Gli amici e i nemici della Regalità di Cristo


Intervista di Don Francesco Ricossa


Rilasciata al settimanale francese Rivarol, n° 3401 del 27 novembre 2019








Rivarol: Reverendo, come Direttore della rivista dottrinale Sodalitium lei tiene ogni fine anno un ciclo di conferenze a Parigi. Quest’anno si terrà Domenica 1 dicembre, dalle 14,45 alle 18,45, nel secondo arrondissement [circoscrizione], a due passi dalla stazione Est (Spazio Dubail, passaggio Dubail n° 18). Per questo 2019 lei ha scelto di parlare su «Gli amici e i nemici della Regalità di Cristo». Può dirci di più?

Don Francesco Ricossa: Nel 1919, giusto un secolo fa, ebbe luogo in Italia la fondazione di movimenti e riviste: il movimento fascista, nato dalle trincee, il Partito Popolare Italiano (i democristiani di Don Luigi Sturzo) e la rivista antimodernista e cattolica integrale Fede e Ragione, poco conosciuta in Francia. Questo triplice anniversario è una buona occasione per studiare queste tre correnti di pensiero: il Fascismo, la Democrazia Cristiana e il cattolicesimo integrale, alla luce della dottrina della Regalità sociale di Cristo, che noi difendiamo.

Rivarol: Può parlarci per prima della rivista Fede e Ragione?

Don Francesco Ricossa: Questa rivista, dapprima mensile e poi settimanale, è stata animata da Don Paolo de Töth e Mons. Benigni, che furono due collaboratori del Papa San Pio X nel corso del suo pontificato. La rivista durò fino alla fine del 1929. La rivista che in Francia assomigliava di più a Fede e Ragione fu la RISS, la Revue Internationale des Sociétés Secrètes [Rivista Internazionale delle Società Segrete]. Fede e Ragione era molto più vicina agli ideali cattolici integrali. Nella prima conferenza io parlerò dei temi affrontati nella rivista, ma soprattutto delle difficoltà che essa ha incontrato con la linea tracciata sotto i pontificati di Benedetto XV e Pio XI, in particolare con la Segreteria di Stato del Cardinale Gasparri. E questo per offrire delle buone idee che i militanti cattolici di oggi dovrebbero seguire; ed anche al fine di mostrare che le difficoltà che si sono manifestate al concilio Vaticano II si potevano già trovare in germe anni prima.

Rivarol: Perché la rivista ha cessato bruscamente di essere pubblicata alla fine del 1929, dopo dieci anni di esistenza?

Don Francesco Ricossa: La rivista Fede e Ragione ha cessato la pubblicazione in maniera inattesa. Non come certi periodici che incominciano ad essere pubblicati sempre di meno, che perdono dei lettori e conoscono delle difficoltà economiche. Il paradosso è che la rivista era in pieno rigoglio, ma, ahimè,  subiva degli attacchi sempre più forti da parte dei Gesuiti de La Civiltà Cattolica e della Segreteria di Stato del Cardinale Gasparri. La rivista era protetta dall’Ordinario del luogo, il vescovo di Fiesole, una piccola diocesi vicino a Firenze, ove la rivista veniva stampata. La brusca chiusura di questa rivista, alla fine del 1929, fu dovuta probabilmente a due fattori concomitanti: da una parte le pressioni esercitate dagli elementi cattolici su citati, dall’altra, il governo fascista, nel clima di pacificazione degli accordi del Laterano con la Santa Sede, non lasciò vivere questa esperienza, senza dubbio sotto l’influenza del Vaticano. Mussolini aveva solo stima per questa rivista, diceva al suo Direttore: «Che non si tocchi Don de Töth, egli è il solo che dice la verità, che parla chiaramente e che è capace anche di criticarmi».

L’ostilità nei confronti dei cattolici intransigenti, all’epoca non si è manifestata solo in Italia, ma anche in Francia, poiché, sempre nel 1929, un sacerdote francese, amico e collaboratore di Mons. Benigni, Don Paul Boulin, dovette abbandonare la collaborazione con la RISS, a causa dell’intervento del comitato di vigilanza della diocesi di Parigi, cosa peraltro paradossale: un consiglio di vigilanza installato dal Papa San Pio X per lottare contro il modernismo, venne utilizzato per epurare gli antimodernisti. E questo prova che già all’epoca vi erano delle cose che non erano normali e che spiegano quello che è poi accaduto trent’anni dopo con l’arrivo di Giovanni XXIII e il Vaticano II.

Rivarol: E tuttavia, il modernismo era stato fermamente condannato da San Pio X. Com’è possibile che solo quindici anni dopo la sua morte si assiste ad una forma di epurazione, di esclusione degli elementi cattolici più antimodernisti, più intransigenti, sia in Francia sia in Italia?

Don Francesco Ricossa: In effetti, il modernismo era stato fermamente combattuto e condannato dal Papa San Pio X, al punto che il modernismo dogmatico, quello che si occupava dell’esegesi, dei dogmi e della teologia, dovette temporaneamente battere in ritirata e comportarsi come se fosse morto. A partire dal 1914, ed anche un po’ prima, il modernismo cominciò a ritirarsi negli ambiti che riguardavano maggiormente il contingente, quelli che il Papa Pio XI, nell’enciclica Ubi arcano Dei, chiama giustamente “modernismo sociale”. Questo modernismo si rifugiò, per esempio, nel movimento liturgico degli anni 1920 e 1930, nelle questioni politiche e sociali (la Democrazia Cristiana, il sindacalismo, l’aconfessionalismo), vale a dire in quelle materie in cui è più difficile distinguere ciò che appartiene alla fede da ciò che ha minore importanza. Fu in questo modo che i modernisti poterono sopravvivere, riprendere forza, riorganizzarsi e preparare una rivincita eclatante che è sopraggiunta col Vaticano II. Essi hanno avuto degli appoggi in alto loco. Senza di questo non si spiegherebbe quello che è accaduto negli anni sessanta e che prevale ancora oggi, sessant’anni dopo. Il che, peraltro, va da peggio in peggio: quando si vede che al Sinodo sull’Amazzonia Bergoglio si abbandona ad un culto panteista con la Pachamama e apre la via al matrimonio dei preti, e in maniera insidiosa, secondo il modo abituale dei modernisti, fa anche un passo verso il sacerdozio femminile. Chi può credere seriamente che quest’uomo è il Vicario di Cristo?

Anche se la dottrina non cambiò da San Pio X ai suoi tre successori (Benedetto XV, Pio XI e Pio XII), come testimonia l’ammirevole continuità delle encicliche, non c’è dubbio che sotto Benedetto XV e Pio XI i cattolici integrali che erano i più fedeli collaboratori di San Pio X siano stati allontanati, e che quindi vi sia stata una flessione molto spiacevole circa le cose pratiche, la nomina, la promozione o l’allontanamento di certe personalità. Si è trattato dell’inizio lontano, ma reale, della situazione che viviamo noi oggi. Io non sono di quelli che criticano in maniera esagerata i Sommi Pontefici, al contrario, ma è certo che all’epoca sono state fatte delle scelte pratiche contestabili.
Dopo la condanna del Sillon da parte di San Pio X e l’apparente sottomissione di Marc Sangnier, quest’ultimo è stato considerato come rinnovato ed ha potuto prendere in mano, negli anni 1920 e 1930, una parte importante dei cattolici francesi. In Italia, c’è stato il caso un po’ simile di Don Sturzo, salvo che quest’ultimo ha avuto dei problemi col regime fascista al quale era molto ostile.

Circa la Francia, si parla generalmente solo della questione dell’Action Française e non di un’altra questione che tuttavia ha avuto delle conseguenze molto importanti: quella delle associazioni diocesane. Su questo si è giuocata una grossa battaglia che ha avuto un’influenza considerevole sugli equilibri del cattolicesimo francese e sull’episcopato.
San Pio X aveva rifiutato i cultuali, ma i suoi successori accettarono le associazioni diocesane, il che non era per niente la stessa cosa. Dunque, dal punto di vista della dottrina stricto sensu, niente da dire, ma dal punto da vista delle convergenze pratiche tra il governo francese e la Santa Sede, e soprattutto delle conseguenze che ciò ha avuto tra i cattolici francesi, e in modo singolare nell’episcopato, vi è stato come un cambiamento di linea molto netto, che è stato particolarmente infelice.

Rivarol: Come giudicare il Fascismo da un punto di vista integralmente cattolico?

