Il cardinale che non conosce
l’Atto di Dolore

di Belvecchio

Atto di Dolore

Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati,
perché peccando ho meritato i Vostri castighi
e molto più perché ho offeso Voi, infinitamente buono
e degno di essere amato sopra ogni cosa.
Propongo con il Vostro santo aiuto di non offenderVi mai più
e di fuggire le occasioni prossime di peccato.
Signore, misericordia, perdonatemi.


Questa triste vicenda del “coronavirus” sta portando molti a riflettere e a porsi delle domande; tra i cattolici, una delle domande più frequenti è quella relativa al nesso che può esserci tra la diffusione della malattia e il castigo di Dio.
Diciamo che ci si pone la domanda, non che si afferma che in questo caso si tratterebbe di un castigo di Dio; ma questo non esclude che si possa veramente trattare di un castigo di Dio.
Certo è che solo Dio sa come stanno veramente le cose.

La nostra moderna concezione razionalista delle vicende della vita ha permesso di ipotizzare, in maniera più o meno interessata o strumentale, le cause più diverse della diffusione di questa brutta e letale influenza che degenera presto in polmonite. Quasi in maniera scontata si è perfino parlato di guerra batteriologica o di intervento dei “servizi segreti”. Nessuna meraviglia quindi se tanti cattolici, da loro punto di vista, abbiano pensato ad un castigo di Dio.



 

Meraviglia invece che un cardinale, Angelo Scola, già papabile e grande sostenitore dell’elezione di Bergoglio al Papato, dichiari in un’intervista a La Repubblica che sarebbe cattolicamente scorretto parlare di “castigo di Dio”.
Richiesto il suo parere, nell’intervista del 26 febbraio 2020, egli ha risposto:
«È una visione scorretta. Dio vuole il nostro bene, ci ama e ci è vicino. Il rapporto con lui è da persona a persona, è un rapporto di libertà. Certo, conosce e prevede gli avvenimenti ma non li determina. Quando gli chiedono se le diciotto persone morte sotto il crollo della torre di Siloe abbiano particolari colpe Gesù smonta la questione: “No, io vi dico, non erano più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme”. Per i cristiani Dio comunica attraverso le circostanze e i rapporti. Anche da questa circostanza potrà emergere un bene per noi. Fra i tanti insegnamenti la necessità di imparare a stare nella paura portandola a un livello razionale».

In questa risposta del cardinale ci sono due errori e due falsità.
Il primo errore sta nell’affermazione che si tratterebbe di una “visione scorretta”, cioè che cattolicamente sarebbe scorretto parlare di “castigo di Dio”. Evidentemente Scola non ha mai recitato l’Atto di Dolore, non ha mai chiesto al Signore di perdonarlo per i suoi peccati, per i quali ha meritato i Suoi castighi.

Il secondo errore sta nell’affermazione che il Signore non “determinerebbe” gli avvenimenti, ma si limiterebbe solo a conoscerli e a prevederli. Evidentemente Scola, dà prova che, non solo non conosce l’insegnamento cattolico, ma non conosce neanche l’insegnamento popolare che sa benissimo che in questo mondo “non si muove foglia che Dio non voglia”.

La prima falsità sta nella manipolazione del Vangelo (Lc. XIII, 1-5). Scola asserisce che le diciotto persone morte sotto il crollo della torre di Sìloe non avrebbero avuto colpe particolari e afferma che “Gesù smonta la questione” e cita: “No, io vi dico, non erano più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme”. Ora, il fatto che, come dice Nostro Signore, “…quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?” (Lc. XIII, 4), non significa che non avessero colpe, ma significa che avevano le stesse colpe di “tutti gli abitanti di Gerusalemme” e che quindi la punizione, il castigo, spettava loro al pari degli abitanti di Gerusalemme, come infatti avverrà per questi ultimi qualche decennio dopo (70 d. C). E questo è confermato dall’omissione nella citazione di Scola: “No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Lc. XIII, 3 e 5). Quindi, Nostro Signore conferma la colpa e il relativo castigo, anzi l’annuncia a tutti gli altri: “se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo”.

La seconda falsità sta nella duplice affermazione: “Per i cristiani Dio comunica attraverso le circostanze e i rapporti. Anche da questa circostanza potrà emergere un bene per noi. Fra i tanti insegnamenti la necessità di imparare a stare nella paura portandola a un livello razionale”. E’ falso dare per scontato che “da questa circostanza”, con la quale “Dio comunica” con noi, “potrà emergere un bene per noi”, perché è solo Dio che può trarre un bene dal male, e non l’uomo, non noi! Ed è altresì falso sostenere che da “questa circostanza” possa derivare l’insegnamento di “imparare a stare nella paura portandola a un livello razionale”. Non si impara a stare nella paura “razionalizzandola”, semmai si impara a vincerla affidandosi alla misericordia di Dio; non è la razionalità che supera le nostre pulsioni, ma è la fede in Dio che ci aiuta a controllarle e a vincerle. Ma evidentemente Scola “non si fida della fede in Dio”, meno di quanto invece si fidi della ragione umana.

Per chiudere facciamo notare che nella stessa intervista, Scola avverte che la paura suscita la ricerca di un nemico a cui dare le colpe; il che ci sembra quantomeno improprio, perché nell’ottica del “castigo di Dio” il colpevole effettivamente c’è ed è l’uomo stesso col carico dei suoi peccati. Ma Scola questo non lo ricorda, perché a lui interessava soprattutto stabilire un parallelo: “un po’ quanto accade oggi anche rispetto alle migrazioni”; un parallelo paradossale, però, per due motivi: primo perché le migrazioni hanno dei responsabili, di cui si potrebbero fare – e si sono già fatti – nomi e cognomi: e secondo perché le migrazioni non hanno bisogno di suscitare paure, sono già paurose per se stesse: sono il veicolo col quale si vogliono annullare l’identità e la religione degli Europei per sostituirle con l’indifferentismo culturale e cultuale del Nuovo Ordine Mondiale. Ma Scola questo non può non saperlo, visto che è uno dei sostenitori di tale sovversione: o è cieco o è colpevole.

Ci si può solo chiedere: ma che cardinale è Scola? Di che cosa è “cardine”? Certo non della Chiesa di Cristo!





Islamici in preghiera davanti al Duomo di Milano
Scola era Arcivescovo della diocesi






marzo 2020
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI