Perché lo fa?
Perché l’hanno eletto per questo.

di Francesco Lamendola


Articolo pubblicato sul sito Accademia Nuova Italia








Nemmeno la santa Messa del Corpus Domini, domenica 23 giugno 2019, è sfuggita alla politica di Bergoglio d’infilare almeno un’eresia in ogni occasione che gli si presenta, liturgica o profana, solenne o quotidiana.
Il Vangelo del giorno parlava del miracolo della moltiplicazione di pochissimi pani e pesci per sfamare una folla di migliaia di persone (cinquemila erano solo gli uomini, cioè i capifamiglia); e che ha fatto il signore argentino travestito di bianco? Di eresie, per non essere avaro, ce ne ha rifilate almeno due: primo, che Gesù si è fatto pane; secondo, che quell’episodio evangelico non ruota intorno al miracolo della moltiplicazione, dato che Gesù “non faceva magie” (strana affermazione da parte di uno che ama circondarsi di stregoni, oltre che di maestri di Reiki), ma sull’atto della condivisione, per insegnarci a dividere le cose col prossimo.
Inoltre, ha spostato il commento dal miracolo all’atto di benedire il pane e quindi alla benedizione in se stessa, presentata come una sorta di rito laico avente per scopo, genericamente, il “dir bene” di qualcuno o di qualcosa, gesto che a sua volta “fa star bene” le persone; e infatti lui si è rifiutato in più d’una occasione di benedire i fedeli e fare il segno della Croce, come avvenne a Palermo il 15 settembre 2018, per non mettere a disagio i non credenti.
In buona sostanza, dal suo sermone si evince che egli non crede al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, e che gli dà fastidio anche solo evidenziare il fatto della moltiplicazione, perché a lui quel che interessa è solamente il simbolo della distribuzione.




Come, come? Gesù fattosi pane? Ma questo non è il Magistero della Chiesa: non è Gesù che si fa pane, ma è il pane che si trasforma nel Corpo di Cristo, nel mistero Eucaristico. Chi glielo spiega a Bergoglio che, se uno studente di teologia alle prime armi dicesse uno sproposito del genere, verrebbe sonoramente bocciato, e per giunta ammonito a misurar bene le parole?


Ecco alcuni passaggi della omelia di Bergoglio, così come sono stati riportati dal sito ufficiale del Vaticano (non restio, peraltro, a manipolare i testi originali, quando le esternazioni a braccio del sedicente papa risultano troppo imbarazzanti):
Perché benedire fa bene? Perché è trasformare la parola in dono. Quando si benedice, non si fa qualcosa per sé, ma per gli altri. Benedire non è dire belle parole, non è usare parole di circostanza: no; è dire bene, dire con amore. Così ha fatto Melchisedek, dicendo spontaneamente bene di Abramo, senza che questi avesse detto o fatto qualcosa per lui. Così ha fatto Gesù, mostrando il significato della benedizione con la distribuzione gratuita dei pani. Quante volte anche noi siamo stati benedetti, in chiesa o nelle nostre case, quante volte abbiamo ricevuto parole che ci hanno fatto bene, o un segno di croce sulla fronte… Siamo diventati benedetti il giorno del Battesimo, e alla fine di ogni Messa veniamo benedetti. L’Eucaristia è una scuola di benedizione. Dio dice bene di noi, suoi figli amati, e così ci incoraggia ad andare avanti. E noi benediciamo Dio nelle nostre assemblee (cfr Sal 68,27), ritrovando il gusto della lode, che libera e guarisce il cuore. Veniamo a Messa con la certezza di essere benedetti dal Signore, e usciamo per benedire a nostra volta, per essere canali di bene nel mondo. (…)

Il secondo verbo è dare. Al “dire” segue il “dare”, come per Abramo che, benedetto da Melchisedek, «diede a lui la decima di tutto» (Gen 14,20). Come per Gesù che, dopo aver recitato la benedizione, dava il pane perché fosse distribuito, svelandone così il significato più bello: il pane non è solo prodotto di consumo, è mezzo di condivisione. Infatti, sorprendentemente, nel racconto della moltiplicazione dei pani non si parla mai di moltiplicare. Al contrario, i verbi utilizzati sono “spezzare, dare, distribuire” (cfr Lc 9,16). Insomma, non si sottolinea la moltiplicazione, ma la con-divisione. È importante: Gesù non fa una magia, non trasforma i cinque pani in cinquemila per poi dire: “Adesso distribuiteli”. No. Gesù prega, benedice quei cinque pani e comincia a spezzarli, fidandosi del Padre. E quei cinque pani non finiscono più. Questa non è magia, è fiducia in Dio e nella sua provvidenza..)




