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Cara Chiesa, smetti di essere gay friendly e diventa sovranista Intervista
del Prof.
Roberto de Mattei
L'intervista, condotta da
Ignazio Mangrano,
è stata pubblicata sul quotidiano La Verità il 4 marzo 2019 e ripresa il 6 marzo dal sito Corrispondenza Romana I neretti nelle risposte sono nostri Professore,
il summit Vaticano è stato un fallimento?
«Credo di sì. Lo
hanno rilevato i maggiori organi di stampa, parlando di un messaggio
debole e sottolineando l’insoddisfazione delle vittime. Io però
credo che l’insuccesso dipenda da altro».
Da cosa? «Ci si è concentrati
sui sintomi, e non sulle cause del male».
Si spieghi. «È stato trascurato
un punto centrale, già emerso nel memoriale Viganò:
quello della diffusione dell’omosessualità nella Chiesa come
fenomeno organizzato».
C’è una lobby gay nella Chiesa? «Sì. Mi sembra
evidente».
Evidente? «La maggior parte degli
abusi del clero ha riguardato maschi adolescenti e non bambini. Dunque,
se al summit non si è parlato di omosessualità, l’unica
spiegazione è che ci fosse una fortissima pressione
affinché l’argomento fosse evitato».
Pressione esterna o interna alla Chiesa? «Sia esterna sia interna. I
media vogliono impedire che la Chiesa ribadisca la sua dottrina
tradizionale sull’omosessualità. ».
Perché? «Perché la pedofilia
è un crimine riconosciuto da tutti gli Stati laici
contemporanei. Ma questi stessi Stati che condannano la pedofilia,
promuovono l’omosessualità».
La promuovono? «Sì. Tant’è
che vogliono introdurre il reato di omofobia, il divieto di criticare
l’omosessualità».
Quindi la Chiesa ha ceduto alla propaganda Lgbt? «La Chiesa dovrebbe
assumere una posizione profetica di sfida al mondo, condannando non
solo quello che il mondo condanna, cioè gli abusi sessuali, ma
anche quello che il mondo non condanna, cioè
l’omosessualità».
E le pressioni interne? «Nel clero, oggi,
c’è un’atmosfera di omertà e di complicità
“gayfriendly”, come si suol dire. Sembra che la parola
omosessualità non possa essere nemmeno pronunciata».
Addirittura? «Monsignor Charles Scicluna
ha detto che non è legittimo condannare l’omosessualità,
perché questa parola indica una categoria generica e su una
“categoria” di persone non si può generalizzare».
E invece si può? «Ma la “pedofilia non
è anch’essa una categoria? Oppure la pedofilia è, in
sé, un peccato mentre l’omosessualità non lo è
più?
Padre Federico Lombardi ha parlato di «misure concrete» prese al termine del summit. Ha torto? «Le presunte misure
concrete sono dei richiami alle indicazioni Oms. Cioè,
l’organismo che promuove la contraccezione, l’aborto, l’educazione
sessuale… Sono rimasto sconcertato da come il vertice si sia appiattito
sull’agenda di un’organizzazione internazionale da sempre contraria
agli insegnamenti del magistero».
Cosa avrebbe dovuto fare il Papa? «Sa, non c’è nulla
di più concreto che richiamarsi alla legge morale della Chiesa.
Che non è una regola astratta, ma la legge naturale impressa nel
cuore e nella coscienza di ogni uomo. È
soprattutto questo che è mancato al vertice in Vaticano: una
visione soprannaturale dei problemi di oggi che lasci spazio a parole
come grazia, peccato, legge morale, legge naturale».
E invece… «E invece quelle parole
sono assenti dal documento finale. Ecco perché il summit
è stato un fallimento. Di cui è un sintomo l’esplosione
del caso Pell».
A proposito del cardinale George Pell. Lei che idea si è fatto? «Io penso che quando ci
sono accuse che coinvolgono uomini di Chiesa, siccome la Chiesa ha un
suo diritto canonico, i suoi tribunali ed è in grado di svolgere
inchieste, non può limitarsi a dire: “Aspettiamo il risultato
delle indagini” svolte dai tribunali laici».
Non bisogna affidarsi alla magistratura «secolare»? «Trovo preoccupante una
simile manifestazione di fiducia nei tribunali laici».
Perché? «In Vaticano sono rimasti
sconvolti dalla vicenda Pell, perché sanno che lui è
innocente. E sono imbarazzati perché il Papa l’aveva nominato
prefetto della Segreteria per l’economia. Ma se si decide di affidarsi
ai tribunali laici, bisogna sopportarne le conseguenze…».
Dovrebbe essere la Chiesa a indagare sui preti abusatori? «.La Chiesa, che ha un suo
diritto penale e dei suoi tribunali, deve avere il coraggio di sfidare
il giudizio dei tribunali del mondo, nella convinzione che non è
il mondo a giudicare la Chiesa, ma la Chiesa a giudicare il mondo.
Dovrebbe rivendicare la sua sovranità».
