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INTERVISTA
A DANILO QUINTO a cura di Don Reto Nay
Pubblicata il 24 febbraio 2019 su Gloria TV L’autore e conferenziere Danilo
Quinto è sposato, con un figlio.
È stato prima militante del Partito Radicale e poi membro del gruppo dirigente, dal 1987 al 2005, anno in cui presentò le sue dimissioni, perché abbracciò la fede cattolica. Da servo di Pannella diventò servo inutile di Dio. Ha pubblicato nove libri e migliaia di articoli e ha tenuto conferenze in tutt’Italia. ![]() Danilo Quinto, il 4 febbraio lei è stato condannato a Roma a sei mesi di reclusione, con pena sospesa e ad un’ammenda di 2.000 euro, oltre al pagamento delle spese processuali. Sì, sono stato condannato
in base ad una denuncia di Maurizio Turco, membro del Partito Radicale,
il mio ex-partito.
Perché? Nel mio primo libro, Da servo di Pannella a figlio libero di Dio
(2012), l’ho definito in corsivo “servo sciocco”.
Se uno dice “servo sciocco”, in Italia lo condannano a sei mesi di carcere? A me è accaduto. Qualcuno
mi dice che sia una condanna senza precedenti nella giustizia italiana.
Chi è Maurizio Turco? È un ex-parlamentare
europeo e più volte italiano. Ora è rappresentante legale
del Partito Radicale. Dopo la morte di Marco Pannella – nel maggio 2016
– divenne Presidente della Lista Pannella. Questa lista è
titolare di tutti i beni radicali, gli immobili, il Centro di
Produzione SpA-Radio Radicale e le entrate provenienti dai
finanziamenti pubblici.
Turco sembra più “padrone” che “servo”? Non posso commentare. Quel che
posso dire è che nel Teatro italiano – pensiamo a quello di
Carlo Goldoni, ad esempio – e nella Commedia dell’Arte, “servo sciocco” è una
metafora, un’espressione benevola ed io in questo senso l’ho usata,
come la usano tanti.
Turco avrà una personalità molto delicata? Pur conoscendolo da 35 anni,
preferisco non rispondere a questa domanda. Sono documentate altre
espressioni che sono state dirette a lui da esponenti storici del
Partito Radicale dopo la morte di Pannella, e pubblicamente.
In quale contesto lei ha
utilizzato le parole “servo sciocco”?Gianfranco Spadaccia definì Turco durante il Congresso di Radicali Italiani nell’ottobre 2016 come «plenipotenziario». Aggiunse: «Voi date per scontato che esistiamo noi e poi esistono i seguaci di Maurizio Turco». Oppure: «Radio Radicale non può essere una questione ereditaria, di lascito a Maurizio Turco». La Bonino l’ha chiamato, durante lo stesso congresso, “unumviro”, riferendosi ai “quadrumviri” che erano stati eletti, mentre Turco fu eletto come coordinatore e rappresentante legale. Roberto Cicciomessere l’ha accusato di «ritenere di aver avuto da Dio il mandato di essere depositario del verbo radicale», di «alzare la bandiera di Pannella e non fare niente» (riunione del 14 luglio 2016). Al Corriere della Sera (18 luglio 2016) ha detto: «Ciò che gli interessa è impossessarsi del brand Radicale, della presa di possesso del partito transnazionale che giustifica il possesso del patrimonio radicale». Nessuno di costoro è stato denunciato per diffamazione. Nell’autunno 2003, quando ero
Tesoriere sia del Partito Radicale sia di Radicali Italiani, il gruppo
dirigente radicale si riunì prima dell’elezione dei nuovi
responsabili ed espresse una votazione unanime sulla mia ricandidatura.
Nonostante ciò, Rita Bernardini, membro del gruppo dirigente, si
autocandidò. In questo contesto scrivo a pagina 63: «Il servo sciocco di Pannella, Maurizio
Turco e l’allora adorato segretario di Radicali Italiani, Daniele
Capezzone – mi invitarono a contrapporre la mia candidatura a quella di
Rita Bernardini, proprio loro che erano stati tra i maggiori artefici
della mia defenestrazione».
Una tale frase, nascosta in un libro, vale sei mesi di carcere? Questa frase era riportata nella
denuncia che ricevetti nel mese di settembre del 2012. Fu l’unico “capo
d’imputazione” del rinvio a giudizio ricevuto nel mese di settembre
2016, avvenuto per decreto, come si dice in termine tecnico,
cioè senza avere nessun’altra notizia per 4 anni e senza essere
ascoltato nella fase preliminare.
Non è stato accusato d’altro? No, solo questo. Nella denuncia
dei radicali era riportata un’altra frase del libro, a pagina 74:
«Quelli furono anni di
contrasto fra Bonino e Pannella e le riunioni si volgevano sul tema che
cosa fa per il Partito la Bonino a Bruxelles? Era un dissidio solo
apparente, alimentato da Pannella e ampiamente pilotato dai due, usato
in maniera strumentale per dividere, all’interno, i membri di un gruppo
dirigente in realtà inesistente, acefalo, incapace di prendere
qualsiasi decisione senza il previo consenso del suo padre-padrone».
Non ho capito il problema… Sottolineavano il termine “acefalo”, che come ben si comprende
era riferito all’intero gruppo dirigente e non ad una singola persona.
Si aspettava una denuncia per “servo sciocco”? No. Nel libro documentavo invece
verità scottanti, comportamenti inquietanti dei soggetti
radicali ed esprimevo giudizi molto duri sulla realtà che avevo
vissuto dentro il partito. Questi fatti non sono stati oggetto di
alcuna denuncia.
Faccia un esempio… Scrivevo del mio rammarico di
aver trascorso tanto tempo della mia vita «in un luogo profondamente anti-umano,
sordido, torbido, generatore di odio». Aggiungevo che
«Il Partito Radicale è
un luogo dove le vite individuali non sono considerate come un valore
in sé, ma per quello che possono utilmente produrre per una
causa che è solo apparentemente collettiva. In realtà
riguarda solo una ristretta cerchia di persone, quelle che il padrone
sceglie in base ai suoi desideri».
Quando è iniziato il processo per “servo sciocco”? Si è aperto in primo grado
nel mese di novembre 2016. Due anni più tardi, nel febbraio
2018, il pubblico ministero, nel corso di un’udienza, chiese al giudice
di aggiungere un secondo “capo d’imputazione”, che riguardava sempre il
reato di diffamazione. Un fatto, mi sembra, abbastanza inusuale.
A che cosa si riferiva il giudice? Si riferiva a pagina 74 del
libro. Lì scrivo di Turco, allora capo della delegazione
radicale alla Camera dei Deputati, che si affidò a Pannella per
dirimere le questioni con sua moglie, la sorella dell’avvocato di
Pannella, Giuseppe Rossodivita, e per decidere la relativa separazione.
Turco mi disse: «È stato
Marco ad aiutarmi. È venuto a casa nostra a Bruxelles, a cena, e
ha deciso e sistemato tutto lui». Commentavo nel mio
libro: «Pannella si assumeva
anche questi compiti: nella sua infinita bontà diventava per i
suoi adepti anche sensale o guastatore di unioni pseudo-matrimoniali».
È vero questo episodio? Sì. Mi era stato confidato
dal protagonista, il quale ha confermato in udienza di essere stato
sposato e di aver divorziato. Nel libro questo episodio serviva per
spiegare come Pannella intervenisse – come amico-consigliere – nei
confronti di tutti, per dirimere anche i loro rapporti privati. Il
giudice dell’epoca – che qualche mese dopo sarebbe stato sostituito da
un giudice, questa volta onorario – accolse la richiesta del pubblico
ministero. In un’udienza successiva, nel mese di giugno 2018, furono
ascoltati quattro testimoni a mia difesa, che confermarono quale fosse
il ruolo di Pannella nel Partito Radicale e i suoi rapporti con Turco e
nei confronti degli altri dirigenti.
Non ha mai avuto paura di questo processo? Dio insegna che bisogna temere
solo Lui. Così è stato per me, nonostante gli oltre due
anni di iter processuale. Il mio legale – nonostante il mio scetticismo
– mi ha espresso più volte la certezza che al massimo per “servo sciocco” avrei potuto
ricevere una multa.
Perché pensava così? Olivero Toscani nel dicembre 2014
disse nel corso di una partecipazione alla trasmissione radiofonica La Zanzara, quando gli mostrarono
le foto di Matteo Salvini a torso nudo: «Ma poverino, non ha proprio niente da
fare. In quelle foto sembra un maialino sotto il piumino. Uno che dice
di uscire dall’Europa e poi si fa fotografare così».
Aggiunse: «Salvini fa i
pompini, va benissimo per quello. A chi li fa? Salvini fa i pompini ai
cretini, fa anche rima. Prende per il culo chi lo vota».
E il verdetto? Nel luglio 2018, Toscani è
stato condannato ad una pena pecuniaria, 8.000 euro più le spese
legali, per espressioni che mi pare fossero ben più gravi delle
mie. Di solito, i processi per diffamazione si concludono così:
con una multa.
Per lei, invece, sei mesi di reclusione? Sì, nonostante la
richiesta del pubblico ministero fosse stata solo di 3.000 euro di
ammenda. Il giudice è andato ben oltre questa richiesta.
Leggeremo le motivazioni, che ha tempo 90 giorni per depositare.
C’è un altro punto interessante… Sì, nel dispositivo della
sentenza, letto in aula, il giudice non ha disposto il sequestro del
libro, che penso sia ancora acquistabile attraverso Amazon o nei
circuiti librari. Dopo il deposito delle motivazioni, ci sarà la
possibilità di proporre l’appello. La pena pecuniaria comminata,
invece, è immediatamente esecutiva. La richiesta di pagamento
delle spese processuali arriverà nel tempo e si
aggiungerà a quelle che mi sono state comminate per gli altri
processi. Intanto, questa sentenza, “fa
Giurisprudenza”, come si dice e in questo senso dovrebbe
interessare tutti, anche al di là del caso personale.
Lei scrive sul suo sito http://daniloquinto.tumblr.com/: «Sulla mia vicenda, è assordante il silenzio di tutti coloro i quali sono abituati a “gridare dai tetti” e a “pontificare”». Mi riferisco al mondo cattolico
italiano, che ha inteso tacere sulla mia condanna.
Perché tacciono? Per convenienza e per
complicità. Forse anche per odio nei miei riguardi.
Odio? Non mi riferisco alle singole
persone, quelle semplici, che hanno compreso il percorso ed il senso
della mia testimonianza. Ringrazio dal profondo del cuore queste
persone, che a centinaia stanno inviando messaggi di solidarietà
alla mia email (pasqualedanilo.quinto@gmail.com)
e stanno acquistando il mio ultimo libro, Dio o Mammona – Non si possono servire due
padroni, che in questi giorni è stato ristampato,
perché esaurito.
