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A Gallarate: più blasfemo di così si muore di Belvecchio Di che si tratta? Perché
blasfemo?
Si tratta di un altare. Ed è blasfemo perché dileggia e sminuisce Cristo, negandone la divinità, capovolge il significato dell’altare cattolico, demolisce ogni senso dell’architettura sacra, viola e vilipende l’ordine architettonico mantenuto dalla Chiesa cattolica per quasi due millenni. E tutto questo a Gallarate, in provincia di Varese, nell’Arcidiocesi di Milano. Qui si è pensato di restaurare la Basilica di Santa Maria Assunta. Basata su una chiesa cristiana del X secolo, l’attuale Basilica è stata costruita a metà dell’800 e negli ultimi tre anni è stata sottoposta ad un ulteriore restauro. Mantenuto l’intero interno con i suoi stucchi, i suoi affreschi e le sue rifiniture in oro zecchino, bisognava sostituire il moderno altare-tavola eretto negli anni ’70 a seguito del Vaticano II. Per la bisogna è stata istituita un’intera commissione che ha affidato il compito di realizzare l’ammodernamento del presbiterio all’emiliano Claudio Parmiggiani, il quale ha dato del suo meglio inventandosi un altare “originale” e un ambone “scontato”. Diciamo subito che non si tratta di una novità, da quasi cinquant’anni le chiese cattoliche sono diventate degli strumenti per l’esercizio delle fantasticherie di questo e di quello, con la collaborazione e l’apprezzamento del clero moderno che non smette di continuare a dimostrare la sua profonda ignoranza dell’arte religiosa cristiana e il suo ostentato disprezzo per il bello e l’armonia. Più laide sono le fantasiose fumisterie degli “artisti moderni”, più compiaciuti sono preti, vescovi e cardinali… il nuovo è bello… soprattutto se è brutto… e al diavolo le “fisime” stantie e noiosissime degli artisti cristiani di ieri, anche se risalenti agli Apostoli. Così, l’11 novembre 2018, Mons. Mario Delpini, Arcivescovo di Milano, è andato a Gallarate a consacrare il nuovo altare, tutto goduto per la nuova bravata messa in atto dai suoi preti e dal Parmiggiani. «Due luminose lastre marmoree sovrapposte che trattengono e proteggono, quasi materno pellicano, una moltitudine di teste antiche; reliquie ed emblemi di una sacralità, di una umanità, di una totalità»: è così che lo stesso Parmiggiani presenta il suo altare. Da parte sua, l’ex parroco, Ivano Valagussa, che ha diretto tutto l’iter del restauro, spiega che «I volti che compongono l’altare sono tutti raccolti in unità, le due lastre bianche uniscono le persone, testimoni del flusso della storia; tutti sono chiamati per volontà di amore ad essere una sola cosa in Gesù Cristo, il suo corpo offerto al Padre, l’umanità nuova trasfigurata dal dono dello Spirito, vero tempio di Dio edificato con pietre vive per essere abitazione di Dio stesso tra gli uomini. La celebrazione del memoriale della Pasqua, l’Eucaristia, è attrazione, convocazione, comunione, sacrificio per una santità di vita che si esprime nella fraternità, nel servizio, nella carità e nella missione evangelica. Da qui nasce la Chiesa “dalle genti” e “in uscita”». https://www.varesenews.it/2018/11/tutta-la-storia- della-scultura-classica-nel-altare-della-basilica/767653/ Capito l’antifona? Praticamente, l’altare cattolico ridotto ad un cumulo di balle: dalle “reliquie ed emblemi” dell’artista moderno; alle “pietre vive” e all’“attrazione, convocazione, comunione” e al “flusso della storia” del prete moderno. Risultato: una cacofonia al posto dell’armonia… un pugno nell’occhio all’architettura interna della Basilica… con un grumo di pietre al posto del luogo deputato a ricevere Cristo che con la consacrazione si rende presente in Corpo, Anima e Divinità per offrirsi alle anime per la loro salvezza eterna. Per cogliere meglio la totale gratuità di tale supposto altare è bene dare un’occhiata all’abside della Basilica. In questo contesto è stato
collocato il manufatto costituito essenzialmente da 120 teste mozzate.
Sono stati fatti diversi
accostamenti tra queste teste mozzate di Gallarate e quelle care ai
culti precristiani del Sud-America, ma siamo certi che l’artista non
avesse in mente cose del genere, sarebbe stato demenziale. E tuttavia,
un accostamento è necessario farlo.
Se si guarda alla Cappella dei Martiri di Otranto, sita nella Cattedrale della città, si resta colpiti dai riquadri che contengono i teschi degli oltre 800 Otrantini massacrati nel 1480 da Gedik Ahmed Pascià; ma si nota anche che tali riquadri sono collocati sulle pareti e non sopra o a fianco o sotto l’altare… che com’è doveroso rimane per conto suo. Alcuni, forzando malevolmente l’uso cattolico di erigere l’altare sulle reliquie dei Martiri, hanno preteso di accostare queste teste mozzate di Gallarate ai resti dei Martiri cristiani dei primi secoli. Il tutto risulta essere, non solo scomposto, ma volutamente fuorviante: in grado di distogliere l’attenzione dalla blasfemia consumata in questo caso. Vediamo perché. Come abbiamo riportato all’inizio, questa composizione di teste mozzate dovrebbe rappresentare l’umanità che ha preceduto e ha seguito l’Incarnazione di Cristo, facendo da base per il rinnovamento del suo Sacrificio. Ma Cristo non è un personaggio della storia dell’umanità reso celebre per le sue gesta, Cristo è il Figlio di Dio che si è fatto Uomo per riscattare i peccati dell’umanità e il suo fondamento sta in Cielo e non in quella stessa umanità che è venuto a redimere. E’ evidente, quindi, che questo “altare” capovolge la realtà divino-umana di Cristo e lo priva volutamente della Divinità per ridurlo a mero uomo. In più, le teste mozzate attengono quasi tutte al mondo pagano e comunque non cristiano, così che, secondo l’artista, il fondamento di Cristo sarebbe il paganesimo. E qui la blasfemia è palese, al punto da invalidare l’intera religione cattolica. Pretesa vana e titanica… ovviamente. Eppure avallata con compiacimento da preti e vescovi: devastante e diabolico! Da parte sua, Mons. Mario Delpini,
nel “consacrare” questo “altare”, e cioè una cosa
inconsacrabile, ha detto che «Su
quest’altare sono tutti rappresentati. Cristiani e pagani, santi e
peccatori. Questa è la mensa del Signore che accoglie tutti».
Una frase ad effetto, che potrà colpire i poco attenti fedeli ormai abituati al linguaggio bergogliano, ma che rivela il vero pensiero dei moderni Pastori conciliari che considerano la Chiesa di Cristo un serbatoio indiscriminato, quasi una moderna discarica in cui si può mettere di tutto. E questo è rafforzato dall’accenno fatto dal Parmiggiani nel definire il suo altare «quasi materno pellicano»; un infelice accostamento che rivela una buona ignoranza dell’“artista” del significato dei simboli cristiani. Tra le tante raffigurazioni, ecco la vetrata della Cattedrale cattolica del Santissimo Sacramento a Christchurch, in Nuova Zelanda. L’iconografia cristiana ha rappresentato molte volte Cristo come il “divino pellicano” che nutre i suoi figli col suo stesso sangue… celebre l’inno eucaristico di San Tommaso d’Aquino: Adoro Te devote, in cui il dottore angelico invoca Cristo: Pie pellicane Iesu
Domine,
me immundum munda tuo sanguine,
cuius una stilla salvum
facere,
totum mundum quit ab omni scelere.
O pio pellicano Signore Gesù, purifica me, peccatore, col tuo sangue, che, con una sola stilla può rendere salvo tutto il mondo da ogni peccato. E’ evidente a chiunque che il Pellicano-Gesù, non solo corrisponde perfettamente a Gesù Eucaristico, ma soprattutto non ha alcunché a che vedere con le due lastre di onice che, come dice l’“artista”, «trattengono e proteggono, quasi materno pellicano, una moltitudine di teste antiche»… il pellicano non trattiene e protegge esseri a lui estranei, ma nutre col suo sangue la carne della sua carne… c’è una bella differenza! Eppure, è proprio a questo signore, un po’ ignorate e un po’ confusionario, che è stato commissionato il nuovo “altare”… che dovrebbe rappresentare Gesù stesso. Siamo alla farsa. Per ultimo, facciamo notare che questo ammasso di teste mozzate è decisamente una manifestazione dell’individualismo dell’“artista”, che ha colto l’occasione per esprimere se stesso e la sua poco lodevole genialità con un manufatto da collocare in bella vista davanti ai fedeli che entreranno nella Basilica di Gallarate, la cui attenzione sarà necessariamente attratta da questo strano oggetto… tra incredulità, sconcerto e ilarità. Niente da dire sull’ambone: basta guardarlo per rendersi conto che è di una banalità sconcertante. Eppure, Claudio Parmiggiani ci tiene a precisare la sua concezione blasfema di Cristo Verbo di Dio: «Il pulpito, nella sua forma si affida
unicamente alla sua funzione assoluta. Messaggero della Parola. Nessuna
immagine, solo la Parola come luce divina, solo lo splendore della
materia, solo la luce come Parola divina. Luce suggerita da improvvisi
bagliori di oro e di azzurro che vivificano ed animano la superficie
del pulpito. La Parola è dentro la materia».
Questa spiegazione dal contenuto panteista, in cui si parla tranquillamente di una supposta “funzione assoluta” dell’ambone, qui diventato stranamente “pulpito”, nonché “messagero della Parola”, confonde la Parola con lo splendore della materia, da cui uscirebbero “improvvisi bagliori di oro e di azzurro” – colori del Cielo – “che vivificano ed animano la superficie del pulpito”… al punto che “la Parola è dentro la materia”. E cioè che il Creatore sarebbe dentro la creatura. Più blasfemo di così si muore. (torna
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novembre 2018 AL SOMMARIO I FRUTTI DEL CONCILIO |