Questa sì che è profezia.

Intervista all’Instrumentum Laboris Amazzonico



di Marco Manfredini



Pubblicato il 7 agosto 2019 sul sito
Ricognizioni


 






Buongiorno dottor Laboris, la ringrazio per aver accettato questa intervista. Come? Posso chiamarla Instrumentum? Ah, benissimo. Ho una serie di domande che ci tenevo a farle, visto che i nostri lettori non hanno ben chiaro dove vuole andare a parare; inizio subito.

M.M. Come si propone di essere questa nuova “Chiesa dal volto amazzonico” di cui tanto si narra nel suo testo?

I.L.A. Vuole essere samaritana e profetica attraverso la conversione pastorale.

M.M. Certo, ma come pensa di fare per riuscirvi?

I.L.A. Ascoltando i popoli amazzonici per poter esercitare in modo trasparente il suo ruolo profetico.

M.M. Ci sono anche altre voci che intende ascoltare?

I.L.A. Ascoltare il canto che si impara in famiglia come modo di esprimere la profezia nel mondo amazzonico.

M.M. Ammetterà anche lei però che non sempre in passato la Chiesa è stata maestra di profezia.

I.L.A. In questo passato la Chiesa è stata a volte complice dei colonizzatori e ciò ha soffocato la voce profetica del Vangelo.

M.M. Nel caso incontrasse delle resistenze come dovrebbe comportarsi?

I.L.A. Da un lato, sarà necessario indignarsi, non in modo violento, ma fermo e profetico.

M.M. E dall’altro lato?

I.L.A. Una Chiesa profetica è quella che ascolta le grida e i canti di dolore e di gioia.

M.M. Va bene, ma cerchiamo di andare oltre. Ce la fa a elaborare un pensiero compiuto che definisca un po’ meglio i contorni di questa profeticità?

I.L.A. In breve, una Chiesa profetica in Amazzonia è una Chiesa che dialoga, che sa cercare accordi e che, da un’opzione per i poveri e dalla loro testimonianza di vita, cerca proposte concrete a favore di un’ecologia integrale.

M.M. Ma certo, quella della Laudato Si’. Tuttavia ci è giunta voce che è sua intenzione anche “generare processi di apprendimento che aprono cammini per una formazione permanente sul senso della vita integrata al suo territorio e arricchita da saggezze ed esperienze ancestrali”, non è vero? Cosa invitano a fare tali processi?

I.L.A. Tali processi invitano a rispondere con onestà e stile profetico al grido per la vita dei popoli e della terra amazzonica.

M.M. Pare quasi di sentirlo questo grido. Se i popoli gridano la Chiesa cosa fa?

I.L.A. Una Chiesa profetica non può smettere di gridare per i diseredati e per coloro che soffrono.

M.M. Dunque sarà una specie di grido corale, un urlo liberatorio da parte di popoli, terre amazzoniche ed alti prelati. Del resto sembra che ormai il momento sia giunto, cosa dice?

I.L.A. È il momento di ascoltare la voce dell’Amazzonia e di rispondere come Chiesa profetica e samaritana.

M.M. Già, samaritana in effetti si abbina bene. Ma tutta questa profezia, dove porta esattamente? Ad esempio, cosa propone di nuovo e diverso per la vita consacrata?

I.L.A. Si propone quindi di promuovere una vita consacrata alternativa e profetica, intercongregazionale, interistituzionale, con un senso di disponibilità a stare dove nessuno vuole stare e con chi nessuno vuole stare.

M.M. Intercongregazionale? Interistituzionale? Ma siete sicuri di non essere voi quelli con cui nessuno vorrà più stare se continuate ad utilizzare un linguaggio simile? La vita consacrata dovrà essere alternativa a cosa esattamente? Le parrocchie, tanto per allargare il discorso, come dovranno posizionarsi?

I.L.A. Alcune parrocchie, da parte loro, non hanno ancora assunto la loro piena responsabilità nel mondo multiculturale che richiede una pastorale specifica, missionaria e profetica.

M.M. Non l’avrei mai detto. Cosa comporta ancora il fatto di gridare con questa voce forte e chiara, e da dove si può partire?

I.L.A. La voce profetica implica un nuovo sguardo contemplativo capace di misericordia e di impegno. Come parte del popolo amazzonico, la Chiesa ricrea la sua profezia, a partire dalla tradizione indigena e cristiana.

M.M. A questo punto mi deve togliere una curiosità: lei per caso conosce quel tale che va in giro per salotti travestito da monaco? No? Strano, sembra proprio di sentir parlare lui! Fa niente, andiamo avanti. Crede che sia realistica questa vostra idea di ecclesialità amazzonica?.

I.L.A. Essere Chiesa in Amazzonia in modo realistico significa porre profeticamente il problema del potere, perché in questa regione le persone non hanno la possibilità di far valere i loro diritti contro le grandi imprese economiche e le istituzioni politiche.

M.M. Per mirare a tali ambiziosi obiettivi occorre certamente avere degli alleati. Come intendete muovervi in tal senso?

I.L.A. Allearsi ai movimenti sociali di base, per annunciare profeticamente un programma di giustizia agraria che promuova una profonda riforma agraria, sostenendo l’agricoltura biologica e agroforestale. Assumere la causa dell’agroecologia incorporandola ai loro processi formativi per una maggiore consapevolezza delle stesse popolazioni indigene.

M.M. Agroecologia eh? Interessante… Signor Instrumentum, devo essere sincero: non so se la situazione mi è più chiara di prima, ma ormai siamo in conclusione. Proviamo a sintetizzare tutto il suo contenuto in un pensiero?

I.L.A. La voce dell’Amazzonia è stata ascoltata alla luce della fede (Parte I), si è cercato di rispondere al grido del popolo e del territorio amazzonico per un’ecologia integrale (Parte II) e per nuovi cammini al fine di favorire una capacità di profezia in Amazzonia (Parte III).

M.M. Ok, come non detto.


NB: le risposte sono tratte integralmente e senza alcuna modifica (a parte i grassetti) dall’Instrumentum Laboris.

 



agosto 2019
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