A chi si riferisce, allora? Alle “consorterie” e alle “sette” che di quel mondo fanno
parte, alla stampa cattolica, ai giornalisti e scrittori cattolici, ai “pensatori” cattolici ed anche ai
parlamentari che si definiscono cattolici.
Come si spiega questo? Ho toccato con mano, prendendo
atto di questo silenzio, quel che mi diceva il mio caro amico Mario
Palmaro: l’inesistenza dei cattolici, che pur vedendo sorvolare sulle
loro case gli elicotteri guidati dai Viet-Cong, tacciono. Si crogiolano
nella loro tiepidezza, la cosa meno amata da Dio, come si legge
nell’Apocalisse di San Giovanni: «Perché sei tiepido e non sei
né freddo né caldo, io sto per vomitarti dalla mia bocca».
Il cattolico moderno ha smesso di combattere… I cattolici professionali fanno finta
di combattere. In realtà, si sottomettono docilmente alla
cultura dominante, al pensiero unico.
Vogliono vivere in pace con i potenti… Si può dire così,
ma Cristo ha insegnato: «Non
crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto
a portare pace, ma una spada» (Mt 10,34). Certo, Cristo ci
dà anche la pace, ma «non
come la dà il mondo» (Gv 27,14). Perciò la Chiesa
non deve perseguire la pace in questo mondo, che appartiene ai
potentati delle tenebre ed è macchiato dal peccato originale.
Deve dire la Verità. Anzi, gridarla dai tetti. Tutta intera.
Senza compromessi. Senza inseguire il male minore, perché il suo
compito è quello di salvare, non d’ingannare, le anime.
Sembrano delle cose ovvie. Autorevoli esponenti cattolici mi
dicono invece che uso un linguaggio “contundente”.
O che la Verità non dovrei dirla, altrimenti rimango solo.
Perché non segue questi consigli? Perché tento di stare
dalla parte di Dio e, stando con Dio, so di essere maggioranza. Il
Signore non ha bisogno di tanti uomini. Ne scelse 12, uno lo
tradì, ma gli altri 11, insieme a San Paolo e ai loro discepoli,
evangelizzarono il mondo allora conosciuto, a partire dall’Impero
Romano.
Qual è il suo aiuto spirituale? Il Vangelo. Ho tentato, in questi
anni, di viverlo ad litteram.
La mia guida è il
capitolo 6 di San Matteo, come mi ha insegnato, all’inizio della mia
conversione il mio padre spirituale: «Non abbiate paura degli uomini».
Oppure: «Quello che ascoltate
all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze». Oppure:
«Chi mi rinnegherà
davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio
che è nei cieli». Ecco la mia guida.
Mt 6 vale per tutti… Per questa ragione, accuso le “consorterie” e le “sette” che si definiscono
cattoliche di non aver proclamato la Verità in faccia
all’ideologia che sto combattendo.
Può essere più concreto? Anni fa un parlamentare “cattolico” mi disse che il Governo
Berlusconi continuava a dare 15 milioni di euro alla Radio Radicale di
Pannella – come avevano fatto tutti i Governi precedenti (Amato, Prodi,
D’Alema) e come avrebbero fatto i Governi successivi (Monti, Letta,
Renzi, Gentiloni) – “per farlo
divertire”.
Sta scherzando? Eh, no! L’ho scritto in uno dei
miei libri e non sono stato smentito. Un altro parlamentare “cattolico” mi confidò che
aveva apposto la sua firma in calce a un appello perché lo Stato
desse nei tempi stabiliti e senza ritardi i contributi pubblici a Radio
Radicale «perché glielo
aveva chiesto un amico al quale non poteva dire di no».
Anche questo l’ho scritto.
Come si chiamano questi due parlamentari “cattolici”? Gaetano Quagliariello (di
provenienza radicale, eletto al Senato alle ultime elezioni politiche
nella coalizione di centro-destra, in quota IDeA) e Eugenia Roccella
(anche lei di formazione radicale, eletta due volte alla Camera nelle
liste del PdL). Quando morì Pannella, entrambi intervennero nel
dibattito parlamentare che lo commemorava. Il primo affermò:
«Oggi di luoghi di formazione,
in fondo gratuiti e generosi, come quello che il Partito Radicale di
Pannella ha incarnato, non ne esistono più. E questa è
una perdita secca che condiziona la qualità della classe
politica e quindi la ricchezza stessa della nazione».
E la Roccella? La Roccella disse: «Lui ha lasciato a tutti noi e a chi ha
condiviso, per lungo tempo o anche per brevissimo tempo, la sua storia
e la sua avventura personale». Disse poi a proposito
dell’insegnamento che lasciava in eredità Pannella: «la politica non è legata alle
convenienze, ma è legata alle convinzioni, profondamente legata
alle convinzioni». Questo, secondo la Roccella, era «la bella politica che lui faceva e che ha
insegnato a tutti noi».
Roba da matti… Questi non sono casi isolati.
Massimo Gandolfini, il leader catecumenale del Family Day, alla morte di Pannella, disse
a Radio Radicale: «Ho un
ricordo sul piano umano molto buono e molto bello».
Ci sono altri esempi? Purtroppo, sì. Tanti.
Costanza Miriano, affermata scrittrice cattolica, nel 2013, in piena
campagna per l’elezione del Presidente della Repubblica, scrisse sul
suo blog un articolo intitolato Gesù
Cristo è morto in croce anche per Emma Bonino,
tralasciando e omettendo di dire che la misericordia divina si
manifesta solo se c’è un pentimento che, nel caso della Bonino,
avendo lei commesso pubblico peccato, dev’essere pubblico.
Sembra che i cattolici sono presi dalla follia collettiva… Difatti. Mario Adinolfi, nel
2016, dal palco del suo congresso del Partito della Famiglia,
ringraziò Radio Radicale per la registrazione dell’evento, come
faceva Andreotti durante i congressi della Democrazia Cristiana.
Entrambi questi ultimi illustri cattolici, per presentare i loro libri,
accettano gli inviti di Radio Radicale.
Accettano un invito della radio del partito dell’aborto per eccellenza? Esatto. Adinolfi si è
addirittura fatto intervistare a casa sua. Ma non è ancora
finita. Un altro cattolico, Bruno Tabacci, offre a Emma Bonino – e lei
accetta – l’utilizzo del simbolo del suo partito, Centro Democratico, al fine di
esentarla dalla raccolta firme per l’elezione del Parlamento del 2018 e
così sarà per le elezioni europee: presenteranno una
lista in comune, “+ Europa”.
E l’ultimo esempio? L’ultimo esempio l’ha dato il
Ministro Grillo, del Movimento 5
Stelle, che in questi giorni ha nominato nel nuovo Consiglio
Superiore della Sanità, due membri dell’Associazione Radicale Luca Coscioni.
Condivido il commento che a questo proposito appare sul sito di
Maurizio Blondet: «Tanto valeva
votare per Emma Bonino e Più Europa».
Sapevamo che la politica è corrotta, ma a questo punto? Guardi, non sono neanche i
peggiori. Si ricorda delle telefonate private a Pannella di Bergoglio,
avvezzo a separare i suoi “vizi
privati” dalle “pubbliche
virtù”?
E poi la Bonino è comparsa in Vaticano come la Madonna a Lourdes… Difatti, Bergoglio ha invitato la
zia d’Italia – come lei
si definisce – in Sala Nervi, alla presenza di 6.000 bambini.
Ma non è finito lì… Purtroppo, no. Successivamente,
Bergoglio, dalle pagine del Corriere
della Sera (8 febbraio 2016) l’ha prima inserita tra i “grandi dell’Italia di oggi”,
insieme a Giorgio Napolitano, aggiungendo: «Mi dicono: è gente che la pensa in
modo molto diverso da noi. Vero, ma pazienza. Bisogna guardare alle
persone, a quello che fanno».
Bergoglio ci ha guardato? Dubito. Ha perfino dato la sua
adesione politica alla campagna Ero straniero – l’umanità che fa
bene. Sostituzione della popolazione europea e meticciato sono
princìpi che accomunano il pontefice regnante e la Bonino, la
leader mondiale dei diritti umani, che fa parte del board dell’Open Society Foundation del
miliardario George Soros. Uno più uno, in questo caso, fa tre.
Hanno fatto parlare la Bonino anche nelle Chiese… È vero. È accaduto
a Biella, nella chiesa cattolica di Ronco di Cossato, nel luglio 2017,
dove ha spiegato la necessità che l’Italia accolga almeno
300.000 migranti ogni anno e a Napoli, nel febbraio 2018, nell’ipogeo
della Basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio a Capodimonte,
durante la campagna elettorale. Né il Vescovo di Biella
né il cardinale di Napoli l’hanno impedito.
Perché la gerarchia si permette tali scandali? Perché l’ideologia della
Bonino – sugli immigrati e su tutto il resto – è divenuta “pensiero liquido” e, in quanto
tale, ha contagiato la gerarchia cattolica.
Papa Francesco dovrebbe dunque leggere il libro di Quinto… Mi pare proprio di sì, ma
non credo che lo farà. Glielo inviai, anni fa. Così feci
con Benedetto XVI. La risposta di entrambi furono due righe
burocratiche delle loro segreterie. Forse non solo loro dovrebbero
leggerlo, considerato che mi sembrano circondati da estimatori di
Pannella e Bonino e dell’ideologia di cui anch’io sono stato
protagonista.
Magari non solo estimatori, ma anche imitatori? Questo sarebbe gravissimo.
Descrivo il Partito Radicale nel mio libro come «un luogo dove non esiste la libertà
di pensare e quindi di agire, di dire la propria opinione, dove la
menzogna viene usata costantemente. C’era sempre uno strato, quello
più importante, di cose non dette, tenute nascoste».
Spero che nel Vaticano di Bergoglio non sia così.
Lei parla anche di sfruttamento del personale. Lavorando per i Radicali, ho
visto un luogo che non dedicava nessuna dignità a chi lavorava,
anche per 13-14 ore al giorno, senza una contropartita economica
adeguata e senza una prospettiva di lavoro certa.
La promiscuità sessuale? Nel libro scrivevo questo: «I rapporti privati si dovevano consumare
solo all’interno, in una situazione claustrofobica, delirante, di
promiscuità sessuale. Vivevamo in una specie di famiglia
allargata, dove con disinvoltura si lasciava il proprio partner, per
accasarsi con quello o quella della porta accanto, magari più in
carriera in quel momento. Da questo gioco non ci si poteva sottrarre,
perché tutto quello che era privato era anche pubblico, e
viceversa e perché, sottraendoti, non facevi più parte
del cerchio magico».
Lei menziona anche l’omosessualità di Pannella? Descrivevo quello che ho vissuto
e scrivevo così: «Il
massimo della gratificazione era per i dirigenti del partito salutare
Pannella baciandolo sulle labbra. Pannella si presentava in riunione,
mano nella mano, con l’ultimo dei suoi fidanzati ventenni e lo imponeva
come futuro dirigente o futuro parlamentare. Il consumo di rapporti
omosessuali determinava il premio a questo o a quello, e l’ideologia
dell’omosessualità era dominante».
