Il Sinodo sull’Amazzonia sarà una disgrazia?

di Padre João Batista de Almeida Prado Ferraz Costa


Padre João Batista de Almeida Prado Ferraz Costa è il parroco della Capela Santa Maria das Vitórias di Anápolis, in Brasile, dove celebra la Santa Messa tradizionale

L'articolo è stato pubblicato sul sito della Cappella

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Senza mettere assolutamente in discussione la conclusione cui sono giunti alcuni illustri dignitari ecclesiastici nella loro condanna dell’Instrumentum laboris del prossimo Sinodo dell’Amazzonia, da loro classificato come eretico e apostata, vorrei solo sviluppare alcune riflessioni sulla possibilità che, se l’orientamento contenuto nell’Instrumentum laboris verrà mantenuto, questa assemblea episcopale costituisca effettivamente, come alcuni ritengono, una disgrazia per la Chiesa e una minaccia alla sovranità degli Stati della Regione Amazzonica.

Non mi sembra che le direttive che verranno emanate dal Sinodo sull’Amazzonia, anche se poi avranno una ripercussione e un’applicazione su tutta la Chiesa postconciliare, possano rappresentare un’opera devastante della Vigna del Signore, corrompendo la fede e la morale dei poveri fedeli che ancora frequentano le parrocchie Novus Ordo, con i loro diaconi permanenti, i loro ministri straordinari dell’Eucaristia, i loro lettori, i salmisti, le varie pastorali e i diversi movimenti, come, ad esempio, la cura pastorale dei divorziati risposati, che sono già stati in gran parte ammessi a ricevere la Santa Eucaristia.

Non credo che i cattolici aggiornati, che nella loro stragrande maggioranza da decenni sono abituati alla nuova liturgia e sostengono docilmente la famigerata campagna di fraternità, rimarranno scandalizzati e lasceranno le loro parrocchie se le ministre dell’Eucaristia fossero “ordinate” diaconesse e i diaconi permanenti diventassero sacerdoti sposati. E certamente la maggioranza dei cattolici Novus Ordo non si opporrebbe se i sacerdoti “spogliati” e sposati venissero reintegrati, quelli stessi dell’Associazione Internazionale dei Preti Sposati, che hanno avuto l’appoggio dell’allora cardinale di Buenos Aires Jorge Maria Bergoglio.
I cattolici delle parrocchie rinnovate da più di cinquant’anni di cambiamenti postconciliari affronteranno tutto con la massima naturalezza. E la Chiesa del Vaticano II continuerà la sua marcia di rottura con la Chiesa di sempre, la Chiesa Cattolica Romana, immutabile nella sua perenne tradizione.

Mi addolora vedere alcuni cattolici conservatori (che chiamerei filo-tradizionalisti per la loro simpatia per l’antica liturgia romana e per alcune delle critiche che fanno ad alcune delle riforme derivanti dal Vaticano II) attaccare il vescovo di Roma per avere organizzato il Sinodo sull’Amazzonia, accusandolo di rompere con l’insegnamento dei suoi immediati predecessori, specialmente per quanto riguarda la teologia della liberazione e l’apertura ai riti delle religioni pagane. Se volesse, Francesco potrebbe rispondere che egli agisce sulla base del precedente della famosa controversia sui riti cinesi. Questi riti sincretistici, che producevano un’enorme confusione a scapito delle missioni dei Gesuiti in Oriente ai tempi di Padre Matteo Ricci, furono dapprima condannati e, dopo la soppressione della Compagnia di Gesù, furono infine riammessi. Francesco Bergoglio potrebbe anche dire ai cattolici conservatori che ammirano così tanto Giovanni Paolo II, che i nuovi riti che probabilmente saranno approvati nel prossimo Sinodo non saranno affatto stravaganti se paragonati alla liturgia adottata dallo stesso Giovanni Paolo II nei suoi viaggi a Papua-Guinea, quando una donna in topless fece la lettrice nella sua Messa, o quando ricevette da una sacerdotessa pagana il segno del culto di Shiva.
Perché canonizzare Giovanni Paolo II e attaccare Francesco?

