IMMIGRATI: “LE COMICHE FINALI”


Dall’invasione “pacifica” a quella violenta

di Francesco Lamendola


Articolo pubblicato sul sito Accademia Nuova Italia







Doveva accadere ed è accaduto. Ne avevano parlato tante volte, ma non occorreva disporre delle doti di preveggenza di Nostradamus per capire che prima o poi sarebbe successo.
Ci stiamo trastullando da trent’anni con parole inadeguate o truffaldine, come “migranti” o “profughi”, mentre si tratta, puramente e semplicemente, di invasori.
Gli invasori sono quelli che non chiedono di entrare in casa altrui, lo pretendono; e che non accettano un eventuale rifiuto. Questi sono gli invasori, secondo il vocabolario, secondo la logica e secondo l’insegnamento della storia.
Il fatto che mandino avanti i bambini o che imbarchino anche le donne in stato avanzato di gravidanza non è che una strategia per impietosire gli europei e accrescere la pressione psicologica sul loro buon cuore: e, naturalmente, è una festa per i giornalisti e i fotografi, ai quali non par vero di mostrare al pubblico le scene dei bambini e quelle dei neonati. Poi i telegiornali e gli articoli di fondo ci mettono su il cappello, con frasi fatte come: Nato su una spiaggia della Libia, tratto in salvo dalle acque del Mediterraneo: gli auguriamo un futuro di libertà.
Roba scadentissima, da Baci Perugina; roba irrispettosa sia della verità, sia dell’autentico spirito umanitario. Non confondiamo le cose: il senso di umanità è una cosa, la dabbenaggine è un’altra. Qui c’è qualcuno che bara al gioco e qualcuno che fa di tutto per essere imbrogliato: che proprio non vuol vedere, che proprio non vuol capire come stanno in realtà le cose.



Dall’invasione “pacifica” a quella violenta. E' solo una congiura per ingannare la gente: le parole truffaldine come “migranti” o “profughi”? Qui c’è qualcuno che bara al gioco a casa nostra si chiama invasione anzi auto-invasione.


Le cose non stanno come sembrano, quanto meno nel 90% e oltre dei casi. Non abbiamo a che fare con dei “disperati” che fuggono “da guerra e fame”: se così fosse, non potrebbero pagare migliaia di dollari per fare il loro “viaggio della speranza” e, una volta salvati dal mare e accolti in casa nostra, non  protesterebbero per l’uniformità del menu, non farebbero lo sciopero della fame, e non andrebbero ai giardinetti a spacciare droga, mentre sono ancora in attesa di sapere quale sarà l’esito della loro richiesta di asilo politico. Niente affatto: la stragrande maggioranza di loro sono benestanti, perché uno che può sborsare migliaia di dollari, in Africa, è un benestante.
E le o.n.g. non mandano le loro navi sulle coste della Libia per “salvare vite”, ma per facilitare l’invasione. E il signor Soros e altri come lui non finanziano le o.n.g. per buon cuore, così come non pagano le spese legali ai falsi profughi che fanno ricorso quando la loro domanda viene respinta. Nossignori: se i grandi finanzieri se la prendono tanto a cuore per questi sedicenti poveri, mentre non si preoccupano affatto dei milioni di poveri creati in Europa dalle loro infami speculazioni di borsa, anzi, se sono proprio loro che stanno provocando il drammatico impoverimento delle nostre popolazioni, un motivo ci sarà.
E se le associazioni di volontariato e la Caritas ci tengono tanto a che questo traffico di esseri umani continui, anche lì qualche ragione ci deve essere, non solo di tipo ideale.
E se tanti amministratori pubblici, specie del Sud Italia, e tanti sindaci, e tanti preti di sinistra, insistono continuamente sul dovere dell’accoglienza, anche loro qualche ragione ce l’avranno.
E se Famiglia Cristiana, il signor Bergoglio e il signor Bassetti seguitano continuamente a rintronarci col ritornello dei poveri migranti che meritano di essere accolti, e della Sacra Famiglia che era formata da migranti; se costoro seguitano a falsificare impunemente e sfacciatamente i Vangeli, inventandosi la balla che Gesù era un migrante pure lui, forse la ragione non è solo di tipo umanitario e forse non è di quelle che si possono dire apertamente.
Tutti questi signori hanno due facce: una, quella pubblica, per piangere sul destino dei poveri migranti che rischiano di affogare nel Mediterraneo, sui ”naufraghi” che devono assolutamente essere salvati; l’altra, nascosta, che è fatta di interessi concreti, ma inconfessabili e un po’ meno nobili: sia economici, sia politici, nel senso più ampio del termine.