L’abuso dei membri di partito? Le riunioni potevano iniziare
alle 7 della mattina o durare fino all’una di notte, per giorni e
giorni interi. Tutti dovevano sapere tutto di tutti, per poi utilizzare
le informazioni, al momento opportuno, contro questo o contro quello, a
seconda delle cordate e delle alleanze che si formavano. Le vacanze
erano considerate un delitto contro il corpo – mistico – del partito, che supera e
ingloba tutto.
E il denaro? Nel Partito Radicale il denaro –
tanto denaro – veniva dilapidato in base solo ai desiderata di
Pannella, senza che nessuno potesse aprire bocca per proporre scelte
alternative, ragionevoli e di buon senso.
Con tutto ciò, i Radicali sono diventati i santi del Vaticano attuale? Non solo per Bergoglio, anche per
suoi seguaci. Sulla sua scia – i realisti sono sempre più
pericolosi del Re – altri esponenti del mondo cattolico hanno esaltato
le presunte qualità dei radicali. L’ex portavoce vaticano Padre
Federico Lombardi, alla morte di Pannella, il 19 maggio 2016,
dichiarò: «Lo ricordo
con stima e simpatia, pensando che ci lascia una eredità umana e
spirituale importante, di rapporti franchi, di espressione libera e di
impegno civile e politico generoso, per gli altri e in particolare per
i deboli e i bisognosi di solidarietà».
Uno scherzo da preti? Sembra proprio. Ma non finisce
qui. Giovanni Maria Vian, allora direttore de L’OsservatoreRomano, nel dicembre 2010 va a
Radio Radicale per celebrare, con una lunga intervista, i 150 anni del
giornale del papa, affermando, tra l’altro, che «vi possono essere battaglie culturali che
sono comuni o possono esserlo» e confermando la simpatia –
più volte evocata da Pannella – che Giovanni Paolo II avrebbe
nutrito nei confronti del leader radicale.
Follia collettiva anche in Vaticano? Non giudico. Riporto dei fatti.
Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontifica Accademia per la Vita, nel mese di
aprile 2014, incontrò in ospedale Pannella, appena operato.
Pannella brindò «ai
comandamenti di coscienza e a Sant’Egidio», aggiungendo:
«Chillu [riferendosi a
Papa Francesco] ieri mi ha detto
‘Coraggio, vai avanti’». Alla fine dell’incontro, Paglia
disse: «Ti dò un
abbraccio, di cuore e ricordati che tutti, tutti abbiamo bisogno di te».
Certo, soprattutto i bambini abortiti e i morti di AIDS… Paglia non sembra rendersene
conto. Nel mese di febbraio del 2017, durante una visita nella sede del
Partito Radicale, disse: «Pannella,
uomo di grande spiritualità», «la sua è una grande perdita per
questo nostro Paese», «ha speso la vita per gli ultimi, in difesa
della dignità di tutti», «sa aiutarci a sperare nonostante le
notizie, la quotidianità ci metta a dura prova»,
«Il Marco pieno di spirito
continua a soffiare», «Pannella diceva: è lo spirito che
nonostante tutto muove la storia e a noi chiede di assecondarla e di
continuare a soffiare nel suo verso»; chiamò
Pannella un «ispiratore di una
vita più bella», disse che il mondo ha bisogno
«di uomini che sappiano parlare
come lui», aggiunse, infine: «io mi auguro che lo spirito di Marco ci
aiuti a vivere in quella stessa direzione».
Allucinante… Si narra che Marco Pannella, sul
letto di morte, abbia detto ai suoi compagni: «Tranquilli, abbiamo vinto».
Emma Bonino – in qualsiasi sondaggio si realizzi in Italia – è
seconda per popolarità solo al Presidente del Consiglio di
turno. Per me, la ragione è la seguente: i radicali hanno fatto
il loro mestiere. Altri, no.
In che senso? Hanno compiuto e continuano a
compiere dei crimini contro la legge divina e il Papa e i vescovi
sembrano essere diventati i loro chierichetti.
Si spieghi… Quando Nostro Signore si reca al
Getsemani, prende con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, che
poi dormono invece di pregare (Mt
26, 36-39). Come i tre discepoli, la gerarchia cattolica del
post-Sessantotto – fagocitata dal desiderio espresso dal Concilio
Vaticano II di “riconciliarsi”
con il mondo e perfino di «chiedergli
perdono» – ha preferito dormire, piuttosto che pregare e
testimoniare la fede.
I pastori non hanno visto il pericolo? Pochissimi sono rimasti svegli,
mentre l’ideologia radicale ha disseminato la sua presenza in quasi
tutte le formazioni politiche, nella società ed anche nel
Vaticano.
I cattolici che cosa hanno fatto? Hanno dormito assieme ai loro
pastori, che avrebbero dovuto guidarli.
Perché Pannella sentiva di aver vinto? Perché sapeva che la sua
ideologia era divenuta di massa. Egli aveva fatto il suo mestiere e
aveva agito politicamente, con grande intelligenza e maestria, nel ventre molle della società
italiana. Lui lo chiamava il «fiume
carsico che scorre nelle vene dell’Italia». Una
società inquinata dal punto di vista religioso e, quindi,
civile, da sessant’anni di pastorale post-conciliare che si è
posta – come aveva dichiarato Paolo VI nel discorso conclusivo del
Concilio Vaticano II – al servizio
del mondo, dei suoi bisogni e dei suoi desideri, eliminando
Gesù Cristo e la Sua Regalità, dalla vita delle persone.
