FRATELLI MAGGIORI? NO, GRAZIE!

Hanno ucciso Gesù e sono nemici di tutti gli uomini

di Francesco Lamendola


Articolo pubblicato sul sito Accademia Nuova Italia






Quasi nessuno se ne rese conto, allora, ma il 28 ottobre 1965 fu per la Chiesa cattolica una data davvero storica. Le forze oscure che avevano concepito, programmato e diretto il Concilio Vaticano II, allo scopo di distruggere dall’interno l’opera terrena edificata da Gesù Cristo, misero, per così dire, la loro firma su un solenne documento vaticano, la Dichiarazione conciliare Nostra Aetate, nella quale si facevano a pezzi millenovecento anni di Magistero e si dichiarava tranquillamente che molto di buono e di santo vi è nelle religioni non cristiane; che gli ebrei erano e restano carissimi a Dio (restano anche il popolo eletto?); e che Dio, nei suoi doni, non conosce pentimento, il che sottintende che l’Antica Alleanza sia tuttora valida (cap. 4):

Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo.

La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti.


Essa confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede, sono inclusi nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza ecclesiale è misteriosamente prefigurata nell'esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell'Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l'Antica Alleanza, e che essa stessa si nutre dalla radice dell'ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell'ulivo selvatico che sono i gentili. La Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli Ebrei e i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso. Inoltre la Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell'apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua stirpe: « ai quali appartiene l'adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne» (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine.





Il grande inganno del Concilio Vaticano II?
Il cardinale Augustin Bea, qui nella foto con il rabbi Abraham Joshua Heschel durante il meeting del 1963 con la rappresentanza dell’American Jewish Committee, fu uno dei protagonisti del Concilio Vaticano II, impegnandosi in prima persona alla stesura della dichiarazione Nostra aetate.


Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo.

Come attesta la sacra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo in cui è stata visitata; gli Ebrei in gran parte non hanno accettato il Vangelo, ed anzi non pochi si sono opposti alla sua diffusione. Tuttavia secondo l’Apostolo, gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento. Con i profeti e con lo stesso Apostolo, la Chiesa attende il giorno, che solo Dio conosce, in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e « lo serviranno sotto uno stesso giogo » (Sof 3,9).

Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo.

E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo.

E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo.

La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque. In realtà il Cristo, come la Chiesa ha sempre sostenuto e sostiene, in virtù del suo immenso amore, si è volontariamente sottomesso alla sua passione e morte a causa dei peccati di tutti gli uomini e affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza. Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo come segno dell’amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia.




Il grande inganno del Concilio Vaticano II?
Augustin Bea e la massoneria ebraica del B’Nai B’rith: ci fu il solito cardinale gesuita dietro il Concilio Vaticano II!



Oggi sappiamo chi c’era dietro questo documento, ossia la massoneria ebraica del B’Nai B’rith, favorita da cardinali come Augustin Bea – il solito gesuita di turno - e dal partito dei progressisti giudaizzanti, il cui scopo non era certo la riforma liturgica, ma per i quali la riforma liturgica era solo il grimaldello con cui iniziare la sovversione e il totale rovesciamento della dottrina cattolica.
È incomprensibile, guardando le cose in prospettiva, come non si sia levata nessuna voce di protesta contro questa forzatura intollerabile e contro questa vera e propria eresia; tranne, beninteso, monsignor Lefebvre, che verrà scomunicato nel 1988: ipocritamente, per ragioni disciplinari e non dottrinali. Bisogna tristemente riconoscere che, allora e in seguito, per alcuni decenni addirittura, i buoni cattolici, anime candide!, hanno dormito i loro sogni sereni, senza accorgersi di nulla, senza mai nulla sospettare, benché l’odor di bruciato ci fosse, e anche molto forte; finché un mattino si sono svegliati, sotto il pontificato di Bergoglio, e si son resi conto che la Chiesa non era più cattolica. Come se ciò fosse accaduto in ventiquattro ore e non, invece, in un arco di tempo di almeno cinquant’anni, cioè appunto dal 1965.




Il grande inganno del Concilio Vaticano II:
Monsignor Lefebvre fu l’unica voce che si levò a denunciare l’eresia dei contenuti teologici conciliari!



