardare la retta dottrina per avere una Chiesa buona.

Nel colloquio che qui proponiamo, Alessandro Gnocchi approfondisce i temi di fondo contenuti nel suo saggio Padre Pio crocifisso dalla Chiesa degli anticristi (Romanzo Infernale), un testo che può lasciare sgomenti, eppure va letto.

Come spiega Alessandro, le stigmate di Padre Pio sono state prese sul serio non soltanto da schiere di fedeli devoti, ma anche, e forse soprattutto, dai servitori del Nemico, che ne hanno capito benissimo la portata. Di qui la persecuzione che colpì il frate dall’interno della Chiesa. Una lezione più che mai attuale.


Intervista


Aldo Maria Valli [AMV] - Dal Libro bianco di Emanuele Brunatto, e soprattutto da Lettera alla Chiesa  e  Gli Anticristi nella Chiesa di Cristo, emerge un quadro che definire a tinte fosche è poco. Risulta che ai vertici della Chiesa, in quel periodo a cavallo tra anni Venti e Trenta del secolo scorso, la corruzione morale era profonda, dilagante, ostinata. Di qui il reale motivo della persecuzione nei confronti del frate stigmatizzato, Alter Christus in una Chiesa di Anticristi. È corretta questa sintesi?

Alessandro Gnocchi [AG] - Questo è precisamente quanto avvenne in quegli anni riassunto con il minor numero di parole possibile. Ci ho pensato un paio di settimane prima di decidermi a raccontare quanto ho scoperto leggendo i documenti e le ricostruzioni messi da parte da Brunatto, che, bisogna ricordarlo, è stato il primo figlio spirituale di Padre Pio. Dapprima avevo pensato di lasciare tutto nel silenzio, anche perché Padre Pio intimò a Brunatto di non pubblicare quel materiale, neanche allo scopo di ottenere la sua liberazione. Poi ho compreso che la lettera in cui il Padre chiedeva il silenzio non fu scritta liberamente e ho cominciato a mutare parere. Ma quello che mi ha convinto definitivamente è la constatazione che quanto tu hai rivelato al mondo grazie al memoriale di monsignor Viganò si trovava già nell’archivio di Emanuele Brunatto.

Dunque, mi sono detto, perché Bergoglio sì e Benedetto XV e Pio XI no? La notizia era la medesima e il mestiere mi ha detto cosa dovevo fare. Inoltre, devo confessarti che non sopporto più tutta quella pletora di “tradizionalisti” secondo cui il mondo è stato perfetto fino alla mezzanotte del 10 ottobre 1962 e poi sarebbe arrivato il Vaticano II a distruggere tutto. Così come non mi pare onesto sostenere che, magari, peste e untori erano attivi anche prima del Vaticano II, ma solo al di fuori del perimetro leonino. Secondo qualche commentatore, già più avanti nell’analisi, il disastro dipenderebbe da una rinuncia all’esercizio dell’autorità: ma perché? da quando? Io ritengo che, per quanto riguarda la Chiesa cattolica, il problema non sia nella rinuncia all’esercizio dell’autorità, ma nella rinuncia alla santità da parte dell’autorità. Ecco perché ho voluto raccontare anche solo una piccolissima parte di ciò che ho scoperto.

AMV - Quali erano i tratti distintivi del degrado morale denunciato da Brunatto?

AG - Si possono riassumere in un solo concetto: corruzione. Corruzione della morale, con la diffusione della pratica omosessuale e del dominio della lobby omosessuale, arrivato fino al trono pontificale. Posso assicurarti che il pontificato di Benedetto XV è semplicemente raccapricciante da questo punto di vista. Ma sotto Pio XI la situazione non mutò. Evidentemente l’infezione veniva da molto lontano e, come hai potuto ricostruire anche tu occupandoti delle rivelazioni di Viganò, è andata molto lontano. E andrà molto lontano. Si tratta di corruzione della vita ecclesiale, con il mercimonio di cariche, carriere, favori, compromessi e, naturalmente, denaro. Dunque si arriva alla corruzione degli uomini, che hanno praticato questo abominio facendosi scudo del nome di Cristo.

AMV - Però, ti si potrebbe far notare, la predicazione della buona dottrina non è mai venuta meno in quegli anni…

AG - Formalmente si può anche tentare di sostenere questa tesi, che comunque è un falso storico. Questo, per me, è il punto più doloroso, perché anch’io ero caduto nella trappola dell’equazione “buona dottrina uguale buona Chiesa”. I fatti ci dimostrano che non è così. Tra i vizi della Chiesa cattolica c’è quello del formalismo legato a un eccesso di mentalità giuridica. Basta enunciare correttamente la lettera per salvare qualsiasi pratica. In questo modo siamo arrivati, e non da un secolo, a una Chiesa fondata sul diritto canonico invece che sul Vangelo.

