Il gilet, la mezzaluna e il presepe

di Jérôme Bourbon


Articolo pubblicato sul settimanale francese Rivarol, n° 3358 del 26 dicembre 2018






Come ha fatto ogni anno dal 2014, il sindaco di Béziers, Robert Ménard, aveva allestito un presepe nel suo municipio. Il tribunale amministrativo di Montpellier gli ha immediatamente ordinato di rimuovere il presepe entro 48 ore e ha inoltre imposto una penalità di 2.000 euro per ogni giorno di ritardo. Il giudice ha ricordato che «l’installazione di un tale presepe, a titolo temporaneo, su iniziativa di una persona pubblica, in un luogo pubblico, è legalmente possibile solo quando esso ha un carattere culturale, artistico o festivo, senza che esprima il riconoscimento di un culto o segni una preferenza religiosa. ».
Ma chi determinerà, e secondo quali criteri, se si tratta di un’iniziativa culturale, festiva o religiosa? Il giudice del procedimento, che dovrebbe pronunciarsi sull’urgenza, dà un giudizio di fondo sul presepe e decide arbitrariamente che si tratta di una manifestazione di culto e non culturale.

Il sindaco di Béziers ha cercato di rimediare spostando il presepe… di dodici metri. Situato inizialmente nel cortile principale del municipio, il presepe ora si trova sotto il portico del municipio, ma al di fuori del perimetro ufficiale della «Casa del popolo». Consapevole che la giustizia potrebbe chiedergli di spostarlo di nuovo, egli ha optato prudentemente per un presepe … su ruote!

Ma la decisione del giudice è carica di conseguenze. In questa faccenda, la cosa più significativa è che questo giudizio è stato emesso a seguito di una denuncia del viceprefetto dell’Hérault, che ha sottoposto la questione al Tribunale amministrativo di Montpellier con procedura d’urgenza. «Chiediamo l’immediata rimozione del presepe», aveva infatti dichiarato con furore il vice-prefetto Christian Pouget al quotidiano Midi Libre il 4 dicembre 2018. Evidentemente ha prontamente messo in atto le sue minacce.
Nel 2017, lo Stato aveva già intentato un’azione legale e aveva vinto.
Anche questa volta è così.
Non sono stati quindi i gruppi maomettani o apertamente laicisti a chiedere nel 2017 e 2018 lo smantellamento e la rimozione del presepe, ma lo Stato francese, la Repubblica francese.
Come già scritto da Robert Ménard in un comunicato pubblicato il 18 dicembre 2017 dopo il precedente divieto: «per la prima volta in Francia, lo Stato espelle il presepe da un municipio»… «Non si tratta di alcune associazioni “laiciste” decise ad uccidere i nostri santi, come è avvenuto nel 2014 e nel 2016. No, questa volta è lo Stato stesso, attraverso il suo rappresentante nell’Hérault, a far rimuovere il presepe. Si tratta di una “prima”, la cui portata simbolica - e storica – non finisce di stupirci

E’ lo Stato, al suo più alto livello, che decreta l’interdizione dei presepi nei luoghi pubblici; e ancora una volta la decisione scellerata è stata presa dal più alto tribunale amministrativo, il Consiglio di Stato, lo stesso che aveva arbitrariamente bandito gli spettacoli di Dieudonné  perché turbavano l’ordine pubblico nel 2014; lo stesso che nel 1989 affermò la superiorità del diritto europeo sul diritto nazionale (sentenza Nicolo).
Infatti, già il 9 novembre 2016, questo tribunale aveva vietato con una sentenza i presepi negli edifici pubblici, tranne in circostanze speciali estremamente restrittive.