Pannella ha vinto perché altri non hanno fatto il loro mestiere.
Ha vinto insieme alle decine di milioni di cattolici che in questi anni
hanno divorziato, hanno abortito, hanno usato i sistemi
anti-concezionali, concorrendo a eliminare in Italia oltre 6 milioni di
persone in 40 anni. Insieme ai parlamentari che si definiscono
cattolici che in Parlamento hanno votato le leggi proposte dai
radicali. Insieme ai Presidenti della Repubblica e del Consiglio e ai
Ministri cattolici che le hanno firmate. Insieme a quella “Nuova Chiesa”, che invece di
combattere quell’ideologia, l’ha assecondata.
Come siamo arrivati a questo punto? Sembrerà strano, ma un
ruolo determinante l’hanno giocato le elargizioni di denaro pubblico.
In che senso? I Radicali sono stati bravi ad
incassare per decenni da parte dello Stato, centinaia di milioni euro
per la loro Radio, uno strumento di propaganda formidabile, che ha
contribuito in modo determinante ai loro successi.
Questo continua con il Governo attuale? Il Governo Conte è
intervenuto per diminuire l’introito annuale che Radio Radicale ha
incassato per oltre vent’anni. Ora, i radicali si stanno mobilitando
per impedire che questo accada. «La chiusura di Radio Radicale
riguarda tutti», titolava Il
Manifesto di qualche giorno fa. Si è appena concluso il
Congresso Italiano del Partito Radicale. Sa qual è stato
l’intervento di apertura?
Ci dica… Quello di Giovanni Maria Flick,
presidente emerito della Corte Costituzionale, già Ministro
della Giustizia, “cattolico”.
Che cosa significa? Significa che un “cattolico” sostiene l’ideologia
radicale. Nonostante abbia dichiarato di non essere radicale, ha
affermato: «Esprimo tutta la
mia gratitudine e tutto il mio apprezzamento a Radio Radicale».
Non c’è bisogno di avere la tessera radicale per sostenere
quest’ideologia.
Perché i radicali hanno lanciato questa campagna? La convenzione per la
trasmissione delle sedute parlamentari da parte di Radio Radicale
è stata prorogata per un solo semestre del 2019. Radio Radicale
non avrà più risorse per proseguire l’attività,
dicono i radicali, nonostante i 5 milioni che restano della convenzione
e i 4 milioni della legge sull’editoria.
Dunque? Paventano la chiusura della loro
radio nel mese di maggio. Adesso si stanno attrezzando – come molte
volte hanno fatto in passato, coinvolgendo Presidenti della Repubblica
e Presidenti emeriti della Corte Costituzionale, che si sono sempre
prestati ai loro desiderata – per scongiurare questa chiusura,
rinunciando a trovare nel mercato privato le risorse a loro dire
necessarie.
E i cattolici? Si può scommettere sul
fatto che i “cattolici”
lasceranno fare, non si opporranno, non perseguiranno il bene.
Comunque, non tutti: l’eliminazione totale di qualsiasi elargizione
pubblica a favore di Radio Radicale sarà la mia battaglia dei
prossimi mesi.
Vedo che lei a dispetto delle persecuzioni non molla… Neanche di un millimetro. Non
sono disposto a compiere nessun compromesso di nessuna natura. Sono
figlio di Dio e tanto mi basta. Ai miei nemici, che ho perdonato,
dedico le mie povere preghiere.
Ha una preghiera preferita? Sì, il Padre Nostro. Lì diciamo che
«Sia fatta la Sua
volontà, come in Cielo così in Terra». Alla
volontà di Dio dobbiamo tendere, non a quella degli uomini.
Chiediamo a Dio di «darci il
nostro pane quotidiano», senza guardare alle cose della
vita, ai beni materiali, che sono di ostacolo alla vita eterna.
Pannella, la Bonino, i Radicali, i giudici, i cattolici taciturni sono
solo degli uomini che ho incontrato nella mia vita, ma la mia vita non
appartiene a loro, ma a Dio.
Le sofferenze? Dio è esigente e dolce. Ti
forgia nel dolore e nella sofferenza, la stessa che il Suo Figlio ha
vissuto con la Croce, ma non ti abbandona mai.
Ci dica come ha tolto dalla sua vita la piovra Radicale? Nel 2003 ho ritrovato la fede,
grazie a Dio e allo strumento
che scelse, mia moglie Lydia. Ci sposammo in Chiesa e siamo diventati
genitori. Allora decisi di dimettermi da Tesoriere del Partito Radicale
e da ogni incarico.
Lo fece subito? No, attesi due anni per prendere
questa decisione. Quest’attesa fu dovuta alle mie angosce di allora,
che derivano dalla mia preoccupazione di non essere in grado di far
vivere la mia famiglia appena costituita, con un figlio che aveva
qualche mese. Non avevo un’alternativa di lavoro, né avevo
patrimoni di qualsiasi natura sui quali contare. Ero stato pagato per
vent’anni a prestazione occasionale. Ma dovevo sopportare
l’ostilità dei Radicali nei miei confronti, che si
manifestò dopo la mia conversione.
Questa è la gente lodata e ringraziata dal Pontefice e dai suoi cortigiani? Proprio così. Ebbi un
ultimo incontro con Pannella, nel quale gli chiesi i miei diritti di
lavoratore. Pannella, prima m’invitò insistentemente a
continuare a collaborare con lui, poi, di fronte alla mia posizione
ferma, si riservò di darmi una risposta. Trascorsero alcune
settimane e, così come gli avevo preannunciato, a seguito della
mancata risposta, aprii la causa di lavoro.
