Un tradimento “inaudito”

Ecco perché non ci arrenderemo mai

di Francesco Lamendola


Articolo pubblicato sul sito Accademia Nuova Italia

Presentazione, impaginazione e neretti sono nostri



Presentazione

Salvare il seme !


Sulle riflessioni di Francesco Lamendola

A chi gli chiedeva cosa fare di fronte al declino inarrestabile della Chiesa Cattolica, Alessandro Gnocchi, dalle colonne della sua rubricaFuori Moda” (sul sito Riscossa Cristiana)  rispondeva “Salvare il seme!”,  affinché possa nuovamente germogliare in futuro e ridare rinnovato vigore alla Santa Madre Chiesa, quella Una, Santa, Cattolica, Apostolica,  all’infuori della quale non c’è salvezza (Extra Ecclesiae Nulla Salus).
Ebbene, a questo compito ben assolvono, a nostro avviso,  gli articoli del professor Francesco Lamendola, pubblicati su alcuni siti internet e da noi ripresi per offrirli alla considerazione dei lettori del nostro sito.
A noi sembra che dagli scritti di Lamendola  emergano chiaramente le cause della crisi che attanaglia la Chiesa di Cristo da oltre un cinquantennio, il suo attuale “motus in fine velocior”, nonché i disastri che si prospettano all’orizzonte nell’immediato futuro; e tutto questo accompagnato e sostenuto dalla retta dottrina bimillenaria della Chiesa, quel “depoisitum fidei” affidato da Nostro Signore Gesù Cristo ai suoi discepoli affinché lo custodissero gelosamente, senza stravolgerlo o manipolarlo, come fatto negli ultimi 50 anni, dando ad intendere che si trattasse solo di un “aggiornamento pastorale”.
In questi tempi di oscurità, se il clero, divenuto sale insipido, non fa più germogliare il seme, essendo divenuto relativista, sincretista, immanentista e antropocentrico, a volte perfino apostata, allora diventa inevitabile che spetti ai laici difendere l’ultimo bastione della cattolicità dagli assalti furiosi del dragone infernale (il pensiero qui corre al libro “L’ultima battaglia del diavolo”, del reverendo  Paul Kramer), e se possibile, con l’aiuto di Dio, assolvere l’arduo compito di “salvare il seme”.

Un articolo, questo di Lamendola, che è un vero e proprio manifesto della resistenza antimassonica, politica e religiosa. Dopo aver denunciato le manovre attuate a danno del popolo italiano, sia in campo politico che religioso (rubandoci la nostra identità nazionale, la nostra sovranità, la nostra fede cattolica bimillenaria), individuando nei capi di stato e di governo e nelle alte gerarchie della Chiesa Cattolica i veri, soli responsabili di tanto sfacelo, il Nostro dichiara, rivolto ai politici “noi il capo non lo piegheremo mai: se lo scordino” e, rivolto alle gerarchie ex cattoliche “noi non ce andremo mai, sono loro che devono uscire”. Per colui che definisce “signore argentino che indegnamente siede sulla cattedra di San Pietro” non lesina gli epiteti, definendolo addirittura “ignorante, narcisista, squilibrato, cinico e insolente”

