Un’umanità anonimizzata

Articolo di Giacomo Fedele





9 maggio 2020, 84esimo anniversario della “Fondazione dell’Impero”.
Dopo due mesi di stretto isolamento, finalmente sono riuscito ad uscire di casa. Mi sono premunito secondo le “direttive” emanate dal Governo: guanti, occhiali, mascherina, mani e vestiti disinfettati. E così mascherato mi sono recato al cimitero, finalmente “riaperto” – anche i morti sono stati isolati!

Perché il richiamo iniziale alla “Fondazione dell’Impero”? Proclamata dal Duce del Fascismo il 9 maggio 1936?
Perché quella data rappresentò l’apoteosi della dittatura fascista e richiama alla memoria un periodo che non si sa perché oggi viene detto “triste” della vita dell’Italia: ci dicono che c'era coercizione, mancanza di libertà individuale, restrizione della libertà di parola, obbligo di comportamenti preordinati, regole su come comportarsi in pubblico, divieto di criticare il Governo e le “disposizioni  da esso imposte”, ecc.

Ebbene, dopo 84 anni di apoteosi della libertà ritrovata, eccomi per strada, un po’ intimorito perché avrei potuto essere “fermato” da un gendarme che mi avrebbe chiesto ragione del mio essere per strada – ma io mi ero premunito con la prescritta “autocertificazione”.
Non è accaduto, ma se fosse accaduto, non so se il gendarme avesse avuto da eccepire sul mio spostamento autocertificato, e se non soddisfatto avesse potuto appiopparmi 400 Euri di multa. Non so.
Quello che so è che un barista è stato multato per aver portato tre caffè a tre poliziotti in servizio davanti all’ufficio di fronte; e dei ristoratori sono stati multati per aver protestato contro le misure restrittive imposte dal Governo.  

A me non è accaduto, grazie a Dio, ed è a quel punto che mi è venuto in mente l’anniversario della “fondazione dell’Impero”, il Duce, il Fascismo, la dittatura, la mancanza di libertà!
Pensavo: ma questo allora non accadeva e non è accaduto! E guarda invece adesso!

Vedevo tutte le persone che andavano in giro – non molte – tutte mascherate. Tutte attente a non avvicinarsi più di tanto alle altre. Qualcuno frettoloso, qualcun altro più posato. Tutti come avvolte in un’aura di anonimato.
Ma chi è? Pensavo. Non riconosco nessuno. Con questa mascherina che sembra anche una museruola!
Come si fa? Ma dove mi trovo? Ma che è tutto questo che mi gira intorno?
Se magari incontro qualcuno che dovrei conoscere, non lo riconosco, e non posso neanche avvicinarmi più di tanto, perché è proibito!
Ma che ci faccio qui? Dove sono? Come ci siamo ridotti!

Mi sembra di essere un personaggio irreale che gironzola in mezzo a tanti esseri irreali. Di umano sembra che sia rimasto ben poco, a parte d’andatura bipede e l’abbigliamento.
In qualche caso ho il sospetto che si tratti di una donna, ma non ne sono sicuro, sembrano tutti uguali. Tra l’altro, in questo strano mese di maggio, una volta primaverile e luminoso, oggi c’è anche il cielo coperto. Poca luce e tanto freddo. Siamo tutti coperti.
Come si fa a distinguere un uomo da una donna, tra pastrani, impermeabili, pantaloni, mascherine, occhiali e guanti. Tanti portano anche un copricapo.
Un’umanità anonima, anzi anonimizzata. Una sorta di incubo. Per di più al cimitero. Nessuno parla, quasi ad adeguarsi al silenzio dei morti. Un’umanità morta!

Come mai? Mi viene da chiedermi. E poi mi sovviene il proclama, non quello del Duce del Fascismo, annunciato dal balcone di Palazzo Venezia con tono autoritario e trionfalistico. No. Il proclama dell’attuale Capo del Governo, emesso da un tavolo di Palazzo Chigi, con tono dimesso e compiaciuto: “per il bene di tutti, dobbiamo accettare la restrizione della libertà di ciascuno”.

Niente Impero:  “Impero Fascista, perché porta i i segni indistruttibili della volontà e della potenza del Littorio Romano … Impero di pace … Impero di civiltà e di umanità”, proclamava il Duce!
Solo compiacenza per le restrizioni delle libertà e per la supina accettazione delle stesse; dice l’attuale Capo del Governo:
«sono davvero orgoglioso perché sono partecipe di questa grandiosa comunità che addirittura ho l’onore di guidare in questo frangente così complesso, così delicato per la nostra storia. Tanti italiani sono direttamente in trincea negli ospedali, nelle fabbriche, nelle farmacie, dietro le casse di un supermercato. Tanti rimangono a casa ma non rimangono inerti. Li sostengono da un balcone, da una finestra, cantano con loro, cantano l’inno nazionale. Possiamo essere davvero orgogliosi di essere italiani».

84 anni dopo siamo passati dal trionfalismo all’incubo. Allora gli Italiani gioirono per il nuovo Impero, oggi sembrano gioire perché non possono neanche andare a trovare il parente, perché è vietato.
Non è una forzatura mia, è la nuova realtà che stiamo vivendo tutti: per paura di contrarre l’infezione virale, noi Italiani stiamo accettando ogni tipo di restrizione e di costrizione.
E’ mai possibile che per contrastare la diffusione del virus è assolutamente necessario comandare agli Italiani cosa devono fare e cosa non devono fare, come e quando farlo, e senza sapere per quanto tempo dovranno farlo?
E’ possibile che “Possiamo essere davvero orgogliosi di essere italiani” per il fatto che non reagiamo di fronte a questo evidente strapotere?
Neanche a pregare in chiesa si può andare: o è vietato o ci si deve andare con la mascherina, tenendosi ad almeno un metro e mezzo di distanza gli uni dagli altri, anche dal prete. 

E pensavo: ma una volta presa l’abitudine, è pensabile che tutto questo finisca? O non si deve pensare che arriveranno sempre nuove “disposizioni” che verranno accettate e seguite?
Siamo diventati una società anonimizzata. E si intravede la possibilità che diventeremo una società anestetizzata.

Mentre scrivo, si sente in lontananza il richiamo delle tortore: non c’è niente di armonioso, niente di dolce. E’ uno stridio continuo e ossessivo. Non è un buon segno!







maggio 2020
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