Fate questo in memoria di me …

tranne quando il governo lo proibisce


di Giovanni Servodio




Gallignano (CR), 19 aprile 2020:
i carabinieri cercano di interrompere la celebrazione della Santa Messa


Per quanto possa sembrare blasfemo – e lo è – ci sentiamo obbligati a proporre alla Conferenza Episcopale Italiana la variazione, o l’“aggiornamento”, dei testi del Vangelo in cui è riportata la volontà di Nostro Signore che vuole che venga rinnovata “sine die” la celebrazione dell’Eucarestia.
Questa volontà di Nostro Signore è riferita nei Vangeli di San Matteo (XXVI, 26-29), di San Marco (XIV, 22-25), di San Luca (XXII, 15-20), e ricordata da San Paolo nella Lettera ai Corinti (XI, 23-25).
Da allora sono passati duemila anni e la Chiesa, che continua l’opera di Nostro Signore e ne pratica i comandi, non è mai venuta meno a questo suo compito essenziale, ricordando più volte che si tratta dell’atto di culto più importante che fonda la sua stessa esistenza.
Questo significa che il giorno in cui la Chiesa non rinnovasse più la celebrazione dell’Eucarestia, per ciò stesso decreterebbe la sua fine.
E’ del tutto evidente, per chi è minimamente cattolico, che questa possibilità non rientra nelle facoltà della Chiesa: gli uomini che dirigono la Chiesa non possono decretarne la fine, per il semplice motivo che la vita e la permanenza della Chiesa sono interamente nelle mani di Nostro Signore.
Se accadesse che gli uomini di Chiesa decidessero anche solo di sospendere la celebrazione dell’Eucarestia, di fatto si determinerebbe una sorta di cortocircuito, in quanto, come tutti dovrebbero sapere, la celebrazione dell’Eucarestia verrebbe attuata da Nostro Signore stesso, magari per mezzo di solo alcuni dei Suoi ministri. 
Si verrebbe così a determinare una lacerazione nella vita della Chiesa: da una parte pochi ministri che ne assicurano la continuità e dall’altra tanti ministri che ne praticano la fine, sia pure in maniera provvisoria, per quanto possibile. Non è difficile comprendere che, in questo caso, vi sarebbe, da una parte, la Chiesa e Dio e dall’altra gli uomini e il mondo.
Ora, se i ministri celebranti operano in persona Christi e permettono il rinnovo dell’Eucarestia da parte di Cristo stesso, i ministri non celebranti operano “motu proprio” o, per così dire, in persona hominis, e impediscono volutamente il rinnovo dell’Eucarestia da parte di Cristo.
Questo fatto ha una sola conseguenza: l'adesione alla pretesa del diavolo di sospendere o provare ad annullare la Volontà di Dio; i ministri non celebranti diventano così, volenti o nolenti, strumenti del diavolo e, ancora volenti o nolenti, si separano irrimediabilmente da Cristo, trascinando con loro un gran numero di fedeli e realizzando la dannazione delle loro anime.

Questa che era una mera ipotesi, è divenuta realtà in questi mesi di marzo e aprile 2020: i vescovi italiani hanno stabilito che «Alla luce del confronto con il Governo, in queste realtà [dove c’è l’emergenza coronavirus] la CEI chiede che, durante la settimana, non ci sia la celebrazione delle Sante Messe».
Si dice: alla luce del confronto con il Governo; quindi si conferma che per i vescovi il rinnovo della celebrazione dell’Eucarestia è legittimo concordarlo col Governo; e non risulta che essi abbiano chiesto preventivamente il parere di Nostro Signore, che è il principale interessato.
I vescovi dichiarano che “la Chiesa … assume in maniera corresponsabile iniziative con cui contenere il diffondersi del virus”; dichiarano cioè che il diffondersi del virus sarebbe favorito dalla celebrazione dell’Eucarestia, e quindi dal rinnovamento della presenza di Cristo sugli altari e nelle chiese.
Non una parola dei vescovi sulla reale possibilità di celebrare l’Eucarestia per chiedere a Gesù Cristo di porre fine al “diffondersi del virus”.
Uno vero e proprio capovolgimento della realtà, operato in nome della tutela della salute fisica dei cittadini, ma a scapito della tutela della salute spirituale dei fedeli.

Si obietta che in pratica i vescovi non stabiliscono la sospensione della celebrazione dell’Eucarestia, ma solo della sua celebrazione in presenza dei fedeli, essendo questo l’elemento suscettibile di procurare “il diffondersi del virus”. Ma l’obiezione è fondata solo a metà, poiché la base del divieto governativo è la necessità di evitare gli “assembramenti” di più persone, quindi i vescovi avrebbero potuto stabilire tranquillamente che le celebrazioni si svolgessero con la presenza di poche persone, ben distanziate le une dalle altre; per esempio moltiplicando il numero delle celebrazioni nel corso della giornata.
Ma questo non lo hanno fatto. Forse per negligenza? No, solo perché i celebranti, in questo momento critico, sembra che debbano assolvere tante altre incombenze e quindi non possono impiegare tutto il loro tempo a celebrare le Messe.
I vescovi affermano quindi, di fatto, che i ministri di Dio avrebbero ben altre cose da fare che assicurare primariamente la celebrazione dell’Eucarestia. Il che significa che sono convinti che primariamente, questi ministri non devono occuparsi di Dio e della salute spirituale dei fedeli; è molto più importante evitare il “propagarsi del virus”.

