Il Congresso di Verona
&
la Famiglia del Gattopardo 


di Elisabetta Frezza e Roberto Dal Bosco


Articolo pubblicato su Riscossa Cristiana






La frittata è fatta, gli ingredienti a disposizione erano parecchi e le conseguenze saranno enormi e, oggettivamente, disastrose. Il congresso di Verona – con buona pace di quelli che il vento è finalmente cambiato e che siccome tutti ci attaccano vuol dire che siamo gli eroi – ha spazzato definitivamente fuori dall’orizzonte visibile ciò che restava della battaglia per la vita e per la famiglia: cancellati in poche ore dieci anni di lavoro per smarcarsi dalle posizioni di compromesso dei pro-life di Stato (o pro-family, o domani pro-quelchesarà) a libro paga della CEI.

Il WC delle Famiglie (un altro acronimo no?) non aveva altro messaggio da trasmettere. Relatori, ospiti, organizzatori, tutti si sono parlati addosso e nessuno ha detto la verità. Nessuno ha ribadito i principi fondamentali sui quali si regge tutta l’impalcatura della morale secondo natura e retta ragione. L’intero congresso si è sentito in dovere di fare l’inchino di circostanza alla necrocultura dilagante rendendo religioso ossequio ai diritti quesiti: quelli della madre che vuole far fuori il suo bambino, quelli del sodomita che vuole convolare a nozze con il suo collega, quelli degli sposini monosessuali che vogliono fabbricarsi il pupo su misura da esibire in società.

Conquiste vidimate come sacrosante e che quindi, in nome della libertà per tutt*, non si toccano più, per convinzione unanime e condivisa. La pax bioetica universale è scoppiata, e per farla scoppiare – cioè per perseverare nell’eccidio di milioni di esseri umani tramite aborto e provetta, e nel pervertimento di un popolo intero – hanno pure messo in piedi lo show in mondovisione di una finta guerra con femministe, laici, papifranceschi e giornaletti di regime. Una guerra sintetica, una guerra di percezione votata solo al consolidamento del sistema e del suo macchinario.

Dunque alla fine la differenza tra le due fazioni, avversarie solo in apparenza, risiede nella misura del degrado consentito. I “cattolici”, come da consolidata tradizione democristiana, propendono per una versione edulcorata dell’abominio. I progressisti, invece, vogliono l’abominio e basta: e sono, c’è da dire, più onesti.

Il problema, adesso, è che i congressisti sono stati identificati con gli estremisti. Sono stati messi cioè, astutamente, ad occupare la propaggine ultima dell’arco costituzionale accreditato nella “società (più o meno) civile”. Tesi, antitesi: se le scegli tu, la sintesi sarà quella che più ti piace.

E il risultato è che l’asticella del valore della vita umana e del suo luogo naturale è stata talmente abbassata, che d’ora in poi dire che la 194 è una legge omicida o che le nozze tra invertiti sono una grottesca parodia del matrimonio, e che quindi l’una e le altre vanno combattute con ogni mezzo possibile, diventerà un passatempo da spostati indegni di far parte del consesso umano perché collocati al di fuori della nuova morale apparecchiata per via mediatica e servita per via politica.

Insomma, la verità, grazie ai provvidenti delegati al congresso, è stata ufficialmente archiviata e messa da parte, così che poi Bergoglio provveda a seppellirla ex cathedra beatificando gli invertiti offesi dai fondamentalisti brutti e cattivi. Bel risultato.

Pillon e Gandolfini – l’uno escrescenza politica dell’altro, e ambedue prodotti del laboratorio episcopale – del resto, a questo servivano: a infiltrare la Lega per monopolizzarne il comparto “etico” e piallare, smussare, eliminare il vero conflitto, la permanenza di ciò che, nella pur esiziale era Ratzinger, era ascritto al “non-negoziabile”.
In puro stile democristiano: compromessi a go-go (con i sovietici, con i sauditi, con i massoni, con Arafat, con chiunque), zero guerre (che costano, son pericolose, e poi per combattere le guerre vere ci vogliono le palle, organi politici in via d’estinzione), vogliamo la pancia piena (che scaccia i pensieri e placa gli ardori) e soprattutto mettere in piedi quel teatrino irresistibile in cui tutti fanno finta di far qualcosa (azione alla quale, in genere, seguono voti).

Ecco che le comparse sfilano in passerella in grande spolvero, mentre in sovraimpressione passano i classici, immutabili messaggi politicamente corretti e materialmente distruttivi sulla “piena applicazione della 194” e sul “diritto” a far quel che ci pare; e così, esattamente come aveva fatto il vecchio MpV (il cui compito era suicidare la causa prolife con i soldi dell’8×1000), si ingannano migliaia di buone persone in cerca di una stella polare e di una parrocchia politica.

Le polemiche con le transfemmine pittate, rasate e bestemmiatrici – presentate dalla propaganda come un blocco unico nel momento di massima divisione tra femministe lesbiche e transessuali, a dimostrazione che l’accozzaglia LGBT è davvero un’illusione ottica tenuta insieme con lo sputo – sono un’arma di distrazione di massa, tipica dell’era informatica dove la politica, come dicono negli USA, è diventata “identity politics”. Cioè, non conta quello che si fa, conta quello che si dice di essere. Con la conseguenza che tutti abbaiano in una medesima, autistica cassa di risonanza fatta di persone che la pensano già allo stesso modo (la cosiddetta filter bubble, la bolla in cui oggi ci rinchiudono i  social), perdendo il contatto con la realtà e maniacalizzandosi a vicenda (certi massacri secondo qualcuno possono essere nati così), ma soprattutto pensando che la politica non la si fa con l’azione, ma blaterando sui social alla conquista dei like di un popolo affetto dalla sindrome da cartellone.

Chi ha ordito il WC delle Famiglie lo sapeva benissimo e ha applicato la regola del Gattopardo dell’età dei social network: «bisogna che tutti abbàino perché tutto resti come prima».

Dobbiamo dirlo: in fondo stavolta, come l’orologio rotto che due volte al giorno segna l’ora giusta, ci ha ragione Giggino: quelli di Verona sono degli sfigati. Nel senso più letterale del termine: hanno preso la battaglia per la vita e l’hanno voluta perdere buttandola nella malasorte del compromesso genocida.

Cari “cattolici” partecipanti, vi siete incolpevolmente beccati questo teatrino elettorale del WC, allestito in pompa magna per sintetizzare il minimo comun votabile dal bravo conservatore euroleghista.

Ad altri cristiani, più innocenti di voi, è capitata tuttavia una sfiga ben peggiore: ad essi tocca la “piena applicazione” dell’intoccabile 194 che avete applaudito spellandovi le mani. Loro non importano alla politica, perché, in effetti, non votano, non linkano e non abbaiano.

Alla culla che può salvare l’Italia avete preferito la nuova culla dell’omeostasi democristiana. Pancia piena, nessuna guerra, tanto bau bau. E morte e perversione su scala sempre più apocalittica, col timbro episcopale e del mondo sedicente prolife.

Ecco. Adesso aspettiamo che i bravi cattolici addomesticati ci accusino di essere “divisivi” e ci dicano che quello che diciamo noi non è cattolico perché non è caritatevole. Si accomodino.




aprile 2019
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