Non si scherza con Satana

Non si scherza con certe cose


di Francesco Lamendola


Articolo pubblicato su sul sito Accademia Nuova Italia

Impaginazione e neretti sono nostri






Nell’edizione del 2019 del Festival di Sanremo la comica Virginia Raffaele ha fatto una spietata parodia della canzone Mamma di Beniamino Gigli, ridicolizzandola e suggerendo, con la voce e con la mimica, che gli italiani di allora erano dei poveri sciocchi perché dedicavano le canzoni agli affetti familiari, mentre adesso, vuoi mettere, si son liberati del complesso di Edipo e finalmente assomigliano un poco di più (perché la pietra del paragone, inutile girarci attorno, è sempre costituita da quelli che ci hanno vinti nella Seconda guerra mondiale) agli efficienti e disinvolti anglosassoni.

Si muoveva come un manichino, s’inceppava con le parole e ripeteva la stessa strofa più volte, per imitare il disco in vinile che s’incanta nei solchi ostruiti dalla polvere e dall’usura del tempo, il tutto spostando l’attenzione del pubblico dalla bellezza di quella canzone al ridicolo della sua interpretazione parodistica, che enfatizzava volutamene ed esageratamente le sbavature retoriche. Alla fine, non paga di questa dissacrazione, la Raffaele si è bloccata sulle ultime parole e girando su se stessa, come una macchina impazzita, ha ripetuto distintamente, anche se con voce alterata e quasi irriconoscibile, per cinque volte, il nome di Satana.
Di fatto, il pubblico stupito e perplesso ha assistito a una ripetuta invocazione satanica, dal palco della maggiore manifestazione canora nazionale; esibizione subito coronata dal solito diluvio di applausi e complimenti, come se si fosse trattato della cosa più logica e naturale del mondo.
Di fatto, è impossibile trovare una qualsiasi connessione logica fra il resto dello sketch e quella ripetizione del nome del principe dei demoni: non c’è, puramente e semplicemente.
Pertanto è inutile che la gente si sforzi di trovarla e di dare un senso all’intera scena: l’unica possibile conclusione è che gli autori della sceneggiatura hanno voluto cogliere un’occasione qualsiasi affinché venisse invocato il nome di Satana, il che, nel linguaggio delle sette demoniache, ha un significato ben preciso, quello di porre tutti i presenti sotto la sua “protezione” e di offrirgli le intenzioni dell’intera assemblea, esattamente come si fa con il Dio cristiano, quando si invoca il Suo nome nel corso di una cerimonia sacra e in particolare nel Sacrificio della santa Messa.
Ma anche il Diavolo, come si sa, ha i suoi riti e le sue messe: messe alla rovescia, messe nere. E quelli che le praticano sono, talvolta, dei poveri incoscienti desiderosi di rompere la noia delle loro grigie esistenze, ma sono anche, in certi casi, delle persone che sanno molto bene quel che stanno facendo, che seguono delle procedure ben precise e che non considerano affatto il culto del Diavolo come se fosse un gioco.




Non si scherza con certe cose !


L’italiota benpensante, neoilluminista e neoscientista, insorgerà prontamente davanti a queste asserzioni e si straccerà le vesti, dicendo che noi vogliamo cercare a tutti i costi il marcio anche dove non c’è, e che, pur di fare del sensazionalismo, siamo pronti a trasformare una innocente scenetta televisiva in un sinistro rituale demoniaco e una trovata comica in un’invocazione satanica; oppure, peggio ancora, che siamo afflitti dalla grave patologia del complottismo, per cui vediamo congiure dappertutto, e che avremmo bisogno di una bella visita psichiatrica.
Benissimo: quei signori non rischiano nulla, perché tutto l’insieme della cultura moderna sta dalla loro parte, mentre a sollevare qualche dubbio sono solo quelle persone che, dal punto di vista culturale, appaiono sorpassate ed emarginate, come residui di un tempo oscuro, che la nostra splendida società tecnologica si è lasciato fortunatamente alle spalle.
La forza, o meglio l’arroganza, di questa cultura, coltivata da divulgatori come gli Angela padre e figlio o come Massimo Polidoro e il defunto Umberto Eco, sta solo nel fatto che è perfettamente allineata con il sentire dell’uomo moderno; ma tutta la faccenda assume un’altra prospettiva se ci si chiede chi sia l’uomo moderno, quali strumenti lo abbiano formato. Si scoprirà allora che il cosiddetto uomo moderno è il risultato di un lavaggio del cervello che i poteri forti, quelli della finanza soprattutto, hanno esercitato lungamente su di lui, attraverso il monopolio dei mezzi d’informazione e degli strumenti della cultura, scuole e università in primo luogo: pertanto, non è affatto strano che egli consideri con scetticismo e irrisione anche solo il sospetto che il principe delle tenebre esista, e che sia responsabile di sofferenze indicibili per molti uomini e donne; e che invocarlo nel contesto di un evento di musica leggera non sia, forse, la cosa più intelligente da fare, a meno che si abbiano delle finalità inconfessabili.

