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Intervista di Don Don Niklaus Pfluger Primo Assistente generale della Fraternità San Pio X, sulla situazione attuale della Fraternità rilasciata al giornale Kirchliche Umschau 13 ottobre 2012 pubblicata da DICI traduzione e neretti sono nostri Kirchliche Umschau: Solo pochi mesi fa, un riconoscimento canonico della Fraternità da parte del Vaticano sembrava imminente. Ora sembra che tutti gli sforzi abbiano condotto a niente. Mons. Müller, il nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, lo ha più o meno lasciato intendere in diverse interviste che ha rilasciato in questi ultimi giorni. Don
Niklaus Pfluger: Questi sforzi non sono stati vani, ma un
accordo a breve termine è improbabile. La Curia e noi siamo
dell’avviso che una unione ha senso solo se si ha una comprensione
comune della fede. Questo dev’essere espresso in una
«dichiarazione dottrinale». Noi abbiamo avuto molti scambi
su una tale dichiarazione e, in aprile 2012, Mons. Fellay, nostro
Superiore Generale, ha preliminarmente presentato un testo informale.
Ora, con nostra sorpresa, questo testo non è stato accettato
dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Quindi, ci ritroviamo
così al punto di partenza.
Kirchliche Umschau: Come spiega questo cambiamento di posizione a Roma? Don
Niklaus Pfluger: A Roma ci sono degli oppositori alla
regolarizzazione canonica per la Fraternità. Un riconoscimento ufficiale della
Fraternità, in effetti, sarebbe il segnale che l’epoca del
concilio Vaticano II appartiene alla storia della Chiesa e che si apre
un nuovo capitolo. Naturalmente, questo non conviene ai
conciliari; per essi, il riconoscimento della Fraternità San Pio
X sarebbe, non solo un affronto, ma anche una rimessa in discussione
del Concilio, dunque una sconfitta. È chiaro che abbiano potuto
imporsi.
Kirchliche Umschau: Pensa che qualcosa possa ancora cambiare? Don
Niklaus Pfluger: Ne sono perfino certo! Poiché la
realtà si impone da sé.
Dappertutto nel mondo, la Chiesa,
con alcune rare eccezioni, sta vivendo un processo di auto-distruzione.
Questo processo non è solo europeo. In America Latina, per
esempio, la situazione non sembra migliore. Laddove vi è ancora
molto denaro - Germania, Svizzera, Stati Uniti -, le strutture
rimangono ancora. Ma la perdita della Fede si ritrova ovunque. Ora,
senza la fede, non c'è la Chiesa. In Germania, i vescovi hanno
anche dato recentemente un messaggio chiaro: il diritto di reclamare
l’imposta ecclesiastica è più importante delle 120.000
uscite dalla Chiesa di ogni anno. Noi assistiamo ad un fenomeno di
regresso unico nella storia, che neppure i vescovi possono
arginare, soprattutto con una tattica priva di spirito di fede. Joseph
Ratzinger, 50 anni fa, parlava già di una «Chiesa, il cui
cuore è abitato dal paganesimo». Siamo arrivati a questo
punto anche a causa del Concilio. Sono
convinto che questo processo, da un lato, ridarà una certa
lucidità ai vescovi, dall’altro, manterrà in giuoco solo
i conservatori, cioè coloro che vogliono semplicemente credere
in maniera cattolica e vogliono rimanere cattolici. Con questi, non
abbiamo bisogno di discutere molto, l’unità sarà presto
trovata.
Kirchliche Umschau: Lei insinua che questo processo di ritorno all’indietro si farà a scapito dei cattolici liberali. Questi argomentano in altro modo, essi vogliono nuove riforme per conservare vivente la Chiesa. Don
Niklaus Pfluger: Non insinuo affatto alcunché,
guardo i fatti. Quale ordine religioso, quale diocesi, quale gruppo
dispone di un ricambio, e quali sono quelli che non ne hanno? Noi
possiamo osservare che laddove le sedicenti riforme conciliari sono
state meglio applicate, il declino è anche più grande.
Non nego che nell’opinione pubblica - e anche nelle parrocchie – la via
liberale è quella che incontra più simpatia. Ma la Chiesa
non vive di simpatia o di applausi. Essa vive di uomini che credono e
praticano, che sono disposti a rinunciare alla vita civile per
diventare sacerdoti, monaci o religiosi. Questi non si trovano tra i
liberali, ed è per questo che adesso si augurano che tutti
ricevano l’ordinazione sacerdotale, ma naturalmente senza celibato,
senza alcuna rinuncia. Come se, per questa sola ragione più
persone rientrerebbero nella Chiesa!
Kirchliche Umschau: Vi attendete una nuova scomunica dei vescovi, cioè di tutta la Fraternità? Don
Niklaus Pfluger: Una nuova scomunica sarebbe forse
benvenuta, agli occhi di molti, ma, almeno in questo pontificato, la
cosa appare piuttosto improbabile.
Come la si giustificherebbe? Non vi è dell’«eresia tradizionale». Noi non siamo dei «sedevacantisti», non neghiamo in nessun caso l’assistenza dello Spirito Santo per il Papa e per i vescovi. E la «disubbidienza» - dal punto di vista romano - esisteva già al momento del ritiro delle pretese scomuniche comminate nel 1988. Come si giustificherebbero delle nuove pene ecclesiastiche? A causa del rifiuto del Concilio? Nel Credo non c'è l’articolo: «Credo nel Concilio Vaticano II ...». La realtà stringente dei fatti, che ho appena citati, dovrebbe essere più importante delle discussioni. Lo si trova in una nuova generazione di giovani sacerdoti che, lentamente ma costantemente, scopre l’antico rito e, tramite esso, la dottrina integrale e il vero sacerdozio. Ma anche nei giovani che si interessano alla fede, e la scoprono quasi sempre al di fuori del loro parrocchie; essi sono molto interessati alla liturgia e alla dottrina tradizionali, anche se praticano ancora il nuovo rito… essi guardano alla Fraternità, si interessano ad essa, cercano dei contatti, chiedono le nostre pubblicazioni e ci conservano nelle loro agende. Lo stesso accade nelle comunità Ecclesia Dei e tra i sacerdoti diocesani, i quali, dopo il Motu Proprio del 2007, hanno cominciato a celebrare la Messa tradizionale. Non siamo solo una Fraternità di circa 600 sacerdoti; la nostra influenza penetra profondamente nella Chiesa, e proprio negli ambienti che hanno un futuro. Se non vuol perdere ogni credibilità, Roma eviterà una scomunica che in seguito dovrà ritirare. Kirchliche Umschau: Sussiste dunque la possibilità di regolare la situazione della Fraternità, ma sembra che si tratti sempre solo di « riconoscere il Concilio». Don
Niklaus Pfluger: Certamente noi riconosciamo che
c’è stato un concilio Vaticano II. Lo stesso Mons. Lefebvre fu
un Padre conciliare. Tuttavia, constatiamo che, non solo le riforme
post-conciliari, ma anche alcuni testi del Concilio sviluppano delle
contraddizioni nei confronti di importanti decisioni dottrinali
passate. Certe ambiguità e novità sono al centro del
processo dell’attuale dissoluzione della Chiesa. Per Roma, è
insopportabile che noi parliamo di «errori del Concilio»
Veda, noi abbiamo criticato il Concilio quando era ancora celebrato
dappertutto e la Chiesa era ancora più viva e credente di
adesso. Perché adesso dovremmo smettere di criticarlo, quando i
nostri avvertimenti e le nostre critiche si constatano visibilmente in
tutto il mondo? A guardare la triste realtà, 50 anni dopo il
Concilio, gli avvertimenti di Mons. Lefebvre erano lungi dall’essere
esagerati! Negli anni ‘70, per l’ottimismo entusiasta e
l’ingenuità di allora, era del tutto inconcepibile che dei
vescovi cattolici si impegnassero a favore dell’omosessualità
della diffusione dell’Islam o della dissoluzione del matrimonio, cosa
che invece oggi dobbiamo subire!
Il Vaticano si trova di fronte le rovine della Chiesa, essa che un tempo era così bella e così forte. Ma ora non c'è niente di nuovo; non c'è alcun incremento durevole possibile. Una realistica valutazione delle nuove comunità di ispirazione carismatica, che negli ultimi decenni sono state sempre indicate come un segno di vitalità, dovrebbe servire da segnale di pericolo. Non capisco perché non sia stata effettuata una vasta indagine sulle cause della situazione della Chiesa. La Chiesa si distrugge, e non si cambierà questa realtà semplicemente proibendo di parlarne. La continua pretesa secondo la quale il Concilio non avrebbe a che vedere con la crisi post-conciliare è ideologica. Kirchliche Umschau: Siccome sembrate così poco disposti al compromesso, per quale ragione discutete ancora con la Congregazione per la Dottrina della Fede? Don
Niklaus Pfluger: Perché il Papa e Roma sono
realtà che appartengono alla fede. La perdita della fede nelle
strutture ecclesiali - perdita della fede da cui siamo, grazie a Dio,
risparmiati - è solo un aspetto della crisi nella Chiesa. Da parte nostra, anche noi soffriamo di un
difetto, del fatto della nostra irregolarità canonica. Non
è solo lo stato della Chiesa post-conciliare che è
imperfetto, anche il nostro lo è.
Kirchliche Umschau: Si riferisce ai membri della sua comunità che rifiutano le discussioni con Roma? Don
Niklaus Pfluger: Sì, ma sono poco numerosi, molto
poco. Per alcuni, la lunga durata della separazione ha potuto portare a
delle confusioni teologiche. Fondamentalmente, queste persone oppongono
la fede al diritto, e agiscono come se l’unione col Papa, il suo
primato, fossero solo una questione secondaria di diritto. Si manifesta un grande pericolo quando la
legittimità del Papa viene separata dalla Fede e vista come
qualcosa di puramente giuridico. Si tratta in definitiva di una visione
protestante della Chiesa. Ma la Chiesa è visibile. Il papato
appartiene al dominio della fede.
Anche noi, cattolici fedeli alla Tradizione, soffriamo – in un senso doppio - della crisi. Noi partecipiamo a questa crisi, anche se - a mio avviso – in maniera del tutto diversa e in modo migliore. L’obbligo di lavorare attivamente per superare la crisi non può essere contestato. E questo lavoro inizia da noi, con il voler superare il nostro stato canonico anormale. Kirchliche Umschau: Quindi siamo di nuovo al punto di partenza. Perché allora non firmare a Roma? Don
Niklaus Pfluger: Perché non possiamo cambiare uno
stato imperfetto con uno stato ancora meno perfetto. L’unione con Roma
dovrebbe essere un miglioramento, non un’alterazione. Delle omissioni
nelle verità di fede, come l’interdizione di criticare delle
dichiarazioni dubbie e liberali, sarebbero un’alterazione. Questo non
lo faremo.
Kirchliche Umschau: Nel mese di luglio si è svolto il Capitolo generale della Fraternità. Quale posizione è stata assunta dai capitolari? Don
Niklaus Pfluger: Sono state fissate sei pietre limitari in vista
di una possibile riunione; esse corrispondono a ciò che abbiamo
sempre sostenuto. La nostra posizione è stata rafforzata una
volta di più.
Kirchliche Umschau: Su Internet, non si trova l’unità su questa questione. Si rimprovera alla direzione della Fraternità un tradimento, e contro di essa viene perfino lanciato l’anatema. Don
Niklaus Pfluger: Lei parla di
Mons. Williamson, che una grande maggioranza dei Superiori ha escluso
dal Capitolo generale. C’è solo questo e lei vede che
noi siamo molto uniti.
Kirchliche Umschau: Ma voi avete un problema di comunicazione. L’impressione che producono certi forum su internet, non potrebbe essere peggiore. Don
Niklaus Pfluger: È vero che Internet richiede e
perfino esige una nuova forma di comunicazione. Noi dobbiamo andare
oltre alle sole pubblicazioni a stampa usate fino ad oggi - come il
Vaticano del resto! Ma è certo
che vi sono delle anime semplici che possono essere portate fuori
strada dai fautori di divisione, essi stessi disinformati da internet.
I nostri sacerdoti hanno richiamato i fedeli a non andare su questi
forum dal contenuto spesso vergognoso, e a non lasciarsi inquietare e
turbare dalle voci e dagli intrighi che si trovano su internet.
Comunicheremo quindi maggiormente in avvenire, compreso su internet.
Kirchliche Umschau: Alcuni gruppi hanno preso di mira Mons. Fellay. Don
Niklaus Pfluger: Mons. Fellay ha certamente fatto di
più per la causa dei cattolici fedeli alla Tradizione di tutti
coloro che dubitano di lui, lo criticano o perfino lo accusano di
tradimento. Da diversi anni egli conduce prudentemente e
intelligentemente le relazioni con Roma, non agisce mai con
precipitazione, mai si lascia provocare né perde la pazienza. Noi oggi abbiamo la liberalizzazione della
Messa tradizionale, abbiamo la remissione delle “scomuniche” che erano
state comminate nel 1988, abbiamo avuto i colloqui sui problemi del
Concilio, e come riconosce un vescovo austriaco, abbiamo fatto del
Concilio un tema di discussioni. In tal modo, il Concilio ormai non
è più sacro-santo e la sua aureola si sbriciola. E
questo, nemmeno le celebrazioni del giubileo per i 50 anni del concilio
Vaticano II possono cambiarlo.
Il nostro Superiore generale ha realizzato molte cose perché tratta con perseveranza e presenta sempre le nostre posizioni teologiche. Al suo fianco, io constato che egli ha un solo obiettivo in vista in questa crisi della Chiesa, quello di preservare la fede e di servire la Chiesa con tutte le nostre forze. Kirchliche Umschau: Resta ancora una domanda: perché di fronte alla campagna di denigrazione contro di lui, condotta in questi ultimi mesi su internet, Mons. Fellay non sembra aver intrapreso nulla? Don
Niklaus Pfluger: La
pazienza, la bontà, la generosità, a certuni appaiono
come delle debolezze, ma non lo sono. Di fronte a questi tiri molesti
su internet, noi non rinunciamo ai nostri valori e ai nostri principi.
Noi trattiamo gli intrighi secondo le forme del diritto della Chiesa.
Questo può sembrare a certuni di una lentezza talvolta penosa,
ma non può essere diversamente, se non vogliamo essere infedeli
a noi stessi. Vorrei che questo fosse chiaro: nessuno deve immaginare
che si possa mettere in questione l’autorità, senza che questa
intervenga.
Kirchliche Umschau: Cosa significa precisamente? Don
Niklaus Pfluger: Mons. Williamson ha ricevuto una
monizione. Questo è un triste capitolo della storia della nostra
Fraternità. Se egli continua
la sua campagna su internet contro la Fraternità e il suo
Superiore generale, la separazione dalla Fraternità sarà
inevitabile. Oltre alle sue idee false, egli ha manovrato dietro le
quinte. La vera tragedia è che da anni egli non accetta
più l’autorità del Superiore generale, e si è
auto-assegnato una missione. Prima del Capitolo generale, ha
promosso la ribellione. Per un vescovo cattolico, questo è
molto grave.
Kirchliche Umschau: La fraternità non esiste solo per condurre delle discussioni con Roma. Che considera come altro campo d’apostolato? Don
Niklaus Pfluger: Il mondo occidentale ha perso la fede.
Una delle ragioni è che la Chiesa non presenta più la
fede, non la porta più al mondo. Gli uomini di Chiesa moderni
sembrano quasi vergognarsi della fede, ecco perché si
preoccupano della difesa dell’ambiente, della ridistribuzione dei beni
e dell’aiuto allo sviluppo. Non possiamo aspettare che rinsaviscano.
Dobbiamo andare di più all’esterno, conquistare un’influenza
pubblica e ricostruire la Cristianità. Con misura, umiltà
e carità. Come Gesù
Cristo lanciò questo appello ai suoi contemporanei: non temete!
Kirchliche Umschau: Dove vede delle vere sfide da raccogliere? Don
Niklaus Pfluger: Su scala mondiale, in questo momento
assistiamo alla persecuzione dei cristiani in Oriente. La sfida per noi
è attirare l’attenzione dei nostri fratelli su questi
perseguitati e portare loro assistenza. La Dichiarazione del Capitolo
generale ha messo questo in evidenza. Nei paesi occidentali si nota che
vengono messi al mondo sempre meno bambini, perché la famiglia
è svalutata; la legislazione dello Stato minaccia la famiglia,
che è il nocciolo della società. Il lavoro in favore
delle famiglie, l’aiuto alle famiglie è un impegno importante.
Dobbiamo sostenere le famiglie numerose e guidarle perché non
siano messe ai margini della società. Ma il nostro primo dovere
resta - e la Dichiarazione del Capitolo generale di luglio l’ha di
nuovo sottolineato - la conservazione e la difesa della fede, al pari
della formazione di sacerdoti veramente cattolici. È così
che possiamo servire la Chiesa cattolica nella maniera migliore. A
livello personale si tratta della santificazione. La preghiera,
l’insegnamento religioso, i sacramenti, sono un aspetto, una buona
condotta di vita e la carità fraterna sono l’altro aspetto. Le
due cose vanno insieme. Agendo così, noi convinciamo i nostri
simili e ci disponiamo per il Cielo; sì, noi abbiamo già
conosciuto momenti come questi, nei quali si può presentire
l’armonia e la felicità del cielo. Il materialismo, l’ateismo,
ma anche le sette e le false religioni limitano sempre più la
sana vita cattolica. Si tratta di una missione determinante per la
Fraternità: aiutare i credenti di buona volontà a
conservare la fede in tempi difficili e a viverla. Tale è il
nostro compito in questo momento, un compito magnifico ed esaltante, se
siamo capaci di diffondere intorno il fuoco dell’amore divino. Questo
è possibile solo con una fede profonda e vivente.
Kirchliche Umschau: Reverendo, la ringraziamo vivamente per questa intervista. (torna
su)
ottobre 2012 |