Innegabilmente, corre l’obbligo di dire che nella Chiesa postconciliare una rottura c’è; ma è inaccettabile che, per codardia, per opportunismo, per paura di scandalizzare i devoti di Giovanni Paolo II che ora sono scioccati da Francesco, non si dica da dove parta questa rottura. Francesco non rompe con Giovanni Paolo II (nemmeno sulla questione della teologia della liberazione), non rompe con Ratzinger (nemmeno sulla questione dell’ammissione dei divorziati risposati alla comunione), non rompe con Montini o Roncalli. Sono infatti tutti costoro che, di fatto, hanno rotto con la tradizione anteriore al Vaticano II.
Quello che oggi succede, a differenza degli altri papi postconciliari che hanno governato la Chiesa sfruttando le ambiguità del Vaticano II e riuscendo così a manovrare gli incauti, gli idioti utili, i compagni di viaggio, gli ambiziosi che volevano scalare la carriera ecclesiastica, Francesco non pratica questo giuoco politico, non cerca di ingannare alcuno, ma dice chiaramente cosa vuole e dove vuole arrivare.

Circa la sovranità del Brasile sull’Amazzonia, ritengo sinceramente ridicolo pensare che gli intrighi politici che potranno svolgersi al Sinodo, rappresentino un pericolo per l’integrità del territorio nazionale. Il nostro Presidente della Repubblica e l’Esercito Brasiliano hanno la piena coscienza e la responsabilità di compiere con valore la loro missione di difesa della nazione. E’ passato il tempo in cui i litigi teologici potevano avere tanto spazio. Quale capo di governo, oggi, legge le encicliche papali e le mette in pratica? Ci possono essere molta verbosità demagogica e interessi personali intorno alla conservazione delle foreste, ma il Brasile saprà difendere i propri diritti.

Quindi, se vogliamo parlare di disgrazia per la Chiesa o di minaccia del Brasile a seguito del Sinodo sull’Amazzonia, è necessario rifarsi alla sua fonte più lontana. La fonte non è la nostra Amazzonia, la fonte non è il Tevere che passa a pochi isolati dal Vaticano, la fonte è il Reno, la fonte è la Nouvelle Theologie, che ha dominato le menti di tutti i papi postconciliari e che oggi avanza ulteriormente sotto il pontificato di Francesco.

Ma ho piena fiducia che se Dio permette tanta confusione nella Sua Chiesa, è perché da tutta questa baraonda trarrà un bene molto più grande; è perché costringerà i cattolici a prendere posizione (o sono cattolici fedeli alla tradizione o sono modernisti, non è possibile una via di mezzo); è perché Dio obbligherà gli uomini di fede, i teologi di grande discernimento, ad approfondire ancora di più i loro studi per chiarire tutti i punti controversi, per far trionfare la verità immutabile sull’errore insidioso e, infine, far risplendere il dogma con maggior fulgore in tutta la Chiesa, per la gloria del nostro Divino Salvatore e della nostra Madre Maria Santissima e per il bene di tutti coloro che li amano e li servono.

Pertanto, se il Sinodo sull’Amazzonia sarà una disgrazia e una minaccia, coloro che saranno colpiti da tale disgrazia non saremo noi cattolici della tradizione. Ad essere colpiti dalla disgrazia e dalla minaccia saranno i cattolici opportunisti e camaleonti, i cattolici dell’Istituto Giovanni Paolo II appena ristrutturato da Francesco, i cosiddetti cattolici conservatori che negli ultimi anni hanno preferito stare in cima al muro al servizio di una Chiesa non pienamente tradizionale né pienamente modernista. Saranno essi gli sventurati.


Anápolis, 19 agosto 2019
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agosto 2019
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