Anche la Chiesa deve diventare sovranista? «Sì. Io trovo molto grave che la Chiesa abbia
rinunciato alla sua sovranità. La Chiesa è una
società sovrana, come lo Stato, anche se il suo fine, a
differenza da quello dello Stato, è sovrannaturale».
Quindi? «Se è una
società sovrana, la Chiesa ha tutti gli strumenti per
raggiungere i propri fini di giustizia. Non è un organismo
puramente etico, che si spoglia della sua dimensione giuridica, per
lasciare che sia la Stato a decidere tutto. La rinuncia alla sovranità è
una deriva pericolosa».
Una deriva pericolosa? «I tribunali laici possono
arrivare anche a papa Francesco…».
Che c’entra il Papa? «Le spiego. Quando la
Chiesa rinuncia alla sua sovranità, diventa una specie di
“azienda morale”. E questa aziendalizzazione rischia di rendere tutta
la Chiesa, a partire dai vertici, responsabile degli atti dei suoi
sottoposti. Cosa che non accade se la si considera come una
società sovrana».
Cioè, se si comporta come uno Stato? «Esatto. Se un cittadino
italiano commette un crimine, non è che ne risponda il
presidente del Consiglio. Di questo passo, invece, si arriverà a
una persecuzione della Chiesa».
Una persecuzione? «Temo di sì.
Rinunciando alla sua sovranità, la Chiesa perde la sua
libertà ed è costretta a sottomettersi allo Stato o ad
essere perseguitata. Oggi siamo in un regime di sottomissione. Se un tempo lo Stato era il braccio secolare
della Chiesa, ora la Chiesa sta diventando il braccio secolare dei
poteri forti, politici e mediatici».
In che senso? «Nel senso che obbedisce
alle indicazioni che vengono dagli organismi nazionali e
internazionali, che difendono una visione antitetica a quella
cristiana».
E la persecuzione che c’entra? «Se la Chiesa decidesse di
sottrarsi a questo meccanismo, ne nascerebbe un contrasto con i poteri
politici. Ora Chiesa non osa farlo. Ma se vi sarà costretta, si
troverà in grande difficoltà, perché ha rinunciato
alla sua prima linea di difesa, cioè all’esercizio della sua
libertà e indipendenza giuridica».
Torniamo un attimo a Pell. Qualcuno ha notato che le accuse di abusi sessuali sono arrivate dopo che, da prefetto della Segreteria per l’economia, aveva scoperto un milione di euro depositato in conti segreti… «È possibile che le
due cose siano collegate. D’altro canto, si dice che la fonte
delle accuse che lo hanno portato alla sbarra non fosse in
Australia, ma in Vaticano…».
Quando ha detto che alla Chiesa manca il richiamo al sovrannaturale, che intendeva? «La Chiesa sta rinunciando
alla sua missione, che ha come fine la salvezza delle anime, per
trasformarsi in una società per il benessere materiale delle
persone. Si sta snaturando».
Si sta snaturando? «Sta abdicando alla
missione che le è stata affidata dal suo fondatore, Gesù
Cristo. Così, diventa un organismo rivoluzionario».
Cioè? «Quando viene meno il
rapporto verticale con Dio, la Chiesa diventa una società
politica. È la caratteristica principale di questo Pontificato,
che è un Pontificato politico, anziché un Pontificato
religioso».
Quello di Francesco è un Pontificato politico? «Sì. E il suo
leitmotiv è l’immigrazione. Il 14 febbraio incontrando una
rappresentanza di popolazioni indigene al Fondo internazionale per lo
sviluppo agricolo, il Papa ha auspicato un «meticciato
culturale» tra i «cosiddetti popoli civilizzati. Il che
significa espungere le radici cristiane su cui tanto avevano insistito
Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.»
E cos’è per lui il «meticciato»? «Il meticciato per
Francesco non è solo culturale, ma anche etnico. Sembra che il suo progetto sia quello di
una sostituzione etnica della popolazione europea, in netto declino
demografico, con le nuove ondate di migranti africani ».
Ma perché tutto questo? «Francesco ha una visione
ideologica che nasce dalla sua formazione culturale».
E quale sarebbe? «Quella di un uomo che ha
assorbito la teologia progressista attraverso la mediazione della
teologia della liberazione. È l’utopia del “mondo nuovo”. Solo
che lui la sta riproponendo 30-40 anni dopo il suo fallimento».
Come definirebbe allora papa Francesco? «Una deliberata ambiguità è la
cifra della sua personalità. Ed è anche la causa
dei suoi problemi. Ma a questo punto lasci che sia io a porre una
domanda».
Prego. «Benedetto XVI, che pure
era molto avversato in patria, ha fatto tre viaggi in Germania.
Giovanni Paolo II ha fatto nove visite in Polonia. Come mai, in sei
anni di Pontificato, Francesco è andato ovunque, persino negli
Emirati Arabi, ma mai nella sua Argentina?».
Ecco. Perché? «La domanda è
già una risposta…».
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marzo 2019 |