Don Francesco Ricossa:  Il Fascismo in senso stretto riguarda solo l’Italia, paese in cui il movimento fascista è nato, ma in senso più largo riguarda tutta l’Europa, con i movimenti  simili. Si tratta di un movimento che è stato una reazione a dei pericoli reali, nata nelle trincee.
In una seconda conferenza esporrò quali sono i punti di accordo e di disaccordo tra il Fascismo e la dottrina del cattolicesimo integrale e mostrerò come questa rivista di cattolici integrali, Fede e Ragione, abbia giudicato il Fascismo, il Fascismo degli inizi, il Fascismo movimento del 1919, con i quali ci fu un’opposizione netta, e il Fascismo regime a partire dalla fine del 1922 e del 1923, quando la politica di Mussolini incominciò a cambiare, allontanandosi sempre di più dalla Massoneria che era presente all’inizio, e cercando di trovare un accordo fra  la Chiesa cattolica e il movimento fascista.

Mons. Benigni espresse all’inizio un giudizio molto severo sul movimento fascista che nasceva, vedendovi l’influenza della Massoneria. In seguito, quando vide che grazie al governo nazionale di Mussolini, c’era il modo per lavorare insieme contro i nemici comuni: e cioè la Massoneria e tutte le sette esoteriche, il movimento modernista e la Democrazia Cristiana ed altri nemici comuni, egli scelse la collaborazione; al punto di passare delle informazioni al governo, prima al Ministero degli Esteri e poi al Ministero dell’Interno. Com’è possibile che un difensore del cattolicesimo integrale sia passato da una posizione ostile al movimento fascista al sostegno attivo al governo di Mussolini? E’ quello che bisognerà spiegare nella conferenza.

Rivarol: Quali sono stati i rapporti tra il Fascismo italiano e la Massoneria?

Don Francesco Ricossa: Il Fascismo si dichiarò apertamente contro la Massoneria (non sulla questione di fondo, bisogna dirlo, ma sul fatto che la Massoneria era una società segreta). Si ebbe il voto del Gran Consiglio che escludeva la possibilità di appartenere contemporaneamente al Partito Fascista e alla Massoneria, e in seguito vi fu una legge nazionale che soppresse le società segrete. Anche se questa legge non conteneva esplicitamente il termine massoneria, nel momento che venne discussa in Parlamento era perfettamente chiaro che si trattasse della Massoneria.

D’altra parte, è assolutamente certo che i principali dirigenti del Fascismo italiano, al momento della Marcia su Roma nell’ottobre 1922, con la notevole eccezione di Mussolini, fossero quasi tutti iniziati. Le due Obbedienze massoniche, il Grande Oriente e la Gran Loggia, apportarono anche un sostegno economico al Fascismo, all’inizio del regime. Ma in seguito, dalla teosofia e dai gruppi esoterici furono fomentati degli attentati contro Mussolini. Da una certa collaborazione si arrivò ben presto ad una franca ostilità. Perché vi fu questo cambiamento di linea? E fino a che punto? Sarà questo l’oggetto di studio di queste conferenze.

Rivarol: Quando Mussolini arrivò al potere, nell’ottobre del 1922, Pio XI era stato eletto Papa solo da pochi mesi. Qual era il suo parere sul Fascismo mussoliniano?

Don Francesco Ricossa: Il parere di Papa Pio XI era sfumato. Egli ebbe un’attitudine favorevole quando si trattò di intendersi col governo di Mussolini in occasione dell’accordo del Laterano, nel 1929, accordo che fu preceduto da diversi anni di colloqui. Durante questo periodo preparatorio vi furono delle difficoltà, ma anche dei reali passi avanti.

Poi, vi fu un contrasto sulla questione dell’educazione cristiana della gioventù, e sulla questione si ebbe anche l’enciclica di Pio XI, Divinus Illius Magistri; e un altro contrasto vi fu sulla questione dell’Azione Cattolica. Con quest’ultima si arrivò quasi alla rottura.

Le riserve di Pio XI sul Fascismo somigliavano a quelle dei cattolici integrali, cosa logica, trattandosi in entrambi i casi di cattolici, ma vi erano delle sfumature.  I cattolici integrali avevano apprezzato molto l’enciclica programmatica di Pio XI, Ubi arcano Dei consilio, ma la linea seguita dalla Segreteria di Stato del Cardinale Gasparri era tutto all’opposto, e soprattutto quella del Direttore della rivista gesuita La Civiltà Cattolica, il Padre Rosa, nemico mortale dei cattolici integrali. I cattolici integrali italiani, come Mons. Benigni, si sono dimostrati globalmente più favorevoli della Santa Sede al Fascismo regime.