FRF







Nel giro di alcuni anni, all’incirca una generazione, siamo stati derubati di tutto: come europei, della nostra civiltà, della nostra tradizione, delle nostre stesse radici; come cristiani e cattolici, della nostra chiesa, della nostra dottrina e della nostra fede.
E a perpetrare il furto sono state le massime autorità: coloro che avrebbero dovuto custodire, con somma cura e diligenza, anche a rischio della vita, il deposito che era stato affidato loro: la sovranità e la cittadinanza europea, la sacralità e l’inalterabilità della fede cristiana.
A macchiarsi di questo inaudito tradimento, quale mai si era visto in passato, neppure nelle epoche più oscure, sono stati i capi di Stato e di governo, da una parte, i papi, i cardinali, i vescovi e una parte del clero, dall’altra. Ci è stata tolta la nostra ricchezza, ci è stata sottratta la nostra fierezza, siamo stati umiliati, derisi, sbeffeggiati; ora siamo anche minacciati, rispettivamente della prigione e della scomunica, se non ci decideremo a sottomerci. Ci si chiede di essere docili; di accettare il cambiamento; di fare buon viso a cattivo gioco, per noi e per i nostri figli. Ebbene, noi il capo non lo piegheremo mai: se lo scordino. Potranno imprigionarci, scomunicarci e perfino ucciderci, ma non ci arrenderemo. Mai. E per una buonissima ragione, che chiude qualsiasi spazio a possibili transazioni: che ciò a cui ci si chiede di rinunciare, ciò che ci si chiede di tradire, non è nostro. Non è di nostra proprietà, non rientra nei nostri beni, quindi non abbiamo alcun diritto su di esso. Ci è stato affidato, ma è di qualcun altro.
La nostra civiltà è il frutto della fatica, del lavoro, del coraggio e della perseveranza di generazioni e generazioni di nostri antenati: non è nella nostra facoltà venderla o barattarla in cambio di qualcos’altro, lo si chiami in qualsiasi modo: multiculturalità, sincretismo, relativismo, nichilismo o come si preferisce. Quanto alla fede cattolica, la cosa è ancora più chiara, tanto che la capirebbe anche un bambino: la fede ci è stata insegnata da Gesù Cristo, la chiesa è stata fondata da Lui: dunque la fede è sua, la chiesa è sua, non nostra. Se fosse nostra, potremmo anche cedere: dopotutto, nessuno nasce eroe e nessuno è obbligato a fare l’ultimo giapponese. Ma se la chiesa appartiene a Gesù, è chiaro che noi non possiamo cederla: quand’anche lo volessimo, sarebbe impossibile. Dicano pure quel che vogliono; che ci minaccino, che ci lusinghino, che escogitino ogni possibile arte per ingannarci, per indurci a tradire: nulla di quanto possano fare avrà successo. Se la chiesa non è dei cattolici, ma di Dio, i cattolici non la possono vendere o abbandonare. E se anche legioni di cattivi teologi e di falsi pastori ci esortassero, ci supplicassero, ci ricattassero, non otterrebbero nulla: non acconsentiremo mai e poi mai, se lo levino dalla testa; non possiamo disporre di ciò che non è nostro, ma di un Altro; Uno che l’ha pagato a prezzo del suo sangue.



 
Nel giro di alcuni anni siamo stati derubati di tutto: come Italiani della nostra civiltà, della nostra tradizione come cattolici della nostra chiesa, della nostra dottrina e della nostra fede.


Se si trattasse di qualcosa che è di nostra proprietà, potremmo anche cedere. Immaginiamo di aver creato una società per azioni e che, dopo un po’ di anni, ci accorgessimo che il nostro socio ci sta ingannando, ci sta truffando, ci sta nascondendo una quota dei profitti: potremmo intentargli causa; oppure, valutato il pro e il contro, potremmo anche lasciar perdere. Dipende da tante cose: dal nostro temperamento; dalle prospettive di ottenere ragione; dalla nostra età, dal nostro stato di salute, dal valore che attribuiamo al denaro; dal fatto di avere dei figli o degli eredi ai quali lasciare  i nostri beni, o di non aver nessuno. In ogni caso, sarebbe una scelta nostra, e nessuno avrebbe il diritto di criticarci. Oppure immaginiamo di aver militato, per tutta la vita, in un certo partito politico; e di vedere che i suoi dirigenti, a un certo punto, stanno tradendo i nostri ideali, stanno imboccando una strada completamente diversa da quella che quegli ideali imporrebbero. Potremmo protestare, potremmo strappare la nostra tessera, oppure potremmo chiuderci in un silenzio sdegnoso, o amareggiato; potremmo anche pensare che loro, forse, di politica ne capiscono più di noi, che devono adattarsi ai tempi, ai cambiamenti sociali; e che essere duri e puri, in fin dei conti, potrebbe anche essere un errore, perché fare politica è l’arte di calare gli ideali nella realtà concreta.
Sia una società per azioni che un partito politico, tuttavia, sono cose interamente umane: e, per quanto chi le ha create possa essere stato animato anche da motivazioni ideali, nessuno può tirare in ballo una verità di ordine superiore, ma solo il gioco degli interessi e il desiderio di creare qualcosa, di dare una risposta a una determinata situazione. In fondo, è come in un matrimonio, o in una famiglia: sarebbe bello che i coniugi fossero sempre leali l’uno con l’altro, che i figli amassero e rispettassero i genitori, ma sappiamo che ciò può non avvenire, e che proprio nel matrimonio e nella famiglia si annidano, a volte, le più amare delusioni.




Se qualcuno nutrisse per caso dei dubbi sull’esistenza del diavolo e dell’inferno, non ha che da osservare quel che fa e che dice, e tutto quel che non fa e non dice, il signore argentino che indegnamente siede sulla cattedra di San Pietro; la luce malvagia che brilla nei suoi occhi quando offende, scandalizza, disorienta e addolora milioni di fedeli.


Umanamente parlando, anche il matrimonio più felice e la famiglia più armoniosa vivono appesi a un filo, sospesi perennemente sull’abisso: a volte basta poco, pochissimo, perché quella felicità e quell’armonia se ne vadano in mille pezzi, quasi senza causa apparente.
Ma il fatto di essere cittadini italiani non è come entrare in una società per azioni, non è come aderire a un partito politico; non è neppure come contrarre un matrimonio o avere dei figli: è molto di più, perché italiani si nasce, è un dato originario, inscritto nella nostra essenza e nel nostro destino, un qualcosa che non si può scegliere, perché non dipende da noi. Si può tradire un socio in affari; si possono tradire i militanti di un partito; si può tradire un coniuge: ma ciascuna di tali azioni è pur sempre un atto volontario che restituisce libertà, e sia pure una libertà negativa, a chi, volontariamente, aveva contratto un sodalizio in certa misura artificiale. Ogni sodalizio è una creazione artificiale, compreso il matrimonio, anche se l’amore, si spera, stenderà una nota gentile e disinteressata su quello che è, formalmente, nient’altro che un contratto.
Ma chi è italiano, perché nasce italiano, non compie una scelta, è: è quello che è e non potrebbe essere diversamente. Perciò chi lo tradisce nel suo essere italiano, che sia il suo sindaco o il presidente della Repubblica; chi lo inganna, chi lo disprezza, chi lo umilia, svendendo non solo la sua sicurezza, ma perfino il suo orgoglio di appartenenza, svuotando di significato la cittadinanza italiana e spalancando le porte a chiunque voglia entrare in Italia, chiedendo diritti e non osservando alcun dovere; oppure sottomettendosi a dei poteri extranazionali che ordinano di tagliare le spese sociali e accollano a ciascun cittadino gli interessi spropositati su un debito pubblico che quegli stessi poteri esterni hanno creato, o enormemente ingigantito: costui compie un tradimento senza uguali, un qualcosa di talmente mostruoso che a stento si arriva a concepire.
Ancora più mostruoso, ancora più inconcepibile è il tradimento di chi, sacerdoti, vescovi, cardinali e papa, invece di custodire intatta la fede dei credenti, invece di difendere e proclamare la dottrina, si adoperano ogni giorno, con diabolica perseveranza e con astuzia infernale, per sgretolare la fede, per stravolgere la dottrina, e quindi per tradire centinaia di milioni di credenti.




Nuovo papa dei protestanti? Non s’illudano: noi non ce andremo mai, sono loro che devono uscire.
Che siano coerenti e che fondino la loro chiesa protestante. A noi basta Gesù, Figlio di Dio: ci basta la fede dei nostri padri, delle nostre nonne. I Rahner e i Kasper li lasciamo ad altri...



Ecco; se qualcuno nutrisse per caso dei dubbi sull’esistenza del diavolo e dell’inferno, non ha che da osservare quel che fa e che dice, e tutto quel che non fa e non dice, il signore argentino che indegnamente siede sulla cattedra di San Pietro; la luce malvagia che brilla nei suoi occhi quando offende, scandalizza, disorienta e addolora milioni di fedeli, e si compiace della servile idolatria che le folle - sempre più assottigliate, in verità; ma questo i mass-media non lo dicono – gli tributano, in forme quasi superstiziose; e paragonare tutto ciò, e l’opera, altrettanto sciagurata, dei suoi servitori e di molti vescovi e sacerdoti, con quel che dicevano e facevano i papi del passato, fino allo sciagurato Concilio Vaticano II; perché, inutile girarci attorno, è quello lo spartiacque, e non altro.
Ora stiamo assistendo a un’impressionante accelerazione della strategia autodistruttiva da parte del clero apostatico; ma l’apostasia è partita da lì: non dal post-concilio, da una deformazione dei suoi documenti, da una serie di abusi e di forzature delle sue affermazioni. Quando mai un papa, parlando ai fedeli nel corso di un’omelia della santa Messa, ha chiamato cani selvaggi quelli che lo criticano? Eppure il signore argentino lo ha fatto, poco dopo l’affare Viganò: invece di rispondere a quel dossier – lui non risponde mai, lo si era già visto coi dubia dei quattro cardinali – ha chiamato cani selvaggi quelli che lo criticano, e pur se non li ha citati esplicitamente, tutti quanti hanno capito a chi si riferiva.
Come ha osservato Marcello Veneziani, che non è sospettabile di simpatie integraliste e tradizionaliste, questo signore, fin da quando è stato eletto – ma bisogna vedere, appunto, come è stato eletto: ad opera di una congiura massonica che i suoi autori non si sono neanche dati la pena di nascondere più di tanto – si è posto l’obiettivo di spaccare la chiesa, di cacciare i cattolici che non ci stanno e di farli sentire in colpa, costringendoli ad andarsene. È lui, e non loro, ad aver lanciato l’attacco: è lui a portare la responsabilità di questo fatto senza precedenti nella storia: di un papa che vuol creare uno scisma, che vuole rompere del tutto con la tradizione, che vuole instaurare, forse, una nuova religione, nella quale il cattolicesimo sarà solo, annacquato e geneticamente modificato, una delle componenti.
Per questo sceglie di parlare ai non cattolici; per questo va in visita nei Paesi non cattolici; per questo non parla di Gesù Cristo, se appena ne può fare a meno; per questo non difende la dottrina, ma l’attacca; e per questo rifiuta perfino d’impartire una benedizione ai fedeli, o di rivolgersi a loro con un linguaggio religioso. Per questo corteggia i protestanti, i giudei, gli islamici; per questo parla sempre e solo di politica; per questo gode ad apparire come l’icona mondiale delle sinistre, siano queste di stampo liberale o di stampo radicale. Per questo ostenta stima verso la Bonino e amicizia verso Scalfari; per questo esalta don Milani, ma tace padre Pio; per questo magnifica i ribelli e ignora i veri Santi, i mistici, le anime spirituali; per questo fa stampare francobolli in onore di Lutero e minimizza i cinquecento anni delle apparizioni di Fatima: ha fastidio del culto mariano, ha fastidio della pietà cattolica, ha fastidio della vera devozione.
E per questo permette all’eretico Enzo Bianchi di asserire che Gesù Cristo era solo un profeta; per questo consente alla Comunità di Sant’Egidio di trasformare chiese e basiliche in sale mensa per i poveri; per questo ha finto di non vedere l’eutanasia perpetrata sul piccolo Alfie Evans, e ha lasciato che i vescovi inglesi ringraziassero quell’ospedale per ciò che aveva fatto; per questo ha fatto commissariare i Francescani dell’Immacolata, spingendoli a uscire a centinaia dalle loro case; per questo si rifiuta di fare pulizia nell’orribile congrega di pervertiti che spadroneggia nelle sacre stanze e che profana la santità di molte curie vescovili.

Ormai bisogna essere ciechi per non vedere chi è e che cosa vuole fare costui: è passato il tempo della prudenza, dell’esitazione: è arrivato il momento di alzarsi in piedi e dire no, gridare basta allo scempio diabolico che costui vuole fare a danno dei fedeli.




 Hanno usurpato la Sposa di Cristo ! Non possiamo consentire a questo signore argentino, ignorante, narcisista, squilibrato, cinico e insolente, di distruggere un’opera che è stata realizzata a così caro prezzo.


La chiesa non è sua, e neppure nostra. È stata voluta da Gesù Cristo, è stata difesa con il sangue da decine di generazioni di fedeli; i martiri della fede si contano a milioni nel corso della storia. Non possiamo consentire a questo signore argentino, ignorante, narcisista, squilibrato, cinico e insolente, di distruggere un’opera che è stata realizzata a così caro prezzo; non possiamo permettere a una generazione di preti da nulla, infarciti di politica di basso profilo, gonfi di pregiudizi ideologici, senza nulla di spirituale, senza nulla di cristiano, di usurpare le loro parrocchie, perfino di chiudere le chiese, a loro piacimento, nel giorno di Natale, per protestare, come dicono, contro il decreto sicurezza voluto dal ministro Salvini.
Questi signori vanno cacciati a pedate nel sedere. Le chiese non sono loro, la santa Messa non è loro. Se si permettono di abolirla, offendono i fedeli e li privano del loro nutrimento spirituale: il Sangue e la Carne di Gesù Cristo. La cosa, dal loro punto di vista, si spiega e non è poi tanto grave: per loro la Messa è ben altro; non è il rinnovarsi del Sacrificio di Cristo, ma un pulpito dal quale distribuire sermoni di carattere politico e sociale.
Questi infingardi sfrontati hanno usurpato la Sposa di Cristo, la manomettono, la insozzano: gente che, se lavorasse nel privato, verrebbe licenziata in tronco in meno di ventiquattro ore, perché si comporta come se avesse il diritto di fare o dire qualsiasi cosa, anche la più contraria allo spirito del lavoro che sono chiamati a svolgere. Guadagnano male il loro salario, così come abusano di tutti i beni materiali che la pietà dei fedeli ha accumulato nel corso dei secoli. Le chiese, i seminari, le curie episcopali, gli uffici diocesani, gli oratori, le parrocchie, le missioni, il denaro per mandare avanti tutto ciò, non  è loro: è stato loro affidato, affinché lo adoperino per i fini della religione cattolica. Per aiutare i poveri, gli orfani, le vedove; ma anche per diffondere la verità di Cristo, per convertire il mondo: non per inchinarsi davanti al mondo, né per approvare l’immoralità del mondo.
Che ci fa la signora Bonino nelle chiese cattoliche? Che ci fanno i sacerdoti gay, gli animatori parrocchiali gay, che si proclamano tali in pubblico? Che ci fanno le mense dentro le chiese, nei luoghi di preghiera? Non ci sono altri locali per allestire il pranzo di Natale? Bisogna proprio farlo dentro le basiliche? Sì: essi vogliono farlo proprio lì al preciso scopo di desacralizzare le chiese, di desacralizzare la religione, di ridurre Gesù, come dice l’eretico Enzo Bianchi, e come vorrebbe l’indegno signore argentino, al ruolo di un semplice profeta.

Ebbene, non s’illudano: noi non ce andremo mai, sono loro che devono uscire. Che siano coerenti e che fondino la loro chiesa protestante. A noi basta Gesù, Figlio di Dio: ci basta la fede dei nostri padri, delle nostre nonne. I Rahner e i Kasper li lasciamo ad altri...





dicembre 2018
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