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Satana in Vaticano
Un altro romanzo infernale di Alessandro Gnocchi
Pubblicato il 24 marzo 2020 sul sito “Ricognizioni” ![]() ![]() Londra, l’editore Juan Diego Vargas sta esaminando un corposo fascicolo dell’FBI che riguarda un complotto in Vaticano. L’uomo incarica Michael Wilson, giornalista indipendente, di indagare. Partito per l’Italia, il giovane reporter inizia un’indagine che metterà in luce eventi delicati e segretissimi. Chi ha impedito l’elezione di Gregorio XVII? E perché? Chi si trovava nei sotterranei di una sinagoga di Strasburgo nell’inverno del 1962? Quali enormi stravolgimenti vennero operati dalle alte gerarchie cattoliche? Ma, soprattutto, cosa accadde realmente nella notte tra il 28 e il 29 giugno del 1963 nella Cappella Paolina e contemporaneamente in una cittadina del sud Carolina? Nella primavera del 1999, durante una cena privata in un prestigioso ristorante di Manhattan, il gesuita Malachi Martin, esorcista, teologo e professore al Pontificio Istituto Biblico di Roma, raccontò alcuni dettagli sconvolgenti su ciò che accadde quella notte. Questa è soltanto una traccia del romanzo appena pubblicato da Philip Evans, “Satana in Vaticano”, così come viene descritta nella ben fatta quarta di copertina. Se vi interessa saperne di più e sapere come è nato questo libro, ve lo posso raccontare. ![]() L’uomo che a giugno di quattro anni fa suonò di prima mattina alla porta di casa mia non era quello che aspettavo. O meglio, non era come me lo aspettavo. Dalla voce, dal piglio e dalla concitazione che avevo percepito per telefono una settimana prima, mi ero fatto l’idea che Philip Evans fosse un giovanottone americano, ipervitaminico e ipercinetico, invaghito per le inchieste sul mistero: un americano da film, insomma. Non certo il signore tra i cinquanta e i sessant’anni, fin troppo magro, in perfetto completo grigio, con la borsa di cuoio rigonfia di libri e giornali che avrebbe ben figurato a Oxford tra Tolkien e Lewis. Però quello era Philip Evans e, come eravamo d’accordo, in casa trovava solo me. Un po’ per discrezione e un po’ per sicurezza, aveva detto. Sa, l’argomento è molto delicato e temo di aver suscitato attenzioni non troppo benevole. Proprio così, attenzioni non troppo benevole. Se la cosa mi aveva fatto sorridere, pensando al giovanotto americano, trovandomi davanti l’icona del classico professore di Oxford cominciavo a vederla diversamente. Philip, lo chiamo così perché siamo diventati amici, non è un giornalista, non è uno scrittore, non è neanche uno studioso di questioni cattoliche. È venuto in Italia per capire cosa fosse accaduto nella chiesa durante gli ultimi cinquant’anni e, tra gli altri, voleva parlare con me del libro su padre Pio che avevo scritto con Mario Palmaro. Sapeva che mi ero occupato della questione sul versante spirituale, o infernale se si vuole, sapeva che avevo raccolto materiale mai pubblicato, sapeva anche che il libro sarebbe stato tradotto negli Stati Uniti. Sapeva troppe cose, insomma, per essere un semplice insegnante di matematica della costa Est con il pallino per il cinema. Se ne andò a pomeriggio inoltrato senza avermi veramente convinto di essere solo un insegnante di matematica della costa Est e dopo aver saputo quasi tutto quello che so e dopo aver visto quasi tutti i documenti che ho. Comunque, quando fu il momento, se ne andò. Se riesco a trovare il bandolo, mi piacerebbe farci un film sul disastro avvenuto nella chiesa in questi decenni. Parlava anche un ottimo italiano. Però dovremo vederci ancora, dopo che avrò incontrato le persone che ho in agenda e quelle che mi ha indicato lei. Tre mesi più tardi, a settembre, ci incontrammo a Venezia. Di lui non posso dire molto perché preferisce restare in ombra e non voglio tradire questo suo amore per la riservatezza che, francamente, mi pare eccessivo per un semplice professore di matematica. Però, ricordando la stranissima morte di Malachi Martin, che rivelò in un