A fronte di questo scenario deprimente offerto dai vescovi, con l’avallo della massima autorità della Chiesa, restano quei ministri che continuano a celebrare l’Eucarestia anche in presenza di pochi fedeli; e questo è lodevole, consolatorio e compensativo.
Purtroppo, però, accade che tali ministri debbano fare i conti, e anche salati, non solo con le autorità civili, ormai lanciate lancia in resta a fare piazza pulita di tutto ciò che non rientra nelle direttive mondiali dei padroni del mondo, ma perfino con i loro stessi vescovi.
Così è accaduto a Gallignano, in provincia di Cremona, dove i carabinieri, avvisati da altri paesani, Domenica 19 aprile hanno fatto irruzione in chiesa mentre il sacerdote, Don Lino Viola, stava celebrando la Santa Messa.
Il celebrante si è rifiutato di interrompere la celebrazione e di cacciar via i “dodici” fedeli presenti in chiesa, dove, in una superficie di 300 metri quadrati che ospita fino a 150 fedeli, erano posti a 4 metri l’uno dell’altro e tutti con la mascherina.
Conclusione: prima il danno, con la multa di 280 Euri ai fedeli e di 680 Euri al celebrante; e poi la beffa, con il rimprovero del vescovo, Mons. Antonio Napolioni, che ha fatto sapere di non poter “non sottolineare con dispiacere che il comportamento del parroco è in contraddizione con le norme civili e le indicazioni canoniche che ormai da diverse settimane condizionano la vita liturgica e sacramentale della Chiesa in Italia e della Chiesa cremonese … La Chiesa Cremonese guarda con ponderata fiducia ma soprattutto con sapienza evangelica al tempo in cui ci sarà dato modo di riprendere con gradualità e prudenza le celebrazioni comunitarie e le altre forme di vita pastorale delle nostre comunità e condivide in spirito di comunione lo sforzo della Conferenza Episcopale Italiana per comprendere, d’intesa con l’autorità pubblica, quali saranno i prossimi passi che la Provvidenza ci chiamerà a fare”.

E’ così che veniamo a sapere che la CEI sta cercando di comprendere “i prossimi passi che la Provvidenza ci chiamerà a fare”, e lo sta facendo “d’intesa con l’autorità pubblica”.  Ora, se i vescovi si sono ridotti a doversi fare aiutare dall’autorità pubblica per comprendere i suggerimenti della Provvidenza, non v’è dubbio che si sono arresi ai comandi del mondo e hanno rinunciato a seguire i comandi di Nostro Signore.

La stessa cosa è accaduta a Borgotrebbia, in provincia di Piacenza, dove, sempre Domenica 19 aprile, Don Pietro Cesena ha celebrato la Santa Messa alla presenza di circa “venti” fedeli e alla fine della celebrazione si è visto comminare una multa da 400 Euri con l’accusa di “assembramento”.
Lungi dal ricevere il sostegno del suo vescovo, Mons. Gianni Ambrosio, lo stesso ha ricordato “a tutti i parroci” … “la necessità di osservare le misure di sicurezza che la Conferenza Episcopale Italiana ha comunicato e più volte ribadito, sempre in stretto contatto con il Ministero dell’Interno e con la Segreteria di Stato della Città del Vaticano”. “Sono misure – ha proseguito il vescovo – che, con sofferenza di tutti, dobbiamo osservare con rigore, come più volte ho comunicato, anche in comunione con i Vescovi dell’Emilia Romagna. Si possono discutere, certo, ma sono da osservare ovunque, soprattutto poi in quei luoghi, come qui a Piacenza, ove abbiamo una tremenda responsabilità, perché il numero dei contagi e dei defunti è impressionante”.

E’ così che veniamo a sapere che, ancora una volta si dà priorità alle preoccupazioni per la salute fisica dei fedeli a scapito del dovere di prendersi cura della loro salute spirituale; ed è singolare come da comunicati siffatti si possa cogliere con facilità che i vescovi si preoccupano innanzi tutto di non ammalarsi al pari dei loro fedeli; e questo in stretta aderenza con la CEI e in stretta collaborazione con “il Ministero dell’Interno e con la Segreteria di Stato della Città del Vaticano”.

Intendiamoci, siamo nel 2020 e ci rendiamo conto che non si può pretendere dai vescovi attuali lo spirito “eroico” dimostrato dai loro predecessori, ma non possiamo non far notare che ci sono ministri di Dio, come i parroci su citati, che dimostrano di possedere molto più buon senso, spirito pratico e senso del proprio dovere di stato dei loro vescovi e della “Segreteria vaticana”.
Non ci vuole un granché a conciliare, anche ai giorni nostri, le esigenze pratiche che sopraggiungono, con le esigenze spirituali dei fedeli; e se questo non lo sanno fare i vescovi è segno che non si lasciano informare dallo Spirito Santo e hanno solo occhi e orecchie e cuori solo per le istanze mondane.
Senza contare che esistono i famosi “concordati” tra Vaticano e Stato che permettono all’autorità ecclesiastica di farsi rispettare dalla stessa autorità pubblica e da questa di essere consultata per concordare misure atte a salvaguardare il bene complessivo dei fedeli.
Ma non viene una parola in questo senso, né dalle diocesi né dal Vaticano. Eppure si dovrebbe considerare che, con la dovuta disposizione interiore, i vescovi potrebbero chiedere ed ottenere i doni della scienza e del consiglio atti a farli agire secondo pietà e soprattutto timore di Dio. Viene il sospetto che o manca loro la disposizione interiore o non hanno pregato come si deve lo Spirito Santo o hanno fidato solo nelle loro capacità umane, mettendo da parte il timore di Dio e disponendosi solo alla sottomissione e all’ubbidienza al mondo al posto dell’ubbidienza a Dio.

In ogni caso non v’è dubbio che da parte dei vescovi sta venendo meno l’adempimento del comando del Signore: “fate questo in memoria di me” … e sembra proprio che la giustificazione sia: “il governo lo proibisce”.





aprile 2020
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI