I cinquan’anni della «nuova Messa»:
mezzo secolo catastrofico

di Jérôme Bourbon

Editoriale del numero 3371 del settimanale francese Rivarol - 3 aprile 2019





Il 3 aprile 1969, esattamente mezzo secolo fa, con la “Costituzione Apostolica” Missale Romanum, Paolo VI “promulgava” ufficialmente il «Messale romano rinnovato per ordine del Concilio Ecumenico Vaticano II»
In fatto di “rinnovamento”, si è trattato di un nuovo rito che rompeva in maniera radicale e impressionante con la Messa tridentina. Come sempre con i modernisti, fanno finta di difendere la Tradizione della Chiesa, la sua liturgia, la sua dottrina, per meglio sovvertirle e distruggerle.

E’ così che l’inizio di quella “Costituzione” afferma: «Il Messale Romano, promulgato nel 1570 dal Nostro Predecessore san Pio V per ordine del Concilio di Trento è per comune consenso uno dei numerosi e ammirevoli frutti che quel Santo Concilio diffuse in tutta la Chiesa. Per quattro secoli infatti, non solo ha fornito ai sacerdoti di rito Latino la norma per la celebrazione del Sacrificio Eucaristico, ma venne anche diffuso in quasi tutto il mondo dai predicatori del Vangelo. Inoltre, innumerevoli santi hanno abbondantemente nutrito la loro pietà verso Dio attingendo da quel messale le letture della Sacra Scrittura o le preghiere, la cui disposizione generale risaliva in gran parte a san Gregorio Magno
Un elogio del tutto ipocrita, poiché gli articoli seguenti affossano la Messa codificata da San Pio V e prescrivono un nuovo rito.
Paolo VI si dimostrò irremovibile: la «Messa di Lutero» doveva entrare in vigore, in maniera obbligatoria, il 30 novembre 1969, prima Domenica di Avvento; e questo in nome di una pseudo restaurazione, di un ingannevole rinnovamento e di speciose necessità pastorali volute dal Vaticano II.

Lungi dall’essere un rinnovamento, in realtà si trattò di una distruzione totale che  aprì la strada ad una carneficina spirituale i cui frutti spaventosi li misuriamo ogni giorno, come vedremo.
Il rito di Paolo VI, che in realtà è una sinassi e non più il Santo Sacrificio della Messa, è effettivamente inseparabile dal “concilio” Vaticano II, di cui è l’espressione e il coronamento sul piano liturgico. Nonostante sia stata promulgata più di tre anni dopo la fine del “concilio”, la cosiddetta “nuova Messa” ne è in tutta evidenza una delle conseguenze più spaventose.
In effetti, il “concilio” introdusse un nuovo modo di porsi in rapporto a Dio: con la pretesa che l’uomo fosse cambiato, i Padri conciliari dedussero che bisognava modificare il rapporto tra l’uomo e Dio, passando dal teocentrismo all’antropocentrismo. Un’inversione radicale dei fini: la religione non è più al servizio di Dio, ma al servizio dell’umanità.
«L’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stessa», «tutto quanto esiste sulla terra dev’essere riferito all’uomo, come a suo centro e a suo vertice»: è questo che ha osato affermare la “costituzione” Gaudium et spes, rispettivamente al numeri 24 e 12. E Paolo VI, nel suo sbalorditivo discorso di chiusura del Vaticano II, arrivò a dire: «La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. […] anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo

Se l’uomo è il fine e il vertice di tutto, evidentemente bisogna ripensare tutta la teologia cattolica. La Chiesa conciliare si definisce come un mezzo, un’istituzione tra tante altre, un segno a servizio dell’uomo. E’ la famosa teoria della Chiesa-sacramento. Giovanni Paolo II arrivò a dire che «la Chiesa ha rivelato l’uomo a se stesso» e che «l’uomo è il cammino della Chiesa». Se è così, si capisce perché la liturgia moderna abbia come obiettivo la celebrazione dell’umanità, divenuta così soggetto del rito sacro e del sacerdozio; si capisce perché gli altari siano stati girati verso l’assemblea dei fedeli, di cui il prete è l’animatore, il presidente, così che la nuova Messa non è più gerarchica, ma democratica.
La prima versione dell’articolo 7 della Institutio generalis (lunga introduzione al nuovo Messale del 1969) affermava: «la Cena domenicale o Messa è la sacra sinassi o assemblea del popolo di Dio che si riunisce sotto la presidenza del prete per celebrare il memoriale del Signore. E’ per questo che l’assemblea della Chiesa locale realizza eminentemente la promessa di Cristo: “là dove due o tre sono riuniti in mio nome, io sono in mezzo a loro”».
Qui è completamente scomparsa la dimensione sacrificale del Santo Sacrificio della Messa. La celebrazione che si dice essere dell’Eucarestia non è più il memoriale della Croce, ma quello dell’Ultima Cena. Siamo alla dottrina della Messa-pasto.

Ormai si tratta solo di una presenza spirituale di Cristo (dove due o tre sono riuniti in mio nome, io sono in mezzo a loro) e non più della Presenza Reale del Suo Corpo, del Suo Sangue, della Sua Anima e della Sua Divinità.
Nell’ottica del Vaticano II, la Messa – o quello che l’ha sostituita – non è più il rinnovamento incruento del Sacrificio del Calvario, ma un semplice pasto comunitario tra battezzati.
Nella presentazione del loro Breve esame critico, nel settembre del 1969, i cardinali Ottaviani e Bacci (lo studio fu redatto essenzialmente dal domenicano Padre Guérard des Lauriers) attaccano con forza, in maniera del tutto fondata e argomentata sul piano teologico, la nuova Messa di Paolo VI: e affermano che il nuovo rito «rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio Tridentino, il quale, fissando definitivamente i “canoni” del rito, eresse una barriera invalicabile contro qualunque eresia che intaccasse l’integrità del magistero».

Il nuovo rito si allontana radicalmente dalla definizione cattolica della Messa, considerata nelle sue quattro cause: materiale (la Presenza Reale), formale (la natura sacrificale), finale (lo scopo propiziatorio) ed efficiente (il sacerdozio del prete).
In tal modo, la nuova Messa celebra l’uomo verso il quale è rivolto il presidente dell’assemblea (mentre al tempo stesso egli volge fisicamente le spalle a Dio… tutto un simbolo!), poiché si tratta di ricordare incessantemente la straordinaria dignità dell’uomo, realizzando il rigetto del carattere propiziatorio della Messa.
In questa ottica, non si tratta più di cercare di piacere a Dio, di darGli la soddisfazione per i peccati commessi, di alleviare le anime del Purgatorio.
E l’abbandono all’antropocentrismo è visibile nelle chiese moderne, che sono state completamente trasformate, spesso in maniera brutale: l’Altare maggiore rivolto verso Dio è stato sostituito con una semplice tavola (da cucina!) rivolta verso l’assemblea; il prete, o chi ha preso il suo posto, ridotto al ruolo di animatore o presidente di una cerimonia secolarizzata; i confessionali abbandonati, se non addirittura ridotti ad armadi per le scope; i banchi per la comunione smantellati, perché non è più il caso di inginocchiarsi in segno di adorazione del nostro Creatore e Salvatore… ci si comunica in piedi e sulla mano; la cattedra soppressa o declassata, a significare simbolicamente la rinuncia al potere di insegnamento della Chiesa, dato che con la religione conciliare non siamo più nel quadro della Chiesa maestra di verità che insegna al mondo la Via, la Verità e la Vita, ma in quello di una Chiesa istruita dal mondo, che apprende standone a contatto e reagisce all’unisono.