Attenzione: non stiano affatto dicendo che Virginia Raffaele sia una satanista, o che si sia posta consapevolmente al servizio di una congrega di satanisti. Stiamo ipotizzando che tutti quelli che si prestano a operazioni come quella della scenetta da lei interpretata, sono parte di un disegno enormemente più ampio, del quale essi non sospettano neppure l’esistenza.
Così come non erano al corrente di nulla le centinaia di figuranti del raccapricciante spettacolo, durato ore e ore, che ha accompagnato l’inaugurazione del tunnel del Gottardo, nel giugno 2016, alla presenza di capi di Stato e di governo, e che è stato, con tutta evidenza, una consacrazione del traforo al Diavolo (noi, comunque, non vorremmo essere al posto di quei giovanotti e di quelle ragazze, che il narcisismo e la superficialità hanno spinto a prestarsi ad una manifestazione che di artistico non aveva nulla, e di maligno aveva, invece, anche troppo).
E così come pensiamo fossero all’oscuro del vero significato dell’opera gli operai che hanno realizzato il massonico e inquietante aeroporto internazionale di Denver, in Colorado (sta di fatto che Luis Jimenez, l’artista che ha scolpito il demoniaco cavallo di bronzo, alto dieci metri, con gli occhi infuocati, è rimasto ucciso a causa dalla caduta della testa dell’animale, proprio mentre terminava la sua sinistra opera: perché il Diavolo paga sempre i suoi servitori).
E a quelli che sorridono ironicamente di simili indizi, e che scuotono la testa quando si parla di possessioni e di esorcismi, non abbiamo nulla da dire: inutile discutere con loro. Vale invece la pena di mettere in guardia le molte persone in buona fede che si accostano, per curiosità malsana, al mondo dell’occulto, e in particolare al satanismo: attenzione, state scherzando col fuoco. Voi credete, quando sedete alle sedute spiritiche o mentre giocate con le tavolette ouija, d’interrogare gli “spiriti”, ma la realtà è che voi non avete la minima idea di chi state evocando; se lo sapeste, crediamo che morireste di paura.




L'incauta Virginia Raffaele e la ripetuta “invocazione satanica” dal palco della maggiore manifestazione canora nazionale
Mai aprire incautamente “certe porte” che dovrebbero rimanere ben chiuse!


Noi abbiamo conosciuto personalmente uomini e donne che hanno avuto a che fare con queste cose e sappiamo che non sono scherzi, né illusioni; sappiamo che una vita può essere distrutta se si aprono incautamente certe porte, che dovrebbero rimanere ben chiuse.
Arrivati a questo punto vogliamo fare un esempio concreto, fra gli infiniti che esistono sull’argomento: quello di una giovane professoressa di madrelingua francese, trasferitasi in Italia negli anni ‘80 del secolo scorso, la quale ha raccontato alcune vicende che la videro protagonista e che offrono un sostegno testimoniale a quanto abbiamo detto (da: Marie Françoise Bouchereau, Dimensione divina. Storia vera di un incontro con il soprannaturale, Trento, Luigi Reverdito Editore, 1989, pp. 14-16):

Per parecchi mesi, alle tre precise di notte, una forza indefinibile mi svegliava. Mi vestivo in una specie di stato di sonnambulismo, scendevo, prendevo la macchina e partivo senza scopo, finendo sempre in sentieri solitari di campagna. Preciso che, normalmente, allora non uscivo mai da sola di sera, perché il buio mi metteva paura.

Oltre a queste stranissime passeggiate notturne ogni volta che mi trovavo a viaggiare a velocità sostenuta, fuori città, un cane nero, abbastanza alto, mi attraversava la strada. Un mattino che mi recavo all’Università di Torino, un alano uscì di corsa da un campo (fatto già curioso, perché questo tipo di cane viene tenuto per guardare le case). Lo vidi all’ultimo momento e capii che, se avessi premuto il freno, avrei sbandato e sarei finita chissà dove. Tolsi solamente il piede dall’acceleratore, cambiai marcia e attesi gli eventi. Stava arrivando in senso contrario una vecchia “Lancia” di grossa cilindrata. Fu questa a colpire l’alano alle zampe, facendolo volare sopra la mia macchina e ricadere sul lato della strada. Urlava come un dannato e girava sulla schiena esattamente come una trottola impazzita. Accorsero, non si sa da dove, decine di cani, urlando tutti assieme, allo stesso modo dell’alano che circondavano. Io riuscii a fermare la mia macchina. Assistetti a ciò che si può definire con un termine solo: “spettacolo d’inferno”.

Non basta di certo dire che rabbrividivo, che mi si era gelato il sangue, che ero impietrita. Nessuna, veramente nessuna espressione, né della mia lingua madre, né di quella italiana può definire ciò che provai in quel momento. Nessuna espressione o parola potrà mai definire nemmeno gli altri brividi strani che provai una notte verso le quattro, quando mi accorsi che stavo per cadere con la macchina in uno stagno. Dopo aver fermato la macchina a non più di venti centimetri da quell’acqua minacciosa, scesi e mi guardai attorno. Alberi alti come giganteschi fantasmi mi circondavano, l’acqua ai miei piedi sembrava aspettarmi per ingoiarmi in un colpo solo, simile agli squali dell’oceano. Mi venne da urlare con tutte le mie forze, ma temetti di vedermi arrivare mostri ancora più terribili.

Allora scattò in me un allarme benedetto. All’improvviso, la mia mente ricevette una luce e in me una voce gridò: “Attenta, qualcuno vuole la tua morte! Ma tu sei forte. Coraggio! Usa la tua volontà. Dai, muoviti. Esci da lì”.

“Certo”, dissi, “come spiegare altrimenti tutto quello che mi stava accadendo?”

Un altro fatto, anzi due, confermavamo le intenzioni di morte che qualcuno poteva avere contro di me. Una domenica mattina andavo ad Alessandria, stavo finendo un sorpasso quando la mia macchina si fermò di colpo. Quello che stavo sorpassando suonò come un matto e se avessi potuto sentire le sue parole, sarebbero state certamente imprecazioni contro di me. “Hai tutte le ragioni del mondo”, pensai, “ma non ci posso far nulla”.

Spinsi la macchina sul bordo della strada. Si fermò un giovane militare, aprì il cofano e mi fece notare che si erano staccati i fili delle candele. Preciso che né quel giorno, né il giorno precedente ero stata da qualche elettrauto o meccanico.

Avevo anche scoperto tempo prima nel porta-oggetti della mia “Fiat 127” (era la macchina che possedevo allora), due piccole chiavi arrugginite con della cera nera sulle due punte. Ricordo che le guardai attentamente, chiedendomi chi avesse potuto mettere questi oggetti nella mia macchina. Proprio il mattino in cui incontrai l‘alano, le presi in mano e le buttai in un fosso, mentre viaggiavo. Ci misi proprio tutta la mia forza nel buttarle fuori, lontano dalla mia macchina.

Fu la forza del mio gesto a scatenare le grandi potenze maligne che si scatenarono in quella forma?

È ovvio che mentre accadevano questi fatti insoliti dentro di me ero in uno stato di perenne dolore. Era veramente come se mi avessero infiltrato nelle vene il veleno della morte. Dovevo combattere con tutta me stessa per sopravvivere. Mi veniva il vomito appena cercavo di mangiare qualche cosa. Appena mi svegliavo, mi assalivano le pene più orribili che si posano immaginare. I miei capelli cadevamo in modo allarmante. In quattro mesi dimagrii di sette chili. Mi pareva di vivere in un incubo diabolico dal quale non era possibile fuggire.




Se il principe delle tenebre esiste,
invocarlo nel contesto di un evento di musica leggera non è la cosa più intelligente da fare !


Cani neri che sbucano non si sa da dove, nel cuore della notte, a decine, urlanti, come se fossero diavoli dell’inferno? Fili delle candele del motore di un’automobile che si staccano da soli, in piena corsa, senza alcuna ragione apparente? Stati di trance e istinti suicidi incontrollabili, che spingono le persone a un passo dal gesto irreparabile (e, in parecchi casi, anche oltre quel passo)?
Ma via, diranno i soliti scettici: queste cose non esistono. Il Diavolo stesso non esiste: di questa opinione sono anche fior di sacerdoti, a cominciare dal generale dei gesuiti, Sosa Abascal! E se non c’è il Diavolo, come possono esserci le ossessioni, le vessazioni e le possessioni diaboliche? A meno che… A meno che i sacerdoti che negano l’esistenza del Diavolo, e quelli che hanno progettato l’inutile e costosissimo aeroporto di Denver, con tanto di Blue Horse, e quelli che hanno ideato l’orripilante cerimonia d’inaugurazione del San Gottardo, e forse anche quelli che scrivono le sceneggiature di film, telefilm, giornalini a fumetti e spettacoli in genere, non facciano parte di un unico, grandioso disegno di portata planetaria.
Ma sì: loro possiedono o controllano tutto: governi, laboratori di ricerca scientifica, giornali, televisioni, scuole, università, case editrici, grandi eventi dello spettacolo; hanno i soldi, hanno il potere, hanno anche l’interesse. Da qualche tempo stanno lasciando scivolare la maschera, ci lasciano intravedere qualcosa del futuro che ci aspetta. Ci stanno preparando: vogliono che familiarizziamo con la religione prossima ventura, che essi vogliono instaurare al posto delle vecchie religioni, e in particolare, in Occidente, al posto dell’ormai logoro cristianesimo.

E quale sarebbe, chiederanno i soliti scettici, con il loro sorrisetto beffardo, questa religione prossima ventura? Provate a rivedere, su Youtube, la scenetta della Raffaele, e lo saprete...



febbraio 2019
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