Dalla pornoteologia alla pornogerarchia

di Gederson Falcometa





Quale principio di rinnovamento può essere una teologia che secolarizza senza scrupoli la morale e, quasi vergognosa dell’ideale di purezza e povertà cristiana, irrompe anch’essa per un’esistenza all’insegna del piacere, al rifiuto del sacrificio, per la celebrazione aperta del sesso (pornoteologia): brevemente, per allinearsi alla lotta di classe, per proclamare l’innocenza liberatrice degli istinti con la brutalità della psicanalisi più retriva? Che deve fare il mondo, o cosa può fare di una teologia senza pudore, che disarma di fronte al male? Cosa può significare per la società consumistica, che sprofonda nella noia e nella ribellione dell’atto gratuito, una teologia che per salvare il mondo si abbevera al veleno che intossica il mondo?

Con queste parole, il teologo Padre Cornelio Fabro denunciava, nel 1973, la falsa teologia che corrompeva la morale cattolica, e che lui chiamò “pornoteologia”.
Lo scritto è di cinque anni dopo il maggio 1968, e come si legge nel testo di Padre Fabro [riprodotto in calce], il maggio 1968 ebbe poco a che fare con la deriva teologica della morale cattolica. Quello che oggi possiamo chiederci è: che cosa ha fatto la gerarchia della Chiesa per frenare questa pornoteologia nel suo seno? Sfortunatamente, la gerarchia ha fatto nulla. Essa se ne è lavata le mani, come Ponzio Pilato.

Di fatto, a partire dal Vaticano II, La Chiesa ha annoverato nella sua gerarchia dei veri emuli di Ponzio Pilato. Che si tratti di questioni disciplinari, teologiche o liturgiche, ci troviamo di fronte a un libertinaggio senza precedenti nella storia della Chiesa, ed insieme ad una gerarchia che conferma questo libertinaggio con la sua codardia e il suo silenzio, perché permette tutto. Tale comportamento equivale al vero e proprio ateismo: perché è proprio laddove si sostiene che Dio non esista che tutto è permesso, nulla può essere proibito, perché non c’è legge, ma solo una sorta di automatico legalismo e assoluta misericordia che annullano ogni traccia di giustizia. Una gerarchia che permette la libertà è al servizio di quello stesso uomo che essa ha voluto trasformare in Dio, avallando l’inversione della realtà dell’uomo che deve inginocchiarsi e giustificarsi davanti a Dio; da cinquant’anni purtroppo, con questa moderna gerarchia, le cose non vanno più così.

Questo spiega perché in questi cinquant’anni la stessa gerarchia protegge coloro che sono coinvolti in scandali sessuali, non fa nulla contro gli abusi liturgici e non combatte le false teologie che abbondano al suo interno. Il libertinaggio gode di una totale libertà al suo interno. In relazione al concilio Vaticano II, ad esempio, si è arrivati ad avanzare le false tesi dell’ermeneutica della riforma nella continuità, da un lato, e dell’ermeneutica della rottura dell’altra, ma quando si è trattato di dare un nome ai libertini, la gerarchia se ne è lavata le mani.
A questo punto spetta ai semplici fedeli fare il lavoro della gerarchia e, attraverso un attento esame basato sull’insegnamento tradizionale, identificare chi sono gli ermeneuti dell’una e dell’altra parte. Lo stesso dicasi per gli scandali degli abusi sessuali, spetta ai semplici fedeli identificare gli autori degli abusi e proteggersi da loro. Ci si chiede quindi: che razza di pastori sono questi? Pastori che guidano il branco di lupi?

Ultimamente, poi, i massimi rappresentanti della gerarchia sono venuti fuori presentandosi in pubblico con le mani pulite, e dopo essersi lamentati che il Concilio sarebbe stato stravolto dai media, ora lamentano che la morale cattolica sarebbe stata stravolta dall’imperversare del maggio 1968. Ma intanto, mentre tutto viene stravolto, cosa fa la gerarchia per impedire che i cattivi raggiungano i loro obiettivi? Niente! Si tratta di una gerarchia di pastori che non lavora per il bene delle pecore, ma per coloro che le azzannano e le divorano. E’ una perfetta sovversione!