Perché lo fa? Perché l’hanno eletto per questo: questo impostore travestito da papa, non avrebbe dovuto nemmeno divenir Vescovo di Buenos Aires, perché il suo diretto superiore, il generale dei gesuiti Kolvenbach, aveva dato parere sfavorevole al riguardo, adducendo i suoi gravi difetti come uomo e come sacerdote, primi fra tutti la doppiezza e la tendenza a mentire e a creare divisioni insanabili!


Come, come? Gesù fattosi pane? Ma questo non è il Magistero della Chiesa: non è Gesù che si fa pane, ma è il pane che si trasforma nel Corpo di Cristo, nel mistero Eucaristico. Mistero che è anche un grande miracolo, il più grande di tutti, diceva san Tommaso d’Aquino, perfino più della Passione di Cristo: perché questa ha avuto luogo una volta sola, mentre nel Sacrificio della Messa la Passione si rinnova incessantemente per la nostra salvezza. Chi glielo spiega a Bergoglio che, se uno studente di teologia alle prime armi dicesse uno sproposito del genere, verrebbe sonoramente bocciato, e per giunta ammonito a misurar bene le parole?
O forse sbagliamo a pensare così; probabilmente, anzi certamente sbagliamo pensando che il signore sudamericano dica in continuazione enormità di questo tipo “solo” perché è ignorante, impulsivo e passionale, non sa tenere a freno la lingua e si lascia trasportare dal suo giovanile entusiasmo. Dopotutto, non stiamo parlando di un bambino, né di un ragazzo sventato, ma di un uomo di ottantadue anni; di un uomo che può disporre, volendo, di una schiera di consiglieri teologici di prim’ordine; e che ha al suo servizio un ufficio stampa fra i più attrezzati al mondo.
No: non c’è niente di affrettato, d’imprudente, di sbadato, in quel che fa costui, in quel che dice e anche in tutto ciò che omette di fare e dire; e, se anche ci fosse, vi è qualcuno che vigilia e che non gli permetterebbe di collezionare una simile sfilza di eresie e di bestemmie. Non si tratta solo di consiglieri, ma di padroni: Bergoglio è stato eletto papa, in maniera illegittima (perché è gesuita) da una cricca di cardinali massoni; pertanto, soggiace alla sorveglianza continua della massoneria ecclesiastica, a cominciare da quel monsignor Battista Ricca, invertito notorio e svergognato all’epoca in cui era nunzio apostolico in Uruguay, che è, guarda caso, fra le altre cose (e cioè oltre che pezzo grosso dello IOR), direttore della Casa Santa Marta, dove Bergoglio ha scelto d’installarsi invece che nel Palazzo apostolico, come tutti i suoi predecessori.
Oppure è stata la massoneria a imporgli quella residenza, in modo da tenerlo costantemente sotto il controllo di monsignor Ricca? Sta di fatto che quando i due si sono incontrati, il monsignore, di fronte alla stampa e ai fotografi, non si è fatto scrupolo di fare un buffetto sulla guancia al sedicente papa (scena identica a quella dell’incontro col presidente francese Emmanuel Macron): strano, vero? Di solito è il superiore, nonché il più vecchio, semmai, a fare un buffetto al più giovane e all’inferiore: in questo caso, invece, è stato il contrario.




Monsignor Battista Ricca, invertito notorio e svergognato all’epoca in cui era nunzio apostolico in Uruguay, che è, guarda caso, fra le altre cose (e cioè oltre che pezzo grosso dello IOR), direttore della Casa Santa Marta, dove Bergoglio ha scelto d’installarsi invece che nel Palazzo apostolico, come tutti i suoi predecessori. Oppure è stata la massoneria a imporgli quella residenza, in modo da tenerlo costantemente sotto il controllo di monsignor Ricca?



