Il barcone della nuovissima alleanza
è approdato in San Pietro


di Matteo Donadoni



Pubblicato il 1 ottobre 2019 sul sito
Ricognizioni


 






Una blasfema parodia della biblica Arca dell’Alleanza. Ecco cos’è il monumento bronzeo che deturpa Piazza San Pietro, come se la sua prosopopea non fosse già oltre i limiti del rimpianto per l’antica basilica romana, edificio costruito sul sangue dei martiri, parto spontaneo della mente lucida dei fedeli romani sopravvissuti alle persecuzioni dei pagani.

Il 29 settembre dopo aver celebrato la “Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato” (maiuscoli), per sottolineare il nuovo impegno della nuova chiesa, dopo la recita del fu Angelus, e un giro in papamobile (poco green), il cardinal Bergoglio ha inaugurato una scultura intitolata “Angels Unwares”, Angeli Inconsapevoli, realizzata dall’artista canadese Timothy Schmalz, grazie al suggerimento di padre Michael Czerny, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale – il soggetto verrà creato cardinale nel Concistoro del 5 ottobre prossimo.

Il tema di quest’opera rimanda alla Lettera agli Ebrei in cui si legge: “Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli”. L’opera è stata posta in Piazza San Pietro, motivo spiegato dall’inquilino di Santa Marta, perché è centro del mondo e della cristianità. La piazza, non l’altare, la piazza. Ha fatto bene Carlo Maderno a costruire una facciata sproporzionata, male Michelangelo Buonarroti a costruire il “cupolone” sopra l’altare e non sopra la piazza.

Tale scultura, in bronzo e argilla, raffigura un gruppo di migranti di varie culture e diversi periodi storici. Ho voluto questa opera artistica qui in Piazza San Pietro, affinché ricordi a tutti la sfida evangelica dell’accoglienza”.
Accogliere non vuol dire santificare. Tutti siamo pronti ad accogliere, ma il “migrante” non è un angelo, ma una persona. Non è Dio, è un immigrato. Deve esser chiaro e, a questo punto di assurdità gnoseologica, deve essere perfino detto.

Oppure siamo in fallo, non avevamo capito niente: la nuova evangelizzazione non riguardava il portare di nuovo la Buona Novella a tutti i popoli, ma significava portare una Nuova Novella. La nuova chiesa non è più la Barca di San Pietro, ma il barcone di Bergoglio, il Corpo di Cristo non è il miracolo eucaristico, è il migrante angelico in carne e ossa.

Ecco che a togliere il telo bianco che copre la statua, viene chiamata alla bisogna una famiglia di camerunensi (il Camerun non è in guerra, quindi non esistono rifugiati camerunensi), che il vescovo vestito di bianco abbraccia e saluta. Avrebbero dovuto essere, a rigor di logica, due romani, simbolo di chi accoglie. Ma a Bergoglio non importa niente di chi accoglie, basta che si accolga, lo si faccia in modo celere, a favor di telecamere e soprattutto in casa d’altri, non in albergo Santa Marta. In Vaticano nessuno accoglie un cane, e non si entra senza permesso.

Sul barcone una folla eterogenea di persone, pigiate strette, di ogni razza e religione, non è chiaro se vi siano anche figlioli di Dio. In ogni caso, spiccano al centro le ali di un angelo, come a indicare la presenza del sacro tra di loro. Sono loro il sacro, disperati, fuggiaschi, galeotti, assassini, bambini inermi, vittime, stupratori, finti rabbini, donne kamikaze. Tutti sacri, tutti in piazza. Tutto è sacro, fuorché Dio e la sua casa.

A parte il fatto che la chiesa povera, per i poveri, butti soldi a mare in un monumento inutile e dannoso teologicamente e civilmente lascia stupefatti tutti i mecenati che non puzzano di pecora, una volta in bronzo si commissionavano le statue dei santi, oggi in San Pietro si erigono statue di peccatori e di pagani.
La normalità, che poi è per tutti gli uomini comuni il peccato, viene additata ad esempio da seguire. Non più la santità, la purezza, la carità, l’amor di Dio che rifulge negli uomini straordinari, ma la straordinaria puzza di chi non si lava da giorni innalzata a stile di vita, come metafora del lerciume disperato delle anime di chi li ha elevati al trono di Dio.

Quel Dio, Lui sì, così umano, da farsi inchiodare sul legno truce di una croce, come un farabutto. Crocifissione i cui colpi ponderati di martello ci pare di sentire ancora tanto crudelmente riverberare, sottile tremolio, per tutto il santo Corpo fin nelle viscere, ogni volta che viene rinnegato in questo modo volgare dai suoi amici.

Commentando il miracolo di La Salette, Leon Bloy, profetizzava chiedendosi, quasi incredulo del proprio stesso domandarsi, più di cinquant’anni prima che l’eretico matricolato nascesse: “lo spiritualismo irregolato dell’Occidente deve finire con lo strappare in modo sacrilego dalla sua Croce colui che la stretta e brutale legge orientale della Sinagoga vi aveva attaccato?”.

Dove al tempo di Bloy si prostrava il timor di Dio, oggi il sacrilegio si erge superbo, perché l’empietà è la norma. Un nuovo diabolico sinedrio vuole strappare con le tenaglie volgari della blasfemia e dell’eresia Cristo dal suo trono cruciforme, per istallare nel suo tempio l’anticristo.

E per farlo cerca di costruirsi una parodia della chiesa, sotto le cui ali, platealmente angeliche, nascosto, ghigna ancora Satana.
 



ottobre 2019
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