CORREDENTRICE

Articolo tratto dalla Enciclopedia Cattolica





Nuestra Señora Coredentora (Argentina)


La disinvoltura con cui l’inquilino di Santa Marta esterna giudizii incompatibili con la Fede cattolica, il piú delle volte espressi in modo volgare e comunicativamente sciatto, è ben nota. Abbiamo sentito dire che Gesú fa lo scemo, che le Persone della Santissima Trinità litigano fra loro, che la Madonna Santissima si è sentita ingannata da Dio, che Dio vuole l’esistenza delle diverse religioni, e via farneticando. Studiosi ben piú qualificati del modesto sottoscritto hanno, da diverse angolazioni, commentato questi obbrobrii. Il 12 dicembre 2019, nell’omelía pronunciata durante una celebrazione di Nostra Signora di Guadalupe tenuta nella Basilica di San Pietro, il Capo dello Stato della Città del Vaticano, parlando una volta di piú con incredibile leggerezza della Vergine Santissima, ha esplicitamente rifiutato il titolo, che piú documenti del Magistero avevano ricordato, e illustri teologi avevano patrocinato, di “Corredentrice” del genere umano. «Fedele al suo Maestro, che è suo Figlio, l’unico Redentore, non ha mai voluto prendere per sé qualcosa di suo Figlio. Non si è mai presentata come co-redentrice. No, discepola».
In compenso Jorge Mario Bergoglio ha gratificato María Santissima del titolo di “meticcia” (prendendo ovviamente spunto dall’immagine miracolosa della “Morenita” di Guadalupe), aggiungendo, con uno sprezzo del ridicolo insolito anche per lui, che Maria “ha meticciato Dio”. L’Incarnazione diventa quindi un’ibridazione, e tutta la teología dell’Unione Ipostatica viene imbrattata e cancellata da una battuta sacrilega.
Poi, riferendosi a coloro che avevano sollecitato una dichiarazione dogmatica sulla Corredenzione della Santissima Vergine, ha aggiunto questo capolavoro di raffinata ponderatezza teologica: «Cuando nos vienen con la historia de declararla esto o hacer ese dogma, no nos perdamos en tonteras» («Quando ci vengono con la storia di dichiararla questo, o di fare questo dogma, non perdiamoci in fesseríe»). In un documento molto esauriente emesso a questo proposito, la FSSPX parla di “empietà oltraggiosa”.
  
Ora, come ho già detto, io non ho nessuna capacità per commentare teologicamente la “Corredenzione” di María Santissima. Avendo però due mani, le ho usate per trascrivere l’articolo “Corredentrice” contenuto in quella benemerita opera, redatta sotto il glorioso pontificato di Pio XII, che è l’Enciclopedia Cattolica, di cui ho la fortuna di possedere una copia completa. Dal momento che su internet se ne trovano soltanto pochissimi articoli, e che non è facile per la gente consultarla (non tutti hanno voglia di andare in biblioteca!), spero di far cosa non inutile presentando quest’articolo, redatto dal grande teologo mariano Gabriele Roschini.
Leggiamolo non solo come autorevole documento scientifico, ma anche come testimonianza di vero amore per la Chiesa e di vera devozione alla Vergine Santissima.

Michele Vallaro

L'articolo “Corredentrice”

CORREDENTRICE. – È il termine tecnico usato dai teologi per esprimere la cooperazione di Maria S.ma all’opera della redenzione del genere umano.

    SOMMARIO: I. Il termine e la realtà. - II. Errori e opinioni. – III. Il magistero ecclesiastico. – IV. La S. Scrittura. – V. La tradizione. – VI. L’elaborazione della ragione.

I. IL TERMINE E LA REALTÀ . – Il termine fu usato la prima volta nel sec. XIV, nel Tractatus de praeservatione gloriosissimae Virginis Mariae di un anonimo Minorita. Recentemente è entrato nell’uso ecclesiastico, trovandosi in alcuni decreti del S. Officio (cf. AAS, 5 [1913], p. 364; 6 [1914], p. 1018) e della Sacra Congregazione dei Riti (cf. ASS, 41 [1908], p. 409).