Un messaggio, senza dubbio, in perfetto stile massonico. E il messaggio, alla luce del sole, era questo: Bada di rigar dritto, cioè di fare tutto quel che ti verrà detto di fare; bada di non farla fuori dal vaso, perché sei solo uno strumento, e come ti abbiano creato dal nulla, possiamo rispedirti nel nulla; magari in maniera definitiva, stile infarto di Albino Luciani, se per caso qualcuno se ne fosse scordato.

Pertanto, se il signore travestito di bianco dice un’eresia, non è mai una svista; se ne dice due, o tre, o dieci, o venti, ciascuna di esse è stata ponderata, vagliata, studiata, probabilmente perfino nel tono della voce e nel vibrato della pronuncia.
Lui ci mette la sua arte consumata di grande attore; chi gli dà i soggetti e gli scrive i copioni, ci ha messo la sua malizia massonica e infernale. Può darsi che ormai egli ci abbia preso gusto, perché il male chiama sempre altro male, un peccato ne chiama un secondo, e poi un terzo e così via, sempre più frequenti e sempre più brutti.
Può darsi, perciò, che abbia deciso di stupire i suoi mandanti, che voglia mostrare tutto il suo zelo a quanti gli hanno permesso di coronare il sogno della sua smisurata ambizione: di lui, ex arcivescovo di Buenos Aires che non avrebbe dovuto nemmeno divenir tale, perché il suo diretto superiore, il generale dei gesuiti Kolvenbach, aveva dato parere sfavorevole al riguardo, adducendo i suoi gravi difetti come uomo e come sacerdote, primi fra tutti la doppiezza e la tendenza a mentire e a creare divisioni insanabili.
Se è così, se il signor Bergoglio è stato afferrato e travolto dalla smania compulsiva di spararle sempre più grosse, di scandalizzare sempre di più, dovrebbe fare attenzione, perché quei signori che lo hanno eletto al conclave del 2013 non volevano altro che una docile pedina, e ora questa sua frenesia, questo voler essere sempre sopra le righe, potrebbe rivelarsi controproducente e suscitare i malumori dei cardinali col grembiulino.
Si è forse montato la testa? Probabilmente sì: nel suo delirio di onnipotenza sogna ormai di lasciare un segno indelebile nella storia della Chiesa; ambisce a venir ricordato come il papa che ha segnato la svolta più grande, che ha mostrato più personalità di tutti quanti. Il che, senza dubbio, avverrà: resta solo da vedere in che senso lascerà un forte ricordo di sé, se nel bene o nel male – ai posteri l’ardua sentenza.




Il buffetto sulla guancia al sedicente papa da parte del presidente francese Emmanuel Macron: strano, vero? Un messaggio, senza dubbio, in perfetto stile massonico?


C’è una linea costante, vorremmo dire un medesimo stile, che accomuna tutte le sconvenienze, le eresie e le bestemmie proferite dal signore argentino, un comune denominatore, che si lega anche ai suoi gesti e alle sue omissioni, ad esempio il suo non volersi mai genuflettere davanti al Santissimo, come ha fatto anche durante la celebrazione del Corpus Domini (benché gli fosse stato preparato un inginocchiatoio davanti all’altare, che lui ha tranquillamente ignorato, ponendosi fra questo e l’altare, sempre ben ritto in piedi).
E cos’è questo elemento costante, questo filo rosso che unisce espressioni blasfeme come Gesù si è fatto diavolo; Gesù fa un po’ lo scemo; Gesù non era uno pulito; le Persone della Santissima Trinità sono sempre a litigare a porte chiuse, e frasi assai meno esplicite, ma pur sempre sottilmente eretiche o comunque tali da creare disagio nell’uditorio, come Gesù si è fatto pane, oppure: si va alla Messa con la certezza di essere benedetti (cosa non vera, perché non basta andare alla Messa, ma bisogna andarci in grazia del Signore, altrimenti è inutile o peggio, se si fa la Comunione in peccato mortale ci si attira la maledizione e non la benedizione divina)?
È evidente: si tratta di una costante, tenace, satanica volontà di erodere la fede, sgretolare le certezze, indebolire la Speranza cristiana, sostituendo all’autentico Magistero una pseudo dottrina di stampo relativista, soggettivista, naturalista, panteista, animista, vagamente gnostica, nella quale scompaiono il sacro, lo spirituale, il trascendente, il soprannaturale, il mistero della grazia, e resta solo l’uomo come animale biologico, l’uomo al centro di tutto, l’uomo e gli altri animali, l’uomo e le foreste, l’uomo e l’ambiente, l’uomo e il clima, l’uomo e la giustizia sociale.
E che altro significato ha dire, in piena Messa, che lui ha avuto e ha tuttora tanti dubbi, tante incertezze; o dire, a un gruppo di bambini, fra i quali un orfano che lo interroga sul mistero del male, che nessuno sa perché Dio permette la sofferenza degli innocenti, nessuno sa perché ci sia, e che bisogna anzi diffidare di quanti dicono di saperlo; che altro significato possono mai avere simili parole, simili discorsi, se non una diabolica volontà di distruggere la cosa più bella e più preziosa della nostra fede, la virtù teologale della Speranza?




