Per una visione cattolica dell’ecologia

di Don Bernard de Lacoste, FSSPX



Pubblicato sul sito francese della Fraternità San Pio X:
La Porte Latine



Mercoledì 12 febbraio 2020 è stata pubblicata dal Vaticano l’esortazione post-sinodale di Papa Francesco. In essa è preponderante il tema dell’ecologia.
Che gli uomini politici parlino spesso dell’ecologia e prendano delle decisioni per proteggere l’ambiente, perché no? Ma che le autorità ecclesiastiche ne facciano la priorità del loro governo e l’oggetto di predilezione del loro insegnamento solenne, è cosa più che stupefacente.
Quale deve essere l’attitudine del cattolico di fronte all’inquinamento e ai pericoli che corre il nostro pianeta? Un cattolico, deve essere ecologista?



L’amore e il rispetto per la natura





La Santa Chiesa ci insegna a rispettare la natura, che è opera di Dio. Tutto ciò che Dio ha fatto è buono, dice la Scrittura. Disprezzare la natura è come disprezzare l’Autore della natura.
Questo dovere del cristiano nei confronti della natura è stato manifestato in maniera eclatante da San Francesco d’Assisi, che vedeva nella natura l’opera di Dio. A lui, la creatura gli serviva per comprendere il Creatore.
Per esempio, quando sentiva la solidità incrollabile e la potenza delle rocce, come d’un colpo riconosceva quanto Dio è forte e quale appoggio ci offre. L’aspetto di un fiore nella freschezza del mattino gli rivelava la purezza e la bellezza di Dio. I piccoli becchi aperti, con una fiducia ingenua, in un nido di uccelli, gli faceva comprendere la tenerezza infinita del Cuore di Gesù.

San Francesco d’Assisi voleva anche che tutta la natura si unisse alla sua azione di grazie verso Dio. Ad Assisi, tra gli ulivi della Porziuncola gridava: «sorella cicala, bisogna che tu canti le lodi di Dio!», e immediatamente sua sorella cicala si metteva a cantare, fino a quando gli ordinava di tacere.

San Francesco d’Assisi vedeva anche nelle creature i simboli delle realtà divine.
Per esempio, egli amava l’acqua, che gli ricordava il sacramento del Battesimo e la purificazione dell’anima. E’ per questo che quando si lavava le mani sceglieva un luogo dove le gocce d’acqua che cadevano dalle sue mani non potessero essere calpestate.
Sulle rocce, egli metteva i piedi con precauzione, perché pensava a quella pietra simbolica chiamata “pietra angolare”, simbolo di Gesù Cristo.
Quando un frate abbatteva la legna nella foresta, gli chiedeva di mantenere una parte di ogni albero, per conservare la speranza che quell’albero rinverdisse, a ricordo della Croce del Golgota.

Alla fine della sua vita, il poverello d’Assisi compose il Cantico delle Creature, chiamato anche Cantico di Frate Sole, che ci ricorda il Cantico dei tre fanciulli nella fornace.
Nell’Antico Testamento si racconta che tre fanciulli del popolo ebraico si rifiutarono di adorare un idolo e furono subito dettati nella fornace ardente, ma per una miracolosa protezione divina non ricevettero alcun danno. Allora, in mezzo alla fornace essi cantarono un Cantico di azione di grazie: «Benedite, piogge e rugiade, il Signore, 
lodátelo ed esaltátelo nei secoli. … Benedite, sole e luna, il Signore, 
lodátelo ed esaltátelo nei secoli. … Benedite, stelle del cielo, il Signore,
 lodátelo ed esaltátelo nei secoli. … Benedite, mari e fiumi, il Signore,
 lodátelo ed esaltátelo nei secoli. … Benedite, freddo e caldo, il Signore, 
 lodátelo ed esaltátelo nei secoli. … Benedite, uccelli tutti dell’aria, il Signore,
 lodátelo ed esaltátelo nei secoli. … Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici, il
 Signore,
 lodátelo ed esaltátelo nei secoli.… ecc.»

San Francesco d’Assisi compose il suo Cantico con lo stesso spirito:
«Laudato si’, mi’ Signore, 
cum tutte le Tue creature,
 spezialmente messor lo frate Sole, 
lo qual è iorno 
et allumini noi per lui.
 Et ellu è bellu e radiante 
cum grande splendore:
 de Te, Altissimo, porta significazione. … Laudato si’, mi’ Signore, 
per sora Luna e le stelle: 
in celu l’ai formate 
clarite e preziose e belle. … Laudato si’, mi’ Signore, 
per frate Vento 
e per aere e nubilo 
e sereno e onne tempo,
 per lo quale a le Tue creature 
dai sustentamento.

 Laudato si’, mi’ Signore, 
per sor’Acqua,
 la quale è multo utile et humile 
e preziosa e casta.

 Laudato si’, mi’ Signore, 
per frate Focu,
 per lo quale ennallumini la notte:
 et ello è bello e iocundo 
e robustoso e forte. … ecc.»

San Francesco aveva uno sguardo di fede sulla natura. Il suo sguardo saliva fino a Dio nell’azione di grazie. Anche noi, quando ammiriamo la bellezza del mare, delle montagne, delle stelle o della campagna, il nostro spirito si eleva verso Colui che li ha creati.

E’ dunque dovere di ogni cattolico amare, rispettare e proteggere la natura, che è opera di Dio.





Il disprezzo delle cose della terra

Tuttavia, in questo siamo obbligati a prendere le distanze dagli insegnamenti delle autorità moderniste; la Santa Chiesa ha sempre insegnato che il disprezzo per la terra è molto buono ed anche necessario.
Nella Messa del Sacro Cuore di Gesù, noi preghiamo: «Insegnaci a disprezzare le cose della terra e ad amare le realtà del Cielo». Del pari, il giorno della festa di San Pier Damiani (23 febbraio), noi preghiamo: «perché il disprezzo delle cose della terra ci faccia ottenere le gioie eterne».

Queste preghiere sono state soppresse nel Messale di Paolo VI. Perché? Perché i modernisti rifiutano di disprezzare le cose della terra. Essi vogliono guardare solo il lato buono delle cose terrene. Il loro sguardo è squilibrato, utopico, di un ottimismo che mette da parte la dimensione soprannaturale della nostra vita umana. Il loro è uno sguardo da pagani, che dimentica il nostro vero destino che è nell’al di là; e dimentica anche come l’uomo ferito dal peccato originale possa essere sedotto e ingannato dalle sirene di questo mondo.

San Paolo diceva ai Colossesi: «cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra» (III, 1-2).

San Giovanni della Croce, nel suo libro La salita al Monte Carmelo, spiega bene come la fede soprannaturale ci fa considerare il mondo: «Tutto ciò che esiste sulla terra e in cielo è puro niente se paragonato a Dio. Gli astri, paragonati a Dio sono pure tenebre. Anche tutte le creature, considerate da questo punto di vista, sono solo niente, e l’amore che ci lega ad esse è, per così dire, ancora meno, perché è un impedimento e una privazione della trasformazione in Dio».

Queste parole sono un’eco dell’Ecclesiaste: «Vanità delle vanità, tutto è vanità».
In effetti, i beni della terra sono tutti corruttibili, precarii, effimeri, fuggitivi, insufficienti, vani, derisorii, ingannatori.





Come conciliare questi due obblighi in apparenza contraddittorii?

Da un lato, i beni terreni sono amabili e rispettabili; dall’altro essi sono solo niente e ostacoli alla nostra salvezza.
Ma allora, le cose della terra sono al tempo stesso disprezzabili e non disprezzabili? Come uscire dalla contraddizione? Grazie ad un dono dello Spirito Santo.
Il dono della scienza ci fa giudicare correttamente le creature. Esso dà una giusta valutazione delle cose create.
Vedendo in queste realtà terrene un’occasione di peccato, l’uomo è pieno di tristezza, di lacrime. E questo perché, secondo Sant’Agostino, la beatitudine delle lacrime risponde al dono della scienza: beati coloro che piangono, perché saranno consolati (Mt. V, 4). Questo dono ottiene come ricompensa la gioia spirituale già in questa vita, ma soprattutto nella vita eterna.

Questo dono della scienza spiega le lacrime di Santa Maria Maddalena quando si rese conto della gravità dei suoi peccati. Questo dono spiega anche le lacrime di San Pietro dopo il suo triplice rinnegamento. Questi due Santi hanno pianto il loro attaccamento sregolato ai beni della terra, che aveva fatto dimenticare loro il loro dovere.

Piangere e rattristarsi davanti alla vanità delle cose terrene e davanti all’eccessivo affetto di cui siamo colmi, è segno che noi abbiamo un giudizio lucido sulle creature.

Al contrario, gli insensati vedono nelle creature lo scopo della loro vita. Essi mettono tutte le loro speranze nella vita terrena. Essi spendono tutte le loro energie per migliorare la vita degli uomini qui in terra e non si preoccupano dell’al di là. Questa è follia!

Noi vediamo che la natura e la terra possono distoglierci da Dio, se noi li consideriamo senza la fede, con lo sguardo dei pagani. Il principale pericolo consiste nell’accordare più importanza alla materia che allo spirito, al corpo che all’anima, a ciò che è corruttibile che a ciò che è eterno.
Per esempio, il tale ecologista militante lavora benevolmente per proteggere certi uccelli in via di estinzione, il che è lodevole; ma al tempo stesso egli milita per l’aborto: per lui i piccoli uccelli hanno più valore degli esseri umani! Il tal’altro ecologista lavora con zelo per ridurre l’emissione del biossido di carbonio, il che è lodevole. Ma in questa ottica non manda i suoi figli al catechismo e non li porta a Messa la Domenica, allo scopo di limitare i suoi spostamenti con l’automobile. Per lui la qualità dell’aria è più importante dell’anima immortale dei suoi figli!

Quindi, le cose della terra sono disprezzabili in quanto possono distoglierci da Dio e in quanto il loro valore oggettivo è derisorio in rapporto all’eternità; e le stesse cose sono amabili e rispettabili in quanto vengono da Dio e devono condurci a Dio.

In conclusione, se l’ecologia consiste nel rispettare la natura e le sue leggi allora ogni cattolico deve essere ecologista. Ma se l’ecologia consiste, come è il caso oggi, nell’accordare più importanza al nostro pianeta che alla vita eterna, allora noi dobbiamo rifiutarla.
Per un cristiano, la cura dell’ambiente non può essere prioritaria.
Nostro Signore dice: «Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt. VI, 31-33).
 



febbraio 2020
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