Bergoglio e il Corpus Domini

di Giovanni Servodio


Giovedì 20 giugno 2019, solennità del Corpus Domini, l’infaticabile Papa Francesco ha pubblicato due messaggi su twitter. Da un papa ci si aspetterebbe che ricordi a chi legge i suoi interventi l’importanza della Comunione sacramentale per la salvezza della propria anima; e invece no: nel primo messaggio egli tiene a ridimensionare l’insegnamento di Nostro Signore:
«Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?». Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso.» (Mt. XXII, 36-39).





Gesù si è fatto pane spezzato per noi, e ci chiede di donarci agli altri, di non vivere più per noi stessi, ma l’uno per l’altro. ‪#CorpusDomini
02:30 - 20 giu 2019   

Quindi: “amare il prossimo come se stessi” non varrebbe più, per Bergoglio vale “non vivere più per noi stessi”; cosa che è doppiamente scomposta: primo perché non si può vivere “per l’altro” se prima non si ha cura di se stessi; secondo perché non si deve vivere in vista della vita in questo mondo, ma della vita nell’altro mondo.
Quando Gesù insegna che bisogna amare il prossimo come se stessi, ricorda all’uomo che deve innanzi tutto amare se stesso, e questo amore per se stesso è costituito dal perseguire in terra i meriti atti a salvare la propria anima in Cielo. Ed è di questo amore per la vita eterna che bisogna amare anche il prossimo. Ciò non esclude l’uso della carità per venire incontro ai terreni bisogni essenziali dell’uomo, ma questo non è primario, è secondario, perché il bisogno primario del prossimo, come per se stessi, è il perseguimento della salvezza eterna.
Gesù si è fatto carne e ci ha insegnato che: «La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda: chi mangia la mia carne  e beve il mio sangue dimora in me e io in lui» (Gv. VI, 55-56); dove il “dimora in me e io in lui” corrisponde a «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno» (Gv. VI, 54).

Come si vede, Bergoglio esorta a vivere in una prospettiva terrena e non si cura più di confermare i fratelli nella fede perché vivano in una prospettiva celeste. La sua preoccupazione per il prossimo scaturisce quindi dalla uguale preoccupazione per se stesso: vivere bene qui e adesso, vivere “l’uno per l’altro”. Non vivere più per Dio, ma per l’altro. E quando non ci saranno più né io né l’altro, che succederà? Che ne sarà di me e dell’altro dopo la morte? Che ne sarà di chi ha vissuto non più per Dio, ma per l’altro?
Questa è cosa che a Bergoglio pare non interessi.

Quello che interessa a Bergoglio è ben altro, e lo chiarisce in un altro messaggio su twitter scritto due ore dopo il primo, sempre nello stesso giorno del Corpus Domini

https://mobile.twitter.com/Pontifex_it/status/1141669525362003969?p=v

Con i rifugiati la Provvidenza ci offre un’occasione per costruire una società più solidale, più fraterna, e una comunità cristiana più aperta, secondo il Vangelo. ‪#WithRefugees
04:30 - 20 giu 2019   

Ci si chiede: cosa c’entrano i “rifugiati” col Corpus Domini?
Ovviamente: niente! E ancora ovviamente si potrebbe farceli entrare se si ricordasse loro che debbono convertirsi al Vero Dio. Ma nel messaggio di Bergoglio non v’é nulla di questo. C’è invece tutto per stravolgere ancora una volta il Vangelo.

Dove sta scritto, nel Vangelo, che bisogna “costruire una società più solidale, più fraterna, e una comunità cristiana più aperta”? In nessun posto!
Nel Vangelo, invece, sta scritto:
«Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.» (Mt. VI, 25-33).

Cosa che significa che “costruire una società più solidale, più fraterna, e una comunità cristiana più aperta”, è da stolti. Soprattutto è da stolti non cercare prima il Regno di Dio e la Sua giustizia.

Anche qui, quindi, troviamo la visione terrena di Bergoglio, priva della prospettiva del Cielo; e con l’aggravante che questo insistente richiamo ai “rifugiati”, stravolge perfino la preoccupazione per il prossimo, dal momento che induce a non curarsi delle sorti del nostro prossimo più prossimo: le nostre famiglie, i nostri figli, i nostri compaesani; e non si cura neanche delle sorti della nostra stessa religione, avviata, con i “rifugiati”, alla sua mutazione: da religione di Dio a religione del mondo, poliedrica, polivalente, inclusiva e quindi senza Dio.
“Una comunità cristiana più aperta, secondo il Vangelo” non è quella sollecitata da Bergoglio… aperta a chiunque, credente o miscredente, entri in casa nostra per stravolgerne usi, costumi e religione…; ma è una comunità pronta ad accogliere chiunque voglia abbracciare la vera religione, diventare seguace di Nostro Signore, e, una volta diventato cristiano, lavorare con i confratelli per aiutarsi “l’un l’altro” a conseguire la vita eterna.

Bergoglio, in quanto successore di San Pietro, almeno nominalmente, non “conferma i fratelli nella fede”, ma li distoglie dalla fede.  Come si chiama questo? Eresia? Ai teologi l’ardua sentenza!

 



giugno 2019
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