Che ci fa questo signore argentino travestito di bianco a capo della Chiesa di Cristo? Bergoglio è stato eletto in maniera illegittima, perché è gesuita e anche grazie a una manovra architettata dall’ex presidente americano Obama e dalla candidata democratica Clinton; ma in realtà, la regia suprema di tutta questa sporca operazione è l’antico nemico: il Diavolo!

E non solo la Speranza, costui ci vuole rubare, ma anche la pulizia interiore. Vuole fare in modo che ci sentiamo un po’ sporchi, un po’ carnali, invischiati nella dimensione mondana. Anche la preoccupazione, anzi l’ossessione, per i migranti, e tutto quello che le vien dietro, è funzionale a questo obiettivo: togliere la spiritualità, sprofondare le anime nel temporale, nel contingente, nel biologico, nel naturale.
Inoltre, suggerire che siamo tutti peccatori (quante volte lo ha detto!), non per renderci più ansiosi di tornare in grazia di Dio, ma per farci credere che il peccato è la nostra condizione “normale” e che il buon Dio, alla fine (già, ma quale dio? non certo il Dio cattolico, come dice lui stesso!) ci accetta così come siamo, ci benedice, ci perdona, insomma non ci chiede alcuno sforzo, alcuna tensione, alcuna vera conversione.
Questa è un’idea vagamente protestante: le opere non contano nulla, l’uomo può anche risparmiarsi la fatica di cooperare alla propria salvezza, perché tanto si salva solo chi ha la fede, e chi ha la fede lo sa solamente Dio.
Ma a che scopo tutta questa contro-teologia, questa contro-pedagogia?
Bisogna ricordare che a eleggerlo non è stato solo un conclave di cardinali massoni (alcuni dei quali, probabilmente, satanisti), ma anche una manovra architettata dal presidente americano Obama e dalla candidata democratica Clinton: i quali volevano un papa secondo i loro desideri, che non desse fastidio sull’aborto, sul divorzio facile, sull’eutanasia e sulle unioni omosessuali. Inoltre, un papa che desse loro una mano, e anche tutte e due, per agevolare e incrementare l’invasione delle popolazioni del Sud del mondo nei Paesi del Nord, mascherandola da migrazione e accoglienza, allo scopo di assecondare i disegni del grande potere finanziario.
Inutile, quindi, stare a chiedersi perché il signore argentino faccia e dica quelle cose, pur sapendo la confusione e la sofferenza che generano fra milioni di cattolici; la risposta è molto semplice e poco teologica o dottrinale: lo fa perché è un esecutore di ordini, e gli è stato ordinato di far così, per le ragioni che abbiamo cercato di mostrare qui e tante altre volte.
Ed è anche ben chiaro quale sia la regia suprema di tutta questa sporca operazione: l’antico nemico, il Diavolo. Ce n’eravamo scordati, forse? Oppure è di cattivo gusto nominarlo e mostrare di crederci, in questi tempi di cattolicesimo progressista e di Chiesa in uscita? Peggio per noi: lui non si scorda mai di noi. Lui fa il suo (sporco) mestiere, servendosi delle ambizioni, della superbia, della lussuria; siamo noi che non facciamo il nostro. E intanto il contro-clero si adopera a far sì che abbassiamo le difese.





giugno 2019
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI