Un disastro imminente

E’ ora che ciascuno si prenda le sue responsabilità


di Francesco Lamendola


Articolo pubblicato sul sito Accademia Nuova Italia








Il tempo stringe, è ormai quasi scaduto: non ne resta che pochissimo se davvero si vuole fare qualcosa, se si vuole reagire all’enorme tradimento che i nostri indegni governanti e i nostri indegni pastori hanno condotto, per anni, per decenni, contro il popolo italiano e contro la fede cattolica. Si tratta di due facce della stessa medaglia: un tradimento da parte dello Stato e un tradimento, parallelo, da parte della Chiesa. Un tradimento di così vaste proporzioni che si è in dubbio se si possa ancora parlare di un vero Stato italiano e di una vera Chiesa cattolica, o se ciò che ancora chiamiamo Stato italiano non sia già, in effetti, una provincia dell’impero finanziario internazionale, amministrata dai suoi proconsoli nelle vesti ingannevoli di parlamentari e ministri, e se quella che ancora chiamiamo Chiesa cattolica non sia già una vera e propria contro-chiesa, gnostica e massonica, quella che San Giovanni, nel Libro dell’Apocalisse, chiama la Sinagoga di Satana.
L’oscuro potere che ha gettato la sua rete su entrambi è sempre lo stesso, ed è un potere planetario: la sua rete si è posata parimenti su quasi tutti gli altri Stati e gli altri popoli, oltre che su tutte le diocesi, anche le più lontane, della Chiesa cattolica. Forse una manovra di svuotamento interno è in atto anche nelle altre religioni, ma in questa fase non si direbbe: quel che appare evidente è, anzi, che una di esse, l’islam, viene spinta a collidere frontalmente con il cristianesimo; mentre una terza, che non occorre nominare, se ne sta dietro le quinte e muove le sue pedine, ma lascia pesanti indizi della sua azione provocatoria, da Christchurch nella Nuova Zelanda a Colombo nello Sri Lanka;  per non parlare della recente vicenda che ha portato alla caduta del governo austriaco, e senza dimenticare, naturalmente, la madre di tutte le stragi terroristiche, quella statunitense dell’11 settembre 2001.

 


Il pontefice “abusivo” si prostra (baciando le scarpe!) a tutti tranne che all’Altissimo!


Lasciamo da pare, in questa sede, l’aspetto riguardante lo Stato italiano, e limitiamoci alla Chiesa, e particolarmente alla Chiesa cattolica, i cui vertici, dal cosiddetto papa Bergoglio al presidente della C.E.I. Gualtiero Bassetti, e una quantità di vescovi di stretta osservanza bergogliana, Zuppi, Cipolla, Nosiglia, Perego, Lorefice, Mogavero, hanno deciso di mettersi a fare i politici a tutto campo, invece di pensare alla cura delle anime, con i ben noti risultati per loro controproducenti, vista la formidabile bastonata elettorale che si sono presi con le elezioni per il parlamento europeo del 26 maggio 2019. E visto che loro hanno smesso di parlare di Dio e di occuparsi della salvezza delle anime, preferendo fare gli elettricisti, come il cardinale Krajewski, o i pizzaioli, come il cardinale Sepe, o i tutori dell’amore gay, purché connotato dalla fedeltà di coppia, come l’arcivescovo Nosiglia, ci sembra perfettamente logico che un politico, come Matteo Salvini, abbia ricambiato lo scambio di ruoli prendendo in mano il Rosario e invocando la protezione della Vergine Maria sul popolo italiano.
E’ un bel pasticcio, per questo clero massone che ha fatto del laicismo la sua bandiera e il suo motto: ma la verità è che la separazione fra le cose di Dio e quelle di Cesare a quei signori andava bene, finché rientrava nei loro interessi: per esempio, per ricevere il finanziamento statale affinché la Caritas distribuisse i suoi servizi ai migranti, o riscuotesse per la Chiesa l’otto per mille, anche se solo il 25% delle somme raccolte andranno in beneficenza, mentre il resto andrà alle spese di manutenzione dell’enorme carrozzone ecclesiastico, oltre che alle spese processuali delle numerose cause giudiziarie pendenti a causa delle violenze sessuali di un clero sempre più corrotto e sprofondato nel turpe vizio della sodomia.
Vizio e abusi per i quali questo clero corrotto ha potuto contare sul complice silenzio di chi doveva sapere, doveva vigilare, e invece non l’ha fatto (non è vero, monsignor Delpini? Ha riflettuto sul pacato invito a dimettersi, fattole con una lettera aperta dalla madre di un minore che fu abusato nella sua diocesi, mentre lei copriva l’abusatore? E lei, monsignor Cipolla: le è mai venuto in mente che sotto il suo naso, a due passi dalla sua curia, mentre lei viaggiava in America Latina per visitare la chiesa dei poveri, un prete della sua diocesi, don Andrea Contin, trasformava la canonica in un porcaio a luci rosse e stava per dare un immenso scandalo a migliaia di parrocchiani, sfigurando ai loro occhi l’immagine della Sposa di Cristo? Non le pare che anche lei dovrebbe assumersi la responsabilità di non aver vigilato, di non aver capito, di non aver visto, di non aver fatto un bel nulla di nulla?).




