Le ultime tessere del rompicapo
 
Un'analisi del binomio progressismo/omosessualità
nei recenti scandali del Clero

di Cesare Baronio

Pubblicato sul sito Opportune Importune






McCarrick e Wuerl in veste da cardinali


Gli scandali del Clero sono aggravati dal fatto che a compierli siano spesso stati dei Vescovi o dei Cardinali, oltre che semplici sacerdoti, ed ancor più dalle ormai evidenti coperture offerte non solo dai Vescovi diocesani e dalle Nunziature, ma anche dalla Santa Sede e, in alcuni casi, dallo stesso Papa regnante. Quello che non dovrebbe sfuggire, nell’analisi della cloaca che va scoprendosi a tutti i livelli, è un dato di fatto e un dato cronologico.

Il dato di fatto è la concomitanza tra la dissoluzione morale e quella dottrinale e liturgica. Il dato cronologico è la coincidenza dei casi di molestie sessuali con il Vaticano II.

Nella stragrande maggioranza dei casi la crisi morale del Clero coincide con l’affermazione delle istanze progressiste in seno al Concilio Ecumenico. Con uno scarto di pochi anni per eccesso o per difetto, l’inizio dei casi di pedofilia e di sodomia da parte di ecclesiastici, venuti alla luce in molte nazioni - dagli Stati Uniti all’America Latina, dall’Italia alla Francia - si può collocare intorno alla fine degli anni Cinquanta, approssimativamente poco prima o poco dopo la morte di Pio XII, avvenuta nell’Ottobre del 1958.

In molti casi chi abusò di fanciulli e ragazzi era allora seminarista o sacerdote, ma continuò a compiere i suoi crimini nell’impunità, riuscendo a sfruttare le complicità condivise con altri simili per far carriera, ricoprire ruoli di responsabilità, esser consacrato Vescovo e in certi casi creato Cardinale, mantenendo una costante: il binomio tra progressismo dottrinale e perversione morale, tra eresia e fornicazione. Chi alla vigilia del Vaticano II era tra gli attori della rivoluzione - tanto in America quanto in Europa - non di rado era anche già invischiato in turpi commerci. 

Probabilmente all’inizio la Gerarchia, in massima parte costituita da buoni Pastori, non fu responsabile della diffusione del malcostume, così come non lo fu della corruzione dottrinale. Si potrà forse rilevare una certa ingenuità in alcuni Presuli, forse un’eccessiva prudenza, spesso dettata dal timore di apparire troppo sospettosi o prevenuti. Ma questo fenomeno è tipico dei momenti storici in cui certi fenomeni non sono ancora percepiti nella loro gravità. Non dimentichiamo che la battaglia contro il Modernismo sembrava aver sbaragliato i nemici interni alla Chiesa, anche grazie all’incisività del Sodalitium Pianum, costituito da San Pio X nel 1909 e poi soppresso da Benedetto XV nel 1921. Ma la sua attività proseguì sino al 1946, ossia proprio in concomitanza con il rifiorire degli errori modernisti in preparazione di quel Concilio che l’ala progressista della Chiesa vagheggiava sin dall’epoca di Loisy. 

Parallelamente, la disciplina dei Seminari e in generale di tutti gli istituti secolari e regolari era fortemente informata alla riforma di San Pio X, ed era davvero impensabile che un omosessuale potesse in qualche modo praticare quei vizi che dalla fine degli anni Cinquanta iniziarono a corrompere il Clero.

Ricordo benissimo che a quell’epoca certe manifestazioni di mollezza o di effeminatezza oggi diffusissime erano assolutamente inimmaginabili: chi apparteneva alla setta si teneva ben nascosto e, laddove scoperto, era immediatamente rimosso. La severità dei Superiori perdurò anche sotto il Pontificato di Roncalli, grazie ad una generazione di Prelati che non disgiungevano la santità dei costumi dalla fedeltà alla dottrina, e che tale santità non solo sapevano pretendere dai propri sudditi, ma anche insegnare e coltivare. Viceversa, uno dei primi messaggi lanciati dal Concilio e prontamente colti dai chierici riguardò anzitutto la disciplina clericale, che sotto il Pontificato di Paolo VI conobbe un rilassamento sconcertante. Le centinaia di cappelli romani gettati nel Tevere alla chiusura del Vaticano II compendiano quel senso di ribellione e anarchia che avrebbe pervaso da allora in poi i Seminari e gli Atenei Pontifici, a conferma che era tutto predisposto da tempo e che si attendeva solo il segnale prefissato.

