Dall’apostasia di fatto
all’apostasia documentata

 

di Giovanni Servodio


Nei giorni 3-5 febbraio 2019, Jorge Mario Bergoglio, che ama farsi chiamare vescovo di Roma, ha voluto effettuare una gita nel Golfo Persico: in qualità di papa regnate è andato a visitare la città di Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti.
Quando venne annunciata questa gita, molti si sono chiesti perché Bergoglio volesse visitare la capitale mondiale del petrolio, irta di incredibili “grattacieli” e popolata prevalentemente da persone provenienti dall’Asia e dall’Occidente, che svolgono tutti i possibili lavori che offre questo contraddittorio paese, che è in grado di investire centinaia di miliardi di dollari, col risultato che tutti ne parlano come della Las Vegas – Venezia – Disneylandia del Medio Oriente.
La risposta venne fornita da Bergoglio stesso che, nel video messaggio rivolto al “popolo degli Emirati Arabi Uniti” in vista della gita, dichiarò: « Ringrazio vivamente Sua Altezza lo Sheikh Mohammed bin Zayed bin Sultan Al Nahyan, che mi ha invitato a partecipare all’incontro interreligioso sul tema “Fratellanza umana”. »
Quindi, Bergoglio è andato a partecipare ad un “incontro interreligioso” con persone provenienti da diverse religioni, in una terra musulmana stracarica di ricchezze autoctone e di ultramoderne realizzazioni occidentali. Un incontro contraddittorio in una terra contraddittoria.



Ci si sarebbe aspettato uno spettacolo simile a quello degli altri incontri interreligiosi e invece si sono viste solo due figure rappresentative: il capo del Vaticano a Roma e il capo dell’Università Al-Azhar a Il Cairo; e sono solo questi due che hanno preparato e firmato il “Documento sulla Fratellanza Umana”, che sembra essere il topolino partorito dalla montagna.
Per capire, quindi, cosa sia realmente avvenuto tra i grattacieli, i centri commerciali, i lussuosi alberghi e gli uffici delle fondazioni macroeconomiche di Abu Dhabi, è utile dare un’occhiata a questo documento, pubblicizzato dai media sulla base delle frasi ad effetto in esso contenute.





Per incominciare a leggere nella giusta luce questo documento è opportuno partire dall’ultima frase:
«Questo è ciò che speriamo e cerchiamo di realizzare, al fine di raggiungere una pace universale di cui godano tutti gli uomini in questa vita».

Qui si trova l’indicazione che questo documento è stato redatto nell’ottica di Bergoglio con l’avallo di Ahmad Al-Tayyeb, capo di Al-Azhar: frasi fatte che contengono sia gratuite utopie, sia volute distorsioni della verità.
L’idea di poter “realizzare” “una pace universale” è una pura presunzione e al tempo stesso una sorta di battuta ad effetto che vorrebbe nascondere la realtà di un mondo in cui ogni realizzazione dipende dalla volontà di potenti di ben altro intendimento e di ben altro calibro e risorse che quelle di Bergoglio e di Al-Tayyeb.
Si potrebbe far notare che i due, in fondo, nutrano il convincimento che con l’aiuto di Dio si possa realizzare anche l’irrealizzabile, e questo è certo possibile, ma qui si parla solo di “pace universale” di cui gli uomini dovrebbero godere grazie al lavoro di questi due personaggi: qui Dio non è ricordato, anzi si ricorda la «pace universale» in «questa vita», come se si trattasse del Paradiso Terrestre!
Quindi, una distorsione della verità, perché la pace, non solo può darla solo Dio, ma potrà essere raggiunta veramente non in «questa vita», ma nell’“altra”, e solo se la si è meritata.





Ma perché continuiamo a parlare di “questi due”?
Perché, non solo sono i soli redattori e firmatari del documento, tramite i rispettivi gruppi di lavoro, ma sono gli stessi che, nel corso del testo, si autodefiniscono rappresentanti di tutti i cattolici, l’uno, e di tutti i musulmani, l’altro:
«In nome di Dio e di tutto questo, Al-Azhar al-Sharif – con i musulmani d’Oriente e d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente –, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio

Ora, passi per Bergoglio, che sulla carta rappresenta tutti i cattolici, ma Al-Tayyeb rappresenta solo se stesso o, al massimo, l’Università egiziana di cui è capo. Ed è inutile ricordare che si tratta della più importante università musulmana, perché questo non la rende rappresentativa di tutti i musulmani, i quali, non solo non riconoscono alcuna autorità comune, ma sanno che Al-Azhar è una istituzione “sunnita”, un’istituzione di parte, soprattutto per i musulmani “shiiti”.

Non passi, però, la palese assurdità di recarsi in Golfo Persico per vergare nero su bianco che la Chiesa cattolica sarebbe equiparabile – sullo stesso piano – all’Al-Azhar al-Sharif, a “l’Università La Luminosa”, come se la Chiesa cattolica fosse una qualunque istituzione educativa. Non passi! E tuttavia bisogna riconoscere che per Bergoglio la Chiesa non è nulla di più: lui che non riconosce neanche la “cattolicità”, l’universalità, di Dio e pretende di insegnare che “Dio… non è universale… non è cattolico”.

Ecco quindi i due personaggi, rappresentativi di loro stessi, che firmano un documento in cui è scritto:
«questa Dichiarazione sia un invito alla riconciliazione e alla fratellanza tra tutti i credenti, anzi tra i credenti e i non credenti, e tra tutte le persone di buona volontà».

Un proposito che è come un pugno in un occhio e che conferma come il documento sia stato preparato in chiave bergogliana. Infatti, mentre Bergoglio insegna, a terra e ad alta quota, che saremmo tutti fratelli: i credenti in Dio e i dispregiatori di Dio; Al-Tayyeb insegna, alla “Luminosa”, che i credenti sono solo i musulmani e che i non credenti, cioè anche i cristiani, vanno convertiti all’Islam.
Eppure, i due parlano tranquillamente di  invito alla “conciliazione” e alla “fratellanza” dei “credenti” e dei “non credenti”, pretendendo di offrirsi alla credibilità mondiale come i meglio qualificati in materia… loro che divergono in tutto.
Tuttavia, non si può non riconoscere che in qualche modo i due siano coerenti, perché, pur non disdegnando di riferirsi qua e là a Dio, promuovono, dichiaratamente, la “fratellanza umana”, che è cosa ben diversa della figliolanza di Dio.
Solo se si è figli del vero Dio, se si è accolto il Verbo di Dio e quindi si è generati da Dio e non da volere di uomo (cfr. Gv. 1, 12-13), si può parlare realmente di “fratelli” e quindi di vera fratellanza; diversamente si parlerà di falsa fratellanza… di fratellanza parolaia, di fratellanza meramente umana, di quella fratellanza che si coltiva tirannicamente nell’onusiano palazzo di vetro di New York.
Ma allora, invece che ad Abu Dhabi, perché non si sono incontrati a New York? Forse perché Abu Dhabi, a suo modo, è simile a New York: ad uno sguardo prospettico le due megalopoli moderne si assomigliano molto… anche per il fatto che i rispettivi gruppi dirigenti sono i soli abitanti stracarichi di soldi.




Ma vediamo sulla base di che si dovrebbe perseguire tale “fratellanza”.

«Un documento ragionato con sincerità e serietà per essere una dichiarazione comune di buone e leali volontà, tale da invitare tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme».

Da dove si vede che il documento è rivolto ai cultori di due fedi: quella in Dio e quella nell’uomo, e noi siamo convinti che tali persone non possano “lavorare insieme”, perché chi ha fede in Dio lavora con gli occhi al Cielo, mentre chi ha fede nella fratellanza umana lavora con gli occhi a terra… come faranno costoro a fare un lavoro insieme?
E’ un mistero che solo Bergoglio e Al-Tayyeb conoscono.

«In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità».

Mera invenzione “umana”! Perché Dio ha creato gli esseri umani diversi, e con pari dignità solo davanti a Dio stesso; e la diversità degli esseri umani implica, inevitabilmente, che essi abbiano diritti e doveri diversi e non uguali. Diversi, infatti, sono i diritti e i doveri dell’uomo e della donna, o dei genitori e dei figli, o dei vecchi e dei giovani, o dei superiori e dei sottoposti, o dei capi e dei gregari; ogni condizione o stato di vita comporta diritti e doveri relativi, non sono uguali i diritti e i doveri di chi insegna a “Santa Marta” o alla “Luminosa” e di chi apprende da questi insegnanti, come non sono uguali i diritti e i doveri dei docenti e degli studenti.
La concezione moderna che pretende, assurdamente e solo retoricamente, che tutti avrebbero uguali diritti e uguali doveri, è uno dei frutti della Rivoluzione che continua a spingere gli uomini a fare la guerra a Dio, ed è qualcosa di totalmente estraneo al cattolicesimo e allo stesso islamismo. Che poi i due l’abbiano adottata per fare bella figura davanti al mondo senza Dio, è cosa che recita a favore della loro nulla credibilità, al punto che il loro documento diventa di colpo carta straccia.

«In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa»

Dio non ha donato la libertà all’uomo, ma ha dotato l’uomo del «libero arbitrio», cioè della possibilità di scegliere tra il bene e il male, ma al contempo Dio gli ha comandato di fare il bene e di fuggire il male: sta all’uomo, col libero arbitrio, scegliere di fare il bene o di praticare il male, nel primo caso può sperare, se meritevole, di salire al Cielo; nel secondo caso può star certo di scendere all’Inferno.
La libertà, invece, come qui la si intende, è stata donata all’uomo dall’uomo, a partire dalla Rivoluzione francese e da quello che ne è seguito e ne segue ancora.
E in più, mentre il libero arbitrio è realmente di tutti gli esseri umani, non è così per la libertà di cui qui si parla, perché essa, per essere appena seria, dovrebbe corrispondere a quella di cui parla Nostro Signore: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv. 8, 31-32).
Da cui deriva che se si vuole veramente essere “liberi” è necessario essere prima di tutto discepoli di Gesù, cosa che permette di conoscere la verità, che è Gesù stesso, ed è tale conoscenza che fa libero l’uomo. Chi non è discepolo di Gesù, chi non conosce quindi la verità, non potrà essere libero, perché sarà schiavo del peccato… lo stesso peccato che fa credere all’uomo moderno di avere il “diritto alla libertà” per il solo fatto di essere uomo.
Queste cose dovrebbero saperle sia Bergoglio sia Al-Tayyeb, se pensassero secondo Dio, parlando invece come parlano dimostrano di pensare secondo gli uomini, ragion per cui incorrono nell’ingiunzione di Nostro Signore: «Lungi da me, satana!» (cfr. Mt.16, 23)

«Noi – credenti in Dio, nell’incontro finale con Lui e nel Suo Giudizio … chiediamo a noi stessi e ai Leader del mondo… »

Noi? – Passi per la parusia e per il giudizio, in cui a loro modo credono anche i musulmani, ma affermare: “Noi, credenti in Dio” vorrebbe insinuare che i due credano nello stesso Dio, mentre invece non è così.
Non c’è bisogno di fare un lungo discorso che i nostri lettori conoscono bene, ci limitiamo a ricordare che mentre noi cattolici – non siamo sicuri per Bergoglio – crediamo in Dio per la rivelazione fattaci dal Suo Figlio Unigenito Gesù Cristo, per i musulmani Gesù non è Dio, non è stato crocifisso e non è risorto; essi credono quindi in un altro Dio, e se il Vero Dio e vero uomo è Gesù, nell’unità col Padre e con lo Spirito Santo, ne consegue che i musulmani credono in un falso “dio”.

Quale può essere allora il significato di questo “noi, credenti in Dio”?
C’è una sola spiegazione, quella che viene fornita nel seguito del documento, in cui si dice:
«Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani»

E qui si rimane allibiti per la faccia tosta con la quale i due, che dicono di professare la fede di Abramo, fanno strame di quello che noi cattolici conosciamo come Vecchio Testamento.
Infatti, tutte le diversità qui elencate – tranne il sesso -, non solo “non” sono “una sapiente volontà divina”, ma sono il frutto della decadenza dell’uomo in seguito al peccato originale di disobbedienza a Dio e di orgoglio dell’uomo. Cosa che ha portato alla divisione dell’umanità e ai ripetuti castighi che Dio ha inflitto agli uomini per la loro smisurata superbia e per la loro pretesa di farsi da soli il loro “dio”.
In particolare, l’uomo è caduto più volte nel peccato suggerito dal demonio ai progenitori: “sarete come dii”; e vi è caduto disprezzando l’unica religione dell’Unico Vero Dio suo Creatore, inventandosi le religioni a suo piacimento; e per questo è stato punito da Dio… il che è l’esatto opposto della blasfemia qui professata: “le diversità di religione … sono una sapiente volontà divina”.

Solo che questa aperta dichiarazione di apostasia sembra avere uno scopo ben preciso: affermare che l’Islam sarebbe il prodotto della “sapiente volontà divina”; e così Dio, e non l’uomo, sarebbe il “sapiente” architetto di quelle stesse idolatrie che ha voluto più volte distruggere: e sarebbe sempre Dio che mentre comanda: “Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro dio al di fuori di Me”, farebbe sì che con “sapiente volontà” l’uomo si fabbrichi altri dii e li adori.
No! Qui non è solo il cervello che è andato in poltiglia, ma è il demonio che riesce ancora a fare proseliti e ad usarli per procurarsi nuove anime da condurre nel suo Inferno.
 
E concludiamo così le osservazioni su questo incredibile documento, tralasciando le altre storture in esso contenute, che discendono tutte da quanto abbiamo osservato fin qui.

A Bergoglio non bastava il Santa Marta per esercitarsi a negare di Dio ora questo ora quello, ha voluto andare in gita ad Abu Dhabi per apostatare in maniera formale.





febbraio 2019
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