La terza guerra mondiale

di Don Xavier Beauvais

Articolo di Don Xavier Beauvais, curato della chiesa di Saint-Nicolas-du Chardonnet, a Parigi, per conto della Fraternità San Pio X

Pubblicato sul n° 281, ottobre 2012, del giornale Le Chardonnet
Riprodotto sul sito francese della Fraternità La Porte Latine

i neretti sono nostri


Sì, l’11 ottobre 1962, con l’apertura del concilio Vaticano II, è stata dichiarata la terza guerra mondiale  (espressione usara da Mons. Lefebvre) contro la Chiesa, e non una guerra come le altre, ma una guerra rivoluzionaria che darà alla Chiesa una nuova missione: lottare per l’uomo; una rivoluzione che si è attuata con una folle apertura al mondo.

Leggendo i testi, e noi ci basiamo sui testi, possiamo tranquillamente affermare che il Vaticano II è per la Chiesa ciò che fu la rivoluzione del 1789 per il mondo. Da esso è derivata una crisi che non è dovuta alla cattiva interpretazione dei testi, né ad uno spirito deviato del Concilio, ma al Concilio stesso. Se dunque noi accettiamo il Concilio, dobbiamo accettare tutte le riforme che ne sono derivate (nuova Messa, nuovo rituale, nuova ecclesiologia, nuovo diritto canonico). Se invece noi scopriamo che i testi del Concilio, non solo mettono in pericolo l’integrità della fede, ma la tradiscono, allora dobbiamo rifiutarli insieme alle riforme che ne derivano.

Un colpo d’occhio rapido sui principali errori del Concilio è necessario per dare, o ridare, alle nuove generazioni il senso della battaglia ingaggiata da Mons. Lefebvre per amore della Chiesa e per l’integrità della fede cattolica.

La collegialità

«Affermando che esiste un doppio potere supremo nella Chiesa, con l’istituzione di un collegio episcopale permanente, il concilio Vaticano II ha ridotto il potere del Papa e dei vescovi al punto da far perdere il loro carattere essenziale» (Mons. Carli, intervento dell'ottobre 1963).

Questa tendenza a far partecipare la base all’esercizio del potere si ritrova nell’istituzione dei sinodi, delle conferenze episcopali, dei consigli presbiteriali, nella moltiplicazione delle commissioni e in seno alle congregazioni religiose.
È tutto un orientamento democratico della Chiesa conciliare che bisogna denunciare e combattere, perché i poteri non risiedono più nell’autorità, ma nel popolo di Dio. Questa degradazione dell’autorità è la fonte dell’anarchia e del disordine che regnano oggi nella Chiesa. Se è vero che i vescovi formano un corpo costituito, in ragione della loro comune origine (successori degli Apostoli) e della loro funzione comune (Pastori del gregge), tuttavia non formano essenzialmente – né in atto – un collegio in senso stretto.

La libertà religiosa

Dichiarando che ogni uomo è libero di esprimere la sua religione, affermando così la sua libertà di coscienza, il concilio Vaticano II ha aperto la porta al relativismo dottrinale, all’indifferentismo pratico e alla sparizione dello spirito missionario nella Chiesa per la conversione delle anime. Per di più, questa dichiarazione servirà a fondare l’ecumenismo.
Non esiste la libertà di professare un’altra religione diversa dalla cattolica, poiché la professione di una falsa dottrina implica necessariamente la corruzione del libero arbitrio, che conduce l’uomo ad agire contro la sua ragione.

L’ecumenismo

I testi del Vaticano II mostrano chiaramente che il percorso ecumenico consiste nello stabilire un dialogo con gli a-cattolici, sulla base di ciò che questi hanno in comune con i cattolici e ignorando le differenze. Il Concilio insegna che esiste «una vera unione nello Spirito Santo con gli eretici» (LG 14) e «una certa comunione imperfetta con essi» (UR 3).
Anche qui vi è una chiara rottura con la dottrina cattolica che, con San Cipriano, afferma che «la Chiesa cattolica è l’unico mezzo di salvezza». Come dice il Papa Pio XI nella Mortalium animos «poiché la carità ha per fondamento una fede integrale e sincera, è l’unità di fede che dev’essere il legame principale che unisce i discepoli di Cristo».
Pio XI rifiuta il «voto» espresso dai partigiani dell’ecumenismo che «tutti siano uno», quando afferma che «la Chiesa cattolica ha in se stessa l’unità promessa da Gesù Cristo alla sua Chiesa. L’unione dei dissidenti non può essere che il ritorno alla sola vera Chiesa che un tempo hanno avuto la sventura di abbandonare».
Al Concilio che parla di una vera comunione nello Spirito Santo con gli eretici, Pio XI risponde: «Com’è possibile che uomini legati ad opinioni contraddittorie, possano costituire una sola e medesima società?» (Mortalium animos).