Come siamo fortunati! Ora abbiamo cardinali elettricisti…


Ma se le cose prendono una piega sgradita; se, per esempio, lo Stato dice che di migranti se n’è presi in carico più che a sufficienza, e così rom, sinti, barboni e sbandati vari, ecco che questo clero massone scopre di non avere in sommo grado la vocazione alla carità gratuita; ecco che le porte dei cento seminari vuoti e dei conventi deserti si chiudono di colpo, e la Caritas annuncia che non potrà più seguitare a prodigarsi, e le Guardie Svizzere cacciano i barboni dal loggiato del Vaticano; ecco che il cardinale Maradiaga, quello con lo stipendio di 35.000 euro mensili, pur parlando come un disco rotto della chiesa dei poveri, di poveri non ne fa entrare nella sua casa neanche uno; ecco che il cardinale Coccolpamerio - il cui segretario privato s’è fatto pizzicare delle forze dell’ordine nel bel mezzo di un festino a base di droga e sesso gay -, di solito così arzillo e ciarliero, perde la favella e diventa smemorato; ed ecco che le bollette inevase dell’energia elettrica da 320.000 euro restano tutte da pagare a carico della comunità, perché i cardinali elettricisti sanno, sì, arrampicarsi rocambolescamente dentro le centraline condominiali per rompere i sigilli e ripristinare la luce a beneficio dei poveri inquilini morosi - morosi e occupanti abusivi, da sei anni, dell’intero condominio in questione - ma non rivelano, poi, altrettanta energia, né altrettanta prestanza atletica nel correre al più vicino ufficio postale e pagare loro, coi soldi dell’otto per mille, quelle bollette.
E’ una storia vecchia, vecchia e terribilmente monotona, per non dire squallida, che si può riassumere così: quant’è bello fare i generosi con il portafoglio degli altri; quant’è gratificante posare per i fotografi, prendersi gli applausi della gente, guadagnarsi a buon mercato la fama di Robin Hood, ma in realtà non scucire neanche il becco d’un quattrino!




... cardinali pizzaioli...


Ebbene: giunte le cose a questo punto, crediamo sia tempo che ciascuno, laico e consacrato, si assuma una buona volta le proprie responsabilità, tutte intere, senza cedere al solito vizio di essere indulgente con se stesso e di scusare, per sé, ciò che troverebbe reprensibile, o intollerabile, negli altri.
La navicella di San Pietro è sul punto di affondare nella tempesta dei suoi stessi scandali e della sua stessa infedeltà, oltre che degli assalti sferrati dal nemico: questo, almeno, è abbastanza chiaro a tutti quanti, sì o no?
Non c’è più spazio per i pavidi, i pusillanimi, i don Abbondio, gli opportunisti; bisogna fare una scelta, o meglio la si doveva fare già da molto, ma forse siamo ancora in tempo, perché i tempi e i modi della Provvidenza sono infiniti e misteriosi, e tutto quel che sta accadendo può risolversi in un gran bene, in una purificazione, in un profondo rinnovamento, non solo della chiesa, ma di tutta la fede cattolica.
Proprio perché l’attacco è arrivato fino al cuore – l’ultima scelleratezza è quella di voler centralizzare gli istituiti religiosi contemplativi e, con la scusa del famigerato aggiornamento, distruggere di fatto le basi stesse della vita monacale, evidentemente sgradita alla massoneria ecclesiastica, le cui parola d’ordine sono de-sacralizzare, de-spiritualizzare, de-cattolicizzare, mondanizzare, laicizzare, secolarizzare – è assolutamente necessario che ciascuno si prenda, sino in fondo, le proprie responsabilità, senza perdere più nemmeno un minuto.

La barca di Pietro potrebbe far naufragio da un momento all’altro; il timone è abbandonato, l’equipaggio è smarrito, il comandante ha deciso di condurla a sfracellarsi contro gli scogli, per qualche sua oscura ragione, del tutto indifferente alla sorte di quanti sono a bordo. Ora anche gli istanti sono preziosi, ed è necessaria la buona volontà di ciascuno; ora è tempo che anche i timidi diventino coraggiosi, che i riservati si gettino nella mischia, che i gregari prendano il posto degli ufficiali, purché le loro intenzioni siano buone e le loro mani siano pure.
Il disastro è imminente; bisogna pregare, pregare moltissimo, pregare sempre, senza stancarsi mai; ma è necessario anche agire, parlare, esporsi, uscire allo scoperto. C’è un numero impressionante di anime buone che finora hanno sofferto in silenzio, hanno stretto i denti e inghiottito le proprie lacrime; anime scandalizzate, inorridite dallo scempio inaudito che i falsi pastori e i falsi ministri di Cristo stanno perpetrando impunemente, gloriandosi, come direbbe san Paolo, di ciò di cui si dovrebbero vergognare; anime che non sopportano più la profanazione delle cose sacre e la quotidiana, impudente falsificazione del Vangelo, lo stravolgimento perfido e deliberato della parola di Dio.
E non si creda che stiamo esagerando: un illustre filosofo e biblista, il britannico John Rist, uno dei firmatari della lettera aperta ai vescovi che denuncia l’eresia conclamata e pervicace del pontefice, ha recentemente accusato il signor Bergoglio di star cambiando la dottrina con invisibile doppiezza (è la sua espressione testuale e rende bene l’idea) vale a dire scagliando il sasso e nascondendo ipocritamente la mano, ogni volta.




... arcivescovi ciclisti...


Noi ne consociamo personalmente, di queste anime sofferenti, non solo fra i laici, ma anche fra i consacrati; conosciamo sacerdoti e suore che vivono nel tormento di trovarsi presi in ostaggio da una contro-chiesa che tradisce e smentisce, punto per punto, la vera Chiesa del divino Sposo; anime smarrite che non sanno più che fare, che non sanno da che parte volgersi, che devono adattarsi a una specie di doppia vita, deplorando in cuor loro ciò che i superiori impongono e pretendono. Conosciamo il dramma di anime che stanno perdendo la fede, o che l’hanno già persa; e l’hanno persa perché non hanno retto alla tensione e alla disillusione di vedere che proprio i pastori, che in essa avrebbero dovuto custodirli e confermarli, anche a prezzo della loro vita, se necessario, come avveniva ed avviene in tempo di persecuzioni, ora sono proprio essi a seminare dubbi, a provocare delusioni, a mortificare lo slancio della fede, a far piovere la doccia gelata di una lettura tutta umana, sociologica, politica e sindacale del Vangelo, come se Gesù fosse venuto a formare i quadri degli elettricisti, dei pizzaioli, dei demagoghi mestatori e impudenti, e non a riformare la vita dell’anima per renderla degna dell’incontro con Dio.
E questo in tempi già di per sé tanto difficili, quando l’intera società si sta allontanando sempre più dal suo Creatore, e si prostra davanti a mille idoli, a cominciare dal denaro, dal potere e dal piacere disordinato; e quando è già divenuta cosa rara, quasi straordinaria, che un giovane o una giovane sentano in sé la chiamata del divino Maestro e decidano di rispondere con un sì pieno e incondizionato; quando i sempre più rari aspiranti sacerdoti e le aspiranti suore di tutto avrebbero bisogno, tranne che di trovare una pietra d’inciampo proprio nei loro superiori, negli abati e nei vescovi che si son resi idolatri, venerando il falso papa argentino e voltando le spalle al solo, al vero, all’infinitamente giusto Capo e Modello, Salvatore e Redentore.