La corredenzione è remota o mediata se si esaurisce tutta in un atto previo all’atto redentivo (ad es. dando la carne al Verbo di Dio); è invece prossima o immediata se si estende, in modo secondario e subordinato, all’atto stesso redentivo, ossia al sacrifizio con il quale il Redentore acquistò i suoi meriti e le sue soddisfazioni, prezzo della nostra redenzione, di modo che i meriti e le soddisfazioni di Cristo e di Maria costituiscono un solo principio totale di salvezza: i meriti e le soddisfazioni condegne di Cristo ad simpliciter esse e i meriti e le soddisfazioni congrue di Maria (le quali traggono la loro efficacia da quelle di Cristo) ad melius esse redemptionis.

II. ERRORI E OPINIONI. – I protestanti antichi e recenti negano qualsiasi cooperazione della Vergine S.ma all’opera della Redenzione, e rigettano perciò il titolo di C. Secondo essi Maria non sarebbe stata che un canale attraverso cui è passato Gesù unico nostro Mediatore (I Tim. 2, 5) per giungere fino a noi (cf. Zöckler, Maria, in Realencyklopädie für protestantische Theologie und Kirche, XII, pp. 309-36). Tutti i cattolici invece ammettono una vera cooperazione; si dividono soltanto allorché si tratta di determinare se tale cooperazione sia remota o mediata (Lennerz, Goossens, Smith e pochi altri), oppure prossima o immediata (Bittremieux, Bover, De la Broise, Friethoff, Lebon, Dillenschneider, Carol e molti altri).

III. IL MAGISTERO ECCLESIASTICO. – I Romani pontefici, da Pio IX a Pio XII, hanno ripetutamente insegnato, in modo sufficentemente chiaro, la cooperazione immediata di Maria S.ma alla Redenzione. Così, ad es., Pio X, nell’encicl. Ad diem illum del 2 febbr. 1904 (ASS, 36 [1904], pp. 449-62), dopo aver ricordata la compassione di Maria presso la Croce, asserisce: «da questa comunanza di dolori e di volontà tra Maria e Cristo, meritò Essa di diventare la degnissima riparatrice del mondo perduto e perciò la dispensatrice di tutte le grazie divine acquistateci da Gesù con la sua morte e col suo sangue».
  
Il Pontefice distingue la cooperazione immediata alla Redenzione oggettiva (cioè: con la sua partecipazione alla passione di Cristo meritò di diventare C.) dalla cooperazione immediata alla Redenzione soggettiva (e perciò divenne la dispensatrice di tutte le grazie divine). E scendendo più al particolare conclude: «Siccome Maria è superiore a tutti per santità e per la sua unione con Cristo, associata da Cristo all’opera della Redenzione, ci merita, come si suol dire, de congruo ciò che Cristo ci ha meritato de condigno, ed è la prima ministra della distribuzione della Grazia».
  
Benedetto XV, nella lettera apostolica Inter sodalicia del 22 marzo 1918 (AAS, 10 [1918], pp. 181-84), asserisce che la B. Vergine «non senza un divino disegno fu presente alla crocifissione del Figlio», vale a dire, «talmente patì e quasi morì col Figlio suo che pativa e moriva, talmente abdicò ai suoi diritti materni sul Figlio per la salvezza degli uomini, e immolò il Figlio, per quanto a Lei spettava, per placare la giustizia di Dio, da potersi dire con diritto che Essa ha redento con Cristo il genere umano». Qui si parla della cooperazione immediata di Maria alla Redenzione oggettiva, e si mettono in rilievo le parti che Ella vi ebbe.
  