Ma il cancro del Modernismo, per diffondersi sotterraneamente ed ascendere a posti di comando, doveva necessariamente poter contare sulla fedeltà assoluta dei congiurati, specialmente dei più attivi ed influenti; una fedeltà duplice, basata su una duplice ribellione: la peggior forma di peccato contro la Fede, ossia l’eresia, e la peggior forma di peccato contro la Morale, ossia la sodomia. E si comprende come questa forma di abiura all’inverso, ossia di apostasia, non sia fine a se stessa, ma strumento di una vera e propria forma di asservimento al Male. Anche se coloro che vi aderivano non ne erano totalmente consapevoli.

Questo richiedeva quindi una sorta di iniziazione, non dissimile da quella praticata nelle logge massoniche, che garantisse la ricattabilità dell’iniziato e consentisse, in caso di defezione, la sua immediata distruzione, attuata tramite la delazione e la conseguente espulsione dal sacro recinto. Far sapere che il tal sacerdote aveva dei comportamenti riprovevoli permetteva, nella massima discrezione che all’epoca si riservava a questioni tanto scabrose, la sua totale estromissione dalla vita ecclesiastica, la sua letterale sparizione dalla comunità. E, conseguentemente, rendeva qualsiasi tentativo di difesa che coinvolgesse aspetti dottrinali assolutamente inefficace. In sostanza, il tener legati a sé chierici dalla condotta di vita censurabile li costringeva ad essere, volenti o nolenti, fedeli esecutori degli ordini impartiti da chi stava a capo della setta modernista. E se anche avesse parlato, una volta scoperto, la sua denuncia sarebbe stata considerata una forma di vendetta da non tenere in considerazione.

Per onestà occorre notare che non tutti i protagonisti del complotto modernista furono allo stesso tempo membri della costituenda lobby gay; ma va detto che, ove essi non fossero censurabili de Sexto, essi erano in ogni caso ricattabili, ad esempio per esser invischiati in speculazioni finanziare. Le indagini avviate in molti Stati ci lasciano comprendere che quasi sempre immoralità e corruzione costituivano un inscindibile binomio: pensiamo agli scandali finanziari del Card. Oscar Maradiaga e a quelli sessuali del suo protetto mons. Juan Josè Pineda.

La ricattabilità è infatti l’elemento ricorrente nella scelta dei complici e degli esecutori, ed è prassi parimenti invalsa in ambito civile e militare, al punto che vi ricorse anche il Nazismo. Infatti, se è vero che nelle logge massoniche dei massimi gradi il segreto è custodito anche in virtù di pratiche turpi, è altrettanto vero che pure i vertici del Nazismo costituirono gruppi elitari di stampo esoterico con chiare connotazioni omosessuali. Così, se da un lato la Comunità degli Speciali plasmò il cliché del maschio nazionalsocialista, sull’altro versante si è plasmato il typus del chierico postconciliare da introdurre nei ruoli chiave della Curia Romana: le forme di nepotismo gay nel cursus honorum del Nazismo e del Postconcilio sono identiche, come sono identiche le forme di ricatto, funzionali allo scopo ultimo, cui si espongono i membri di questa lobby, siano essi in cravatta, in divisa o in talare.

E se vogliamo dirla tutta, anche la candidata democratica Hillary Clinton non pare esente da questa commistione di corruzione e depravazione: il cosiddetto Pizzagate sta rivelando una rete pedofilo-satanica che coinvolge politici e personaggi di spicco (qui).
Sapere che l’Obolo di San Pietro ha finanziato la campagna elettorale della Clinton lascia sgomenti gli ingenui, ma allo stesso tempo conferma le cointeressenze tra l’élite mondialista e la setta che infeuda la Chiesa da ormai cinquant’anni. Senza menzionare, in piccolo, gli scandali nazionali del Forteto, cui non è estranea certa ala progressista del clero, legata al tristemente noto don Milani, modernista e probabilmente pure pedofilo.

Se andiamo a vedere tra i protagonisti del Concilio, scopriremo che la loro appartenenza alla corrente progressista non di rado si accompagnava ad una radicata condotta viziosa, così come la santità di vita dei Presuli conservatori era ovvio corollario alla loro fedeltà all’immutabile Magistero. Questa condotta viziosa, all’epoca, poteva anche solo esplicitarsi in una relazione clandestina con un laico o un altro chierico, senza giungere alle aberrazioni di cui la stampa ci informa quasi quotidianamente: il decadimento dei costumi, anche nel milieu sodomita, è cosa relativamente recente, e lo si può a mio parere collocare a partire dagli anni Settanta, quando lo stesso Concilio aveva fatto capire al mondo che l’inespugnabile rocca della Chiesa stava sgretolandosi tanto nella sua Fede quanto nella sua Morale. E quando al Soglio di Pietro ascese, a suggellare lo scellerato patto, quel Giovanni Battista Montini, le cui simpatie per il Modernismo si accompagnarono a pubbliche accuse di omosessualità, sulle quali grava ancor oggi, nonostante le smentite, più di un sospetto. È evidente che un Papa ricattabile avrebbe permesso di raggiungere quegli obbiettivi cui un Pontefice inattaccabile avrebbe potuto opporsi senza timore di veder lesa la propria onorabilità, assieme a quella della Chiesa.