Si tratta di mettere in atto le condizioni per un mondialismo politico-religioso, con un Nuovo Ordine Mondiale in cui tutte le religioni sono poste su un piano di parità e ridotte solo a semplici animatrici e zelanti propagandiste della democrazia universale e dei suoi idoli: la dichiarazione dei diritti dell’uomo, il culto olocaustico, la tolleranza eretta ad assoluto, il laicismo, la libertà di coscienza e di culto, l’antirazzismo unilaterale e obbligatorio, la lotta accanita contro tutte le discriminazioni, perfino quelle naturali e legittime, la simpatia illimitata per tutti gli altri culti e confessioni.
In queste nuove chiese, le statue dei santi e della Santa Vergine spesso sono eliminate o abbandonate e piene di polvere, e gli stessi edifici lasciati senza manutenzione.
I magnifici paramenti liturgici tradizionali (casule, cappe, stole, tovaglie d’altare…) sono stati spesso bruciati o gettati via con un odio satanico, che ricorda quello della Riforma del XVI secolo, e sono stati rimpiazzati con degli abiti di una bruttezza generalmente ripugnante. La bellezza aiuta a pregare, ad elevare l’anima, mentre il gusto per le cose brutte, soprattutto per i paramenti, gli arredi e le cerimonie liturgiche, manifesta il carattere della rivoluzione modernista.
Lo stesso dicasi per il canto gregoriano, che è stato abbandonato quasi dappertutto a favore di canzonette spesso completamente ridicole o insignificanti, quando non sono perfino eterodosse e finanche eretiche.

Il nuovo rito è profondamente desacralizzato e non rende un vero culto a Dio: da 14 genuflessioni si è passati a 3. Eppure, in un rito sacramentale, l’eloquenza dei segni passa per la sufficiente moltiplicazione dei gesti; e su questo piano, la quasi sparizione delle genuflessioni nel Novus Ordo Missae equivale ad un’omissione deliberata, che cancella gravemente l’espressione della dottrina. Tanto più che queste 3 genuflessioni, laddove sono ancora usate (due solo dopo e non più prima dell’elevazione e una prima della comunione del’assemblea), esprimono un significato volontariamente univoco: non più richiamato alla Presenza Reale, ma solo alla presenza spirituale e mistica di Cristo nell’assemblea… che è il risultato della nuova fede dei fedeli. Il modernismo, solo raramente afferma delle eresie esplicite, esso procede generalmente per equivoci volontari, per meglio trarre in inganno; ed è per questo che è molto più pericoloso.

Chi ha avuto l’occasione di assistere a dei funerali o ad altre cerimonie condotte secondo il rito conciliare non ha potuto impedirsi di rimanere colpito e perfino spaventato dalla desacralizzazione della liturgia; dalla laidezza degli abiti sacerdotali e degli arredi liturgici; dalla inquietante povertà delle prediche, di un umanitarismo orizzontale che non eleva affatto l’anima, che non ricordano più i grandi misteri della religione, le verità di fede, e che ripetono quello che dice il mondo, quello che si sente dire dappertutto,quello che predicano le scuole moderne e i giornali.
Non lo si dirà mai abbastanza: la nuova Messa, o più esattamente la sinassi di Paolo VI, si inscrive in una gigantesca impresa di distruzione in cui nulla viene lasciato intatto: né la liturgia, ormai desacralizzata e protestantizzata (tutti sanno che è stata elaborata col concorso di sei protestanti - George, Jasper, Shepher, Kunneth, Smith et Thurian – e che seguendo Lutero che aveva soppresso l’Offertorio perché esprimeva con chiarezza il carattere sacrificale e propiziatorio della Messa, lo stesso Offertorio è stato ridotto alla semplice preparazione delle offerte accompagnata da una benedizione giudaica); né il catechismo tradizionale, proibito e rimpiazzato da una specie di catechismo dei diritti dell’uomo ed ecumenista; né le costituzioni religiose, tutte stravolte, comprese quelle dei Certosini, mai modificate fin dal tempo dal fondatore, San Bruno; né l’abito ecclesiastico; né i sindacati, le scuole e i partiti cristiani, tutti chiamati a far proprie le nuove idee.
Alla nuova Chiesa corrisponde un nuovo sacerdozio, una nuova ecclesiologia, una nuova Messa, un nuovo catechismo, dei nuovi sacramenti, delle nuove comunità, delle nuove Via Crusis (1991), un nuovo Rosario (2002), un nuovo Codice di Diritto Canonico (1983), un nuovo rito di consacrazione episcopale e di ordinazione sacerdotale (1968) – entrambi esaminati da studiosi competenti che ne hanno dimostrato il carattere invalido, mentre la loro immediata elaborazione sta a dimostrare l’intenzione di interrompere la continuità del sacerdozio cattolico indispensabile per l’amministrazione dei cinque sacramenti -; un nuovo Battesimo (1969); una nuova Cresima (1971);  un nuovo rito del matrimonio (1969); una nuova Estrema Unzione (1972); una nuova Confessione (1973); un nuovo breviario (1970); un nuovo calendario liturgico (1969); nuovi Olii Santi (1970); un nuovo Pater Noster (1966); un nuovo Credo (in cui l’espressione Consustanziale al Padre è stata sostituita con della stessa natura del Padre [nella versione francese]).

A riprova che i modernisti che oggi occupano – o meglio usurpano – tutte le funzioni autorevoli, sono fieri del loro lavoro, Bergoglio ha “canonizzato ” l’uomo in bianco che ha “promulgato” il concilio Vaticano II (il 7 dicembre del 1965) e la nuova Messa (3 aprile 1969); dopo aver “canonizzato” insieme, il 27 aprile 2014, Giovanni XXIII, l’uomo che convocò il Vaticano II, e  Giovanni Paolo II, l’uomo che l’ha applicato insieme a Montini.
Costoro si “canonizzano” gli uni gli altri senza un minimo di decenza e con incredibile celerità; e possono essere contenti di aver distrutto tutto in solo mezzo secolo e di aver perseguitato, cacciato, braccato, negli anni settanta, i sacerdoti, spesso anziani, che volevano rimanere fedeli alla Messa della loro infanzia e della loro ordinazione.

E dopo aver fatto celebrare una falsa Messa – quella di Paolo VI – a dei veri sacerdoti – quelli ordinati prima dell’entrata in vigore dei nuovi riti, il 6 aprile 1969 -, ormai fanno celebrare la vera Messa – quella tridentina – a dei falsi preti - quelli ordinati col nuovo rito o dai vescovi consacrati col nuovo rito.
Lo stesso era accaduto nel XVI secolo con la riforma anglicana: dopo aver gravemente alterati i riti, rendendoli invalidi, i riformatori, per neutralizzare le opposizioni conservatrici e dar loro un’opportunità, accordarono un po’ di latino e rimisero in vigore i paramenti tradizionali, quali briciole offerte sdegnosamente.
Quattrocento anni dopo, i modernisti hanno fatto esattamente la stessa cosa: dopo aver imposto con la violenza il nuovo rito, hanno accordato il latino col contagocce, ma nel quadro di una adesione al Vaticano II e di cerimonie condotte spesso da chierici “ordinati” da vescovi “consacrati” col Novus Ordo Missae.

Un altro mezzo sottile per neutralizzare la resistenza al Vaticano II e al modernismo, è quello di far celebrare la Messa tradizionale in comunione – una cum - con gli intrusi che occupano la Sede di Pietro, i quali distruggono la fede e la morale, benedicono i sodomiti, visitano le moschee e le sinagoghe per rendere omaggio ai falsi culti, promuovono il mondialismo.
Ora, non si può essere al tempo stesso una cum Christo e una cum Bergoglio; appellarsi a Dio tre volte Santo e rivolgersi in segno di sottomissione nel Canone della Messa ad un eretico e apostata, citare con deferenza il suo nome nella parte più sacra della Messa e riconoscerlo come regola vivente e prossima della fede, come fosse «il dolce Cristo in terra», secondo l’espressione usta per il Papa da Santa Caterina da Siena. Così come bisogna scegliere fra Cristo e la Shoah, come bisogna optare o per Dio o per Giuda.