Quindi, solo coloro che professano integralmente la fede cattolica fanno parte dell’unica arca di salvezza, e poiché la fede è il loro grande tesoro, la Chiesa ha sempre riprovato la partecipazione dei fedeli ai riti non cattolici. Il Diritto Canonico giunge perfino a sospettare di eresia colui che vi partecipasse, poiché una tale partecipazione, chiamata communicatio in sacris, implica la professione di una falsa dottrina in quanto sott’intende l’intenzione di onorare Dio come i non cattolici.
Ora, permettendola, il Concilio si oppone al comandamento di Nostro Signore, che dice ai suoi discepoli: «Colui che non ascolta la Chiesa sia per te come il pagano e il pubblicano».

Nello stesso ordine di idee, è impossibile conciliare il testo del Concilio Nostra Aetate, testo che secondo il Gran Rabbino Toaff «ha introdotto una rivoluzione nei rapporti fra la Chiesa e il giudaismo», con i numerosi testi della Scrittura che si possono leggere in San Giovanni e negli Atti degli Apostoli.
Gli Atti degli Apostoli testimoniano delle verità magistrali  enunciate da Nostro Signore in San Giovanni e che dettarono l’attitudine degli Apostoli nei confronti dei Giudei.
Si dimentica troppo facilmente che davanti al discorso di Pietro, i capi, gli anziani, gli scribi, fecero arrestare gli Apostoli, li fecero condurre al loro cospetto e vietarono loro di insegnare in nome di Gesù Cristo.
San Paolo, davanti all’accecamento dei Giudei, non ha rivelato anche lui questo disegno provvidenziale di Dio?
Gli Apostoli, seguendo l’ordine ricevuto dal Signore, cercarono di convertire i Giudei, non di dialogare con essi. Bell’esempio per noi, il solo che si debba seguire.

Sempre nello stesso ordine d’idee, il concilio Vaticano II pretende che i musulmani adorino lo stesso Dio che adoriamo noi, perché sono monoteisti. Questo è assolutamente falso, poiché il dio dei musulmani è antitrinitario. I musulmani non adorano la persona di Gesù Cristo, non riconoscono la divinità di Gesù Cristo. E qui è il caso di ricordare che, come dice San Giovanni nella sua prima epistola, «ogni spirito che non riconosce Gesù Cristo non è da Dio, questo è lo spirito dell’Anticristo», affermazione che riprende la dottrina di Nostro Signore.
Peraltro, il Concilio, come può lodare la morale di una religione che ammette la poligamia e che si è diffusa nel mondo col ferro e col fuoco, secondo il principio della Jihad?
Infine, quando si leggono, in Nostra Aetate, i testi relativi al buddismo, all’induismo, all’instaurazione dell’utopia della fraternità universale, appare molto chiaramente il fondamento dell’attitudine ecumenica, e cioè che tutte le religioni sono più o meno buone e che con esse è possibile un dialogo.

Il Concilio va poi più lontano, poiché ricerca una mutua comprensione da cui si spera possano sortire dei mutui rapporti. Ecco, non si tratta più di convertire le anime a Nostro Signore. Ora, la differenza fra il cattolicesimo e le altre religioni è di ordine qualitativo. Se le si ammettono più o meno, per ciò stesso si dissolve la dottrina cattolica, poiché si presuppone che la religione cattolica non sia la sola vera religione, ma una tra le tante. Qui si riconosce la tattica modernista che agisce in due tempi: solve et coagula; dissolvere la Chiesa cattolica e raggruppare tutte le religioni.
Di questo piano, già nel 1884, Leone XIII diceva: «in questo piano implacabile è facile riconoscere Satana e il suo disegno di vendetta».

Si può dire allora che l’ecumenismo è l’equivalente di un patto col nemico giurato della Chiesa. Nell’umanità vi sono due parti che si affrontano, una per il bene e l’altra per il male, e la battaglia cesserà solo alla fine dei tempi. Questa opposizione appare fin dalla Genesi; e Dio, in tutto il Vecchio Testamento, manifesterà il suo zelo nel castigare i popoli idolatri. L’esistenza delle due parti in cui è divisa l’umanità è ricordata nel Nuovo Testamento dal vecchio Simeone, che predice che Nostro Signore sarà un «segno di contraddizione».

Il dialogo col mondo

Al concilio Vaticano II, il dialogo col mondo è stato l’oggetto della costituzione pastorale Gaudium et spes che, come ha scritto Don Laurentin nel suo commento «affronta il mondo non in maniera autoritaria… ma per valutarlo con il rispetto e l’umiltà che richiede la considerazione di ogni realtà umana», come considerazione in vista del dialogo.
Ma come è possibile amare il mondo, nei confronti del quale Nostro Signore ha mostrato la sua opposizione e per il quale non ha pregato? Sostenendo il dialogo col mondo, il Concilio desidera essere ascoltato dal mondo. In effetti questo è possibile nella misura in cui si possiede lo stesso linguaggio. Ma questo non è quello che vuole Dio. Questa unione adultera col mondo deriva dal desiderio di piacere agli uomini! E da qui si giunge presto all’atteggiamento di Pilato che per non dispiacere agli uomini fece flagellare e mettere a morte Nostro Signore. Ecco dove conduce il liberalismo conciliare, all’eclissi della Chiesa cattolica. Ciò che Dio si aspetta da noi è la predicazione delle verità rivelate e non il non dispiacere al mondo.

La liturgia (Sacrosanctum concilum)

L’attitudine ecumenica del concilio Vaticano II ha in particolare delle ripercussioni nella costituzione che tratta della liturgia. La liturgia conciliare ha tradito la fede eliminando ciò che è specificamente cattolico, allo scopo di compiacere i protestanti, e cioè: la specificità del sacerdote e la nozione di sacrificio. Vi si esalta anche la partecipazione del popolo cristiano, appoggiandosi sul sacerdozio dei fedeli; cosa che si concretizza nell’uso della lingua volgare, nella possibilità della comunione sotto le due specie, come tra i protestanti, nello sviluppo della «liturgia della parola» a spese del sacrificio. Viene anche toccata la nozione di Presenza Reale, con la considerevole diminuzione dei segni di adorazione. Infine, l’inevitabile democraticizzazione della Chiesa si manifesta con la concelebrazione. È così che si diede il via alla nuova liturgia, che sfocerà sette anni più tardi nella nuova Messa, la quale «si allontana in maniera impressionante, sia nell’insieme, sia nei particolari, dalla teologia cattolica della Messa». Il Padre Joseph de Sainte-Marie ha riassunto bene questo sconvolgimento: «Quelli che hanno fatto il novus ordo, l’hanno costruito secondo una teologia che non è più cattolica, in particolare nel tre punti fondamentali: il sacrificio eucaristico, il sacerdozio ministeriale, la Presenza Reale».
Si tratta esattamente di un tradimento della fede.

La Chiesa «popolo di Dio»

Nel capitolo II della costituzione Lumen gentium, si può vedere inequivocabilmente la fonte degli altri errori di questo Concilio.

Il porre i laici e i chierici allo stesso livello, sottintende che basilarmente la Chiesa è comunitaria.
Questo testo ha voluto rimettere in questione la nozione di appartenenza alla Chiesa, che in tal modo, secondo i suoi autori, perde «la sua ristrettezza e la sua rigidità tridentine». Col pretesto che un tempo la Chiesa veniva definita in maniera equivoca, si parlò di una «Chiesa unita con i Giudei, i musulmani, i battezzati che non professano la fede cattolica, ecc.»
Si tratta qui di una vera rottura con ciò che scriveva Pio XII nella sua enciclica Mystici Corporis: «Significa allontanarsi dalla verità divina, immaginare una Chiesa che non si può né vedere, né toccare e che sarebbe solo spirituale, nella quale le numerose comunità cristiane, benché divise tra loro dalla fede, sarebbero riunite da un legame invisibile».
Intaccando in tal modo la costituzione della Chiesa, il Concilio ne ha fatto un mostro, perché bicefalo (con la creazione del doppio potere supremo) e senza corpo (popolo di Dio che riunisce più o meno tutti gli uomini).

Conclusione

Quando colui che all’epoca era cardinale e oggi è papa, nel suo libro Principes de la théologie catholique, scrisse: «La dichiarazione sulla libertà religiosa è un tentativo di riconciliazione ufficiale della Chiesa col mondo come esso è divenuto a partire dal 1789», allora possiamo dire che il concilio Vaticano II è stato la terza guerra mondiale, che oggi deve trovarci in prima linea nella battaglia che cesserà solo con la morte delle idee che questo Concilio ha generato.

50 anni dopo, la battaglia si fa lunga, si accanisce, e pertanto una gran parte del combattimento consiste ancora nell’attacco al tradimento del Concilio e nella difesa del fortino della fede.

Abbé Xavier Beauvais


 


novembre 2012

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