Non è un caso che Paolo VI sia stato elevato alla gloria degli altari in un momento storico in cui, dopo aver canonizzato il Concilio con Roncalli e Montini, si tenta da più parti - anche con autorevolissimo avvallo - di sdoganare l’omosessualità. Sembra che l’aureola sul capo del Papa di Concesio risplenda tanto per il contributo dato alla causa modernista, quanto come devoto omaggio di chi con lui ritiene di condividere anche altri penchants

D’altro canto, se i modernisti che erano maggiormente impegnati in questioni filosofico-dottrinali potevano forse sfuggire alle tentazioni più basse della carne, coloro che erano utilizzati come esecutori, specialmente nelle Commissioni conciliari preposte alla cosiddetta riforma liturgica, risultavano quasi naturalmente accomunati non solo nell’adesione agli errori del Modernismo, ma anche da modi di vivere incompatibili con lo stato clericale e con il nome cattolico. Certo, la loro appartenenza alla lobby era prudentissima e dissimulata con gli estranei: solo nei decenni seguenti chi al Concilio faceva da galoppino coi ciclostilati della Commissio ad exsequendam sarebbe assurto a ruoli di prestigio, circondandosi di una corte di famuli e questuanti tristemente nota. Ma la loro presenza in certi posti, accanto a certi Prelati, spiega perché quella congiura sia riuscita ad ottenere il successo sperato. Un successo che certamente sarebbe stato inferiore, se non nullo, laddove chi era preposto alla custodia della Cittadella non avesse temuto per la propria reputazione e non si fosse sentito in obbligo di assecondare cambiamenti, scelte e nomine decise altrove. Tant’è vero che i soli che levarono la voce furono appunto coloro che erano assolutamente integerrimi nella condotta di vita, oltre che di sicura ortodossia e salda spiritualità, come ad esempio il Card. Ottaviani, mons. Piolanti, mons. Spadafora e tanti altri ostracizzati. E se sotto Giovanni XXIII i Novatori avanzarono significativamente, essi poterono conquistare posizioni importanti durante il Vaticano II, specialmente dopo l’elezione di Paolo VI. Era costui uno dei loro? Dirà la storia se questo idem sentire si sia esplicitato solo in ambito dottrinale e liturgico.

Andrebbe inoltre evidenziato un altro elemento della vita della Curia Romana che forse sfugge a quanti sono abituati alla decadenza recente. E questo elemento è che, come in tutte le istituzioni di prestigio in cui la diplomazia svolga un ruolo non marginale, anche in Vaticano esisteva un linguaggio non parlato che, da solo, era più che sufficiente per giungere ai suoi destinatari. Questo linguaggio diplomatico - ormai scomparso dalla Corte papale ed anzi deriso da chi oggi risiede non nel Palazzo Apostolico ma in un residence al pari di un dirigente d’azienda - valeva anche per i casi in cui un ecclesiastico mostrasse delle tendenze poco consone al proprio stato: in assenza di scandali, si preferiva anteporre la dignità e il prestigio della Sede Apostolica alla pubblica punizione, e si faceva in modo che quel Prelato fosse messo nell’impossibilità materiale di nuocere, sotto il controllo dei Superiori e in mansioni che ne limitassero in qualche maniera l’azione autonoma. Promoveatur ut amoveatur. Si potrà eccepire che questa mentalità si è dimostrata, col senno di poi, inadeguata alla pericolosità di molti personaggi infiltratisi in seno alla Chiesa; ma non si può negare che la percezione della catastrofe imminente era ancora relativamente presente nei protagonisti delle vicende di allora. Si pensava che il problema fosse stato risolto, considerando che solo pochi decenni prima San Pio X aveva condannato il Modernismo ed allontanato chi ne era infetto. Oggi la chiamano caccia alle streghe: allora era buongoverno, illuminato dall’amore di Dio, e zelo apostolico. Ma anche qui: chi tra i Novatori si scagliò contro il Sodalitium Pianum non lo fece perché animato da nobili sentimenti, ma perché gli era stato ordinato di indebolire le difese della Chiesa. Oggi, dopo aver demolito la dottrina, si mette mano alla morale, derubricando la sodomia a questione privata e non censurabile, anzi da considerare con stima ed apprezzamento. Ma chi sono i sacerdoti e i Presuli che benedicono le coppie omosessuali e celebrano Messe per il Gay Pride, se non omosessuali o filo-omosessuali essi stessi?

Questa accoglienza, al pari di quella ch’è riservata agli eretici, è inficiata dalla percezione che non si tratti di un gesto disinteressato, ma al contrario che essa sia un comodo alibi per legittimar se stessi e la propria condotta riprovevole, così come si usa l’ecumenismo per dar cittadinanza alle proprie deviazioni dottrinali in seno alla martoriata Chiesa di Cristo. E sono sempre gli stessi, ovviamente: poiché solo l’eretico o l’apostata possono sostenere che sia possibile esser Cattolici - e addirittura sacerdoti - ed allo stesso tempo anche sodomiti ed eretici praticanti.

Non è un caso che, su entrambi i fronti, siano sempre stati certi ecclesiastici a dare il segnale ai laici o al basso Clero, quasi le richieste di rinnovamento teologico, liturgico e morale venissero dalla base. Ma sappiamo che la base non è mai incline ai cambiamenti, e che essi sono sempre imposti e sollecitati dall’alto: non voleva la Messa nuova, non voleva l’abolizione del latino, né la nouvelle théologie, né il Concilio, né Assisi, né Amoris Lætitia, né le donne diacono o i preti sposati. E men che meno voleva avere dei pastori irretiti nella dottrina e perversi nella morale. Semmai, furono pochi elementi collusi con l’ala progressista del Clero a farsi portavoce - ascoltatissimi da quella stessa ala progressista - di inesistenti istanze del popolo cristiano. Che poi è quello che ci raccontano gli oligarchi dell’Europa, quando propagandano la teoria gender o l’immigrazione.

La consonanza d’intenti tra Chiesa e mondo, istituzionalizzata con l’apertura del Vaticano II, è chiaramente il frutto di un piano che affonda le sue radici nei progetti massonici. Questa congiura ha mosso i primi passi col Modernismo, infiltrando nella Chiesa una quinta colonna della Massoneria; ha poi coinvolto una certa Gerarchia liberale nella colonizzazione culturale ed economica del dopoguerra, con la cooperazione di Montini, allora in Segreteria di Stato; è passata alla fase operativa con l’elezione di Giovanni XXIII e - come si è appreso dalle mail di Hillary Clinton e di John Podesta diffuse da Wikileaks due anni orsono - ha ottenuto l’elezione di un Papa mondialista, sfruttando la collaborazione della Mafia di San Gallo. L’ebreo Sandy Newman, presidente e fondatore dell’organizzazione progressista Voices for Progress, ex-dipendente e amico intimo del presidente Obama scriveva: “C’è bisogno di una Primavera Cattolica, in cui gli stessi cattolici reclamino la fine di quella che è una dittatura medievale, e l’inizio di una piccola democrazia che rispetti l’equità di genere nella Chiesa cattolica” (qui).
Così, assieme alle varie primavere in ambito politico, ecco apparire anche una primavera cattolica che completa la primavera conciliare di cinquant’anni prima, sempre come “rivoluzione”.

Questo inquietante quadro si è più chiaramente delineato solo in questi ultimi anni, grazie all’estremizzazione del Pontificato di Bergoglio. In questo contesto il ruolo di McCarrick è solo esemplificativo, e rivelatore di un sistema radicato e diffuso. Ma acquisiscono una leggibilità anche quelle notizie - sinora confinate nell’ambito del complottismo e della fantapolitica - circa l’elezione del Card. Siri nel Conclave del 1958, bloccata da poteri occulti legati ad una parte del Sacro Collegio. Di sicuro la continuità con Pio XII che avrebbe rappresentato Siri era vista come il fumo negli occhi dai fautori del rinnovamento e del dialogo favorevoli a Roncalli, discepolo del modernista Bonaiuti.

E se la Mafia di San Gallo si è adoperata, per stessa confessione di uno dei suoi membri, per spingere alle dimissioni Benedetto XVI e pilotare l’elezione di Francesco, non pare così irreale che altrettanto si sia potuto fare in precedenza.