Il risultato della defezione di questa gerarchia nel campo della teologia morale è stato che quella pornoteologia ha attecchito nei seminari e nei circoli intellettuali “cattolici”; ed è con essa che è stata formata una buona parte delle nuove generazioni di religiosi, sacerdoti, vescovi e cardinali, quegli stessi che oggi esercitano il potere nella Chiesa.
A giusta ragione, quindi, possiamo dire che dalla pornoteologia siamo arrivati alla pornogerarchia; ed è la presenza di questa pornogerarchia che spiega la maggior parte degli scandali di abusi sessuali che si sono verificati nella Chiesa negli ultimi decenni.
E’ intollerabile che la Chiesa, nata per servire Dio, sia diventata praticamente una sorta di studio pornografico, dove si consumano gli scandali sessuali più disgustosi, a danno dei veri ideali cristiani, e senza che si alzi con forza alcuna voce per arginare e debellare questo male.

La Chiesa in Germania, con la presidenza del pornocardinale Marx - nomen omen - è diventata praticamente una pornochiesa. Essa infatti vuole la fine del celibato sacerdotale, la benedizione delle unioni omosessuali, la liberalizzazione dell’aborto, ecc. Il pornocardinale Marx è arrivato perfino a dire: “la Chiesa di Germania non è una filiale della Chiesa di Roma”. Questo significa che egli non è solo un pornocardinale, ma il poronopapa della chiesa tedesca. Considerando che con il concilio Vaticano II hanno trionfato la teologia tedesca e quella francese, che hanno sostituito la teologia romana, la tendenza è che la Chiesa di Roma, se non si fa nulla, diventerà come la Chiesa tedesca. Ancor più con un Papa come Francesco che con l’Amoris laetitiae, dimostra essere un appassionato di pornoteologia.

Oggi, c’è ancora chi dice che lo scisma nella Chiesa è silenzioso. Lo scisma della Chiesa in Germania data dalla pubblicazione della Humanae Vitae di Paolo VI. Se di silenzio si può parlare è del silenzio stesso di una gerarchia che, come abbiamo detto, si è lavata le mani come Ponzio Pilato. Da decenni vediamo la disobbedienza su questioni importanti relative al Papa e alla Santa Sede, e intanto assistiamo al più profondo silenzio da parte degli stessi Papi e della stessa Santa Sede. Questo silenzio da parte di Roma ha trasformato lo scisma della Chiesa in Germania in apostasia. E’ dovere del Papa esigere quando necessario perché i cattolici aderiscano alla fede: e invece Roma, da dopo il Concilio, ha promulgato solo documenti deboli su questi temi e non ha chiesto alcun consenso alle sue decisioni. In questo modo, essa non separa l’oglio dal grano, né i lupi, i cani e i maiali dalle pecore. Il gregge che pascola questa moderna gerarchia non è più composto solo da pecore, ma è pluralistico, è composto da animali differenti. Abbiamo una gerarchia che ha una visione trasformistica del gregge e che fa vedere pecore laddove si tratta di lupi, cani e maiali: una neochiesa transgenere: transpecore.

Abbiamo pornocardinali come MacCarrick, Coccopalmerio, Kasper, ecc., abbiamo il pornovescovo Vincenzo Paglia e molti altri pornovescovi che benedicono gioiosamente le unioni omosessuali, coprono gli abusatori e promuovono la pornoteologia. Abbiamo anche i pornopreti come i gesuiti James Martin e Antonio Spadaro, che sono esperti di comunicazione e diffondono la pornoteologia in ogni angolo; e ci siamo limitati a fare l’esempio della Chiesa in Germania, perché se dovessimo contare tutti i casi di abusi sessuali, faremmo diventare pornografico questo articolo.

Per finire, è bene stare lontani da una Chiesa dove, come abbiamo visto, tutto è permesso. Si tratta infatti di una neochiesa che ha solo cinquant’anni, e al pari di Francesco pensa: “chi sono io per giudicare?” E’ proprio questo infido interrogativo che definisce molto bene la Chiesa postconciliare. Una neochiesa che è perfino peggio di Ponzio Pilato, perché almeno questi cedette alle insistenze dei Giudei, ma non si lavò le mani dicendo: chi sono io per giudicare?

Questa neochiesa che non ha voluto giudicare la pornoteologia quando essa è apparsa, se ne è lavata le mani, ha poi inevitabilmente cresciuto nel suo seno una generazione di preti che sono diventati vescovi e cardinali, e hanno finito per costituire una pornogerarchia di cui la Chiesa oggi piange e soffre le conseguenze dei suoi abusi


Cornelio Fabro:
siamo di fronte all’irrompere di una «pornoteologia» che si abbevera al mondo





… La difficoltà e la prova della fede è quella di essere nuovi nell’antico ed originali nel permanente, poiché appartiene all’uomo di essere produttivo con la libertà nell’ambito della verità ad ogni livello, anche in quello della fede e della salvezza. Lo spirito non è un canestro che riceve passivamente, ma un principio che attua se stesso «dirimendo» con la scelta l’alternativa della sua salvezza. È questo il progresso nella continuità e fedeltà alla tradizione secondo la regola aurea di Vincenzo di Lérins, entrata nei testi autentici del magistero: «Insegna le stesse cose che hai imparato così che dicendo in modo nuovo non dica cose nuove. Ma non ci sarà allora, si chiede subito, nella Chiesa di Cristo nessun progresso? E come! risponde, e grandissimo. E chi è mai l’uomo tanto invidioso agli uomini, tanto odioso a Dio che cercherebbe d’impedire questo? Beninteso, dev’essere un progresso, non un cambiamento: un autentico aumento per ciascuno e per tutti, per ogni uomo e per tutta la Chiesa ma nel medesimo dogma, nello stesso senso e nella stessa formula».

Chi pretende avanzare tagliando i ponti col passato, non avanza ma precipita nel vuoto, non incontra l’uomo storico in cammino verso il futuro della salvezza ma viene risucchiato dai gorghi del tempo senza speranza. La teologia contemporanea sembra in crisi proprio su questo punto, cioè quello della fede come tensione aperta fra i tempi della salvezza ch’è illuminata dalla presenza dello spirito di Cristo con la guida del Magistero della Chiesa. Di frequente spiriti illuminati manifestano gravi perplessità sull’indirizzo della nuova teologia «orizzontalistica» suscitando un incendio di proteste da parte degli interessati - senza però ancora ottenere quell’incontro e confronto sulle precise contestazioni a cui invitano - confermando così la realtà e gravità della situazione. Comunque, l’invito del Lerinese è sempre aperto.

Perciò ci si può chiedere: quale messaggio di salvezza può annunziare al mondo una teologia che demitizza gli eventi di salvezza, che lascia in ombra - qualcuno li nega o li omette completamente - i misteri e dogmi fondamentali del Cristianesimo per applicarsi unicamente alle strutture socio-politico-economiche dell’uomo rifiutando il mistero della caduta e della redenzione dell’uomo ridotti a mera «metafora»? Quale principio di rinnovamento può essere una teologia che secolarizza senza scrupoli la morale e, quasi vergognosa dell’ideale di purezza e povertà cristiana, irrompe anch’essa per un’esistenza all’insegna del piacere, al rifiuto del sacrificio, per la celebrazione aperta del sesso (pornoteologia): brevemente, per allinearsi alla lotta di classe, per proclamare l’innocenza liberatrice degli istinti con la brutalità della psicanalisi più retriva? Che deve fare il mondo, o cosa può fare di una teologia senza pudore, che disarma di fronte al male? Cosa può significare per la società consumistica, che sprofonda nella noia e nella ribellione dell’atto gratuito, una teologia che per salvare il mondo si abbevera al veleno che intossica il mondo?





maggio 2019
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