Quando non si ha la santità come primo obiettivo, si finisce per corrompere tutto ciò che viene dopo, proprio tutto. La buona dottrina viene proclamata solo per fare la guerra ai propri avversari. Ma quando la dottrina viene usata come arma, finisce sempre per essere adattata alla guerra e, quindi, è alterata. Si comincia con il considerarla sotto un aspetto nuovo, strumentale, e si finisce per trovarsene tra le mani una nuova, magari più efficace, ma nuova. Senza contare che, se la si usa per fare la guerra e la guerra viene persa, la dottrina soccomberà insieme con gli sconfitti.

Ti assicuro che questo è ciò che è avvenuto negli anni di cui stiamo parlando, coinvolgendo nomi che io ritenevo cristallini solo perché applicavo quella malefica equazione “buona dottrina uguale buona Chiesa”. Ecco come siamo arrivati alla famosa mezzanotte del 10 ottobre 1962. Se non c’è fede, se non c’è santità, questi sono i risultati: la buona dottrina maneggiata da una persona corrotta vale quanto la cattiva dottrina maneggiata da una persona integra.


AMV - Perché Padre Pio, che in fondo era molto periferico rispetto ai poteri vaticani, fu visto come un nemico pericoloso e, dunque, da screditare e abbattere?

AG - Le ragioni sono molte e si trovano su piani diversi. Partendo da quello umano, penso che la corruzione abbia naturalmente in odio la purezza: se non la può utilizzare per i propri scopi, la elimina. Nel caso di Padre Pio è accaduto questo. Il clero locale, lercio fino al midollo, fece ricorso al vescovo di Manfredonia, altrettanto corrotto, il quale si rifugiò nel lupanare romano dove intrallazzavano i suoi protettori. Ecco ricostruita la catena che ha perseguitato Padre Pio.

Ma c’è anche un piano soprannaturale, su cui si svolge una guerra spesso invisibile e quasi sempre indecifrabile ai nostri sguardi. Le stigmate di Padre Pio sono state un segno per i buoni cristiani, ma l’hanno compreso benissimo anche i servitori del Nemico. Anzi, sono stati proprio questi ultimi quelli che l’hanno preso in seria considerazione e ne hanno capito veramente la portata. Per questo hanno tentato di screditare il primo sacerdote stigmatizzato della storia sostenendo che fosse un isterico mentitore, oppure assecondando la devozione da rotocalco popolare che ha prosperato attorno a lui.

Per finire, ritengo che qualcuno della banda di gaglioffi che hanno fatto la guerra al Padre avesse capito, o almeno intuito, la vera natura della sua missione, che consisteva nel salvare il sacerdozio di Cristo dalla corruzione di chi avrebbe dovuto trasmetterlo e preservarlo integro.


AMV - A Roma Brunatto trovò anche qualche appoggio presso uomini di chiesa importanti. Che cosa vuol dire questo?

AG - Furono tre le persone che sostennero sempre Brunatto nella difesa di Padre Pio: il segretario di Stato cardinale Pietro Gasparri, il segretario del Sant’Uffizio cardinale Rafael Merry del Val e don Luigi Orione. Si sa per certo che don Orione era al corrente della missione affidata dal Cielo a Padre Pio per una rivelazione divina ricevuta durante la celebrazione della Messa. Non so quanto sapessero Gasparri e Merry del Val, ma certo capirono che difendere il frate recluso a San Giovanni Rotondo significava anche combattere la corruzione romana. I due cardinali ottennero solo risultati marginali, altrimenti non saremmo arrivati a ciò che vediamo oggi. Penso che questo sia dovuto a un vizio tipicamente romano, che molti scambiano per virtù: il rispetto formale dell’istituzione. Dapprima, Gasparri e Merry del Val scongiurarono i pontefici di evitare scandalose nomine cardinalizie. Poi, non avendo ottenuto nulla, pensarono di produrre prove inoppugnabili sulla moralità di dignitari ecclesiastici in odore di cardinalato da presentare ai papi in modo che capissero di non poter procedere nei loro intenti. Ma, così facendo, continuavano a essere, per quanto sani, ingranaggi di un meccanismo vizioso in grado di macinare tutto.

Oltre a questo, con la comodità di chi giudica la storia, ritengo che sia stato miope pensare di risanare il marcio romano semplicemente evitando alcune nomine o ostacolando alcune carriere. Il mio ragionamento potrà anche essere considerato eversivo e antistituzionale, ma questi sono i fatti. Non a caso, l’unico che ottenne il risultato prefissato fu Brunatto, quando si dimostrò deciso ad andare fino in fondo con la pubblicazione di ciò che aveva scoperto. E questo avvenne due volte, con la prima e con la seconda persecuzione di Padre Pio.

AMV - Veniamo ai nostri tempi. Quella vicenda ormai lontana che cosa insegna a noi?

AG - Che quanto ci scandalizza oggi ha radici molto profonde e per conoscerle non basta fermarsi ai primi del Novecento. Ci insegna anche che il timore istituzionale è una catena che va spezzata. Quanti pontificati scandalosi dovranno ancora flagellare le anime dei cristiani prima che qualcuno alzi fieramente la testa?

Ho riflettuto molto sulla decisione di monsignor Viganò di raccontare al mondo la condotta perversa di Roma, sulle sue motivazioni, sui tempi in cui l’ha fatto, ma qui saresti tu a dover rispondere alle mie domande. Ciò che io posso dire è che monsignor Viganò ha messo in atto quanto Emanuele Brunatto aveva solo minacciato di compiere. Lo scossone è stato di magnitudine impensabile, eppure temo che l’istituzione avrà, ancora una volta, la meglio sulla verità dei fatti e sulla Verità della fede. Basta che Bergoglio inviti a recitare il Rosario e a pregare San Michele Arcangelo e mette tutti nel sacco. Ciò significa che il cosiddetto popolo di Dio è diventato un popolo bue come tutti gli altri, l’ideale per un potere iniquo e autoreferenziale.

Penso anche che tutto quanto ho raccontato dovrebbe far riflettere chi è convinto che, per ritrovare la purezza, basti solo fare un passo indietro sul calendario. Ma, così facendo, è dimostrato che ci si accontenta solo di un peccato un po’ più vecchio di quello attuale, che poi è sempre lo stesso: l’orgoglio, la tentazione di essere come Dio. Secondo molti, la Tradizione, naturalmente con la “T” maiuscola, si trova andando indietro con la macchina del tempo. Io penso che, invece, si debba risalire alla sorgente e seguirla là dove si manifesta sempre uguale a se stessa e sempre vivificante. Certi tradizionalisti sono anche giustamente sospettosi quando sentono parlare di ritorno alla sorgente, perché pensano alla tattica rivoluzionaria che richiama sempre il mito delle origini. Ma, a ben guardare, i progressisti hanno semplicemente fatto un passo più lungo di questi tradizionalisti. Ripeto: bisogna trovare la sorgente della tradizione e seguirla fino ai nostri giorni: lì troveremo la fonte della nostra santità.


AMV - A questo proposito, tu dici, giustamente, che l’unica risposta al Male è quella di Padre Pio: la santità. Secondo te come armonizzare oggi questa ricerca della santità con l’esigenza di non spaccare ulteriormente una Chiesa che è già molto divisa?

AG - Guarda, in questa Chiesa, ormai, non c’è più niente da spaccare, c’è solo da ricostruire. Bisogna farlo mattone per mattone, che sono le nostre singole anime. Se io appartengo alla Chiesa – e qui bisognerebbe avere il coraggio di chiedersi dove essa sia veramente – la mia santità personale è l’unico lenimento che posso portare al suo corpo piagato.

Ammesso che vi sia mai stato, è finito il tempo di cercare o creare piccole riserve, anche con la buona intenzione di conservarvi la fede. Questi ambienti finiscono sempre per essere luoghi in cui prevale la necessità di “fare”, perché bisogna dimostrare al mondo la propria esistenza: ma il mondo, per concedere la sua considerazione, pretende che si facciano solo cose che è in grado di comprendere. Inoltre, inesorabilmente, questi luoghi diventano piccoli luoghi di un piccolo potere che finiscono sempre per “fare” cose comprensibili al grande potere in un rapporto a conflittualità limitata. Si potrà anche ottenere un po’ di successo e di visibilità, ma niente di più.

Solo la santità è eversiva rispetto a questo ordine infernale nel quale siamo immersi. Non so se sono arrivato a queste conclusioni perché sono malato, sono stanco, sto invecchiando e, mentre ti sto rispondendo, i dolori si fanno sentire. Ma ti assicuro che questa debolezza purifica, permette di vedere chiaramente e rende molto liberi. Alla fine di tutto se ho un insegnamento che penso di poter trasmettere a coloro ai quali voglio bene, a cominciare dai miei figli, è quello che ho appreso da Padre Pio: fate i buoni cristiani.




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