Si dirà che questa è una tesi non suffragata da prove. Ma io non sto affermando che si tratti di un dato certo, bensì che esso sia - alla luce dei fatti presenti - quantomeno verosimile e che i Papi del Concilio e del Postconcilio abbiano dimostrato di essere, se non alleati dei congiurati, almeno non dichiarati nemici. Ciascuno di quei Pontefici ha pagato il suo tributo a Cesare: Giovanni XXIII indicendo il Concilio e consentendo lo stravolgimento degli schemi preparatori; Paolo VI cambiando la liturgia secondo i dettami dei Novatori; Giovanni Paolo II favorendo l’ecumenismo con Assisi. Senza parlare del ruolo dei Segretari di Stato e di tanti altri Cardinali e Presuli, solo apparentemente svincolato dal quadro generale. Non dimentichiamo che McCarrick ha attraversato indenne tutti gli ultimi Pontificati, e come lui chissà quanti altri.

Quanto al ruolo di Bergoglio, abbiamo sotto gli occhi la sua azione devastante, che va ben al di là del semplice sospetto.

Si comprende così come la globalizzazione e l’americanizzazione della Chiesa possano esser fatte risalire a quell’America di fine anni Cinquanta in cui un personaggio come McCarrick è potuto ascendere alle più alte vette della Gerarchia - Principe della Chiesa ed Arcivescovo Metropolita di Washington - proprio in virtù del duplice legame con i suoi referenti politici ed ecclesiastici: un legame basato anzitutto sul vincolo di segretezza e di ricattabilità della sua condotta morale; in secondo luogo dal suo ruolo di fiancheggiatore della Mafia di San Gallo, presso la quale egli fu iniziato ancora giovane prete nel 1951; in terzo luogo come interlocutore della Santa Sede presso i politici statunitensi, anzitutto di area democratica; in quarto luogo come collettore di finanziamenti per conto del Vaticano, regnanti Paolo VI e Giovanni Paolo II. Egli è così riuscito a garantirsi una sorta di impunità dinanzi alla Gerarchia che, pur informata sugli scandali, ha preferito tacere per godere dei vantaggi politici ed economici offerti dal Prelato. “A Giovanni Paolo II servivano soldi per dare nuovo slancio al Papato. Aveva molti progetti, e l’unico modo di ottenere il denaro donato alla Chiesa era attraverso McCarrick. Non poteva fermare tutto questo, e sapeva di aver bisogno di McCarrick per ottenere più denaro possibile per il Papato”, dichiara Grein, una delle vittime del deposto Cardinale (qui).

Secondo le dichiarazioni di Grein, nel 2012 McCarrick gli disse: “Sai quanto sono potente? Sono l’uomo più potente degli Stati Uniti. Nessun mi può toccare, e se dirai qualsiasi cosa, affonderai. Diventerai il cattivo della storia. Per me è impossibile affondare” (qui).
Questa presunzione d’impunità è rivelatrice di una situazione che, se fosse rimasta in ambito ecclesiastico, non avrebbe probabilmente conosciuto gli sviluppi che abbiamo poi visto. Solo grazie all’intervento dei laici - siano essi vittime, giornalisti o altro - si è riusciti a portare alla luce lo scandalo e ad ottenere la deposizione del colpevole (senza riduzione allo stato laicale) da parte della Santa Sede. Se il laicato si fosse mantenuto in disparte, come purtroppo è avvenuto in passato; se esso non fosse riuscito a coalizzarsi con alcuni media conservatori, certamente la Gerarchia avrebbe continuato a comportarsi con l’atteggiamento di insofferente sufficienza verso chi considera comunque un fastidioso intruso. L’ha fatto prima negli Stati Uniti, l’ha fatto poi quando la vicenda è giunta in Vaticano. L’ha fatto addirittura quando le segnalazioni giungevano dal Nunzio Apostolico. Ed è, in sostanza, sempre lo stesso comportamento che è stato più volte evidenziato in altri casi e che vediamo ripetersi ogni volta che emergono altre verità sulla lobby.

Non stupisce che le circostanziate accuse nei confronti di McCarrick e di altri da parte dell’ex Nunzio Carlo Maria Viganò siano state ripetutamente ignorate, fino a che egli non ha deciso di renderle pubbliche, con grave rischio per la propria incolumità. E il dossier di mons. Viganò conferma che, ogniqualvolta vi fu un insabbiamento dei procedimenti a carico di Prelati, il contributo sia stato fornito da ecclesiastici che le recenti indagini hanno dimostrato non estranei né agli scandali sessuali, né all’adesione al progressismo. Tutti indistintamente, a quel ch’è dato sapere finora, sono strenui assertori tanto delle più estreme istanze conciliari e del Pontificato bergogliano, quanto del dialogo con i movimenti GLBT. Come si vede, tout se tient






luglio 2019

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