libro la cerimonia di intronizzazione di Lucifero avvenuta in Vaticano, rispetto la sua richiesta. Quello che vuole si sappia di lui è riportato qui, testualmente, scritto di suo pugno: “Philip Evans è qualcuno che non è importante, non è una persona che si è svegliata una mattina e ha deciso di diventare scrittore. Lui faceva e fa dell’altro. Ma ad un certo punto della sua vita, caso o non caso, si è imbattuto in qualcosa che lo ha profondamente turbato. Ha scoperto che all’interno della chiesa cattolica ci fu una rivoluzione vera e propria. Non poteva lasciare perdere e ha così deciso di procedere in una ricerca che lo ha portato a scoprire l’esistenza di due chiese completamente diverse. Una che ha continuato con grandi difficoltà nel solco della tradizione e un’altra che ha deviato abbandonando il sentiero secolare su cui avevano camminato santi e martiri. Tra le varie ricerche, si è imbattuto in una davvero speciale che riguarda il gesuita Malachi Martin autore del famoso libro The Windswept House del 1996. In proposito, qualcuno gli ha fatto delle rivelazioni molto precise su un incontro avvenuto a Manhattan”. Quando ci incontrammo a Venezia, Philip stava già pensando di trasformare la sceneggiatura abbozzata in un romanzo, quello di cui ora ci accingiamo a parlare, uscito con un titolo tutt’altro che prudente Satana in Vaticano, scritto in italiano. Ci siamo sentiti di recente e, in previsione dell’uscita, gli ho fatto qualche domanda. Allora Philip, vuoi spiegare perché un “semplice” professore americano di matematica, tutt’altro che votato all’avventura e al mistero, ha scritto Satana in Vaticano? Sono
un cattolico che, con l’andare del tempo, ha cominciato a riflettere
sulla crisi della chiesa cattolica negli ultimi decenni. Non ricordo
neppure benissimo perché ho iniziato a pensarci. So soltanto che
poi, da uno dei miei tanti problemi, è divenuto “il problema” e
ho cominciato a cercare chi ne aveva già scritto. Il romanzo
è la mia piccola risposta alla necessità di resistere in
una situazione molto grave, ma anche un mezzo per risvegliare coscienze
sopite e riportare alla luce fatti dimenticati o cancellati. Senza
rendermene conto avevo visto passare sotto i miei occhi cambiamenti
significativi e gravi. Superficialità, pigrizia, disattenzione?
Una rivoluzione si era abbattuta sulla chiesa sin dall’inizio del
secolo scorso e la Messa, che è il Sacrificio della Croce,
veniva stravolta e protestantizzata. Ho sentito il desiderio di fare
qualcosa, di dare un piccolo e modesto contributo affinché anche
altri fedeli, ormai ipnotizzati o distratti dalla nuova chiesa,
potessero destarsi e ritrovare la vera Fede.
Quindi hai cominciato a cercare. E cosa hai trovato? Tra
le vicende che mi hanno colpito di più, ci sono quelle di
Malachi Martin e di padre Pio.
Cominciamo da Martin. Malachi
Martin, un irlandese che è stato gesuita e morì nel 1996,
descrive un preciso evento, risalente al 1963, nel libro “La casa
spazzata dal vento”. Afferma che al culmine del Concilio, a Roma, ci fu
una cerimonia per l’intronizzazione di Lucifero in Vaticano. Descrisse
dettagliatamente quella cerimonia, che si consumò
contemporaneamente in Italia e in una cittadina della Carolina del Sud.
Per decenni, quella sua affermazione fu fonte di molta confusione e
controversie. Pochi sanno però che, proprio poche settimane
prima della morte del sacerdote, un esponente dell’alta nobiltà
europea, di origini bavaresi, organizzò a New York un incontro
riservato con Malachi Martin. L’incontro avvenne in un prestigioso
ristorante di Manhattan e Martin confermò tutto quello che aveva
scritto nel suo libro, ma una tragica caduta, definita accidentale
dagli inquirenti, e causata, secondo quanto riferito, da “una mano
invisibile”, provocò la sua morte solo pochi giorni dopo
quell’incontro. Malachi Martin, pochi istanti prima di spirare,
riuscì a confidare ad un intimo amico le seguenti parole: “Ho
sentito qualcosa che mi spingeva, una mano invisibile, ma… non c’era
nessuno”.