Come si vede, con questo esempio emblematico, noi viviamo in un paese occupato. Occupato mentalmente, intellettualmente, spiritualmente. Occupato dalle lobby, da uomini e da organizzazioni che sono estranee all’anima della Francia storica, che rinnegano ogni giorno le promesse del battesimo della nostra Patria, che promuovono il falso, il laido, il male.
In realtà, la loro laicità è, fin dall’origine, una macchina da guerra contro l’anima della Francia, contro la sua religione storica e vera, contro la fede di suoi antenati, che ha impregnato così profondamente le nostre contrade, i nostri paesaggi, i nostri territorii, la nostre tradizioni, il nostro calendario, i nomi e i cognomi che noi portiamo e che diamo ai nostri figli, ma anche ai villaggi, alle città o ai monumenti, e che ha impregnato il nostro vocabolario, i nostri detti, e fino a pochi decenni fa, prima dell’apostasia universale, anche i nostri modi di vita e di pensiero.
La “laicità” è spesso presentata come l’applicazione del principio di neutralità dello Stato nei confronti delle diverse confessioni, tutte poste sullo stesso piano (égalité et nivellement obligent – uguaglianza e livellamento lo esigono), il che è già un principio filosofico in sé condannabile. Ma, in realtà, non si tratta neanche di questo. Infatti, la pretesa “laicità” è solo la copertura di un ateismo fanatico che è di per sé una vera e propria contro-religione, quindi uno strumento, un’arma, nel contesto di una guerra aperta, ma che avanza mascherata e soprattutto che rifiuta di essere designata come tale con la scusa dell’egualitarismo repubblicano!
E’ per questo che è incoerente combattere l’Islam nel nostro paese in nome della laicità, perché non possiamo lottare contro una religione conquistatrice con un’arma che ci ha esattamente distrutto e svilito per oltre due secoli, che ha tagliato le nostre radici, il nostro passato, il nostro patrimonio, la nostra discendenza, e che agisce su di noi come un gas debilitante.
Di fronte alla mezzaluna, come di fronte alla shoah, più che mai occorre opporre il presepe e la Croce!

Non è un caso che oggi sempre più chiese vengono distrutte o trasformate in cinema, in uffici del turismo, in case particolari, in sale pubbliche, in alberghi; e domani, senza dubbio, in moschee o in supermercati.
Anche la giornalista Caroline Fourest, molto attiva nelle lobby LGBT, prevedeva di trasformare le chiese in centri commerciali. E d’altronde, sono questi i luoghi in cui ormai la Domenica si riunisce una gran parte dei consumatori – quando i magazzini sono aperti, cosa che accade con sempre maggiore frequenza.
Una volta ci si riuniva nella piazza della chiesa, al centro del villaggio, e ci si ritrovava tutti all’uscita dalla Messa: quelli che avevano assistito alle funzioni e quelli che erano andati al caffè di fronte, ma tutti partecipavano alla vita del villaggio. Oggi è l’anonimo centro commerciale, o lo stadio, il luogo in cui vivere e alla fine della catena si trova il centro per il cancro, il centro oncologico, cosa del tutto comprensibile, perché il cibo industriale venduto negli ipermercati può produrre solo effetti disastrosi.

Certo, dal momento che le chiese si svuotano, è logico che finiscano con lo sparire. Ciò che in una società non sembra più utile, a un certo punto, finisce per sgretolarsi.
Ma se le chiese si svuotano, non è solo perché viviamo in una società materialistica ed edonistica dove Dio appare facoltativo o addirittura superfluo per la maggior parte delle persone, ma è anche perché, a partire dal Vaticano II, il culto che ancora si pratica, qua e là, non ha più nulla di sacro, più niente che elevi l’anima, più niente che unisca l’uomo a Dio, al Cielo. Nei sermoni generalmente molto mediocri (non vale più Bossuet!) ci si dispensa un umanitarismo orizzontale, un diritto umano compassionevole che parafrasa stupidamente ciò che viene già insegnato tutto il giorno a scuola, nei media, nei varietà, nel cinema. Se è per ascoltare nella chiesa parrocchiale i discorsi e gli accenti che ci vengono già costantemente ammanniti ovunque, non sorprende che la gente non vada più in chiesa.

Viviamo in un deserto spirituale di cui indubbiamente non misuriamo l’estensione e la profondità, e le cui conseguenze sono e saranno incommensurabili per le famiglie, per le nazioni, per la concordia in società, per il bene comune.
E’ ormai di moda ripetere che le credenze religiose sono viziate dal disordine, dalla violenza, dall’odio e dal crimine; e ci si compiace di enumerare i massacri che, nella storia, sarebbero stati commessi in nome di Dio; omettendo di precisare che in questo genere di tragedie il più sovente si è trattato di motivazioni essenzialmente politiche che si facevano strada mascherate dietro l’apparenza di rivendicazioni religiose.
Di contro, non ci si interroga mai sull’estensione dei crimini, delle persecuzioni, delle violenze, delle ingiustizie commesse in nome del rifiuto di Dio, in nome della sua radicale negazione.
Eppure, non è stato forse il comunismo ateo che, ai quattro angoli del mondo, ha causato di gran lunga il maggior numero di vittime nel XX secolo?
E a partire dalla Rivoluzione francese, non è forse in nome del rifiuto della religione che si sono massacrati degli innocenti, dalla Vandea alle Carmelitane di Compiègne, che si sono uccisi preti e religiosi, che, disprezzando ogni giustizia e ogni umanità, si sono serrati i conventi e le chiese, soppresse le congregazioni, condotto in esilio tanti preti e religiosi, e si è perpetrato il più grande furto della storia: appropriandosi, sia sotto la Rivoluzione sia sotto la III Repubblica, dei beni della Chiesa, del clero, di tutte le chiese parrocchiali costruite prima del 1905?

Eliminare totalmente Dio dal dominio pubblico costituisce un grande pericolo per l’uomo, per la società, per la concordia sociale, per la vita in comune; perché la fede deve potersi vivere, non solo nella propria coscienza, nella propria casa, nella propria famiglia, ma anche in pubblico: nel culto, nelle processioni e nei pellegrinaggi, nelle chiese e nelle cappelle, tramite statue e calvarii, Vie Crucis, Rosarii e Crocifissi. Essa deve potersi vivere ed esprimere nelle scuole e nei tribunali, nelle amministrazioni e anche negli ospedali.

Se si sopprimono i presepi che ancora gli ultimi municipi vogliono preparare, anche se dobbiamo confessare che tanti lo fanno ormai per folclore e per rispetto delle tradizioni locali che sono ancora popolari, piuttosto che in nome di una fede ardente, è perché abbiamo già rimosso ogni traccia di religione e divino dagli altri luoghi pubblici, cosa che ha condotto all’inevitabile sbocco, al culmine dell’apostasia pubblica della nazione.

Ma allora questo Divino Bambino, per quanto piccolo, silenzioso e indifeso, mette in notevole imbarazzo i potenti di questo mondo, se costoro decidono di nasconderlo, di farlo sparire dai luoghi pubblici con un fanatismo impressionante!
E in effetti, la semplice vista di questo Bambino, della sua santa Madre e del suo santo padre adottivo, l’umile falegname che maneggia la pialla, è insopportabile per coloro che hanno in mano le leve di comando di questo paese: perché la Sacra Famiglia rappresenta per eccellenza tutto ciò che essi combattono, tutto ciò che essi odiano.

La Sacra Famiglia rappresenta la purezza e l’innocenza, a fronte di costoro che scandalizzano e pervertono l’infanzia e la gioventù, fin dalla più tenera età, che promuovono tutte le perversioni, tutte le devianze, dal Gay Pride - sponsorizzato ufficialmente ogni anno a San Giovanni dal Capo di Stato, dal sindaco di Parigi e dal consiglio regionale dell’Ile-de-France -  al “matrimonio” omosessuale, attraverso quelle sordide realtà nascoste dietro le orribili sigle IVG [Interruzione Volontaria della Gravidanza], PACS [Patto Civile di Solidarietà – alias riconoscimento delle coppie omosessuali], PMA [Procreazione Medicalmente Assistita] e GPA [Gestation Pour Autrui – alias utero in affitto] e attraverso la sempre maggiore diffusione, in televisione e sul web, della pornografia.

La Sacra Famiglia rappresenta la povertà e la semplicità, a fronte di costoro che pensano ad arricchirsi ogni giorno di più a scapito delle persone meno abbienti; a scapito della natura, della temperanza e del buon senso; a scapito dei milioni di gilet gialli che a modo loro esprimono l’angoscia, la rabbia e la disperazione di fronte al potere che li spoglia, li nega, li rovina e li depreda.

La Sacra Famiglia rappresenta la pace, il silenzio e la discrezione, a fronte di questo mondo che vive solo di rumore, di furore mediatico, di urla e di schiamazzi e che è in permanente cospirazione contro ogni forma di vita interiore, contro ogni aspirazione alla meditazione e alla contemplazione; un mondo in cui ci dev’essere sempre rumore e musica fastidiosa nei negozi, nei ristoranti, nei mezzi di trasporto e anche per strada.

La Sacra Famiglia rappresenta l’intransigenza sui principii, a fronte di un mondo senza colonna vertebrale e i cui soli valori sono quelli sempre cangianti.

La Sacra Famiglia rappresenta l’amore per la verità e la sincerità, a fronte di costoro che sono falsi e furbi, e la cui seconda natura è la menzogna, e che non cessano di ingannare, di illudere, di manipolare, di fuorviare, col truccare le cifre, le statistiche, la storia, la memoria, con le promesse non mantenute, con i patti violati senza vergogna, con i tradimenti sia delle idee, che dicono di avere per farsi eleggere, sia delle persone che li hanno aiutati a far carriera.

La Sacra Famiglia rappresenta la vita che si dona, si sacrifica e si perpetua, la vita naturale e soprannaturale, la vita del corpo e dell’anima, la vita semplice e la vita di grazia, a fronte di un mondo mortifero in cui si vuole legalizzare l’eutanasia attiva e il suicidio assistito, perfino dei bambini, in cui ce la si prende con i due estremi della vita: con i feti abortiti e con gli anziani eutanasiati; mentre si fabbricano in laboratorio i bambini in provetta per le coppie omosessuali e si apre la strada al noleggio del grembo materno per la soddisfazione dei sodomiti in vena di carne fresca!
Si può andare più lontano nella barbarie e nella mercificazione dell’essere umano?

Il Cristianesimo per eccellenza la religione e la civiltà dell’Incarnazione, perché adora il Verbo incarnato, il Dio che si è fatto uomo. Al contrario, il mondo moderno è quello della disincarnazione e della contro-incarnazione. E’ il mondo del virtuale e non più del reale, dell’anonimato delle reti sociali e non del calore di una famiglia amorevole. E’ il mondo dell’emozione istantanea che fa piangere le masse sugli infortunii dei divi del piccolo schermo, ma non si occupa del nonno, della zia, del bambino o del vicino, che avrebbero tanto bisogno della presenza e del calore umano.
Già Bernanos diceva: «l’uomo moderno ha il cuore duro, ma lo stomaco sensibile».
Questo mondo è quello degli strass e delle paillettes e non quello delle umili virtù domestiche, del martirio quotidiano del dovere di stato, dello sforzo instancabile, della devozione discreta in seno alla famiglia.
E’ il mondo dell’immediatezza e dell’evanescente, dell’individualismo e dell’egocentrismo, il mondo in cui si possono guadagnare dei milioni in pochi minuti in uno stupido giuoco televisivo; un mondo in cui si può cambiare dall’oggi al domani, senza alcun problema, sesso, religione, organizzazione, “orientamento sessuale”; un mondo in cui ci si può senza posa reinventare, trasformare, rifare una vita – come se si avessero più vite!
E’ il mondo dell’apparenza e del divertimento, dell’adulterato, della macerazione e dell’avariato, del vicolo cieco, della menzogna e della morte, di contro a Colui che è la Via, la Verità e la Vita.
E’ il mondo in cui si sta senza sosta legati al telefonino, al GPS, al computer e al lettore MP3 o MP4, ma in cui non si è più legati profondamente né alla terra, né alla natura, né agli altri, né a Dio.

Quanto a noi, abbiamo a cuore la difesa di questa tradizione molto semplice del presepe di Natale e dei suoi santi che esprimo in maniera del tutto semplice e del tutto comprensibile i misteri della nostra religione, che nutrono la nostra fede, che dilatano i nostri cuori, che infiammano la nostra speranza; noi cacciamo della nostra casa l’orrendo Babbo Natale, importato dai soldati americani insieme all’immonda Coca-Cola.
La luce non è fatta per essere messa sotto il moggio… che noi si possa farla irradiare tutt’intorno a noi. La diffusione del bene, del bello e del vero è possibile se noi evitiamo il contagio del mondo e se malgrado i tormenti  e le vicissitudini terrene conserviamo nel cuore un’invincibile speranza e la gioia cristiana, semplice e profonda, che nessuno può portarci via.

Felice e Santo Natale a tutti!








dicembre 2018
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