Rivarol: Che può dire del Partito Popolare cristiano, che è il soggetto della sua terza conferenza, Democrazia Cristina che dopo la guerra sembra sia stata appoggiata spesso dal Papa Pio XII per la preoccupazione di combattere il Comunismo, allora molto forte in Italia?

Don Francesco Ricossa: Fin dalla nascita del Partito Popolare Italiano, nel 1919, la rivista Fede e Ragione espresse una condanna totale. Nei suoi dieci anni di esistenza, essa criticò fortemente la Democrazia Cristiana, in particolare sulla questione dell’aconfessionalismo. In effetti, il Partito Popolare Italiano si definiva come un partito che non doveva essere né si doveva dichiarare cattolico.

D’altronde, quale fu l’attitudine di Pio XII nei confronti alla Democrazia Cristiana? Per prima cosa bisogna sapere che il cattolicesimo intransigente e integrale, dopo la guerra e sotto il pontificato di Pio XII, non esisteva quasi più, cosa peraltro tragica. Tranne il Comunismo, il solo movimento organizzato che usciva dalla guerra con una vittoria era la Democrazia Cristiana. Il Papa, dunque, tenne conto di questo rapporto di forze, preoccupato di combattere il Comunismo potente e pericoloso. Tuttavia, il pontificato di Pio XII non si è identificato completamente con la Democrazia Cristiana. Sono noti i problemi seri tra De Gasperi, capo della Democrazia Cristiana, e Pio XII, che arrivò fino al punto di rifiutare di ricevere quello che era pur sempre il capo del governo italiano.
Pio XII era molto al corrente di queste questioni. Quando volle canonizzare Papa Pio X, egli sapeva a quali opposizioni andava incontro, e aveva conosciuto bene Mons. Benigni di cui fu nel 1911 il successore, come sottosegretario agli affari straordinari della Segreteria di Stato. Pio XII si rese conto del problema, ma forse non a sufficienza, e in ogni caso dopo la guerra la situazione era già molto critica.

Rivarol: Secondo lei, che deve fare oggi un militante cattolico?

Don Francesco Ricossa: Difendere la Regalità sociale di Gesù Cristo. Bisogna essere integralmente cattolici, e cioè non aderire solo all’insegnamento di Cristo e della Chiesa, cosa che è il minimo per essere cattolici, ma bisogna anche organizzare tutta la società secondo i princípi della fede e della morale cattoliche, dell’insegnamento di Cristo e del Magistero della Chiesa. Non vi è dominio della vita sociale dell’uomo (politico, economico, civile, familiare, educativo) a cui non si debbano applicare i princípi della Rivelazione e del Magistero. Tutti i movimenti populisti attuali che i media chiamano di destra o di estrema destra o che talvolta si designano essi stessi come sinistra nazionale, bisogna giudicarli innanzi tutto dal punto di vista del cattolicesimo e della dottrina della Regalità sociale di Gesù Cristo. E da questo punto di vista si può essere solo severi. Salvini in Italia, anche se fa dei discorsi di buon senso sulla gestione dell’immigrazione, non vuole rimettere per niente in questione il “matrimonio” omosessuale, al pari dell’aborto e del carattere laico dello Stato Lo stesso si può dire per Marine Le Pen in Francia e per tutti i partiti populisti in Europa e in Occidente, che sono per di più sottomessi al sionismo e al giudaismo internazionali, cosa che è inaccettabile.

Il nostro scopo è dunque di formare i militanti cattolici di oggi, in modo che non si lascino attirare da movimenti e soprattutto da dottrine che non sono fondate sulla dottrina della Regalità sociale di Cristo. Quali che siano le difficoltà, e oggi sono numerose, il militante cattolico deve militare con la bandiera cattolica della Regalità sociale di Gesù Cristo bene in alto. Bisogna apprendere e difendere i buoni princípi, poiché molto spesso vi è molta confusione tra i militanti cattolici di oggi. Dunque,  è indispensabile formarsi su tutte le questioni che riguardano la dottrina sociale, studiare le buone fonti, i buoni autori, ed anche ritrovare una tradizione che purtroppo è molto misconosciuta.




novembre 2019

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