L’Enigma Del Papa Emerito : finalmente una spiegazione

di Edmund J. Mazza

Pubblicato sul  sito di Ann Barnhardt







Una volta eliminato l'impossibile, tutto ciò che rimane, non importa quanto improbabile, deve essere la verità.” Sherlock Holmes

Vorrei che non fosse stato necessario che succedesse nel mio tempo”, disse Frodo.

Anch’io”, disse Gandalf, “e anche tutti coloro che vivono per vedere questi tempi. Ma non spetta a loro decidere. Tutto quello che dobbiamo decidere è che cosa fare con il tempo che ci viene dato.


Più di sette anni dopo che Papa Benedetto XVI ha rassegnato le dimissioni dal papato, i cattolici si trovano ancora sconcertati e divisi sul suo atto improvviso.
Ciò è particolarmente vero perché a differenza di ogni altro ex-papa, lui non è tornato ad essere “Cardinale” Joseph Ratzinger, ma si è invece annunciato come “Papa emerito.”
In effetti, è ancora chiamato Benedetto, è ancora vestito di bianco papale, ci si rivolge a lui come a Sua Santità, dà ancora benedizioni apostoliche e vive ancora in Vaticano.
Poi, nel 2016, il segretario personale di Benedetto, l’Arcivescovo Georg Gänswein, ha inaspettatamente alimentato i fuochi della speculazione e della confusione quando, in un discorso al Gregorianum, ha dichiarato in toni drammatici che Benedetto

è stato abbastanza audace da aprire la porta a una nuova fase, a quella svolta storica che nessuno cinque anni fa avrebbe mai potuto immaginare.
Da allora viviamo in un’epoca storica che nella storia di 2.000 anni della Chiesa è senza precedenti.
Come ai tempi di Pietro anche oggi la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica continua ad avere un Papa legittimo. Ma oggi viviamo con due successori di Pietro in mezzo a noi ...
Molte persone ancora oggi continuano a vedere questa nuova situazione come una sorta di eccezionale (non regolare) stato del divinamente istituito ufficio di Pietro (eine Art göttlichen Ausnahmezustandes) ...
Dal febbraio 2013 il ministero papale, pertanto, non è più quello che era prima.
È e rimane il fondamento della Chiesa Cattolica; eppure si tratta di una fondazione che Benedetto XVI ha profondamente e permanentemente trasformato ...
E anch’io, testimone diretto dello spettacolare e inaspettato passo di Benedetto XVI, devo ammettere che ciò che mi viene sempre in mente è il ben noto e brillante assioma con cui, nel Medioevo, Giovanni Duns Scoto giustificò il decreto divino per l’Immacolata Concezione della Madre di Dio: “Decuit, potuit, fecit.”
Vale a dire: si addiceva, perché era ragionevole. Dio poteva farlo, quindi lo fece.
Applico l’assioma alla decisione di dimettersi nel modo seguente: era giusto, perché Benedetto XVI era consapevole che gli mancava la forza necessaria per l’ufficio estremamente oneroso. Poteva farlo, perché aveva già riflettuto a fondo, da un punto di vista teologico, sulla possibilità di Papi emeriti per il futuro. Quindi l’ha fatto ...
La parola chiave in questa affermazione è munus petrinum, tradotto  — come accade la maggior parte delle volte — con “ministero petrino”.
Eppure, munus, in latino, ha una molteplicità di significati: può significare servizio, dovere, guida o dono, anche prodigio.
Prima e dopo le sue dimissioni, Benedetto ha inteso e intende il suo compito come partecipazione a tale “ministero petrino”. [cioè munus] .
Egli ha lasciato il trono papale e tuttavia, con il passo fatto l’11 febbraio 2013, non ha per nulla abbandonato questo ministero.
Invece, ha arricchito l’ufficio personale con una dimensione collegiale e sinodale, come un ministero quasi condiviso (als einen quasi gemeinsamen Dienst)…
... non ha abbandonato lo “officium” di Pietro — qualcosa che sarebbe stato del tutto impossibile per lui dopo la sua irrevocabile accettazione dello “officium” nell’aprile 2005.
Con un atto di straordinario coraggio, ha invece rinnovato questo “officium” (anche contro l’opinione di consulenti ben intenzionati e indubbiamente competenti), e con un ultimo sforzo l’ha rafforzato (come io spero).
Ma nella storia della Chiesa dovrà rimanere vero che, nell’anno 2013, il famoso teologo sul trono di Pietro è diventato il primo “papa emerito” della storia.
Da allora, il suo ruolo — mi si permetta di ripeterlo ancora una volta — è completamente diverso da quello, per esempio, del santo Papa Celestino V, cui dopo le sue dimissioni nel 1294 sarebbe piaciuto tornare ad essere un eremita, diventando invece un prigioniero del suo successore, Bonifacio VIII  ...
Fino ad oggi, infatti, non c’è mai stato un passo come quello intrapreso da Benedetto XVI.
Quindi non è sorprendente che sia stato visto da alcuni come rivoluzionario, o, al contrario, come del tutto coerente con il Vangelo... (1)
[evidenziazioni mie]


Le riflessioni di Gänswein hanno lasciato sconcertati molti veterani commentatori vaticani.

Robert Moynihan di Inside the Vatican ha scritto:

Così sia la sinistra cattolica che la destra sono state ugualmente turbate dalle osservazioni di Gänswein.
Oltre ad aggiungere allo scandalo di cattolici che non sanno chi sia il nostro vero Papa, (è Francesco, nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo), o che pensano che ci siano due Papi allo stesso tempo l’ironia del discorso dell’arcivescovo è che né il papato né il pontificato di Benedetto hanno bisogno di essere artificialmente potenziati da nessuno, né per nessuno scopo qualsiasi.
I Concilii Vaticani I e II hanno chiarito che la Chiesa è governata da uno e un solo un Papa alla volta, e hanno anche dato al papato tutti i poteri “allargati” di cui ha bisogno, compreso il carisma dell’infallibilità, in circostanze chiaramente definite.
C’è un solo Papa e un solo Ministero Petrino — fine della storia. (2)


Analogamente lo storico Dr. Roberto De Mattei affronta la questione del “Papa emerito”:

Se il papa che si dimette dal pontificato conserva il titolo di emerito, ciò significa che in una certa misura rimane papa.
È chiaro, infatti, che, nella definizione, il sostantivo [Papa] prevale sull’aggettivo [emerito].
Ma perché è ancora papa dopo l’abdicazione ?
L’unica spiegazione possibile è che l’elezione pontificale abbia impartito un carattere indelebile, che egli non perderebbe con le dimissioni. L’abdicazione presupporrebbe in questo caso la cessazione dell’esercizio del potere, ma non la scomparsa del carattere pontificale.
Questo carattere indelebile attribuito al Papa potrebbe essere spiegato a sua volta solo da una visione ecclesiologica che subordinerebbe la dimensione giuridica del pontificato a quella sacramentale. 
È possibile che Benedetto XVI condivida questa posizione, presentata da Violi e Gigliotti nei loro saggi, ma l’eventualità che egli abbia fatto propria la nozione della natura sacramentale del papato non significa che sia vera.
Non esiste, se non nella fantasia di alcuni teologi, un papato spirituale distinto dal papato giuridico.
Se il Papa è, per definizione, colui che governa la Chiesa, nel dimettersi dal governo egli si dimette dal papato.
Il papato non è una condizione spirituale o sacramentale, ma un “officium”, o addirittura un’istituzione. (3)
 [enfasi mia]


O come ha impostata la questione il biografo di Papa Giovanni Paolo II, George Weigel:

L’Ufficio Petrino non è divisibile in alcun modo, né può essere una diarchia in cui uno esercita la missione di governo e un altro esercita la missione di preghiera.
La Chiesa tutta è grata delle preghiere di Joseph Ratzinger, per il Corpo di Cristo, per il mondo e per Papa Francesco.
Ma queste preghiere non costituiscono una sorta di estensione del ministero petrino di cui Benedetto XVI si è spogliato a partire dalle 20.00, ora dell’Europa centrale, il 28 febbraio 2013.
Queste preghiere sono le preghiere di un uomo grande e buono; non sono, da quella data e ora, le preghiere di un papa o di una sorta di mezzo-Papa.
Il riferimento di Mons. Gaenswein al titolo e all’abbigliamento conferma quello che molti di noi hanno pensato tre anni fa: le decisioni su queste questioni prese nel 2013 sono sbagliate.
Sì, l’ex vescovo di una diocesi è il suo “vescovo emerito” mentre vive, perché mantiene il carattere indelebile dell’ordinazione episcopale; ma non esiste tale carattere per l’Ufficio Petrino. Uno o detiene la carica di Pietro o no.
Intorbida completamente le acque il suggerire che ci sia una qualunque corretta analogia tra un vescovo diocesano in pensione e un papa che ha abdicato. (4)
[enfasi mia]

Eppure, nella biografia appena pubblicata di Peter Seewald, è proprio quella l’analogia che Benedetto usa :

Peter Seewald sottolinea a Benedetto che ci sono storici della Chiesa che criticano il fatto che lui si definisce “Papa emerito”, poiché tale titolo “non esiste, anche perché non ci sono due Papi”.
Dopo aver prima detto che lui stesso non vede perché su tali questioni uno storico della Chiesa dovrebbe saperne di più di chiunque altro – dopo tutto “stanno studiando la storia della Chiesa” –, Benedetto cita il fatto che “fino alla fine del Concilio Vaticano II, anche non esisteva  nemmeno una qualche forma di dimissioni da parte dei Vescovi”.
 
Dopo l’introduzione della posizione di vescovo in pensione, il Papa in pensione continua e dice che, è sorto il problema che “si può solo diventare vescovo in relazione a una specifica diocesi”, vale a dire, ogni “consacrazione è sempre relativa” e “connessa con una sede episcopale”.
Per i vescovi ausiliari, ad esempio, la Chiesa ha scelto “sedi fittizie” come quelle di paesi precedentemente cattolici in Nord Africa. Dal momento che, con il crescente numero di Vescovi che andavano in pensione, queste sedi fittizie stavano rapidamente riempiendosi, un vescovo tedesco – Simon Landersdorfer di Passau – ha appena deciso che sarebbe diventato semplicemente un ‘emerito di Passau’.”

È qui che Papa Benedetto elabora poi un confronto con il papato.
Perché, aggiunge, un Vescovo così in pensione “non ha più attivamente una sede episcopale, ma si trova ancora in una relazione speciale di un ex vescovo alla sua sede”.
Questo vescovo in pensione, però, così “non diventa un secondo vescovo della sua Diocesi”, spiega Benedetto.
Tale Vescovo aveva “completamente rinunciato al suo “officium”, ma la connessione spirituale con la sua ex sede era ora riconosciuta, anche come qualità legale”.
Questo “nuovo rapporto con una sede”  è “dato come una realtà, ma si trova al di fuori della concreta sostanza giuridica dello “officium” episcopale”.
Allo stesso tempo, aggiunge il Papa in pensione, la “connessione spirituale viene considerata come una realtà”. (5)

Allora, chi ha ragione? Benedetto o i suoi critici? La risposta è – entrambi !
C’è solo una spiegazione che soddisfa tutti e ci stava fissando in faccia da sette anni .
 
In primo luogo, Benedetto dice a Seewald che il suo “nuovo rapporto con una sede” è “dato come realtà, ma si trova al di fuori della concreta sostanza giuridica dell’ufficio episcopale”.
Traduzione: Benedetto non è più Vescovo [Episcopus] di Roma - Francesco lo è . 
Alla fine della sua rinuncia del 2013, Benedetto dichiara :

Vi ho convocati in questo Concistoro, non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa.
Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte ad esercitare in modo adeguato il ministero petrino.
Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando.
Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell'animoe, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato.
Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. (6)
 [enfasi mia]

[Non solum propter tres canonizationes ad hoc Consistorium vos convocavi, sed etiam ut vobis decisionem magni momenti pro Ecclesiae vita communicem. Conscientia mea iterum atque iterum coram Deo explorata ad cognitionem certam perveni vires meas ingravescente aetate non iam aptas esse ad munus Petrinum aeque administrandum.
Bene conscius sum hoc munus secundum suam essentiam spiritualem non solum agendo et loquendo exsequi debere, sed non minus patiendo et orando.