  I 5 milioni di “Italiani poveri” per i Bergoglio, per i filantropi alla Soros e per la sinistra “Radical” con attico a New York semplicemente non esistono?


Qui è in atto una africanizzazione dell’Europa e una islamizzazione della cristianità, o di quel che resta della cristianità: questi sono i veri termini della questione.
E che gli europei e i cristiani siano i più attivi fautori di questa auto-invasione, di questa auto-discriminazione e di questo auto-razzismo, con tanto di censura sui Crocifissi, sui canti di Natale, su qualsiasi segno dell’identità cristiana ed europea, per non offendere la sensibilità dei poveri migranti (tanto che il solito prete di sinistra sopprime sua sponte la santa Messa di Natale, per non recare offesa ai musulmani), la cosa è paradossale, ma non del tutto inaspettata, se si tiene conto del livello di auto-denigrazione e di auto-disprezzo che la cultura europea ha covato per lunghissimo tempo contro se stessa, e non ha mai cessato di esternare, in particolare a partire dagli anni ’60 del Novecento, complici il falso ecumenismo del Vaticano II e la ventata libertaria del ’68.
E davanti a questa invasione, complici i mass-media pressoché al 100% (logico: sono tutti finanziati da quelli stessi che hanno pianificato l’invasione e che la stanno attivamente sostenendo in ogni modo), l’opinione pubblica europea è peggio che impreparata: è sistematicamente ingannata. Solo così si spiega la stupidità di quel preside che, davanti al furto di una bicicletta da parte di uno scolaro marocchino ai danni di un compagno, gli fa comprare una bicicletta nuova fiammante, per premio della sua bella impresa (oh, ma compiuta in stato di necessità, si capisce!), usando, si suppone, i già scarsi quattrini del fondo d’istituto. E di fatti del genere se ne potrebbero citare a migliaia; così come sono decine di migliaia, ma nessuno ne parla, i fatti incresciosi relativi al pessimo comportamento di molti ragazzini stranieri nelle nostre scuole pubbliche; per non parlare di quel che avviene sugli autobus, sulle corriere, sui treni, nelle stazioni e in moltissimi luoghi pubblici, a cominciare dai giardini di città che, un tempo, erano frequentati dalle mamme con il bimbo in carrozzina, e ora sono il regno incontrastato di spacciatori e delinquenti stranieri.




Questo falso papa arriva a propinarci la balla che Gesù Bambino, san Giuseppe e la Vergine Maria
erano anche loro dei poveri migranti:
costoro seguitano a falsificare impunemente e sfacciatamente i Vangeli.



