Necesse est ut veniant scandala

di Danilo Castellano

Pubblicato sul periodico Instaurare omnia in Christo - Udine -
Numero di settembre-dicembre 2020






Una precisazione preliminare

Necesse est ut veniant scandala.
Questo giudizio di Gesù, riferito da Matteo (Mt. 18,7), non significa che siano necessari gli scandali che, anzi, vanno evitati. Non significa che essi siano necessari per evidenziare il bene (gli gnostici – erroneamente – affermano che essi sono addirittura necessari per il bene). Tanto è vero che Gesù ammonì coloro a causa dei quali nascono gli scandali: vae homini illi, per quem scandalum venit!
Significa piuttosto che se lo scandalo esiste è bene che venga alla luce. Non è bene, pertanto, adottare il criterio di mettere la testa nella sabbia per ignorare la realtà. La «politica dello struzzo» è un errore perché non consente di tentare di porre rimedio al male.

Affermazioni scandalose

Recentemente (21 ottobre 2020) è andato in onda un documentario al Festival del Cinema di Roma, nel corso del quale papa Francesco si è pronunciato sul problema dell’omosessualità. Egli ha letteralmente affermato: «le persone omosessuali hanno il diritto di essere una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo».

Il documentario proiettato era stato visto per intero da papa Bergoglio prima della sua proiezione. Quindi esso ha goduto della sua approvazione.
Successivamente è stato assegnato un premio da parte del Vaticano al regista del documentario; il che implica la totale e incondizionata approvazione del documentario medesimo, comprese le affermazioni di papa Francesco; questi nulla ha detto sull’argomento dopo la proiezione. Ci sono stati, è vero, alcuni tentati vidi fornire una interpretazione dell’affermazione di papa Francesco in senso conforme alla tradizionale dottrina della Chiesa sulla questione (padre Spadaro, per esempio) e di evidenziare come in precedenza papa Francesco, adottando il metodo del pendolo (dire e non dire, affermare e negare), avesse pronunciato parole e firmato documenti contrari alle cosiddette «unioni civili», rectius al cosiddetto «matrimonio» fra omosessuali.
Anche la Segreteria di Stato ha inviato una «Nota» alle Nunziature per favorire una corretta ermeneutica del pensiero di papa Bergoglio a questo proposito. La «Nota», redatta con stile diplomatico, si è rivelata insufficiente al superamento delle difficoltà di «lettura» di affermazioni che hanno (purtroppo) un senso compiuto. Non solo. Le parole di papa Francesco sono rese chiare anche da precedenti posizioni assunte da Bergoglio quando era Arcivescovo. Mons. Héctor Aguer, vescovo emerito di La Plata, per esempio, ha ricordato che Bergoglio, nel corso di un’assemblea plenaria della Conferenza Episcopale Argentina, propose di considerare lecite le «unioni civili» delle persone omosessuali da parte dello Stato (lo riferisce, per esempio, «La Verità» del 3 novembre 2020). E’ vero che lo fece, almeno così sembra, come alternativa sia pure solo nominalistica al «matrimonio» omosessuale, quello che in Argentina veniva proposto in maniera camuffata sotto il nome di «matrimonio egualitario».
Anche in Italia diversi movimenti e associazioni si accontentarono di ciò, cioè che non venissero definiti «matrimoni» quelle che poi saranno chiamate «unioni civili», alle quali l’ordinamento giuridico in vigore «riconosce» gli stessi diritti del matrimonio.
E’ un trucco di Satana, un escamotage machiavellico per arrivare allo stesso risultato: il «matrimonio» fra omosessuali. Quello che conta è la sostanza, non le apparenze e le definizioni nominalistiche. Papa Francesco lo ammette; dice infatti di essersi «battuto per questo».

Chiarimenti necessari

Papa Francesco, esprimendo opinioni personali, aveva già affermato nel 2018, nel corso di una telefonata a Gianni Vattimo (il cosiddetto «filosofo del pensiero debole»), che la teologia cattolica necessita di un rinnovamento; il che propriamente è «letto» come rivoluzione. Vattimo, infatti, interpretò questa affermazione come un invito ad emancipare il Cristianesimo da ogni elemento metafisico, vale a dire dall’ordine naturale, dall’ordine della creazione. Questo, infatti, altro non sarebbe – si dice – che l’ordine (arbitrario) che la società impone e presenta poi come ordine voluto da Dio.

Va chiarito in via preliminare che le opinioni del Papa non sono magistero del Papa. Innanzi tutto il Papa è infallibile (lo afferma esplicitamente la Costituzione apostolica «Pastor Aeternus» del 18 luglio 1870) quando parla ex cathedra in materia di fede e di morale. I pronunciamenti ex cathedra da parte dei Papi sono rarissimi; il più recente – finora unico – è il pronunciamento del 1950 di Pio XII circa l’assunzione in cielo in anima e corpo di Maria Santissima.

