LE DIVERSE TAPPE
DELLA RIVOLUZIONE TEOLOGICA GIUDAICO/CRISTIANA


di Don Curzio Nitoglia


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Benedetto XVI nella sinagoga di Roma


II PARTE



Il Magistero tradizionale, la Patristica e il Giudaismo postbiblico

Il Magistero pontificio non ha mai nascosto l’opposizione tra la Sinagoga e la Chiesa di Gesù, tra la Bibbia e il Talmud. La Chiesa cominciò a conoscere approfonditamente la dottrina talmudica, tra il 1238 e il 1240, grazie a “un Ebreo convertito NICOLA DONÌN, di La Rochelle, il quale presentò nel 1238 al papa GREGORIO IX trentacinque articoli che riproducevano la dottrina dal Talmud e che, di fatto, ne sono estratti esattamente. […]  Gregorio IX ordinò di aprire un’inchiesta […], il Talmud fu condannato e degli esemplari furono bruciati pubblicamente a Parigi davanti alla basilica di Notre Dame, attorno al 1242” (25). Altri Papi hanno poi condannato il Giudaismo talmudico (dal 1267 al 1775) (26) .

Inoltre quasi tutti i Padri e i Dottori della Chiesa (dal 96 al 1495) hanno polemizzato teologicamente con il Giudaismo postcristiano (27).

Ad esempio, SAN GIUSTINO, filosofo, apologista e martire († 165 circa), scrive che l’Ebraismo talmudico odia il Cristianesimo e disonora i Cristiani, con un linguaggio sordido e infamante, maledicendoli nelle preghiere che si recitano in sinagoga.
«Probabilmente – commenta padre Felix Vernet – fa allusione alla preghiera principale del Giudaismo, l’Amida o Chemoné-esré (28), che veniva recitata tre volte al giorno…, essa si componeva di diciotto benedizioni…, verso l’80 dopo Cristo, s’intercalò tra l’11a e la 12a benedizione un’imprecazione così formulata: “Che gli apostati non abbiano nessuna speranza e che l’impero dell’orgoglio sia sradicato sùbito; che i Nazareni e i minìm periscano in un istante…”. In questo testo – continua il Vernet – i Nazareni sono nominati chiaramente; ma è così soltanto nell’edizione palestinese di questa preghiera, scoperta al Cairo da S. Schechter e pubblicata nel The Jewish quarterly review, Londra, 1898, t. X, p. 654-659» (29).
Sempre SAN GIUSTINO dice che il nemico principale per il Giudaismo talmudico non è il Paganesimo ma il Cristianesimo (Dial. cum Triph., VIII): gli Ebrei del II secolo “maledicono il Crocifisso, lo insultano, come viene loro insegnato dai capi delle sinagoghe dopo la preghiera (Dial. cum Triph., CLVII). Si vantano di aver ucciso Cristo. Lo trattano da mago e nato da adulterio” (30).
Anche SAN GIROLAMO († 420) nel commento ad Isaia (V, 18) fa menzione della preghiera di maledizione contro i Cristiani: “Tre volte al giorno in tutte le sinagoghe sotto il nome di Nazareni maledicono il nome cristiano” (“Ter per singulos dies in omnibus synagogis sub nomine Nazarenorum anathemizant vocabulum christianum”).

EUGENIO ZOLLI († 1956) aggiunge che “l’apologetica ebraica dei primi secoli d. C. […] tende a scartare dalla figura del Messia ogni apparenza d’uguaglianza con Dio, affermando in pieno il suo carattere umano. Trifone ripete… che il Messia… sarà un uomo tra gli uomini”. Inoltre “I sacerdoti e gli anziani del popolo ebreo inviavano a tutti i popoli dei messi, per disseminare presso gli Ebrei [della diaspora, ndr] dei sospetti contro l’insegnamento di Cristo” (31).


