La via della pace: la meditazione

di Elia


Articolo pubblicato il 1 febbraio 2020 sul sito dell'Autore
 
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Si cognovisses et tu, et quidem in hac die tua, quae ad pacem tibi… Intra in cubiculum tuum et, clauso ostio, ora Patrem tuum in abscondito (Lc 19, 42; Mt 6, 6).

«Se avessi conosciuto anche tu – e proprio in questo tuo giorno – ciò che ti dà la pace…» (Lc 19, 42).
Il lamento del Signore su Gerusalemme non va letto unicamente nel suo senso storico, ma anche in riferimento all’anima, di cui la Città santa è immagine. Anche tu, come l’antico Israele, rischi di trascurare ciò che il Cielo ti offre oggi per condurti alla pace interiore, in questo tuo giorno che è simbolo dell’intera esistenza terrena, ma designa altrettanto ogni singola giornata, in cui il Creatore ti rivolge costantemente il Suo appello.
Puoi vivere tutta la vita ignorando la voce di Dio perché le resti sordo giorno per giorno, risucchiato dalle occupazioni e preoccupazioni di questo mondo. La più terribile delle disgrazie è tirare a campare senza uno scopo unitario e definitivo, completamente rivolti all’esterno e dis-tratti – cioè trascinati qua e là – da fini e interessi parziali e provvisori, senza requie, né serenità, né speranza.

Affinché tu non manchi la via della pace, Gesù stesso è così misericordioso da indicarti un modo semplice di trovarla o, se smarrita, ritrovarla. È un metodo accessibile a tutti, praticabile ovunque, in ogni tempo e in ogni condizione: «Entra nella tua stanza e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto» (Mt 6, 6).
C’è un luogo nascosto al quale hai accesso solo tu. Potremmo chiamarlo il cuore profondo, ovvero la radice del tuo essere, là ove alberga il tuo vero io, libero da quelle incrostazioni inautentiche che si son sedimentate nel corso degli anni per effetto delle tue libere scelte sbagliate e di certe modalità di reazione all’ambiente, agli avvenimenti e alle circostanze che ti hanno aiutato a sopravvivere, ma con il tempo si sono sclerotizzate fino a formare un carapace che soffoca la tua identità genuina: un bambino felice di essere amato, perché sa di venire dall’Amore e di andare verso l’Amore; tu sei frutto di una volontà d’Amore ed esisti per rispondere all’Amore.

E’ l’Amore che ti ha creato, ti ha redento, ti conserva nell’essere e nella grazia, a meno che tu non la perda con una disobbedienza grave, pienamente consapevole e deliberata.
L’Amore è la tua origine e la tua destinazione; è la tua felicità di oggi, se vivi in esso, e la tua gloria di domani, se l’avrai meritata. Per scoprire questo, basta che tu rientri nella tua stanza, in quella cella segreta dell’anima in cui Dio ha posto la Sua dimora, come suggerisce il testo greco (tōᵢ patrí sou tōᵢ en tōᵢ kryptōᵢ).
Là puoi trovarlo in qualsiasi momento, dovunque tu sia, purché ti ponga nel silenzio – almeno interiore – facendo tacere ogni altra voce, ogni altro pensiero, ogni desiderio che non sia quello di incontrare Colui che ti ha fatto. Chiudi la tua porta – ti comanda il Maestro –, cioè lascia fuori ogni cosa, metti una distanza tra te e tutto il resto, poni una barriera a protezione del santuario inviolato cui stai per accedere. Con la tua volontà, aiutata dalla grazia, hai sempre il potere di creare questo spazio libero per il santo appuntamento, anche nelle situazioni più assillanti.

Ovviamente il luogo fisico ha la sua importanza, come pure il silenzio esterno. Se non vivi in un monastero o in un convento, devi individuarlo nella tua casa, fissando al tempo stesso l’orario più idoneo per avere la tranquillità necessaria. Puoi cercare questo posto anche fuori, in una chiesa poco frequentata o in una casa religiosa accessibile. L’importante è che almeno una volta al giorno tu possa ritrovare la tua piccola oasi per praticare la meditazione. Il mondo non casca se, per mezz’ora, non pensi ad esso; nemmeno la famiglia, il lavoro o lo studio ne avranno detrimento, al contrario tutto ne riceverà beneficio.
Al termine, quasi certamente, ritroverai le situazioni esterne immutate; ma, se avrai meditato bene, tu sarai cambiato e vedrai quindi ogni cosa con occhi diversi, nella luce di Dio, e percepirai la realtà con cuore rinnovato, pieno di fiducia e di speranza. Non solo, ma la preghiera in cui sfocia la tua riflessione ottiene comunque degli effetti, a lungo, medio o breve termine; la Provvidenza, a volte, ci sorprende in modo davvero inaspettato.

Accedet homo ad cor altum, et exaltabitur Deus (Sal 63, 7-8 Vulg.): quando hai accesso al cuore profondo, Dio viene esaltato, cioè manifesta la propria presenza in esso, la quale, traboccando come acqua viva da una vena sotterranea, inonda l’anima di gioia e di pace.
Ecce enim regnum Dei intra vos est (Lc 17, 21). La parola di Gesù non può che essere vera: il Regno di Dio è realmente dentro di te, se sei in stato di grazia; ma ad esso non puoi accedere se non ad una condizione ben precisa: «In verità vi dico: se non vi convertite e non diventate come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli» (Mt 18, 3).
Devi ridiventare quel bambino che sei alla radice dell’essere, come Dio ti ha pensato e ti vuole, al di qua di qualunque ferita e di qualsiasi peccato. Qualunque cosa ti sia successa o tu abbia fatto, nell’esperienza della Sua amicizia puoi sempre ritrovare quella creatura innocente che è uscita dal fonte battesimale. Se guardi un bimbo battezzato che non ha ancora l’uso di ragione (ed è quindi esente da peccati personali), puoi scorgere nella luce dei suoi occhi un bagliore del tuo io profondo, di quel bambino che è rincantucciato nella tua anima.

Tuttavia non basta uno sguardo fuggitivo nel cuore perché tu viva poi secondo la tua vera identità. «Se uno ascolta la parola e non la mette in pratica, costui è simile a un uomo che considera il volto della sua origine in uno specchio; si è considerato e se n’è andato, e subito ha dimenticato com’era» (Gc 1, 23-24).
La Parola divina è lo specchio in cui conosci i tratti della tua fisionomia autentica, quella di figlio di Dio, quale sei diventato nella tua seconda nascita. A mano a mano che assimili e pratichi la legge perfetta della libertà (Gc 1, 25), quella che disegna il volto umano di Cristo, scopri sempre meglio ciò che sei e, con l’aiuto della grazia, lo realizzi nell’operare; l’essere si compie così nell’agire.
Se invece la tua coscienza morale resta confinata alle cognizioni intellettuali, la visione di ciò che sei divenuto nel Battesimo si offusca e, alla fine, ti sfugge; al massimo rimane un’astratta teoria e un codice di norme che non plasmano l’interiorità né trasformano realmente la condotta, la quale, dietro lo schermo di una correttezza puramente formale, è cattiva ed egoistica.

Plenitudo ergo legis est dilectio (Rm 13, 10): pieno compimento della legge è l’amore.
E’ evidente che chi viene dall’Amore e va verso l’Amore, chi di quell’Amore è frutto e per rispondere ad Esso vive, non possa trovare se stesso ed essere felice se non amando di pura carità, costi quel che costi.
La discesa nel cuore operata con la meditazione dispone all’abnegazione e al rinnegamento di sé per il vero bene del prossimo, a gloria di Dio e per la salvezza dei fratelli. «Dio ama chi dona con gioia» (2 Cor 9, 7): più il tuo cuore è dilatato dalla carità, più è capace di accogliere ulteriormente l’amore divino, assimilandosi sempre più a quello di Gesù e sviluppando in misura via via più piena i tratti di quel volto che il Battesimo ha impresso nell’anima.
«Conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: per voi si è fatto povero, pur essendo ricco, perché voi, con la sua povertà, diventaste ricchi» (2 Cor 8, 9).
Il supremo abbassamento dell’Incarnazione e della Passione ti ha donato l’inestimabile tesoro della figliolanza divina; ma questa partecipazione per grazia alla condizione che Cristo possiede per natura deve assimilarti progressivamente a Lui con la tua collaborazione.

«Beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum est regnum caelorum» (Mt 5,3): la compiuta somiglianza con il Figlio è fonte inesauribile di beatitudine, già su questa terra. Potrebbe essere diversamente? Carità e povertà di spirito sono inseparabili.
Chi ama senza desiderare nulla per sé, ma volgendo tutto a gloria di Dio e a beneficio degli altri, non ha nemmeno nulla da temere. Chi trova il Regno di Dio nel profondo del cuore sa di poter contare, in ogni circostanza, su un Padre infinitamente buono e potente. Perfino nei momenti di oscurità spirituale, nella penosa esperienza della Sua apparente assenza, il ricordo soavissimo degli incontri già avvenuti comunica forza, stabilità e coraggio tali che nulla al mondo può scuotere radicalmente l’anima, per quanto sofferente. Vale davvero la pena, dunque, che tu entri ogni giorno con la meditazione nella tua stanza, dove abita il tuo Diletto, ragione del tuo esistere e pienezza di ogni tua buona aspirazione.





febbraio 2020
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