Tradizione e contemporaneità?

ovvero

Il falso concetto di Tradizione



di Giacomo Devoto


Tra le diverse cose amene nelle quali ci imbattiamo qua e là, l’altro giorno abbiamo letto un articolo sul sito Messainlatino.it firmato “Mons. Alvaro Rissa Bufalini” e dal titolo: “Tradizione e contemporaneità: due facce della stessa medaglia”.

Diciamo subito che la stessa firma sembra voler rivelare la reale intenzione dell’estensore dell’articolo, ma, mentre lasciamo ad altri l’esegesi della denominazione presentata, ci sembra opportuno ricordare che ciò che è scritto è scritto, ed è per il suo evidente significato che va valutato; è questo che ci ha indotto a stendere queste righe, … a scanso di equivoci.

L’articolo è così pieno di belle frasi e di buone intenzioni che ci è venuto il sospetto che l'autore possa essere un docente di comunicazione di massa, di quelli che tengono corsi accademici di persuasione occulta per far vendere la mercanzia di scarto come fosse roba di qualità.

La chiave dell’articolo è data dalla risposta che l’estensore dà alla sua domanda: Ora cosa significa tradizione?
La parola [tradizione] deriva da “tràdere” – si risponde il nostro - che in latino significa consegnare, trasmettere, ma a chi si trasmette se non all’uomo contemporaneo e dove trova essa vita se non nel tempo presente, di essa alveo naturale, è qui ed ora che si arricchisce, vive e cresce e quale responsabilità l’uomo d’oggi ha nei confronti dei posteri se esso stesso non riuscendo a recuperare il senno custodendo gelosamente ciò che gli avi a lui con cura hanno affidato e fatto crescere lungo i secoli decidesse di recidere le radici dall’albero, facendo seccare la pianta stessa, equivalente responsabilità per coloro che desiderassero una “tradizione” congelata.

Ora, che “tradizione” significhi “trasmissione”, è cosa nota, ma che questo termine, applicato alla Chiesa, significhi anche molto di più e comporti delle implicazioni che hanno poco a che vedere con quello che l’estensore dice nell'articolo, forse è cosa meno nota, anche all’estensore stesso.

Nel cattolicesimo, non si trasmette un racconto del nonno, ma l’insegnamento che Nostro Signore Gesù Cristo ha affidato agli Apostoli e che questi hanno trasmesso e affidato ai loro successori; e così sarà fino alla Parusia. Questa trasmissione, quindi, non riguarda i contemporanei, di ieri o di oggi, ma solo ed esclusivamente i successori degli Apostoli, i quali hanno il compito, il mandato, il dovere, di “ammaestrare”  tutti gli uomini, “insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” – dice il Signore (Mt. 28, 13).
In altre parole, la Tradizione non è trasmessa, affidata, agli uomini, ma alla Chiesa, ed è la Chiesa che ha il dovere di trasmetterla integra di generazione in generazione; ed è sempre la Chiesa che ha il compito di ammaestrare i contemporanei, intesi in termini sia temporali sia spaziali, insegnando loro ad osservare “tutto ciò” che Cristo ha comandato.
Il “tutto ciò” di cui parla il Vangelo è per sua natura immutabile, perché immutabile è l’insegnamento e il comando del Signore Gesù, ed è questo “tutto ciò” che si chiama Tradizione e che la Chiesa deve custodire e trasmettere immutato. Quindi, la Tradizione non è congelata perché è intervenuto il rigido inverno dei cattolici difensori della Tradizione stessa, impropriamente detti tradizionalisti, ma è congelata e fissata una volta per tutte al pari del fatto che Gesù di Nazareth è il Figlio di Dio che si è incarnato, ha predicato, insegnato e comandato, ha subito la Passione, è stato crocifisso, è morto, è risorto ed è tornato in Cielo.

