Neomessa pandemica e oltraggio a Dio. Non expedit!

di Matteo Donadoni



Pubblicato il 28 maggio 2020 sul sito
Ricognizioni


 






Scrivo queste righe dalla provincia più colpita dal virus, perché ci siamo spaventati, ma non ci siamo rincitrulliti. Ora, lasciando perdere le catechiste che non vedono la gravità del problema empirico con le sue tremende conseguenze metafisiche, mi rivolgo ai sacerdoti: davvero volete distribuire la Santa Eucaristia con i guanti di lattice? E voi vescovi, siete successori degli apostoli o del ginecologo?

Perfino nelle Messe in rito antico (cattolico) siamo arrivati a questa leziosa pantomima clericale, tanto valeva celebrare in novus ordo e distribuire sulle mani. Anzi, tanto meglio: sacrilegio per sacrilegio, mi sembra maggiore l’oltraggio di gettare deliberatamente Dio nel bidone dell’indifferenziata da parte dei suoi legittimi ministri.
Oppure vorreste farci credere di non sapere che sulla gomma i frammenti di Ostia consacrata si attaccano come e più che sulle mani? Non rispondano le catechiste, per loro è tutto un simbolo e, simbolicamente parlando, una pecorella vale un cristiano quanto lavare vuol dire pigiare il tasto “Avvio” sulla lavatrice.

Che razza di nuova religione perversa è quella che, in un ineffabile, eterno e sublime mistero, consacra Dio nella materia per poi umiliarLo, infangarLo, disprezzarLo in forma di preghiera parodica? Nemmeno Giuda, che si sappia, ha gettato il pane nel bidone la sera dell’Ultima Cena.

«Creare l’uomo fu un’idea singolare e originale, ma aggiungere la pecora fu una tautologia». Molti riconosceranno in questa battuta la mente sottile del soldato confederato Mark Twain. Vero è che se Dio non avesse creato le pecore, avrebbe avuto problemi a farci capire la questione del gregge santo. D’altra parte, suppongo che Dio sappia quel che fa e non abbia bisogno di giustificativi o pezze da parte dell’impiastro sottoscritto.

Forse è per questo che la CEI crede che siamo pecoroni. Capre e caproni rincitrulliti dall’erba drogata della televisione, per cui la messa streaming va bene solo come e quando lo dicono loro, come i maghi cialtroni delle tv. Mi riferisco alle disposizioni riguardanti la Comunione.

Visto l’andazzo del popolo gregge, catechizzato da sessant’anni di confusionarianesimo cattolico, non mi stupirei che avessero perfino ragione: molte pie anime, non confessate perché il DPCM del pupillo del fu cardinal Silvestrini rende quasi impossibile questo sacramento – che comunque, detto per inciso, già non andava per la maggiore prima -, sono accorse a farsi igienizzare le mani per contribuire a buttare Dio nel cestino dello sporco.

Perché il clero, al netto di qualunque cosa vi sia scritto sul Concordato, dovrebbe sottostare a una norma laica che influisca sulla liturgia al punto di renderla sacrilega?
Ce lo dice ancora Mark Twain, un colpo alla pecora, un colpo al pastore. «Dimmi dove un uomo prende il suo pane di granoturco e ti dirò quali sono le sue opinioni»: fare il predicatore è sempre meglio che lavorare.
Qui si racchiude tutta la sapienza popolare contadina o almeno la quantità raggiungibile al netto del pettegolezzo scabroso nei bisbigli guardinghi delle cuoche creole, e delle catechiste italiane.

Se anche la Nuova CEI, presto fuggita per timore del contagio a rintanarsi nei palazzi degli sceicchi dell’8×1000, facendo crepare le pecorelle come bestie senza sacramenti, vive di nuovi paradigmi, perché – così si illudono – non può permettersi di avere delle idee che potrebbero compromettere il modo con cui si guadagna il pane.
Noi fedeli dovremmo almeno avere la fede di credere che quel povero pane è ancora lo stesso povero Dio, che viene per salvarci, non per essere nuovamente oltraggiato. Dovremmo avere la carità di riceverLo degnamente e di pretendere che la Messa sia celebrata degnamente, e la speranza che questa baracconata indegna finisca presto nel disastro, nella vergogna e nella purificazione che merita.

Per farlo non possiamo limitarci alle opinioni, diciamo, da pane di granoturco. Dobbiamo attivamente rifiutarci di collaborare a queste celebrazioni, non possiamo permettere in silenzio che il Signore venga trattato in quel modo. E, se proprio partecipiamo, rifiutiamoci di ricevere l’Eucaristia da mani riconsacrate nel lattice. Non expedit!
I cristiani non hanno mai creduto, in duemila anni, che Dio fosse infettivo. Soprattutto, non crediamo più, oggi, a pastori pronti a giustificare ogni misericordiosa assurdità venga ordinata o imposta dal padrone, pur di non compromettere la pagnotta di granoturco.
Costoro dovrebbero essere i testimoni pronti a versare il sangue per non bruciare un miserabile granello d’incenso all’imperatore? In verità sono pronti a bruciare una foresta d’incenso, pur di non perdere l’8×1000. Questo neuekurs di buonismo e misericordismo si è già ora dimostrato una tintinnante e luccicosa catena servile. Al cui altro capo attende, saldamente imbullonato, il castigo.

Sacerdoti fedeli alla vera Chiesa di Cristo: ribellatevi. Questi vescovi sceicchi, non possono essere nostri pastori, se servono un altro dio. Il cardinal Bergoglio non può essere il nostro papa e contemporaneamente il papa di Abu Dhabi. Non può essere Servo dei servi di Dio e contemporaneamente idolo solitario e troneggiante sotto i riflettori della mondovisione in una piazza San Pietro deserta, con il crocifisso al buio in fondo alle scale. Non expedit!

Così, è giunto tempo che le pecorelle del Signore siano coraggiose, perché questi deliri panteisti neosessantottini e questa generale miscredenza del clero sono come i sogni di gioventù: si infrangono presto, ma continuano a tagliare per molto tempo dopo esser divenuti cocci. Queste persone indifferenti a come maneggiano il Corpo di Cristo, ciò che abbiamo di più prezioso in questa vita terrena, per quanto potenti e prepotenti con i sottoposti e con il popolo, si riveleranno presto sceicchi in accappatoio. E allora sì, andranno a nascondersi.




maggio 2020
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