La parabola del cristianesimo “anonimo”

di G. F. - Brasile





«Vi è un peccato che è radicalmente mortale: nella parabola dei cristiani anonimi, in Mt. 25, 31-46 [1], l’eterno Giudice non chiede quali sono i canoni della dogmatica, né se nella vita di ogni uomo vi è stato o meno riferimento al mistero esplicito di Cristo. Egli chiede se avremo fatto qualcosa a favore dei bisognosi. Qui si decide tutto».

Qualcuno potrebbe pensare che queste parole sono di Papa Francesco, dato che egli si riferisce costantemente a Mt. 25, 31-46, dicendo: “saremo giudicati per come avremo trattato i bisognosi”; e invece queste parole sono dell’eretico della teologia della liberazione: Leonardo Boff, che le ha scritte nel suo libro “Gesù Cristo Liberatore”.
Come si vede da questo esempio, la teologia della liberazione non ha niente di propriamente suo, poiché in risposta all’appello di Carlo Marx [2], Boff applica il cristianesimo “anonimo” di Karl Rahner al deposito della fede, per trasformarlo e svuotarlo del suo contenuto sacro e religioso e farlo diventare qualcosa di umanitario.

Recentemente, Papa Francesco è arrivato a dire che i bisognosi descritti in Mt. 25, 31-46 sarebbero i privilegiati del Signore [3]; essi, per il loro stato di bisogno godrebbero di una unione intima con Dio, indipendentemente dalla loro fede.
In tal modo, i privilegiati del Signore non sono i Patriarchi, i Profeti, gli Apostoli, i Vescovi, i sacerdoti, i papi della Chiesa, i dottori della Chiesa, i Santi, ecc, ma sarebbero i bisognosi, i cristiani “anonimi”; e sarebbero graditi a Dio indipendentemente dal fatto che abbiano o meno la fede in Dio… tutto il contrario di quello che afferma la Scrittura in Ebrei 11, 6: “senza la fede è impossibile piacere a Dio”.
Oggi, con la Nouvelle Théologie che ha trionfato col concilio Vaticano II, non è più necessario avere la fede per piacere a Dio. E allora ci si chiede: i cristiani “anonimi” bisognosi sarebbero i “privilegiati del Signore” proprio per il fatto che non hanno la fede?
Privilegio, questo, che peraltro si constaterebbe nella stessa neo-Chiesa, dove diversi sacerdoti, vescovi e cardinali sono cristiani “anonimi” perché anch’essi non hanno la fede.

A questo punto, si può dire che lo stesso Papa Francesco è un cristiano “anonimo”, dal momento che ha confessato di non credere nel Dio cattolico; e quindi è lecito pensare che il credo che egli ha professato al momento della sua ordinazione sacerdotale [4] sia stata una professione di fede di un cristiano “anonimo”. Il che fa capire come sia questa falsa tesi del cristianesimo “anonimo” che permette di salvare Giuda Iscariota. Questi fu il Traditore e come tale colui che ebbe maggiormente bisogno, e se dobbiamo credere che il modo in cui trattiamo i bisognosi è quello che “decide tutto”, allora Gesù non poteva evitare di salvare Giuda Iscariota, e in definitiva tutti noi che abbiamo bisogno di salvezza.

Da tutto ciò si capisce cosa sta sullo sfondo di questa dottrina: la relazione fra il soprannaturale e il naturale, fra la grazia e la natura; e secondo questa nuova dottrina gesuita, il soprannaturale sarebbe contenuto nel naturale e la grazia sarebbe dovuta alla natura.
Ora, se la grazia è dovuta alla natura, Dio non lascerebbe i non cristiani privi della grazia perché non credono in Gesù Cristo; ed è da una considerazione del genere che nascono i “cristiani” anonimi, che contraddicono diverse verità di fede e negano che il Verbo si è fatto carne.