Pio XI, in una orazione radiodiffusa per la chiusura del giubileo dell’umana redenzione (28 apr. 1935) diceva: «O Madre di pietà e di misericordia, che fosti presente come compaziente e C. presso il tuo dolcissimo Figlio nell’atto in cui compiva la Redenzione del genere umano…, conserva ed aumenta continuamente in noi, te ne preghiamo, i preziosi frutti della Redenzione e della tua compassione» (L’osserv. rom., 29-30 apr. 1935). Due cose esprimono qui la cooperazione immediata: la compassione corredentrice di Maria durante la passione redentrice del Figlio, e il frutto immediato sia della passione redentrice di Cristo che della corredenzione di Maria, ossia tutte le grazie che ci vengono impartite.

IV. LA S. SCRITTURA. – Il Protovangelo (Gen. 3,15), secondo l’interpretazione data dalla bolla dogmatica Ineffabilis Deus, esprime una indissolubile unione di Maria con Cristo nella Redenzione, ossia nella lotta con il serpente e nella piena vittoria sopra di lui (schiacciamento del capo), per mezzo della quale fu cancellato il decreto di morte. Questo schiacciamento del capo o Redenzione oggettiva fu effetto comune di Cristo e di Maria, fu cioè operato direttamente e simultaneamente da Cristo e da Maria (da Maria «insieme con Cristo e per mezzo di Cristo»). Questa «piena vittoria» dice che Cristo e Maria non solo non furono mai vinti dal serpente (lato negativo della vittoria) poiché furono tutti e due segregati dal peccato e dalle sue conseguenze, ma furono sempre i vincitori del serpente (lato positivo della vittoria), ossia operarono ed operano insieme la nostra Redenzione consistente non solo nella distribuzione delle grazie ma anche nell’acquisto delle medesime.
  
Questa interpretazione è confermata dalla nota lezione della Volgata in cui lo schiacciamento del capo del serpente (ossia la redenzione oggettiva) è attribuita in modo prossimo alla sola donna, ossia a Maria (sottintendendo con Cristo e per Cristo): «Ipsa conteret caput tuum». Orbene, il Concilio di Trento ha dichiarato autentica la Volgata, a causa dell’uso che se n’è fatto nella Chiesa per tanti secoli. In forza di tale dichiarazione, la lezione della Volgata dev’essere ammessa da tutti (cf. J. Vosté, De latina Bibliorum versione quae dicitur «Vulgata», Roma 1927, p. 27). Ha quindi un valore dogmatico (non già scritturistico) decisivo. Sembra perciò che non si possa rifiutare alla Vergine una cooperazione immediata alla Redenzione oggettiva.

La corredenzione, profetizzata da Dio nel Protovangelo subito dopo la colpa originale, incominciò a verificarsi nel giorno dell’Annunciazione (Lc. I, 38 sgg.). Un angelo, mandato da Dio, si presenta alla Vergine e le chiede, da parte di Dio, il consenso a divenire Madre del Redentore in quanto tale, poiché l’Incarnazione conteneva in se stessa la Redenzione. Dal suo consenso, dipendeva, poiché così aveva disposto Iddio, l’esistenza stessa della Redenzione, poiché il Verbo s’incarnava per redimerci. La Vergine, offrendosi al più grande dei dolori per dare all’umanità la più ineffabile delle gioie (la Redenzione), dà liberamente il suo consenso pronunziando il suo fiat. Con esso quindi cooperava alla nostra redenzione, e vi cooperava in modo immediato, poiché da esso Iddio ha voluto che dipendesse quanto alla sua stessa esistenza (non già quanto all’essenza) la Redenzione, che si iniziava e si operava virtualmente con l’Incarnazione. Senza quel consenso il mondo non sarebbe stato redento.
  
Che Iddio poi abbia voluto che l’Incarnazione redentrice fosse dipesa dal libero consenso di Maria, apparisce evidente dalla stessa narrazione evangelica. Se Iddio infatti non avesse voluto far dipendere l’Incarnazione redentrice dal consenso di Maria, a che scopo gliel’avrebbe fatto chiedere? In tale ovvio senso infatti ha interpretato la narrazione di Luca tutta la tradizione cristiana (cf. G. Roschini, Mariologia, 2a ed., II, pp. 292-295) di cui il più autentico rappresentante è s. Tommaso (Sum. Theol., 3a, q. 30, a. 1, c. e ad 1).