Attamen in mundo nostri temporis rapidis mutationibus subiecto et quaestionibus magni ponderis pro vita fidei perturbato ad navem Sancti Petri gubernandam et ad annuntiandum Evangelium etiam vigor quidam corporis et animae necessarius est, qui ultimis mensibus in me modo tali minuitur, ut incapacitatem meam ad ministerium mihi commissum bene administrandum agnoscere debeam.
 
Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commisso renuntiare ita ut a die 28 februarii MMXIII, hora 20, sedes Romae, sedes Sancti Petri vacet et Conclave ad eligendum novum Summum Pontificem ab his quibus competit convocandum esse. (7)

Eppure, la “parola chiave” in quella dichiarazione, come Gänswein ha sottolineato per la prima volta in 2016, è “munus petrinum”, tradotto - come accade la maggior parte del tempo - con “ministero petrino”.
Eppure, munus, in latino, ha una molteplicità di significati: può significare servizio, dovere, guida o dono, anche  prodigio.
Prima e dopo le sue dimissioni, Benedetto ha inteso e intende il suo compito come partecipazione a tale “ministero petrino”.
Ancora una volta, Benedetto dice a Seewald nel 2019, che “la dimensione spirituale... è sola ancora il mio mandato [munus]”.

Ma come può Benedetto riconoscere il suo successore come vescovo di Roma eppur ancora aggrapparsi al Petrino munus?
Dopotutto, come dice Weigel: “Lo ‘officium’ Petrino non è divisibile in alcun modo, né può essere una diarchia in cui uno esercita la missione di governo e un altro esercita una missione di preghiera”.
Infatti, Benedetto non ha creato una diarchia di due “Papi”, nel senso di due vescovi di Roma.
Perché è vero, una sede non può avere due vescovi e anche il munus Petrino  non è divisibile.
Benedetto l’ha tenuto per sé.
Ecco perché nella sua dichiarazione ha rinunciato al “ministero” e non al munus.
E perché Gänswein stesso, attira la nostra attenzione su quella parola. (8)

Ed ecco finalmente ci arriviamo: la soluzione definitiva dell’ “enigma emerito” non è che siamo portati a concludere che Benedetto ha diviso il munus Petrino - ma che egli ha diviso il munus Petrino  dalla Sede episcopale di Roma!

Ora, è di fede che Cristo ha fatto di San Pietro un apostolo e che gli ha conferito le chiavi del primato - ma da nessuna parte è registrato nella scrittura che Cristo lo ha reso vescovo di Roma. Pietro fece Pietro Vescovo di Antiochia e poi Pietro fece Pietro Vescovo di Roma.
Come scrisse una volta De Mattei: “Egli è vescovo di Roma in quanto Papa, e non papa in quanto vescovo di Roma”. (9
Essendo, infatti, Papa, Benedetto aveva/ha dal suo munus, tutta l’autorità di Pietro, (10) così che cosa ha fatto il 28 febbraio 2013?
Sembra che abbia separato Pietro dalla sede di Roma : “Il ministero papale non è quindi più quello che era prima. Esso è e rimane il fondamento della Chiesa Cattolica; eppure è un fondamento che Benedetto XVI ha profondamente e permanentemente trasformato ...” 
Se ciò è vero, Benedetto conserva ancora il suo primato - ma è solo un ex vescovo di Roma.
Viceversa, Papa Francesco ora occuperebbe la cattedra –- ma non sarebbe il Vicario di Cristo (qualcosa di cui lui stesso, apparentemente senza vergogna si vanta).  (11)
Ma può un papa effettivamente ritirare il primato dalla Sede di Roma?
Ecco cosa scrisse Thomas Livius nel suo classico lavoro del 1888 sul Papato:

Dire, allora, che i Papi sono i veri successori di San Pietro, e hanno il primato per diritto divino, è affermare una verità cattolica che è stata definita dalla Chiesa e appartiene alla sua fede.
Ma ... [Cristo] non ha determinato quali sarebbero state le condizioni in concreto di tale [di Pietro] vera successione, ma ha lasciato tutto questo alla determinazione di San Pietro e dei suoi successori...
Pur concedendo che l’unione del primato con la sede romana sia jure divino, la questione particolare può ancora essere sollevata: se un Papa, in qualche necessità evidentemente gravissima e urgentissima, potrebbe validamente separare il primato dalla sede di Roma.
La soluzione qui non è facile, e teologi di peso possono essere citati su entrambi i lati … (12)
[enfasi mia]

Tale fu il caso durante il Concilio Vaticano I, il cui 150° anniversario, per coincidenza, la Chiesa commemora quest’anno:

Un intenso dibattito sulla romanitas ha preceduto la dichiarazione finale della Pastor Aeternus.
Il disaccordo fu evidente per la prima volta nei vota della Commissione Teologica Preparatoria.
[Filippo] Cossa sosteneva che nessuna autorità umana, compresa quella del Papa, poteva separare la successione Petrina da quella nell’Episcopato Romano.
[Franz] Hettinger era anche convinto dell’inseparabilità di perpetuitas da romanitas…
[Ma] Diciotto Padri chiesero un chiarimento sulla affermazione del capitolo:
“Chiunque succede a Pietro nella cattedra detiene il primato di Pietro su tutta la Chiesa, secondo l’istituzione di Cristo stesso”
... Dal momento che non c'era la promessa divina che Roma fosse la sede in cui i successori di Pietro dovessero presiedere come vescovo, [il Vescovo] Dupanloup [di Orleans] pensò che romanitas per diritto divino non potesse essere provata.
Le osservazioni del vescovo Mariotti erano sulla stessa linea: solo la successione nel primato di Pietro era di diritto divino... doveva essere evidente che ha avuto origine con la volontà di Cristo, una condizione che era stata soddisfatta per il primato Petrino, ma non per la romanitas. Pietro stesso scelse Roma come sua sede episcopale. Poiché questa scelta non comportava la volontà rivelata di Cristo, il successore di Pietro non era per diritto divino il vescovo romano.
In generale, i padri che si opponevano alla formulazione della Deputazione volevano lasciare aperta la questione di come la relazione tra perpetuitas e romanitas potesse essere qualificata, una questione che accusavano la Deputazione di tentare di decidere autoritativamente. (13)
[enfasi mia]

Quindi, in definitiva,

la Deputazione del Concilio non voleva impegnarsi a una dichiarazione sul diritto con cui il vescovo romano succede nel primato, sebbene mantenesse fermamente che “era un dogma di fede che chiunque fosse succeduto a Pietro nella sua cattedra fosse anche successore nel primato”. (14)

Allora, per ribadire, non è contro l’insegnamento della Chiesa sostenere che un papa ha il potere di togliere il Primato Petrino dalla Sede di Roma, soprattutto in una situazione di grave e senza precedente pericolo per la fede. Gänswein ha usata la parola tedesca “Ausnahmezustandes” o “stato di eccezione” per descrivere il munus di Pietro/ministero petrino di Benedetto. Ora, uno stato di eccezione è definito come “un concetto nella teoria legale di Carl Schmitt, simile a uno stato di emergenza (legge marziale), ma basato sulla capacità del sovrano di trascendere lo stato di diritto in nome del bene pubblico. Questo concetto è sviluppato nel Libro di Giorgio Agamben State of Exception ...” (15) [enfasi mia]

O come ha detto l’Arcivescovo Gänswein (citando Scoto a proposito della Immacolata Concezione di Maria): "Decuit, potuit, fecit." Si addiceva... Dio poteva farlo, quindi lo ha fatto”.
In questo caso, così ha fatto Papa Benedetto. Se davvero ha separato il Primato di Pietro dalla Sede Romana, allora gli entusiasmi di Gänswein sulla manovra di Benedetto, alla fine, appaiono appropriati: “profondamente trasformato,” “straordinario coraggio”, “audace” “spettacolare” “imprevisto”, “una nuova fase”, “punto di svolta” “storico” “completamente diverso”, “mai un passo del genere” “senza precedenti” sono termini inappropriati per la descrizione del semplice pensionamento di un vescovo o anche di un papa!
Solo una soluzione di Papa Benedetto del tipo di quelle della serie televisiva fantascientifica “Star Trek” potrebbe giustificare l’uso di tali superlativi, mentre allo stesso tempo rispondere a tutte le critiche della sua “rinuncia” e soddisfare tutti i parametri della controversia “Papa emerito”.
(Ciò che significa per Papa Francesco e per il futuro della Chiesa è, francamente, una questione per un differente articolo).
Alla fine, come ha dichiarato Sherlock Holmes: “una volta eliminato l’impossibile, qualunque cosa rimanga, non importa quanto improbabile, deve essere la verità”.

NOTE

1 - Diane Montagna, “Complete English Text: Archbishop Georg Gänswein’s ‘Expanded Petrine Office’ Speech,” May 30, 2016 at Aleteia.org as cited in Robert Moynihan, “One Pope, One Petrine Ministry” at https://insidethevatican.com/magazine/lead-story/one-pope-one-petrine-ministry-response-archbishop
-georg-gansweins-recent-remarks-benedict-francis/
 
2 - Ibid.

3 - Roberto de Mattei, Regnante ed "emerito". L'enigma dei due papi, 15 settembre 2014
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350868.html

4 - George Weigel, “There Aren’t ‘Two Popes’ in any Way, Shape, or Form,” First Things, June 8, 2016 at https://www.firstthings.com/web-exclusives/2016/06/there-arent-two-popes-in-any-way-shape-or-form.

5 - Maike Hickson, “Pope Benedict: I resigned, but I kept ‘spiritual dimension’ of papacy,” May 6, 2020 at https://www.lifesitenews.com/blogs/pope-benedict-i-resigned-but-i-kept-spiritual-dimension-of-papacy

6 - Declaratio - italiano.
http://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2013/
february/documents/hf_ben-xvi_spe_20130211_declaratio.html

7 - Declaratio - Latino
http://www.vatican.va/content/benedict-xvi/la/speeches/2013/
february/documents/hf_ben-xvi_spe_20130211_declaratio.html

8 - Cf. my article, “Resigned to the Papacy: Does Benedict Still Claim He is Pope?” March 8, 2020 at [Bishop Emeritus Rene Gracida’s Blog] https://abyssum.org/2020/03/08/if-this-does-not-convince-you-that-
pope-benedict-vi-is-still-the-pope-of-the-roman-catholic-church-you-are-hopeless/

9 - Cf. nt. 3.

10 - Codice di Diritto Canonico (1983): canone 331: Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l’ufficio [munus] concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò, in forza del suo ufficio [muneris], ha potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente.

11 - Papa Francesco rinuncia asl titolo di Vicario di Cristo - Annuario Pontificio edizione 2020.
Su Avvenire: https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/papa-francesco-vescovo-di-roma-ma-non-solo

12 - Rev. Thomas Livius C.SS.R., St. Peter, Bishop of Rome, or the Roman episcopate of the Prince of the Apostles proved from the Fathers, history and archeology, (London: Burns and Oates, 1888), 284-85.
Nihil obstat: T.E. Bridgett, C.SS.R. (Censor Duputatus) [Finds no doctrinal error in the work.]
Imprimatur: Henry Edwards Manning, (Cardinal Archbishop) of Westminster [Concurs that the work is free from doctrinal error] . Manning was a convert from Anglicanism, famous as an “ultramontanist,” one who wishes to acknowledge the Pope’s power as much as possible.

13 - J. Michael Miller, The Divine Right of the Papacy in Recent Ecumenical Theology, (Rome: Università Gregoriana, 1980), 45-6.

14 - Ibid., 49.

15 - https://www.bollatiboringhieri.it/libri/giorgio-agamben-lo-stato-di-eccezione-9788833914596/


 



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