L’articolo, però, è stato scritto per spiegare che ci sono due categorie di erranti tra i cattolici di oggi: quelli che pretendono di recidere le radici dell’albero e quelli che pretendono di congelare l’albero, tale che detta così, appare evidente che ci si trovi al cospetto di fratelli dal senso comune alterato, come dice l’estensore. Meno male che ci sono anche di quelli, come lui, che il senso comune l’hanno mantenuto integro e ricordano che la Tradizione è quella cosa che viene sì trasmessa, ma quelli che la ricevono devono, non solo conservarla e trasmetterla a loro volta, ma arricchirla e accrescerla.
Ora, se si trattasse del racconto del nonno, non v’è dubbio che il nipote potrebbe pure arricchirlo e accrescerlo, ma trattandosi di “tutto ciò” che il Signore ha insegnato e comandato, sembra davvero incredibile, a noi dal senso comune alterato, che si possa anche solo pensare di accrescerlo e arricchirlo. Tranne che non si voglia sostenere… dopo duemila anni, che il “tutto ciò” di Gesù Cristo fosse un po’ rachitico e miserello.
La sola cosa che si può e si deve fare, e che la Chiesa ha sempre fatto fino al Vaticano II, è sforzarsi di presentare questo “tutto ciò”, mantenuto integro e immutato, in maniera che i contemporanei lo capiscano, lo acquisiscano e acquisitolo lo osservino. 
Qualunque altro lavoro, crescita e arricchimento compresi, serve solo a falsare, modificare, distorcere il “tutto ciò” di Nostro Signore Gesù Cristo.

Perché si verifica questa confusione? Perché questi fratelli – dice Bufalini – hanno il senso comune avvelenato dalle ideologie del relativismo: sia i congelatori: forcaioli e piccaioli da congresso di Vienna, sia i beceri progressisti da Vaticano III. Queste due posizioni sono sciocche, dice il Bufalini, con la sicurezza di chi sa quel che dice e di chi è tutt’uno con la “rissa”: sono frutto dell’ideologia rivoluzionaria estremista figlia del comunismo, che ha infettato tutti questi inconsapevoli… oh, poveretti!
Altro che difesa della Tradizione, dice Rissa Bufalini, altro che progressismo: “Tradizione e contemporaneità sono due facce della stessa medaglia, una non può esistere senza l’altra”.
Però… che acume… che profondità di pensiero!

Così dovremmo imparare che “tutto ciò” che ha insegnato e comandato Nostro Signore Gesù Cristo non potrebbe esistere senza la contemporaneità, cioè senza l’ateismo, la laicità, il liberalismo, i diritti dell’uomo e… senza il furbesco moderatismo e il cerchiobottismo delle “risse” e delle “bufaline”. Così come non potrebbe esistere l’ateismo, la laicità, il liberalismo, i diritti dell’uomo, senza “tutto ciò” che ha insegnato e comandato Nostro Signore.
E siccome noi abbiamo il buon senso alterato, non possiamo impedirci di avanzare la domanda: ma di che razza di medaglia si tratta? Di che medaglia parla il nostro Alvaro? Vuoi vedere che si riferisce davvero alla Chiesa che, secondo lui, avrebbe più facce, quasi fosse multifronte?
Ma caro il nostro… è davvero convinto che quelli col buon senso alterato e avvelenato siamo noi?

Ohibò! Ma, l’articolo è più lungo! …
Certo che lo è, ma tolto quel bagliore accecante del passo avvampato che abbiamo riportato, il resto è melassa con un po’ di mozzarella, buona per riempirsi la bocca e completare le righe previste: tante ovvietà e non pochi luoghi comuni, a conferma che lo scopo preciso era di far passare il messaggio che, al di là degli estremisti – poveretti! -, il buon cattolico deve credere che la Tradizione non è “tutto ciò” che ha insegnato e comandato Nostro Signore Gesù Cristo, perché la Tradizione è ciò che ci hanno trasmesso i nostri padri, dopo averlo accresciuto e arricchito, perché noi lo accresciamo e lo arricchiamo a nostra volta per trasmetterlo ai nostri figli… e così via… accrescendo e arricchendo.

Scusi, caro Alvaro, ma invece di far capire che la sua idea di Tradizione lei l’ha appresa alla pro loco del suo paese, non era più semplice scrivere che la Tradizione è Lei?

E poi si dice che il Vaticano II, in fondo, avrebbe del buono! Se il buono è questo – ed è questo! - … no, grazie… ne facciamo volentieri a meno!






ottobre 2012

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