... vescovi cantanti e chitarristi!


In questi tempi calamitosi, quando diocesi un tempo fiorenti di vocazioni non riescono a racimolare che sparuti gruppetti di seminaristi, accade che a questi giovani venga impartito un vero e proprio contro-insegnamento, mirante a smantellare, pezzo per pezzo, la Tradizione, e a portare la divina Rivelazione sul piano dell’umano.
Sulla scia dei pessimi teologi in odore di modernismo, rettori e vescovi si sono fatti seguaci del metodo storico-critico, ossia del mezzo più sicuro per non capir nulla del Vangelo e perdere, un po’ alla volta, il bene inestimabile della fede. E intanto la pastorale vien fatta passare davanti alla dottrina, e viene snaturata nei suoi mezzi e nei suoi fini, viene trasformata in una indegna commedia demagogica, dove quel che conta è la smania di piacere al mondo, per conservare un minimo di consenso tra la gente e salvaguardare così cattedre e stipendi.
Sappiamo per certo, tanto per fare un esempio di questa falsa e bugiarda pastorale, che nei seminari, oggi, i professori insegnano che il sacerdote deve smetterla di benedire; che un tempo si benediceva troppo, le persone, le case, gli strumenti di lavoro; che non è una bella cosa fare un tale ricorso alla benedizione, sa di superstizione, di passato. E infatti abbiamo visto il signore argentino che, in più d’una occasione, si è rifiutato di benedire la folla, con la grottesca motivazione di non voler offendere i non cattolici; così come lo si è visto sottrarre l’anello piscatorio, simbolo della sua dignità petrina, al bacio dei fedeli.
E’ sempre il metodo storico-critico che imperversa, applicato alla pastorale oltre che alle Scritture: bisogna smitizzare, sfrondare, eliminare gli elementi mitici che si sono sovrapposti alla realtà storica di Gesù e dei suoi primi discepoli, e restaurare il Vangelo nella sua purezza originaria.
Ma quale purezza, poi? Quella di Lutero, che ha eliminato il culto dei Santi e della Madonna, gran parte dei Sacramenti, la salvezza mediante le opere, oltre che mediante la fede, il sacerdozio distinto dal laicato, la lettura magisteriale delle Scritture?
Al posto dell’autorevole insegnamento della Chiesa per mezzo del Magistero, ora abbiamo la “chiesa” del si dice, abbiamo il clero del a me sembra che, per me è così. E infatti: ogni prete dice in chiesa, nell’omelia della santa Messa, tutto quel che gli passa per la testa, liberamente, senza problemi, anche in dialetto, magari scherzando e ridendo, facendo battute e strappando l’applauso, come un attore da avanspettacolo. Che pena.
E allora si capisce che è giusto, in fondo, se il cardinale Krajewski va a ripristinar la luce (a spese nostre) per gli abusivi. Lui, e tutto questo neoclero massonico, non sono altro che abusivi...




maggio 2019
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