Chiesa conciliare: un passo in più verso il «sacerdozio dei laici» e i «preti sposati»
 


di Francesca de Villasmundo



Pubblicato sul sito Medias Presse Info






Papa Francesco ha appena dato una spinta verso il «sacerdozio dei laici» attraverso l’Istruzione La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa, redatta dalla Congregazione per il Clero e pubblicata il 20 luglio scorso.

In pratica, il ruolo dei laici che rimpiazzano il parroco esiste già: chi non è stato in qualche funerale «celebrato» dal sacrestano della parrocchia o da una signora della pastorale?
Quanti fedeli conciliari subiscono la cosiddetta ADAP (Assemblea Domenicale in Assenza del Presbitero), al posto della Messa di Paolo VI, già di per sé protestantizzata, Messa che il parroco è stanco di celebrare  - una alla Domenica basta – dopo essersi occupato dei «migranti» della sua parrocchia.

In questa Istruzione, la Congregazione per il Clero esplicita la «corresponsabilità ecclesiale» dei laici. Vi si legge che il vescovo «potrà affidare certi incarichi ai diaconi, ai consacrati o ai laici, sotto la direzione e la responsabilità del parroco». Questi laici, laddove la Messa non può essere celebrata per mancanza di preti, potranno presiedere la «liturgia della Parola»; essi non possono pronunciare l’omelia durante l’Eucarestia, possono però «predicare» in chiesa o all’oratorio in caso di bisogno. In più, il vescovo può delegare dei laici per assistere ai matrimoni. Lo stesso vale anche per le religiose, come è già successo in Australia.

Una parte dell’ottavo capitolo è dedicato alla «dottrina del diaconato» elaborata dal concilio Vaticano II, che non ha niente a che vedere col diaconato tradizionale fissato dal Concilio di Trento, che riservava questo primo grado del sacramento dell’Ordine ai soli chierici consacrati in vista del sacerdozio.
Oggi il diacono è un laico, spesso sposato. La Chiesa Conciliare - che ha l’arte di usare il linguaggio novecentesco e quindi di offuscare i punti essenziali - definisce l’ufficio di diacono come una partecipazione del Sacramento dell’Ordine, e quindi lo “ordina”, il che ci permette di credere che egli detenga il primo grado del Sacramento dell’Ordine, come era prima del Concilio Vaticano II. Ed è grazie a questa ambiguità che certuni chiedono venga loro accordato, logicamente, il secondo grado del Sacramento dell’Ordine, il sacerdozio, anche se non sono celibi.

La nuova Istruzione bergogliana insiste a lungo sulle «numerose funzioni ecclesiali» che possono essere affidate ad un diacono: «esso è stato istituito nell’ambito di una visione ministeriale di Chiesa e, perciò, come ministero ordinato al servizio della Parola e della carità; quest’ultimo ambito comprende anche l’amministrazione dei beni. quest’ultimo ambito comprende anche l’amministrazione dei beni. Tale duplice missione del diacono, poi, si esprime nell’ambito liturgico, nel quale egli è chiamato a proclamare il Vangelo e a prestare servizio alla mensa eucaristica»
Quindi, tutto fa pensare al diacono come ad un futuro prete.

Non bisogna ingannarsi, si tratta della messa in pratica del «sacerdozio dei laici». Quindi, questa Istruzione è l’anticamera per arrivare al sacerdozio degli uomini sposati e mettere fine al celibato sacerdotale.
Ciò che il Sinodo sull’Amazzonia non ha ottenuto, ma di cui ha gettato le basi, Papa Francesco lo realizza in questo testo. La rivoluzione bergogliana, che non è altro che la continuazione della rivoluzione del Vaticano II, segue il suo corso e il suo obiettivo: la protestantizzazione – o la modernizzazione direbbero i benpensanti adoratori del progresso – della Chiesa conciliare.






luglio 2020
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