V. LA TRADIZIONE. – La cooperazione immediata di Maria S.ma alla Redenzione oggettiva viene espressa, innanzi tutto, nel parallelismo Eva-Maria. Fin da s. Giustino, Ireneo, Tertulliano, la B. Vergine ci è stata costantemente presentata dai padri, dai dottori e scrittori ecclesiastici come la nuova Eva, riparatrice della prima, in quel modo stesso con cui s. Paolo ci aveva presentato Cristo come nuovo Adamo, riparatore del primo. Ciò posto, dalla S. Scrittura (Gen. 3, 1-13; Eccli., 25, 33) risulta che Eva fu causa morale e diretta della nostra rovina, poiché indusse Adamo ad acconsentire al peccato. Altrettanto si deve dire di Maria. Ella sapeva che al suo libero consenso erano state legate, per libera disposizione divina, le sorti stesse dell’umanità, ossia la sua salvezza. Dando perciò questo consenso diveniva cooperatrice immediata, ossia causa morale e diretta della Redenzione del mondo.
  
Certo sono i meriti e le soddisfazioni condegne di Cristo che hanno operato la nostra Redenzione e che ci vengono applicati, poiché i meriti e le soddisfazioni congrue di Maria traggono tutta la loro efficacia corredentrice dai meriti e dalle soddisfazioni condegne di Cristo. Con ciò però non si escludono i meriti e le soddisfazioni congrue di Maria, e non già ad simpliciter esse ma soltanto ad melius esse della Redenzione, affinché cioè il piano della Redenzione fosse analogo al piano della prevaricazione.
  
Per questo i SS. Padri, i dottori e gli scrittori ecclesiastici, oltre a paragonare Maria ed Eva, attribuiscono immediatamente ad Eva la nostra rovina con tutte le sue conseguenze, ed a Maria la nostra salvezza, con tutti gli effetti della medesima: la placazione della divina giustizia, la nostra riconciliazione con Dio, la soddisfazione per il peccato originale, il merito della Grazia, la liberazione dalla schiavitù del demonio, la riapertura della porta del cielo (cf. Roschini, op. cit., pp. 304-309): ciò non si spiegherebbe senza una cooperazione prossima, immediata alla Redenzione.

VI. L’ELABORAZIONE DELLA RAGIONE. – La cooperazione o causalità redentrice di Cristo (Sum. Theol., 3a, q. 48), fu a modo di merito, di soddisfazione, di sacrificio, di redenzione e di efficenza. Maria cooperò alla Redenzione: 1) a modo di merito, poiché nel suo libero consenso all’Incarnazione redentrice, si riscontrano tutte le condizioni richieste per il merito, cioè la carità, l’opera buona liberamente compiuta e la preordinazione divina; 2) a modo di soddisfazione, poiché con la sua libera sottomissione, manifestata con il suo consenso, a tutta una vita di grandi dolori, animata dalla più ardente carità, compensò, per quanto le fu possibile (ossia almeno de congruo) il piacere che spinse i nostri progenitori alla ribellione a Dio con il peccato; 3) a modo di sacrificio, ossia al sacrificio con cui Cristo, per riconciliarci a Dio, meritò e soddisfece per il genere umano, in quanto che Ella offrì il suo Figlio, rinunziando, fin dal momento stesso in cui li acquistò, ai diritti materni ch’Ella aveva su di Lui, per la Redenzione del mondo. Con ciò, tuttavia, non meritò di essere chiamata Sacerdote in senso proprio e formale; 4) a modo di redenzione, poiché con l’offerta meritoria e soddisfattoria della Vittima divina, sulla quale aveva, come si è già detto, diritti materni, partecipò al versamento del prezzo con il quale il genere umano è stato redento. Fu il suo libero consenso, infatti, che determinò, per disposizione divina, il versamento stesso del prezzo per la nostra Redenzione; 5) a modo di efficenza, poiché la sua partecipazione alla Redenzione, come il compimento della medesima da parte di Cristo, essendo stata preordinata da Dio per tale scopo, non poteva rimanere senza effetto.
  
