L’estremo soccorso e l’inutilità perfetta dei preti modernisti

di Léon Bertoletti



Pubblicato il 22 agosto 2019 sul sito
Ricognizioni


 








La vita, scriveva Pirandello, «per tutte le sfacciate assurdità, piccole e grandi, di cui beatamente è piena, ha l’inestimabile privilegio di poter fare a meno di quella stupidissima verosimiglianza, a cui l’arte crede suo dovere obbedire. Le assurdità della vita non hanno bisogno di parer verosimili, perché sono vere. All’opposto di quelle dell’arte che, per parer vere, hanno bisogno d’esser verosimili. E allora, verosimili, non sono più assurdità. Un caso della vita può essere assurdo; un’opera d’arte, se è opera d’arte, no».

Restiamo dunque alla vita reale e a quest’assurdo episodio che risale a quando mancavano pochi giorni al Ferragosto. Una signora che chiameremo Costantina (non per velleità artistica, ma per rispetto alla famiglia) avverte prossima la fine dell’esilio terreno. Ha novantasei anni, è vedova da quattro lustri, è malata soprattutto di quella malattia cronica chiamata vecchiaia eccetto acciacchi e catarro e colpetti di tosse, da mesi non s’alza più dal letto. Costantina è devota, è una cattolica d’antico conio. Ogni domenica ci pensa una suora a recarle a domicilio la Comunione. Questa volta, però, chiede ai parenti di vedere il prete. Vuole proprio un sacerdote.

Ci si attiva subito. Il parroco della chiesa di quartiere, don Fidel, non risponde al telefono, non è disponibile, non si trova, non c’è, è via. A Cuba, spiffera il pettegolo dell’oratorio. In vacanza? Ovviamente no: un paio di settimane di esercizi spirituali, essendo noto universalmente che Varadero è località tra le più consone ai ritiri contemplativi, alle meditazioni ascetiche, ai momenti di preghiera. Comunque c’è il viceparroco, don Raul, venga lui, va bene lo stesso.

E arriva lo sventurato, il giorno seguente, a casa di Costantina. Giunge nel pomeriggio, con molta calma, senza Oli Santi e senza Ostia Santa custodita gelosamente in una teca, con la camicia hawaiana a mezze maniche portata fuori dai pantaloncini corti, le scarpe da tennis con il coccodrillino Lacoste indossate senza calzini. Si siede al capezzale della donna, su una seggioletta vicino al comodino, a gambe larghe, distese. Si ferma dodici minuti, giusto il tempo per una banale frasetta di circostanza, per ripetere due o tre volte «vedrà, si riprenderà presto» (si riprenderà presto?), per non parlare né di Gesù né dei Novissimi né dell’Aldilà né della Vita eterna (giammai), per non fare nemmeno un Segno della Croce o dare una benedizioncina o recitare una preghiera, per non chiedere se Costantina voglia magari confessarsi o comunicarsi («me lo doveva domandare lei», si giustificherà in seguito) e quanto all’Estrema Unzione… «l’Estrema Unzione non esiste più, suonava male, era un rito cupo, iettatorio, da portar iella, adesso c’è l’Unzione degli Infermi che celebriamo una volta all’anno in chiesa, comunitariamente, per tutti gli anziani e gli ammalati della parrocchia che vogliono partecipare». Amen, grazie tante, arrivederci (ma anche no).

E come poteva finire la storia se non in altra maniera? Irremovibile la signora, insistente nel volere assolutamente un altro prete, cioè un prete, «un prete vero». Questo a dimostrazione di quanto sia perfettamente inutile il clero modernista, addirittura nel momento dell’estremo soccorso spirituale. La sera stessa tocca darsi da fare per reperire un consacrato con le abitudini in regola. Don Angelo, vecchio canonico della Cattedrale esiliato alla Casa del Clero, non si fa supplicare, si muove e arriva in fretta con la sua bella tonachetta addosso, portandosi appresso tutti gli attrezzi del mestiere, tutto l’armamentario del caso. Confessione breve ma intensa, Comunione con la particola poggiata sulla lingua con scrupolo infermieristico, una decina del Rosario recitata insieme ripetendo più volte quell’appropriata invocazione alla Madre di Dio: «prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte».

Soddisfatta finalmente, all’alba Costantina rende l’anima in pace, nel sonno. Munita dei conforti religiosi, come si diceva una volta ed è bello dire anche oggi. Aveva il volto sereno e sulle labbra quasi una traccia di sorriso.
 



agosto 2019
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