Tale cristianesimo “anonimo” finisce col trasformare i cristiani “anonimi” bisognosi nel popolo sacerdotale per eccellenza; nel popolo eletto del Nuovo Testamento, il quale, lo ripetiamo, sarebbe tale indipendentemente dal fatto di avere o meno la fede in Gesù Cristo – la grazia, infatti sarebbe dovuta alla natura, a prescindere dalla fede o meno in Gesù Cristo.
Non v’è dubbio, allora, che questo novello popolo sacerdotale costituisce una nuova religione e una nuova Chiesa, che non sono né la religione né la Chiesa di Gesù Cristo.

Oggi, la Chiesa si trova in una situazione simile a quella in cui San Paolo fronteggiò San Pietro, quando questi mangiava carne impura in presenza dei gentili e non ne mangiava in presenza degli Ebrei. In quella occasione, San Pietro venne ripreso da San Paolo, che lo corresse.
C’è anche la tesi di un papa per due Chiese: una dei cristiani espliciti e una dei cristiani “anonimi”, e come San Pietro dovette decidersi davanti alla resistenza di San Paolo, tale papa dovrebbe desistere dall’errore: ma dov’è la resistenza al cristianesimo “anonimo” in grado di costringere tale papa a decidersi?

Per concludere, ricordiamo che il vero cristianesimo Cattolico, Apostolico, Romano, ha sempre inteso la parabola del Giudizio finale, in Mt. 25, 31-46, secondo quanto insegna San Tommaso nella Catena Aurea [5] riportando San Gerolamo:
«Possiamo intendere tranquillamente che Gesù Cristo che ha fame verrebbe alimentato nutrendo tutti i poveri, e assetato verrebbe saziato allo stesso modo. Ma riguardo a ciò che segue: “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”, non mi sembra che lo dica in generale riferendosi ai poveri, piuttosto si riferisce ai poveri di spirito, come quando stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: «chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei Cieli, questi è per me fratello, sorella e madre» (Mt. 12, 50).

Il cielo e la terra passeranno, ma delle parole del Signore non passerà nemmeno uno iota, per quanto si tenti di farle passare.





NOTE


1 – Matteo, 25, 31-46
Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».
2 – Leonardo Boff affermò che la teologia della liberazione è “il marxismo applicato alla teologia”. In risposta all’appello di Carlo Marx, egli non poteva mancare al “mandato marxista”: «Finora i filosofi hanno solo interpretato diversamente il mondo; ma si tratta di trasformarlo» Undicesima tesi su Feuerbach.
3Bergoglio ha fatto riferimento ai “privilegiati del Signore” nell’omelia per la Messa di apertura del Meeting “Liberi dalla paura”, celebrata alla Fraterna Domus di Sacrofano, in provincia di Roma, il 15.02.2019
Questo ripiegamento su sé stessi, segno di sconfitta, accresce il nostro timore verso gli “altri”, gli sconosciuti, gli emarginati, i forestieri – che peraltro sono i privilegiati del Signore, come leggiamo in Matteo 25. E questo si nota particolarmente oggi, di fronte all’arrivo di migranti e rifugiati che bussano alla nostra porta in cerca di protezione, sicurezza e un futuro migliore. È vero, il timore è legittimo, anche perché manca la preparazione a questo incontro. Lo dicevo l’anno scorso, in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato: «Non è facile entrare nella cultura altrui, mettersi nei panni di persone così diverse da noi, comprenderne i pensieri e le esperienze. E così, spesso, rinunciamo all’incontro con l’altro e alziamo barriere per difenderci». Rinunciare a un incontro non è umano.
http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2019/02/15/0132/00266.html
4 – Nel credo che ha professato al momento della sua ordinazione sacerdotale, Bergoglio ha detto: «Voglio credere in Dio padre, che mi ama come un figlio, e in Gesù, il Signore, che ha infuso il suo Spirito nella mia vita per farmi sorridere e portarmi così nel regno della vita eterna.» (il testo intero è stato riportato da Maurizio Blondet il 15 settembre 2017 nell’articolo: “Il credo di Bergoglio, un referto clinico?
https://www.maurizioblondet.it/credo-bergoglio-un-referto-clinico/
5 - Catena Aurea, Glossa continua su Matteo 25, 31-45, commento di San Gerolamo.


marzo 2019
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