Passano quindici anni dalla Nostra Aetate, e Giovanni Paolo II, nel discorso ai rappresentanti della comunità giudaica di Magonza del 17 novembre 1980, afferma nella maniera più esplicita ciò che nella Nostra Aetate era lasciato ancora avvolto in un certo qual velo di nebbia, cioè che l’Antica Alleanza non è mai stata revocata: dichiarazione gravissima e pienamente eretica, che mina alla base la dottrina cristiana perché vanifica, di fatto, sia l’Incarnazione, sia la Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo, sia l’unicità della Salvezza da Lui, e da Lui solo, offerta agli uomini, rendendo superata la salvezza mediante la Legge, come del resto san Paolo ha spiegato e ripetuto non una, ma cento volte, nelle sue Lettere.
In quel celebre e mai abbastanza meditato discorso, Giovanni Paolo II, che tanti si ostinano a considerare un ottimo papa, piuttosto conservatore che progressista, tanto più dopo la sua canonizzazione il 27 aprile 2014 (già: ma canonizzato da chi? dall’eretico e falso papa Bergoglio), dopo aver toccato l’immancabile corda del senso di colpa dei cristiani nei confronti dell’Olocausto, affermava testualmente:

Dovendo i cristiani sentirsi fratelli di tutti gli uomini e comportarsi di conseguenza, questo obbligo sacro vale ancor più quando si trovano di fronte ad appartenenti al popolo ebraico! (§ 1);

Le concrete relazioni fraterne tra ebrei e cattolici in Germania assumono un valore del tutto particolare sullo sfondo fosco della persecuzione e della tentata eliminazione dell’ebraismo in questo paese (§ 2).

Non si tratta soltanto della correzione di una falsa visuale religiosa del popolo ebraico, che nel corso della storia fu in parte concausa di misconoscimenti e persecuzioni, ma prima di tutto del dialogo tra le due religioni, che - con l’islam - poterono donare al mondo la fede nel Dio unico e ineffabile che ci parla, e lo vogliono servire a nome di tutto il mondo.

La prima dimensione di questo dialogo, cioè l’incontro tra il popolo di Dio dell’Antica Alleanza, da Dio mai denunziata (cf. Rm 11,29), e quello della Nuova Alleanza, è allo stesso tempo un dialogo all’interno della nostra Chiesa, per così dire tra la prima e la seconda parte della sua Bibbia. In proposito dicono le direttive per l’applicazione della dichiarazione conciliare “Nostra Aetate”: “Ci si sforzerà di comprendere meglio tutto ciò che nell’Antico Testamento conserva un valore proprio e perpetuo..., poiché questo valore non è stato obliterato dall’ulteriore interpretazione del Nuovo Testamento, la quale al contrario ha dato all’Antico il suo significato più compiuto, cosicché reciprocamente il Nuovo riceve dall’Antico luce e spiegazione” (Nostra Aetate, II) (§ 3).




Il grande inganno del Concilio Vaticano II?
Giovanni Paolo II, il papa polacco, finì l’opera incominciata con i due papi conciliari (Roncalli e Montini): tanti si ostinano a considerarlo un ottimo papa; fu canonizzato il 27 aprile 2014 indovinate da chi, se non dall’eretico e falso papa Bergoglio!


Alla luce di questa promessa e chiamata abramitica guardo con voi al destino e al ruolo del vostro popolo tra i popoli. Volentieri prego con voi per la pienezza dello shalom per tutti i vostri fratelli di nazionalità e di fede e anche per la terra, alla quale tutti i giudei guardano con particolare venerazione. Il nostro secolo poté vivere il primo pellegrinaggio di un Papa in terra santa. Desidero, per concludere, ripetere le parole di Paolo VI all’ingresso in Gerusalemme: “Implorate con noi nel vostro desiderio e nella vostra preghiera rispetto e pace sopra questa terra unica e visitata da Dio!

Preghiamo qui insieme per la grazia di una vera e profonda fratellanza tra tutti gli uomini, tra tutti i popoli!...(§ 4).




Il grande inganno del Concilio Vaticano II?
Quasi nessuno se ne rese conto, allora, ma il 28 ottobre 1965 fu per la Chiesa cattolica una data davvero storica. Le forze oscure che avevano concepito, programmato e diretto il Concilio Vaticano II, allo scopo di distruggere dall’interno l’opera terrena edificata da Gesù Cristo, misero, per così dire, la loro firma su un solenne documento vaticano, la Dichiarazione conciliare Nostra Aetate, nella quale si facevano a pezzi millenovecento anni di Magistero!