Adesso padre Pio. Mi
ha colpito il modo in cui ne hai parlato tu nel libro scritto con
Palmaro. Nel romanzo ci sono alcuni brani tratti da “L’Ultima Messa di
Padre Pio”. Per esempio, nel terzo capitolo intitolato “Il sogno”, il
giovane reporter inglese, Michael Wilson, ospite di un amico italiano,
è intento nella lettura del tuo libro. Michael legge l’inizio
del capitolo 2, “Mentre Padre Pio moriva, giù, ai piedi del
Gargano, l’Italia del boom economico…”. Ogni tanto il reporter si
interrompe per poi riprendere la lettura. Un altro breve brano che il
giovane legge è il seguente: “È lo stesso frate a
scrivere il 13 febbraio 1913 queste impressionanti parole che si
è sentito rivolgere da Gesù: ‘Non temere io ti
farò soffrire…’”.
Padre Pio è fondamentale per comprendere che cosa è accaduto in questi decenni. Perciò ho aggiunto anche una parte dell’epistolario e precisamente la lettera del 7 aprile 1913 in cui il frate scrive dell’apparizione di Gesù, che gli apparve “malconcio e sfigurato”. Di lui si parla ancora in altre parti del romanzo, ma i pezzi inseriti non sono tratti da libri, riguardano una storia autentica accaduta a un’amica di famiglia. Voglio ribadire anche qui quanto ti ho detto altre volte. Mi è servito molto leggere quanto hai scritto e sentire ciò che mi hai detto. È stato più che sufficiente, ma penso che non sia tutto e mi chiedo se prima o poi verrà a galla il resto. Questa, Philip, è un’altra storia e come sai, ho preso una strada che probabilmente mi esenta dal raccontare quanto non ho detto neanche a te. Anzi, forse mi impone di non farlo. Raccontami invece che cosa hai trovato di interessante. Quando
mi sono reso conto di ciò che era accaduto nella Chiesa, ho
sentito la necessità di approfondire e documentarmi, ma potrei
dire studiare, per capire meglio quali stravolgimenti erano avvenuti.
La prima cosa che ho fatto è stata quella di reperire alcuni tra
i libri che trattano questi temi, ma ho anche cercato materiale utile
tra le interviste fatte ad alcuni sacerdoti nelle cui parole c’è
tanta sofferenza per questi eventi. Mi riferisco in particolare alle
ultime omelie di monsignor Marcel Lefebvre. Ho cercato però
anche di incontrare personalmente alcuni sacerdoti e laici per porre
loro quelle domande che una persona comune come me desidererebbe fare
per comprendere meglio gli eventi. È stato in questo modo che mi
sono reso conto di come molti fossero i testi e i saggi disponibili su
questi temi, ma quasi sempre libri molto complessi e specifici, e ho
verificato, invece, che mancavano degli strumenti più semplici,
alla portata di tutti. Intendo libri non per gli addetti ai lavori, ma
più accessibili, più facili come può essere un
racconto, che potessero più agevolmente coinvolgere il lettore
fornendogli uno stimolo per una riflessione.
Che effetto ti attendi da tutto questo? Mi
piacerebbe che si capisse che c’è bisogno di reagire con
determinazione davanti al crollo delle vocazioni, alla diminuzione
drastica della fede, alla perdita dei valori, al precipitare dei
costumi, alla distruzione della famiglia e alla resa di chi, ai vertici
della Chiesa, dovrebbe essere riferimento e, invece, rinuncia o, ad
esempio, si nasconde dietro ad affermazioni tristi e arrendevoli come:
“Chi sono io per giudicare?”. Il cristiano ha il dovere di rispondere
sì all’invito del Signore che disse: “Andate per tutto il mondo
e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crede e sarà
battezzato si salverà; chi non crede sarà condannato” (Mc
16,15-16). È necessario dunque che questo messaggio di
evangelizzazione, oggi sempre più nascosto, oppure negato, in
nome di “libertà” fantomatiche per il rispetto delle altrui
volontà e delle altre religioni, possa essere recuperato e
diventare nuovo motivo di azione cristiana e di speranza.
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marzo 2020 |