Invito al viaggio su un tappeto volante

di Marcello Veneziani


Pubblicato sul quotidiano La Verità del 22 marzo 2020
e ripreso dal sito dell'Autore

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Abbiamo bisogno di tappeti volanti. Per uscire di casa, dove siamo costretti agli arresti domiciliari, urgono tappeti volanti capaci di farci volare con la mente, gli occhi, lo spirito sposato ai sensi. Per liberare la mente prigioniera e per salvarci dalla cattività, abbiamo bisogno d’una Sharazad che ci racconti ogni sera una storia sul tappeto, come nelle Mille e una notte, l’antefatto delle serie di Netflix; e ci faccia passare la longa nuttata. Così, per dirla con Xavier de Maistre, il primo esploratore dei viaggi in una stanza: “Le ore scivolano sopra di noi e cadono in silenzio nell’eternità, senza farci sentire il loro triste trascorrere”.
Fuori è la paura, il dolore, la morte e il male.

Il più facile tappeto volante è la tv sposata a internet. Preziosi non solo per capire cosa succede, ma anche e soprattutto per uscire da ciò che succede. Ma non basta, ci vuole qualcosa di più personale, che ci faccia passare dal ruolo di spettatori a quello di attori, da vissuti a viventi. Qui vi indico alcune possibili escursioni o scali a bordo del tappeto volante di casa. Per uscire da Hicetnunc, Qui-e-ora, il funesto paese del presente. Domestic fly.  E viaggiare alla scoperta favolosa dell’interiorità, dell’anteriorità, della posterità, dell’eternità.

Per cominciare nel modo più profano, sedetevi sul tappeto di casa e pronunciate un nome: Alexa e chiedete a questa magica divinità le musiche con cui volete accompagnare il viaggio. Alexa è una preziosa assistente artificiale che dialoga con voi, compila liste e vi fa ascoltare le canzoni che volete. E non solo le più banali e attuali, ma un repertorio sconfinato da Mina a Beethoveen. Un mezzo tecnologico, per giunta Amazon, potrà diventare armoniosa compagna di solitudini, vi porterà nei cieli. Perché la musica è una visione del mondo anche se non dà visione e non è del mondo. E’ il più magico tappeto volante.

Dopo che vi siete attrezzati di un robot venuto dal futuro, procuratevi un veicolo che vi riconduca nel cuore del passato. Visitate la stanza dei ricordi, adottate “il magico potere del riordino”,  risistemate i lacerti del passato, riparate la vecchia radio clariton e riaccendetela come quando eravate bambini per ritrovare quello stupore.
Ma soprattutto trascinatevi sul tappeto la prima fonte del ricordo: l’album di famiglia. E’ un viaggio favoloso nella vita anteriore, un viaggio tenero e struggente, a tratti comico e gioioso, nel mondo di ieri. Dove abitava la vostra infanzia, i vostri cari che non ci sono più, i vostri figli che erano ancora bambini, il vostro paese. Non limitatevi a sfogliare l’album, ma entrate nelle foto. Immaginate che siano touch, pigiatele al centro e prenderà vita un mondo, risalirà una storia, si animerà una situazione, un incontro. Accadrà il miracolo del ritorno. La foto è la nostra vera casa di carta, abitata da sguardi, anime, corpi, giovinezze fiorite e sfiorite, vecchiaie smarrite nell’imbuto della notte. La foto è il tempo messo in salvo, è il divenire che imita l’essere fermandosi; offre una breve, minuscola eternità.
Si riapre il cuore vedendo quei mondi. E le foto in bianco e nero, ancor più; perché senza colore sembrano di un altro mondo, un’altra età, frammenti di paradiso perduto. Altro che i selfie, erano scorci d’umanità. Anche scene povere sprizzano più vitalità e solarità dello smorto seppur colorato presente. Scrive Borges: “Cosa non darei per il ricordo di mia madre che contempla il mattino”. L’album è la prova della vita che fummo. E’ lo scrigno della nostalgia; non della casa, stavolta, ma della vita, del mondo e di altre case.

Il tappeto volante della mente per eccellenza si chiama libro, e richiede una sola patente: saper leggere. Con attenzione, concentrazione, gusto. In questo periodo potete leggere libri per “analogia” o “contrappasso”, per citare Dante; ovvero potete leggere libri che riflettono la prigionia domestica o libri che al contrario vi portino lontano. Nel primo caso, vi ricordo oltre il Decameron di Boccaccio, anche la più grande opera fatta in casa, Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust, un’opera così ampia che tutti citano e nessuno ha letto perché troppo lunga. Bene, è tempo di leggerla, ne avete il tempo. O il Deserto dei tartari di Buzzati, dove i tartari invisibili e minacciosi sono come il coronavirus. Viceversa, se volete evadere partite con Chatwin per la via dei canti, Anatomia dell’irrequietezza, Che ci faccio qui? O imbarcatevi nei sogni di Borges, di Pessoa o tra gli dei di Pavese nei Dialoghi con Leucò.

Il libro è la vita che non hai vissuto, l’amore che non hai amato, la storia che non hai conosciuto. Con un libro vivi più vite in una sola; sia che vi racconti una storia, sia che vi faccia pensare. Riscoprite i libri, non per ingannare il tempo ma per renderlo favoloso.

Ma visto che siete sul tappeto lasciatevi trasportare in oriente. Ritualizzate le vostre ore, compite cerimonie del the, e magari anche del caffè, fate sul tappeto quegli esercizi fisici e mentali che vi fanno star bene. Non solo yoga, pensate, contemplate il cielo in una stanza. Non c’è bisogno poi di diventare islamici per scoprire il tappeto della preghiera.
Ecco un esercizio spirituale magnifico, di concentrazione e distacco, di amore, prossimità e lontananza. Pregate, come facevate da bambino, scandite le parole ponendo attenzione a ciascuna di esse, ripetetele, accompagnatele a gesti rituali e tracce d’antica liturgia, ripensate a Dio, alla Madonna, agli Angeli e ai Santi, dialogate con l’Angelo custode. Immaginate di tessere su un telaio, di quelli usati per fare tappeti, per ricomporre la vostra spiritualità sfilacciata, intrecciando le trame.

E raccontate la vita stesi sul tappeto, fate bilanci e programmi; trovate una buona ragione per vivere ancora, una cosa da compiere. Imparate, come disse ancora Borges ad essere grati “per le modeste elemosine dei giorni: il sonno, l’abitudine, il sapore dell’acqua”. E quando finalmente uscirete e attraverserete la strada, proverete “all’improvviso una misteriosa felicità che non viene dalla speranza ma da un’antica innocenza, dalla sua stessa radice o da un dio disperso”.
Illusione per illusione, mutiamo l’incubo in sogno.






marzo 2020
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