Nessuno ne parla, perché sarebbe razzismo, equivarrebbe a incitare all’odio e alla discriminazione. E allora, andiamo avanti così, come stiamo facendo ora: se un delinquente o uno spacciatore che viene arrestato dalle forze dell’ordine, è italiano, prontamente la stampa e la tv diffondono le sue generalità; ma se è nigeriano, marocchino, senegalese, eccetera, non viene detto il nome, non viene detta la provenienza, viene taciuto perfino se si tratta di un  clandestino o di un immigrato con regolare permesso di soggiorno.
Tanto, ne abbiamo 650.000, di clandestini a spasso per l’Italia: cifra ufficiale. In realtà sono molti, molti di più (secondo fonti semiufficiali di nostra conoscenza, sono milioni e milioni: però guai a dirlo in pubblico!). Ma se anche fossero “solo” 650.000, sappiamo tutti benissimo che sarà un’impresa quasi disperata quella di rimpatriarli.
E allora, perché non dovremmo chiamare le cose con il loro nome? Se chi arriva, pretende di sbarcare; se chi sbarca, pretende di rimanere; se chi non ottiene il permesso, resta ugualmente, in clandestinità, e delinque, e viene arrestato, magari due, tre, quattro volte, ma viene poi sempre rimesso in libertà da qualche magistrato di sinistra (e di buon cuore): come la vogliamo chiamare, una cosa del genere?
A casa nostra, si chiama invasione, anzi, auto-invasione. Ma se qualcuno preferisce chiamarla migrazione, accoglienza, solidarietà e inclusione, faccia pure. Ciascuno è libero di auto-ingannarsi come crede. Quel che non dovrebbe essere lecito, è ingannare il prossimo. Stampa, radio e televisioni, in teoria, dovrebbero informare la gente, non ingannarla in maniera  sistematica. Eppure, è quello che stanno facendo.
E le prediche della Messa domenicale dovrebbero riguardare la vita cristiana, Dio e l’anima, il peccato e la grazia, il transito terreno e l’eternità che ci attende: non i poveri migranti in cerca di accoglienza, non la balla che Gesù Bambino, san Giuseppe e la Vergine Maria erano anche loro dei poveri migranti (abbiamo detto la “Vergine Maria” un momento: prima bisogna domandare il permesso a suor Lucia Caram, una religiosa argentina ben degna del suo connazionale in abito papale, che vive in Spagna e che ha dichiarato che Maria vergine non era, perché faceva sesso con suo marito; senza che nessuno dei suoi superiori l’abbia punita per tali parole).

Qui siamo in presenza di una gigantesca congiura per ingannare la gente, per ricattarla emotivamente, per portarla a credere ciò che non è, e a non vedere quello che invece è.




Gli organismi internazionali e l’Ue stessa continuano ad ingannarci sull’immigrazione:
le cose non stanno come sembrano o come vogliono farci credere che siano.



Il 21 dicembre 2008, alle undici di sera, le forze speciali britanniche sono scese dagli elicotteri sul ponte del cargo italiano Grande Tema della compagnia Grimaldi, che navigava nel Mare del Nord. La nave era stata presa in ostaggio da quattro clandestini nigeriani che erano saliti a bordo a Lagos, non visti, e poi, scoperti, erano stati chiusi nella stiva, da dove erano riusciti a uscire e avevano minacciato l’equipaggio con spranghe di ferro, intimando al capitano di tenersi vicinissimo alla costa dell’Essex, in modo da poter saltare in acqua e raggiungere la costa a nuoto.
Non è importante il fatto che non avessero armi da fuoco e non ci interessa approfondire come ventisette marinai siano stati tenuti in scacco da quattro clandestini: dopotutto, quei marinai non sono pagati per rischiare una sprangata in fronte (qualcuno si ricorda ancora di Kabobo e di quei tre inermi cittadini milanesi che l’africano massacrò a colpi di piccone, senza esser stato in alcun modo provocato?), non sono dei militari e non hanno un addestramento militare. Il fatto che deve essere evidenziato è che stiamo assistendo a un salto di qualità. Anche se i telegiornali hanno relegato la notizia fra le ultime (ma cosa sarebbe successo se la notizia fosse stata quella di una nave europea che si rifiuta di prendere a bordo i cosiddetti naufraghi?), il fatto è quello: se non riescono a passare in Europa con le buone, i clandestini sono pronti a farlo con le cattive.
Ora dispongono solo di spranghe di ferro, ma domani?
Del resto, qualcosa si è era già capito – o meglio, qualcosa aveva capito chi ancora è disposto a capire, pensando con il proprio cervello – allorché, nel luglio 2018, i cosiddetti naufraghi, appena salvati dalle acque del Mediterraneo, minacciarono il capitano della nave italiana Thalassa con queste parole: Portaci in Italia o ti ammazziamo. Allora intervenne la nave militare Diciotti e poi sappiamo cos’è successo e com’è andata a finire.
Su episodi del genere abbiamo la memoria stranamente corta; mentre i nostri mass-media hanno una memoria d’elefante quando devono impressionare e ricattare l’opinione pubblica rievocando tutte le cosiddette stragi del mare. Che sono, poi, un’altra falsificazione linguistica: la parola “strage” ha tutt’altro significato; tanto varrebbe parlare di “stragi dei deltaplani” o di “stragi dell’alpinismo”, il principio è lo stesso: non è vittima di una strage chi si mette coscientemente in pericolo di vita e senza essere costretto da una impellente necessità.
Ma come! - diranno tutte le anime belle, tutti i preti di sinistra e tutti i sindaci dediti all’accoglienza e all’inclusione, ma anche molto interessati ai fiumi di denaro pubblico che l’industria dell’accoglienza mette in moto e convoglia verso di loro -; se quelle persone si mettono in pericolo di vita sui barconi, se lo fanno persino delle donne incinte al nono mese, devono trovarsi per forza in pericolo immediato e in stato di estrema necessità.




E’ in atto una africanizzazione dell’Europa e una islamizzazione della cristianità, o di quel che resta: questi sono i veri termini della questione.


E qui veniamo a un argomento ancor più scabroso, tant’è vero che nessuno mai osa neanche sfiorarlo, tanta è la paura di bruciarsi: vale a dire, di finire alla gogna e di essere lapidati da tutte le anime belle, buoniste, progressiste e umanitarie.
Nelle culture africane, la vita umana non ha lo stesso valore che ha nella cultura europea. La cultura europea è figlia del cristianesimo, anche se ora è diventata post-cristiana o anti-cristiana: ed è stato il cristianesimo ad insegnare che la vita umana è un bene prezioso, che va custodito con somma cura. Lo ha insegnato agli antichi romani, che non la pensavano così, tanto è vero che si divertivano ad assistere, al circo, agli spettacoli dei gladiatori, dove migliaia di prigionieri di guerra o criminali condannati a morte venivano costretti a uccidersi reciprocamente o venivano suppliziati nelle maniere più sadiche e atroci, per il divertimento del pubblico: uomini e donne, giovani e vecchi.
Il cristianesimo, d’altra parte, non ha sacralizzato la vita: la vita non è un valore assoluto, ma relativo, per quanto prezioso: è preziosa perché è un dono di Dio, ma vi sono circostanze nelle quali diventa sacrificabile, in vista di un bene più grande: l’amore a Dio. Solo così si arriva a comprendere il senso del sacrificio della propria vita che facevano i martiri cristiani davanti ai giudici che li volevano costringere a rinnegare Cristo. E non si pensi che stiamo parlando solo di cose che accadevano duemila anni fa. Accadono anche oggi; e accadono proprio nei Paesi di provenienza di gran parte dei sedicenti profughi e sedicenti naufraghi.
Ad ogni modo, nelle culture africane, toccate solo superficialmente dal cristianesimo, oppure convertite in massa all’islam, la vita umana non ha lo stesso valore che le attribuiamo noi. Da noi, per esempio, è impensabile che un padre di famiglia faccia salire su un barcone malandato e sovraccarico la moglie incinta al nono mese, o i suoi figli di dieci, dodici anni, se non perché l’alternativa, cioè non partire, sarebbe un immediato rischio di morte. Da noi, secoli e secoli di civiltà cristiana ci hanno insegnato a essere prudenti, a proporzionare il mezzo al fine, a non mettere a repentaglio né se stessi, né gli altri. Ma in Africa e in una parte dell’Asia, i luoghi di provenienza di questi invasori, non è così. E non occorre andare fino in Africa o in Asia per accorgersi che altre culture hanno altre idee circa la vita e la dignità umana.
Chi di noi obbligherebbe suo figlio o sua figlia a mendicare per la strada, fingendo d’essere storpi, e riempiendoli di botte se, la sera, non tornano a casa con un bel  gruzzolo? Eppure sappiamo che c’è chi lo fa, proprio qui, davanti a noi…



docembre 2018
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