Ma oltre alla elaborazione teologica del fatto o realtà della cooperazione immediata alla Redenzione, la ragione, basandosi sulla Rivelazione, scioglie anche varie difficoltà mosse contro di essa.
  
A chi obietta che, secondo l’insegnamento perenne della Chiesa, Cristo solo ci ha redento, si risponde distinguendo tra la Redenzione principale, universale e per se stessa sufficente, e la Redenzione secondaria, dipendente, per se stessa insufficente. La prima, tutta propria di Cristo, non esclude la seconda, propria di Maria. Siccome poi la seconda dipende e trae il suo valore dalla prima, si può semplicemente parlare, come effettivamente si è fatto e si fa ancora, della prima senza parlare della seconda. Del resto, se l’unicità del Redentore dovesse prendersi nel senso di esclusione di qualsiasi cooperazione immediata, ne seguirebbe che sarebbe da escludersi non solo la cooperazione immediata alla Redenzione oggettiva, ma anche la cooperazione immediata alla Redenzione soggettiva ammessa da quelli stessi che propongono la suddetta obiezione.

A chi obietta che la Madonna fu anch’Essa redenta, e perciò non poté essere C. (poiché sarebbe stata, nello stesso tempo, effetto e causa) la ragione risponde che la cooperazione di Maria fu ordinata alla Redenzione degli altri, e non già alla propria Redenzione. Cristo, perciò, prima redense Maria (la quale forma da sola un ordine a sé, superiore a quello in cui si trovano tutti gli altri) con Redenzione del tutto speciale, ossia preservativa (non liberativa, come gli altri) e poi, insieme a Maria, redense tutti gli altri. Cristo, infatti, poté porre il medesimo atto redentivo (senza il bisogno di ammettere due atti distinti di Redenzione o due Redenzioni) con doppia intenzione e con doppio effetto, l’uno dei quali riguardava soltanto Maria, e l’altro, insieme alla cooperazione di Maria, tutto il resto del genere umano. Essendo redenta da Cristo, con priorità di natura (o logica) prima e in modo diverso da tutti gli altri, Maria poté con simultaneità di tempo (ossia nel medesimo istante di tempo) cooperare con Cristo alla Redenzione di tutti gli altri. La Vergine quindi può essere salutata con diritto, in senso stretto, C. del genere umano, e perciò si è meritata, in ogni tempo, l’ardente gratitudine di tutta l’umanità.

BIBL.: G. Smith, Mary’s Part in our Redemption, Londra 1938; H. Lennerz, Considerationes de doctrina B. Virginis mediatricis, in Gregorianum, 19 (1938), pp. 419-44; W. Goossens, De cooperatione immediata Matris Redemptoris ad Redemptionem obiectivam, Parigi 1939; G. Roschini, De Corredemptrice. Perpensatio difficultatum Goossens, Roma 1939; H. Seiler, Corredemptrix. Theologisches zur Lehre der letzten Päpste über die Miterlöserschaft Mariens, ivi 1939; N. García Garces, Mater Corredemptrix, Torino-Roma 1940; H. Lennerz, De Redemptione et cooperatione in opere Redemptionis, in Gregorianum, 22 (1941), pp. 301-24; J. Bover, Deiparae consensus Corredemptionis ac Mediationis fundamentum, Madrid 1942; id., María Mediadora universal, o Soteriología Mariana, ivi 1946; H. Lennerz, De cooperatione B. Virginis in ipso opere Redemptionis, in Gregorianum, 28 (1947), pp. 574-79; C. Dillenschneider, Marie au service de notre Rédemption, Haguenau 1947.
                                           
Gabriele Roschini




luglio 2020
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