I frutti del Vaticano II, della nuova Messa e di tutte le riforme postconciliari sono perfettamente noti: crollo delle vocazioni religiose e sacerdotali, abbandono del sacerdozio, affievolimento della pratica religiosa, crescita vertiginosa dell’indifferentismo religioso, del relativismo morale, dello scetticismo filosofico.
A partire circa dagli anni sessanta, le nuove generazioni sono allevate in una totale ignoranza della religione, questa non si trasmette più. Il deposito della fede non è stato conservato da coloro che avevano il dovere sacro di farlo. Per cui, niente di sorprendente se dopo mezzo secolo la Chiesa cattolica è occupata, occultata, eclissata dal modernismo trionfante; se la società è totalmente decomposta, liquefatta. In cinquant’anni il mondo è cambiato più che in due millenni. Abbiamo lasciato la civiltà edificata con secoli di sforzi, di sacrifici, di dedizione, per una barbarie peggiore di quella dell’antico passato. Il nostro mondo ha rigettato con ostinazione la verità conosciuta.
Ora, come profetizzava il cardinale Pie: «Quando il Buon Dio non regna con i benefici legati alla Sua presenza, regnano tutte le calamità legate alla Sua assenza».

Un tempo, anche coloro che non erano cristiani, anche coloro che dichiaravano brutalmente di rigettare Cristo e la Sua legge, erano impregnati, anche loro malgrado, dei valori cristiani; sapevano cosa significasse dare la propria parola, l’onore, il pudore, la fedeltà, il coraggio, la gentilezza, l’eroismo, la virtù, la modestia. Oggi tutti questi termini sono abusati; perfino la parola “amore” in bocca ad un bambino di sette anni è già irrimediabilmente insozzata.
L’uomo moderno non è più legato a niente, se non al suo IPod, al suo IPad, al suo IPhone. Ogni riferimento alla trascendenza gli è estraneo. Volendo sopprimere Dio, per ciò stesso si è soppressa la morale; da cui un diluvio di odio, di violenza e di nichilismo; da cui le famiglie divise, scompaginate, decomposte; da cui i figli abbandonati a loro stessi; da cui il dilagare della droga e della pornografia; da cui l’avanzare del satanismo, della profanazione delle chiese e dei cimiteri; da cui il trionfo di ogni perversione: “matrimoni” omosessuali, teoria del gender, vomitevoli gay pride che ogni anno riuniscono un gran numero di partecipanti; da cui il ricorso massiccio agli antidepressivi e agli ansiolitici, agli psichiatri  e ai maghi; da cui il sorgere delle sette di ogni genere e delle false religioni; da cui il contagio dei suicidi; da cui il regno del vuoto e del niente, il trionfo insolente della menzogna, dell’impostura e di Mammona; da cui il dominio ogni giorno più insolente di ogni sovversione e di ogni trasgressione.

Tuttavia, per coloro che lo vogliono, in questi giorni così tragici è ancora possibile, con la grazia di Dio, la santificazione. Vero è che il Vaticano II e la nuova Messa sono state peggio di una guerra mondiale; ma la guerra uccide i corpi, non uccide necessariamente le anime. La rivoluzione modernista ha condotto ad un’apostasia universale e ad un mondo che è diventato una sordida cloaca e un calderone infernale, ed ha ampiamente ostruito i canali della grazia, ma non li ha potuti chiudere.
Per coloro che intendono rimanere fedeli ai tesori dei venti secoli della Chiesa, al suo Messale, al suo catechismo, alla sua dottrina; per coloro che si riscaldano il cuore e dilatano la loro anima meditando la vita dei Santi e dei Martiri; per chi conserva la fede, la speranza e la carità, malgrado le vicissitudini e i tormenti attuali, malgrado la crisi inaudita che tende a sommergere tutto, a rovinare tutto, a cancellare tutto, per costoro il cammino verso il Cielo rimane sicuramente aperto.



aprile 2019

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