Non ancora contento, cinque anni e mezzo più tardi, domenica 13 aprile 1986, nel corso di una visita alla Sinagoga di Roma, Giovanni Paolo II, rivolgendosi al Rabbino capo, Elio Toaff, precisava, affinché non sopravvivesse alcun margine di dubbio, se per caso ve ne fosse stato ancora qualcuno (§ 4):

L’odierna visita vuole recare un deciso contributo al consolidamento dei buoni rapporti tra le nostre due comunità, sulla scia degli esempi offerti da tanti uomini e donne, che si sono impegnati e si impegnano tuttora, dall’una e dall’altra parte, perché siano superati i vecchi pregiudizi e si faccia spazio al riconoscimento sempre più pieno di quel “vincolo” e di quel “comune patrimonio spirituale” che esistono tra ebrei e cristiani. È questo l’auspicio che già esprimeva il paragrafo n. 4, che ho ora ricordato, della dichiarazione conciliare Nostra Aetate sui rapporti tra la Chiesa e le religioni non cristiane. La svolta decisiva nei rapporti della Chiesa cattolica con l’Ebraismo, e con i singoli ebrei, si è avuta con questo breve ma lapidario paragrafo.

Siamo tutti consapevoli che, tra le molte ricchezze di questo numero 4 della Nostra Aetate, tre punti sono specialmente rilevanti. Vorrei sottolinearli qui, davanti a voi, in questa circostanza veramente unica.

Il primo è che la Chiesa di Cristo scopre il suo “legame” con l’Ebraismo “scrutando il suo proprio mistero”. La religione ebraica non ci è “estrinseca”, ma in un certo qual modo, è “intrinseca” alla nostra religione. Abbiamo quindi verso di essa dei rapporti che non abbiamo con nessun’altra religione. Siete i nostri fratelli prediletti e, in un certo modo, si potrebbe dire i nostri fratelli maggiori.

Il secondo punto rilevato dal Concilio è che agli ebrei, come popolo, non può essere imputata alcuna colpa atavica o collettiva, per ciò “che è stato fatto nella passione di Gesù”. Non indistintamente agli ebrei di quel tempo, non a quelli venuti dopo, non a quelli di adesso. È quindi inconsistente ogni pretesa giustificazione teologica di misure discriminatorie o, peggio ancora, persecutorie. Il Signore giudicherà ciascuno “secondo le proprie opere”, gli ebrei come i cristiani (cf. Rm 2, 6).

Il terzo punto che vorrei sottolineare nella dichiarazione conciliare è la conseguenza del secondo; non è lecito dire, nonostante la coscienza che la Chiesa ha della propria identità, che gli ebrei sono “reprobi o maledetti”, come se ciò fosse insegnato, o potesse venire dedotto dalle Sacre Scritture, dell’Antico come del Nuovo Testamento. Anzi, aveva detto prima il Concilio, in questo stesso brano della Nostra Aetate, ma anche nella costituzione dogmatica Lumen gentium (Lumen gentium, 6), citando san Paolo nella lettera ai Romani (Rm 11, 28-29), che gli ebrei “rimangono carissimi a Dio”, che li ha chiamati con una “vocazione irrevocabile”.




 Cari cattolici progressisti e giudaizzanti, seguaci del Concilio Vaticano II ma non degli altri venti concili della Chiesa cattolica; seguaci di Bergoglio e della sua dottrina, ma assai meno di Gesù Cristo e del suo insegnamento: avete perso la lingua? Come lo spiegate, questo? Volete che lo rileggiamo insieme? San Paolo dice, né più, né meno: … i Giudei, i quali hanno perfino messo a morte il Signore Gesù e i profeti e hanno perseguitato anche noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini…


Come si vede, è lo stesso Giovanni Paolo II a sottolineare la perfetta continuità che esiste fra le sue affermazioni e la Nostra Aetate; cita inoltre la Lumen Gentium. Tutti documenti del Concilio; ma non è in grado di citare alcun documento del Magistero anteriore al Concilio Vaticano II, semplicemente perché non ce n’è uno solo che faccia al caso suo. Cita, in compenso, astutamente, un passo della Lettera ai Romani di san Paolo, nel quale si dice che la chiamata degli ebrei è irrevocabile. Benissimo. Però si guarda bene dal citare quest’altro passo di san Paolo, dalla Prima lettera ai Tessalonicesi (2, 13-16), nel quale l’Apostolo dice:

Proprio per questo anche noi ringraziamo Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l’avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete. Voi infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle Chiese di Dio in Gesù Cristo, che sono nella Giudea, perché avete sofferto anche voi da parte dei vostri connazionali come loro da parte dei Giudei, i quali hanno perfino messo a morte il Signore Gesù e i profeti e hanno perseguitato anche noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, impedendo a noi di predicare ai pagani perché possano essere salvati. In tal modo essi colmano la misura dei loro peccati! Ma ormai l’ira è arrivata al colmo sul loro capo. 




  Altro che dialogo! Non di dialogo si deve parlare, fra cattolici ed ebrei, a partire dalla Nostra Aetate, ma di resa incondizionata e d’infeudamento del cattolicesimo all’ebraismo; oltretutto non all’ebraismo dell’Antico Testamento, ma all’ebraismo talmudico, che è radicalmente impregnato di spirito anticristiano e che tuttora considera Gesù Cristo un maledetto, un impostore, e considera maledetti i suoi seguaci!


Laddove è chiaro che san Paolo non accomuna nella condanna divina tutti i giudei, ma quelli che hanno voluto la morte di Cristo, che hanno rifiutato il Vangelo e che si adoperano affinché esso non venga predicato né fra loro, né ai pagani.
Che succede, cari cattolici progressisti e giudaizzanti, seguaci del Concilio Vaticano II ma non degli altri venti concili della Chiesa cattolica; seguaci di Bergoglio e della sua dottrina, ma assai meno di Gesù Cristo e del suo insegnamento: avete perso la lingua? Come lo spiegate, questo? Come cercherete di eliminarlo, di ignorarlo, di farlo cadere? Farete ricorso ai vostri filologi, come avete fatto per modificare niente di meno che le parole del Padre Nostro? Volete che lo rileggiamo insieme? San Paolo dice, né più, né meno: … i Giudei, i quali hanno perfino messo a morte il Signore Gesù e i profeti e hanno perseguitato anche noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini…

Che ve ne pare? Notate forse qualche contrasto con quanto dice la Nostra Aetate sulla limitata colpevolezza degli ebrei nella condanna a morte di Gesù Cristo? Oppure con il principio della libertà religiosa, principio apertamente eretico, e sempre formulato nella Nostra Aetate? Oppure ancora con le parole pronunciate in due distinte e solenni occasioni da Giovanni Paolo II, e che sono considerate – Dio sa come – Magistero cattolico pure esse?
San Paolo, in 1 Tess, 2, 15: essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini; e sono nemici di tutti gli uomini appunto perché vogliono impedire che la Sua Parola venga diffusa dagli Apostoli a tutte le genti. Ci si domanda allora: forse che qualcosa è cambiato nell’atteggiamento degli ebrei verso Cristo e verso il Vangelo, a partire dal 28 ottobre 1965? No, assolutamente nulla. Alle parole di stima, di apprezzamento, perfino di sudditanza (i nostri fratelli maggiori) rivolte ai giudei dai papi del Concilio e del post-concilio, non ha mai fatto riscontro una sola parola di ripensamento o di rammarico dei rabbini e dei teologi ebrei nei confronti di Cristo e del Vangelo.




  La sorpresa di un “Papa Gesuita”? un mattino i cattolici si sono svegliati, sotto il pontificato di Bergoglio, e si son resi conto che la Chiesa non era più cattolica. Come se ciò fosse accaduto in ventiquattro ore e non, invece, in un arco di tempo di almeno cinquant’anni, cioè appunto dal 1965!


Altro che dialogo. Il dialogo avviene quando due parti stabiliscono un contatto: non quando lo fa una parte sola, oltretutto condizionata da brucianti – e ingiustificati - sensi di colpa nei confronti dell’altra. Pertanto, non di dialogo si deve parlare, fra cattolici ed ebrei, a partire dalla Nostra Aetate, ma di resa incondizionata e d’infeudamento del cattolicesimo all’ebraismo; oltretutto non all’ebraismo dell’Antico Testamento, ma all’ebraismo talmudico, che è radicalmente impregnato di spirito anticristiano e che tuttora considera Gesù Cristo un maledetto, un impostore, e considera maledetti i suoi seguaci.





agosto 2019
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