Bibbia delle donne

nota di Belvecchio





Une Bible des femmes - Venti teologhe realizzano dei testi controversi - Ed. Labor et Fides, 2018, Ginevra
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Il progresso avanza spedito e si porta dietro ogni sorta di libertà di pensiero e d’azione. Correndo ancora il residuo di quello che fu il femminismo degli anni sessanta, e venutosi a mutare in diritto di imporre la femminilità sulla mascolinità, col risultato della lenta sparizione delle virtù virili, come oggi si evince chiaramente dagli episodii di violenza sulle donne, ecco rivivere un’iniziativa, un po’ abortita alla fine dell’ottocento, di rivedere, rileggere e riscrivere la Bibbia in chiave femminista.
Per un verso possiamo dire che la cosa, presumibilmente, susciterà poco interesse anche presso le donne moderne, e per l’altro dobbiamo notare che un’iniziativa del genere, che vede accomunate “teologhe” protestanti e cattoliche, mette in evidenza come alla quasi sparizione delle virtù virili corrisponda oggi l’altrettanta sparizione delle virtù muliebri.
E’ il segno che ci si approssima alla sparizione di ogni virtù residua, per far posto al trionfo di ogni vizio.

Se si dà una rapida occhiata all’Introduzione di questo libro, si possono notare considerazioni come queste:
«Una Bibbia commentata dalle donne, una Bibbia per le donne – e che non dimentica gli uomini -, una Bibbia che si interessa delle donne e dell’umanità».

«Lettori uomini, non chiudete questo libro con un’alzata di spalle, noi abbiamo pensato anche a voi! Noi vi invitiamo a superare al nostro fianco degli stereotipi ancora radicati.»

«Si sa poco di come degli eccellenti lavori di biblisti, donne e uomini, abbiano cambiato le interpretazioni bibliche sulla donne.»

«Non c’è bisogno di gettare la Bibbia se si è femministe, e non c’è bisogno di gettare il femminismo se si è cristiane. Ma saper leggere… con perspicacia e con ribellione.»

«Nel XXI secolo, la Bibbia merita di essere liberata dal disinteresse e dal disamore. Come teologhe, noi abbiamo valutato le pene, approfondito i dubbii, sondato le miserie che certe letture bibliche hanno alimentato, soprattutto tra le donne.»

«Noi dobbiamo alle nostre contemporanee delle letture bibliche oneste, a fronte delle loro questioni, che sono anche delle questioni per gli uomini.»

«Nella nostra Bible des femmes, noi abbiamo voluto lasciar parlare i testi con libertà. Li commentiamo quindi secondo i diversi generi letterarii, come nella vera Bibbia. … in maniera da riscontrarli con la vita quotidiana e con le preoccupazioni esistenziali delle donne del XXI secolo.»

Un esempio della nuova lettura femminista delle Scritture lo si trova nel caso dell’episodio evangelico di Marta e Maria, riportato da San Luca, 10, 38-42:
Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta».

Le “teologhe” precisano:
In un passo del Vangelo secondo San Luca, che presenta Marta e Maria, sta scritto che Marta assicura il “servizio”; è stato detto, quindi, che Marta serviva il pasto. In realtà il termine greco “diakonia“ può anche avere altri significati, per esempio, può significare che Marta fosse diaconessa.

E’ evidente che qui, come in altri casi, non conta più niente la lettura dei Padri, che certamente erano più versati delle moderne “teologhe” nella comprensione dei Vangeli; ciò che conta invece è che, essendo i Padri degli uomini, la loro lettura non può essere affidabile, e che dopo duemila anni sarebbero spuntate, come i papaveri nei campi, delle “teologhe” che sono riuscite a capire che non si trattava – e non si tratta – di un campo di grano con qua e là dei papaveri, ma, al contrario, di un campo di papaveri con qua e là delle spighe di grano.

Le “teologhe”, protestanti e cattoliche, come tutte le femministe, non fanno altro che contestare la supposta egemonia degli uomini per affermare un’altrettanta supposta verità: che consiste nel sostituire alla prima la loro egemonia, assumendo così quel ruolo che criticano negli uomini e realizzando una inversione della realtà che si regge solo sulle loro fantasie malate e sulle loro distorsioni mentali, psichiche e a volte perfino fisiche.
In parole povere: lo stesso ruolo dell’uomo come germinatore, che accende nella donna la facoltà generatrice, dovrebbe essere riconsiderato per comprendere che sarebbe la facoltà generatrice della donna ad accendere la facoltà germinatrice dell’uomo.
Come poi, sarebbe un mistero, che modernamente potrebbe essere spiegato sia con la moderna femminizzazione dell’uomo, sia con la corrispondete mascolinizzazione della donna. Come dire che tutta la grande conquista progressista delle femministe  consisterebbe nello scambiare l’ordine dei fattori senza riuscire a cambiare – giocoforza – il prodotto.
Per raggiungere finalmente la luce della verità, e dirla in termini vetero-testamentari: basterebbe precisare che non sarebbe l’uomo a conoscere la donna, ma sarebbe la donna a conoscere l’uomo.

Pensiamo che sia giusto considerare che, prima ancora di sovversione della realtà, si debba parlare di perdita dell’intelligenza e di abbandono ai richiami dell’istinto, al pari degli animali… tale che trova conferma il vecchio detto: Quos Deus perdere vult, dementat prius. Che sarà una lezione dei vecchi maschi latini, che però viene confermata dalle nuove giovani femmine occidentali.







novembre 2018
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