Come finì? Nel 2013 l’ho persa, con ricorsi
rigettati senza neanche aprire la causa, sia in primo sia in secondo
grado. Mi condannarono a pagare le spese processuali: 15.000 euro per
il primo grado di giudizio e una cifra quasi analoga per il secondo
grado. I giudici rigettarono i ricorsi e negarono l’esistenza di un
lavoro svolto per vent’anni sotto la forma occasionale, le differenze
retributive, le ferie non godute, la liquidazione, i contributi
previdenziali, i danni per i contributi prescritti e la pensione.
Così sono rimasto senza liquidazione e senza pensione. A 63 anni
compiuti.
Pannella non si fece più vivo? No. Invece dopo alcuni mesi
dall’apertura della causa di lavoro, ricevetti una telefonata da un
maresciallo incaricato dalla Procura della Repubblica di Roma, che mi
convocò per darmi notizia di una denuncia dei Radicali nei miei
confronti. Nei vent’anni precedenti, mai era stata fatta una sola
contestazione del mio operato.
Una denuncia? Mi accusavano di indebite
appropriazioni di somme pari a circa 200mila euro, dal 1999 al 2005.
Erano i miei stipendi, sui quali avevo pagato le tasse. Queste somme
erano tutte regolarmente contabilizzate, oggetto di ricevute e
dichiarate nei bilanci, illustrati nelle mie relazioni, visionabili e
approvate in Congresso. La denuncia formulata era per truffa, poi
derubricata d’ufficio in appropriazione indebita.
Com’è stato possibile? I radicali utilizzarono anche la
testimonianza di una persona che aveva collaborato con me per dieci
anni. Era stata oggetto di una lettera di licenziamento un anno prima,
nell’aprile 2005, da parte della società Torre Argentina Servizi,
proprietaria dell’immobile della sede radicale di Roma. In seguito,
continuò a lavorare per loro.
Fu rinviato a giudizio? Sì, nel maggio del 2007.
Non ho conosciuto il giudice che mi rinviò a giudizio, ma
conoscevo suo padre, sin dagli anni ’80. Frequentava i congressi
radicali.
Come andò il processo? Come doveva andare. Il processo
di primo grado durò poco meno di due anni. In una delle udienze,
il presidente del Tribunale chiese alla testimone citata dai Radicali
se le avessi mai detto di occultare nei bilanci le somme di denaro che
mi accusavano di aver sottratto. Lei rispose che io le avevo dato
disposizione di esplicitarle nel modo più visibile. Quindi,
quelle somme di denaro – ripeto, i miei stipendi – erano a conoscenza
di tutti.
Pannella si disinteressò del processo? No, venne persino a testimoniare.
Dopo più di vent’anni di lavoro comune, in cui mai mi aveva
contestato nulla e più volte mi aveva ringraziato, anche
pubblicamente, mi definì «impostore,
dedito tecnicamente ad attività truffaldina».
Accettai queste ingiurie con spirito umano di sopportazione.
E la conclusione del processo? Nell’ottobre 2009 fui condannato
a 1 anno e 10 dieci mesi di reclusione, con pena sospesa e non
menzione. Mi condannarono inoltre al pagamento di una provvisionale
esecutiva di circa 200.000 euro, senza neanche decidere una perizia.
Ha pagato questa somma ingente? Come potevo? I 200.000 euro non
avrei mai potuto restituirli. Come Tesoriere ho gestito decine e decine
di milioni di euro ed ho avuto a che fare con centinaia di fornitori,
ma io, oltre a non possedere soldi o diamanti all’estero, non possiedo
neanche una macchina. Mi hanno messo persino nella condizione di dover
difendere beni di altri.
In che senso? Nell’aprile 2010, il Partito
Radicale agì attraverso l’ufficiale giudiziario, che si
presentò a casa nostra con un atto di pignoramento relativo alle
somme di denaro statuite nella sentenza. Da qualche mese, ci eravamo
trasferiti a Bari, in una casa in affitto, che conteneva mobili
antichi, molto belli e pregiati della proprietaria.
I mobili erano un problema? Sì. Questi beni potevano
essere aggrediti. Fummo costretti a svuotare la casa del tutto. Mio
figlio, piccolissimo, si aggirava in ambienti grandi, vuoti. Mia moglie
ed io gli raccontammo che la proprietaria aveva deciso di lucidare i
mobili.
Che misure prese? Nel contempo, presentai
un’istanza di sospensione della condanna provvisionale e una richiesta
urgente di discussione del ricorso in appello. Chiedendo di anticipare
i termini di discussione del processo di secondo grado, ero consapevole
di rinunciare alla possibilità di far prescrivere il reato che
veniva contestato, ma lo feci perché avevo la coscienza del
tutto serena e volevo difendere il mio onore.
Come andò l’appello? Il procuratore generale chiese
alla Corte di disporre una perizia contabile o, in mancanza, di
decidere per la mia assoluzione. La Corte d’Appello di Roma
preferì seguire la prima strada.
La sentenza? Nel gennaio 2011, la Corte
d’Appello di Roma emise la sentenza – «dovendo utilizzare i risultati di una
perizia contabile disposta nel giudizio di appello, stesa da un
consulente (un ragioniere) del tutto inadeguato alla bisogna»,
come scrisse il mio legale, il prof. Francesco Saverio Fortuna. Ridusse
la condanna a 10 mesi di reclusione, con pena sospesa e non menzione ed
euro 300,00 di multa. Eliminò la provvisionale esecutiva di
200.000 euro, demandando ad un’eventuale causa civile il risarcimento a
favore della controparte.