700 anni di Magistero costante e tradizionale (1244 – 1937)

1°) INNOCENZO IV (1244), Bolla pontificia Impia Judeorum Perfidia: «I Giudei, ingrati verso Gesù, disprezzando la Legge mosaica e i Profeti, seguono certe “tradizioni” dei loro antenati, che son chiamate Talmùd, il quale si allontana enormemente dalla Bibbia ed è pieno di bestemmie verso Dio, Cristo e la Vergine Maria»;
2°) GIOVANNI XXII (1320), Bolla Dudum felicis: esprime lo stesso concetto;
3°) PAOLO IV (1555), Bolla Cum nimis absurdum: «I Giudei sino a che persistono nei loro errori, riconoscano che sono servi a causa di essi, mentre i Cristiani sono stati fatti liberi da Gesù Cristo Nostro Signore»;
4°) PIO V (1569), Bolla Haebreorum: «Il popolo ebreo, un tempo eletto da Dio, poi abbandonato per la sua incredulità, meritò di essere riprovato, perché ha respinto il suo Redentore con empietà e lo ha ucciso con morte vergognosa. La loro empietà è giunta ad un tal livello che, per la nostra salvezza, occorre respingere la forza di tanta malizia, la quale con sortilegi, incantesimi, magia e malefici induce moltissime persone incaute e semplici agli inganni di Satana»;
5°) GREGORIO XIII (1581), Bolla Antiqua Judeorum: «I Giudei, divenuti peggiori dei loro padri, per nulla ammansiti, non rinunziando per nulla al loro passato deicidio, si accaniscono anche adesso nelle sinagoghe contro N. S. Gesù Cristo ed estremamente ostili ai Cristiani compiono orrendi crimini contro la religione di Cristo»;
6°) CLEMENTE VIII (1593), Bolla Caeca et obturata: esprime gli stessi concetti;
7°) BENEDETTO XIV (1751), Enciclica A quo primum: «Ogni traffico di merci utili è gestito dai Giudei, essi possiedono osterie, poderi, villaggi, beni per cui, diventati padroni, non solo fanno lavorare i Cristiani senza posa, esercitando un dominio crudele e disumano su di essi. Inoltre dopo aver accumulato una grande somma di denaro, con l’usura prosciugano le ricchezze e i patrimoni dei Cristiani»;
8°) PIO IX (1874-1878), Discorsi del Sommo Pontefice Pio IX pronunciati in Vaticano: egli chiama gli Ebrei «cani», divenuti tali da «figli» che erano (cfr. l’episodio della donna Cananea, Mt., XV, 21-28), «per la loro durezza ed incredulità». Il Pontefice, continua, definendoli «bovi», che «non conoscono Dio» ed aggiunge «popolo duro e sleale, come si vede anche nei suoi discendenti», che «faceva continue promesse a Dio e non le manteneva mai». Inoltre, papa Mastai stabilisce un parallelo tra la Chiesa del suo tempo e quella delle origini, asserendo: «Le tempeste che l’assalgono sono le stesse sofferte alle sue origini; allora erano mosse dai Pagani, dagli Gnostici e dagli Ebrei, e gli Ebrei vi sono ancora presentemente». Quindi, ricorre all’espressione di «Sinagoga di Satana» (Apoc., II, 9; III, 9) per meglio identificarli;
9°) PIO XI (14 marzo 1937), Enciclica Mit brennender Sorge: «Il Verbo doveva prender carne da un popolo che Lo avrebbe poi confitto in croce». Lo stesso Pio XI nella famosa “Enciclica nascosta” (Humani generis unitas) che non fu promulgata, data la morte del Papa avvenuta il 10 febbraio 1939, scriveva: «La vera natura della separazione sociale degli Ebrei dal resto dell’umanità, ha un carattere religioso e non razziale. La questione ebraica, non è una questione di razza, né di nazione, ma di religione e, dopo la venuta di Cristo, una questione di Cristianesimo... Il popolo ebreo ha messo a morte il suo Salvatore... Costatiamo in questo popolo un’inimicizia costante rispetto al Cristianesimo. Ne risulta una tensione perpetua tra Ebrei e Cristiani mai sopita. Il desiderio di vedere la conversione di tale popolo non acceca la Chiesa sui pericoli ai quali il contatto con gli Ebrei può esporre le anime. Fino a che persiste l’incredulità del popolo ebraico la Chiesa deve prevenire i pericoli che quest’incredulità potrebbe creare per la fede e i costumi dei fedeli Cristiani».

Conclusione

Per terminare mi sembra opportuno cedere la penna all’autorità, teologicamente ed esegeticamente scientifica, di monsignor PIER CARLO LANDUCCI (Cento problemi di Fede, Assisi, ed. Pro Civitate Christiana, 1953) scrive: “È tanto sorprendente – ma tuttavia spiegabile – l’accecamento degli Ebrei di duemila anni fa, di fronte a Gesù, quanto quello degli Ebrei di oggi, che si ostinano a rifiutare il Cristianesimo […]. Quando entra in campo la Fede, alla luce soprannaturale si congiunge l’impulso oscurante degli interessi e delle passioni – specialmente l’orgoglio –, alle ispirazioni della grazia s’oppone la tentazione del demonio: e non c’è evidenza che possa vincere la resistenza e l’indurimento del cuore […]. È la legge della libertà e dello spirito […], ed esso sospinse gli Ebrei sino al deicidio e all’auto maledizione: ‘Il sangue di Lui ricada su di noi e sui nostri figli’ (Mt., XXVII, 25). Quando si considera la storia del popolo ebreo – antica o moderna – non bisogna mai dimenticare tale pervertimento del cuore che lo condusse a quel supremo misfatto e lo ancorò nell’odio al Cristianesimo” (pp. 222-224).
Quanto al problema dell’elezione di Israele, il prelato asserisce che Israele è “eletto – cioè scelto – nel senso dei particolarissimi doni di Dio… Ma erano doni che non escludevano la possibilità dell’incorrispondenza e della prevaricazione: così come Giuda era eletto, ma prevaricò” (p. 225).

In Miti e Realtà (Roma, La Roccia, 1968), lo stesso monsignor Landucci, riguardo alla colpevolezza o meno del Giudaismo nel deicidio, scrive: “Attenuanti si possono ammettere, scusanti, soprattutto quanto ai capi, no. […] Quegli ebrei avevano ben coscienza di essere mossi dall’odio. Dell’accecamento circa la verità di Gesù erano responsabili in causa […]. Gesù disse bensì la misericordiosa e meravigliosa prima parola dalla croce: ‘Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno’ (Lc., XXIII, 34). La disse, però, propriamente, non solo degli Ebrei, ma di tutti i suoi carnefici. Tuttavia, se chiedeva per essi il perdono, vuol dire che la loro colpa c’era: e la richiesta del perdono equivaleva alla richiesta al Padre di donar loro la grazia del pentimento e della conversione” (pp. 257-258). 

Sempre nello stesso libro, il Landucci ha dedicato un capitolo intero (Il problema ebraico, pp. 435-443) alla questione che stiamo affrontando. Il prelato precisa che l’Antisemitismo pagano non deve “far chiudere gli occhi davanti allo spirito e alla ostilità attuale anticattolica, non dei singoli Ebrei, ma dell’Ebraismo internazionale (…). Mentre essi [Ebrei] sono sparpagliati in tutte le nazioni, assumendone la regolare cittadinanza, mantengono tuttavia, in generale, una piena unità di razza, come se costituissero una super-nazione a parte, gravitante attorno allo Stato d’Israele […]. Questa unità ha un triplice fondamento, che fa come un tutt’uno: di sangue, di religione (anche quando sia praticata solo come esteriore omaggio a cerimonie tradizionali) e di storia politica. (…) L’Ebraismo costituisce quindi, in realtà, un impressionante esempio attuale di razzismo. […] Il sangue ebreo del Divin Redentore, come di Maria e degli Apostoli, ecc., anziché placare l’ostilità ebraica contro il Cristianesimo, costituiscono purtroppo un intimo motivo alimentatore di tale ostilità. L’alternativa infatti è fatale. O riconoscere la verità del divino Messia…, e quindi la verità del Cristianesimo, o seguitare a negare la verità di Gesù…, e vedere in Lui e nella sua religione il più tragico inganno […]. Si tratta, purtroppo, [quanto al Giudaismo attuale] di un effettivo rifiuto positivo di Gesù. È il medesimo rifiuto del mondo giudaico del tempo di Gesù. […]. Prosegue cioè il tragico errore dei loro padri […]. L’Ebraismo ha respinto Gesù, rinnegando con ciò la sua storia. Questa quindi non è che un titolo di maggiore responsabilità, che rende l’Ebraismo – obiettivamente parlando – l’anticristianesimo più inescusabile” (passim).


NOTE

25 -   D. A.  F. C., cit., coll. 1691-1692. In Spagna, la disputa cristiana contro il Talmudismo, fu condotta in maniera molto scientifica ed equilibrata, sin dalla fine del XIV secolo, da alcuni Ebrei sinceramente convertiti: PABLO DE SANTA MARÌA (prima SALOMON HA-LEVI, rabbino capo di Burgos, convertitosi nel 1390), Scrutinium Scripturarum, pubblicato solo nel 1591; JERÒNIMO DE SANTA FE (prima YESHUA HA-LORQUI, che condusse la famosa disputa contro vari rabbini a Tortosa, nel 1413, per ordine di papa Benedetto XIII), Haebraeo Mastix, pubblicata nel XV secolo. PEDRO DE LA CABALLERÌA (gran giurista aragonese, esperto in lingua araba ed ebraica, vissuto tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento) Tractatus zelus Christi, pubblicato nel 1592.
26 -  Clemente IV (1267), Onorio IV (1285), Giovanni XXII (1320), Benedetto XIII (1415), Giulio III (1554), Paolo IV (1564), Gregorio XIII (1581), Clemente VIII (1593), Benedetto XIV (1751), Pio VI (1775).
27 - Lo pseudo Barnaba (96/98 d. C.), S. Giustino, Tertulliano, S. Cipriano, Novaziano, Commodiano, S. Melitone, S. Ireneo, S. Apollinare, S. Serafione, Eusebio da Cesarea, S. Gregorio Nisseno, S. Giovanni Crisostomo, S. Isidoro, S. Basilio, S. Cirillo d’Alessandria, S. Girolamo, S. Agostino, S. Massimo da Torino, S. Isidoro da Siviglia, S. Giuliano da Toledo, S. Agobardo da Lione, S. Pier Damiani, S. Ambrogio, S. Leone Magno, S. Gregorio Magno, S. Bernardo di Chiaravalle, S. Vincenzo Ferreri, S. Giovanni da Capistrano, S. Bernardino da Siena, il Beato Bernardino da Feltre, S. Antonino da Firenze († 1495).
28 - Per quanto riguarda la preghiera suddetta (“Amida” che significa “in piedi” poiché va recitata in tale posizione, o “Shemoné Esré” che vuol dire “diciotto” riguardo al numero di benedizioni che la compongono) cfr. J. BONSIRVEN, Textes rabbiniques des deux premiers siècles chrétiens. Pour servir à l’intelligence du Nouveau Testament, Roma, Pontificio Istituto Biblico, 1955, pp. 2-3. Padre Bonsirven scrive che essa è “la più ufficiale e rappresentativa del Giudaismo. […] Rabano Gamaliele II, fine del I secolo circa, incaricò un certo Simone di modificarla, per escludere dal culto comune i Cristiani, introducendo la dodicesima ‘benedizione’ [in realtà una maledizione] diretta contro di essi” (Ibidem, p. 2).
29D. A. F. C, art. cit., col. 1660.
30 -  Ivi, col. 1661. Cfr. anche: M. J. LAGRANGE, Le messianisme chez les Juifs, Parigi, 1909; A. VACCARI, voce Messianismo, in Enciclopedia Italiana, vol. XXII, pp. 953-958, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1929-1936; J. BARTOLOCCI, Bibliotheca magna rabbinica, Roma, 1683; L. RUPERT, L’Eglise et la Synagogue, Paris, 1859; J.-C. WAGENSEIL, Tela ignea Satanae, hoc est arcani et horribiles judaeorum adversus Christum Deum et christianam religionem, Altdorf, 1681; J. IMBONATI, Adventus Messiae, Roma, 1694; J. B. DE ROSSI, Della vana aspettazione degli Ebrei del loro re Messia, Parma, 1773; J. M. BAUER, Le judaisme comme preuve du christianisme, Parigi, 1866; J. B. DE ROSSI, Bibliotheca judaica antichristiana, Parma, 1800; J. DARMESTETER, Coup d’oeil sur l’histoire du peuple juif, Parigi, 1881.
31 - E. ZOLLI, L’Ebraismo, Roma, Studium, 1953, p. 129.



agosto 2019
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