Che cosa disse il suo legale di questo esito? Nella sua memoria, notò
che l’approvazione del bilancio «copre
qualunque possibilità di contestazione, salvo che vi siano poste
non iscritte o occultate». Nel mio caso tutto era scritto
in un apposito capitolo di spesa. Inoltre, Pannella ha chiarito in
dibattimento di aver denunciato me per risentimento personale e dopo
che avevo instaurato la mia causa di lavoro.
Lei, che ne dice? La mancata applicazione del
consenso dell’avente diritto ex art. 50 c.p., ha fatto divenire questo
processo un caso di scuola giurisprudenziale, mi dicono i legali. Senza
considerare che è risibile che una persona che ha gestito
milioni di euro si accontenti, se è un ladro – come
affermò Pannella di me – di qualche spicciolo.
Pannella le ha dato pubblicamente del ladro… Lo querelai, ma la querela fu
archiviata.
Come si è concluso il processo in Cassazione? Nell’ottobre 2011, la Cassazione
dichiarò il ricorso inammissibile e confermò la sentenza
d’appello. Sono stato condannato per la mia attività di
Tesoriere, nonostante non avessi ricevuto alcuna contestazione per
dieci anni. Sono diventato un truffatore solo quando mi sposai in
Chiesa, nacque mio figlio, abbandonai il partito e rivendicai i miei
diritti di lavoratore.
Lei si è anche auto-denunciato? Sì, successe nell’aprile
2006. Presentai alla Procura della Repubblica di Roma un auto-denuncia,
nella quale documentavo una serie di fatti di cui ero venuto a
conoscenza riguardo a come venivano impiegate le risorse economiche da
parte dei radicali.
Ci può dare i dettagli? Citai, in particolare, il debito
di quasi tre milioni di euro del Partito Radicale verso il Centro di
Produzione S.p.A., proprietario di Radio Radicale. Era un mero
giroconto del credito che, a sua volta, il Partito Radicale vantava
allo stesso titolo nei confronti della Lista Pannella.
Perché si faceva questo? Nel 1999, la Lista Pannella ebbe
necessità di risorse economiche per finanziare la campagna
elettorale, ma verosimilmente non si volle far apparire un dirottamento
di denaro dal Centro di Produzione, che equivale a dire Radio Radicale,
bensì di utilizzare il Partito Radicale, che ricevette le somme
e le girò contestualmente alla Lista Pannella per le sue
necessità.
Che fine fece la denuncia-querela? Fu archiviata.
Perché? Questa domanda bisognerebbe porla
alla Procura della Repubblica di Roma. Il silenzio tacita la
verità.
Lei non è stato l’unico a mettere il dito su questa piaga… C’è anche stata
un’interrogazione parlamentare a risposta scritta presentata sugli
stessi fatti il 28 luglio 2006 dal senatore Domenico Gramazio (Alleanza
Nazionale). Era rivolta al Presidente del Consiglio dei Ministri,
Romano Prodi, nel cui Governo sedeva Emma Bonino come Ministro del
Commercio con l’Estero.
Che diceva l’interrogazione? Notava che il Centro di
Produzione S.p.A., la proprietaria di Radio Radicale, riceveva
finanziamenti quale organo di stampa della Lista Pannella e compensi per la
trasmissione di servizi parlamentari: «Sembra che vengano trasferiti nelle casse
della Lista Pannella, in tal modo finendo per costituire un ulteriore,
surrettizio finanziamento pubblico al partito», affermava
Gramazio, che aggiungeva: «Dai
bilanci pubblicati del Partito Radicale nell'anno 2004 risulta che
questo ha un debito verso il Centro di produzione, ma un credito nei
confronti della Lista Pannella del medesimo importo».
Quale fu l’esito dell’interrogazione? Anche in questo caso la risposta
fu il silenzio.
Come dal silenzio è avvolta la notizia della sua condanna per “servo sciocco”? Un silenzio tombale, che sembra
incredibile. Io me l’aspettavo. La mia conversione ha dato fastidio a
molti. Ai radicali, certamente, ma anche a coloro che si fregiano di
essere cattolici, ma non trovano né il coraggio né
l’onestà intellettuale per esprimere anche solo un’opinione.
Forse, all’inizio pensavano che io fossi buono a raccontare solo i “crimini radicali” e la mia conversione.
Che cosa vuol dire? L’ostilità nei miei
confronti è nata quando molti “cattolici”
si sono accorti che io pensavo.
Cioè? Non ho mai inteso proporre una
storia personale, a fini personali. Ho voluto e voglio dare una
testimonianza di Verità. Spiegare le complicità di cui ha
goduto l’ideologia pannelliana.
Lei parla di ostilità nei suoi confronti. Sente di avere dei nemici? Certamente, e la ringrazio di
questa domanda. Ho ascoltato, nei giorni scorsi, una catechesi di un
amico sacerdote, che spiegava che quando Gesù, nelle
Beatitudini, insegna ad amare i propri nemici, non lo fa perché
ritiene che questi siano buoni, siano brave persone o siano “fratelli”. Lo fa perché lo
chiede Dio. Solo per questa ragione io continuerò ad amare i
miei nemici. Ma non sono disponibile a tacere. Seguo l’esempio di
coloro che amano la Verità perché amano Gesù e non
temono gli uomini.
(torna
su)
marzo 2019 |