C’è però anche un magistero ordinario accanto a quello straordinario: pur non implicando necessariamente l’infallibilità esso vincola i fedeli. Per essere magistero, però, deve rispettare alcune condizioni; fra queste vanno considerate almeno le seguenti: deve avere per oggetto verità che formano il patrimonio della Rivelazione; deve essere in continuità con il precedente magistero petrino, dei Concili e della Tradizione; deve avere per fine la spiegazione di ciò che contiene il Depositum Fidei. Esso, pertanto, non aggiunge alcunché a quanto rivelato e insegnato, ma non può essere caratterizzato nemmeno dall’intenzione di sovvertire quanto la Chiesa crede ed è chiamata a credere. Se, perciò, il Papa insegnasse l’errore, la sua opinione non sarebbe magistero, nemmeno magistero ordinario. Se insegnasse il contrario di quanto la Chiesa ha costantemente insegnato e creduto, egli non eserciterebbe il compito di confermare nella fede i suoi fratelli (Lc. 22, 32).
Ora, a proposito dell’omosessualità, la Chiesa è stata ferma nella condanna della sua pratica. Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica, emanato con la Costituzione Apostolica «Fidei Depositum» del 1992 a firma di Giovanni Paolo II, condanna questa pratica. E non potrebbe non farlo, essendo una violazione del VI Comandamento, il quale, esprimendosi in negativo («Non») non ammette per nessun motivo eccezioni. Tanto meno consente di suggerire riconoscimenti istituzionali. La pratica dell’omosessualità – afferma il citato Catechismo – è una depravazione grave, è un atto umano intrinsecamente disordinato, è contraria alla legge naturale. Essa quindi è disordinata non solamente con riferimento alla Fede, ma anche all’ordine della creazione, a quell’ordine cioè dal quale la Chiesa dovrebbe emanciparsi secondo il «magistero telefonico» riferito da Vattimo. Il che significa che nessuna potestas, nemmeno quella di un governo di atei, è legittimata a riconoscerla come diritto della persona e a favorirne l’esercizio.
Ciò non significa che le persone di tendenza omosessuale debbano subire ingiustizie per questa loro tendenza. Non debbono essere «ghettizzate» per la loro condizione. Anch’esse hanno diritto al rispetto dovuto a tutte le persone. Non però perché sono omosessuali ma perché sono esseri umani. Quando rivendicassero il «diritto» alla pratica dell’omosessualità e ai conseguenti riconoscimenti contrari all’ordine naturale e alla giustizia (matrimonio, diritto ad avere figli da madre surrogata, pensione di reversibilità, etc.) le loro richieste non debbono essere accolte su nessun piano, tanto meno riconosciute dagli ordinamenti giuridici della comunità politica.

Le reazioni

La dichiarazione di papa Francesco a proposito della legalizzazione delle «unioni civili» era destinata a creare disorientamento e a suscitare scalpore. Non sono mancate qualificate, autorevoli e coraggiose prese di posizione, come quella dei cardinali Raymond Leo Burke e Gerard Ludwig Müller. Vescovi di diverse parti del mondo hanno ritenuto loro dovere la tutela del gregge loro affidato. Mons. Thomas Joseph Tobin, vescovo di Providentia (USA), per esempio, ha affermato che «le dichiarazioni del Papa contraddicono chiaramente quello che è stato l’insegnamento da sempre della Chiesa». Anche diversi laici hanno «reagito». Ci sono stati padri di famiglia che, dopo aver ascoltato e letto con stupore e sconcerto le dichiarazioni bergogliane, hanno sentito il dovere di scrivere una lettera ai propri figli, anche a quelli maggiorenni, per invitarli a considerare le dichiarazioni sulle «unioni civili» del Papa per quello che sono: opinioni erronee di Bergoglio, e per incoraggiarli a rimanere saldi nella Fede e ancorati ai e rispettosi dei principi morali. Molti fedeli si sono sentiti fortemente turbati.
Il danno morale provocato dalle affermazioni bergogliane a proposito dell’opportunità della legalizzazione delle «unioni civili», è stato gravissimo e le sue conseguenze saranno pesanti. Queste conseguenze si avvertiranno soprattutto in futuro.

Il metodo

Sembra che papa Francesco usi il metodo di lanciare il sasso e di nascondere la mano. Egli, infatti, di fronte alle reazioni dei fedeli e alle interpretazioni degli infedeli ha preferito (finora) tacere. Il Papa, però, dovrebbe parlare, illuminare, orientare. Egli è chiamato ad insegnare. Il suo silenzio è un’omissione, è propriamente rinuncia (apparente, come si dirà fra poco) al dovere del magistero. Tanto più che le questioni sono sollevate dalle sue parole. Non si può lasciare che siano altri a chiarire. Soprattutto non si può lasciare che la dottrina sia in balia delle opinioni. Anche se queste (le opinioni) sono autorevoli. L’interpretazione autentica deve essere data da lui con chiarezza, senza ambiguità.

Papa Francesco preferisce, com’è noto, «aprire processi». Lo svolgimento e le conclusioni di questi li lascia ad «altri». Egli dà il «la», il canto, poi, prosegue con altre voci, non sempre intonate; anzi, spesso, marcatamente stonate.
E’ il metodo della rivoluzione strisciante, da Bergoglio adottato da tempo e che ora egli conserva anche da Papa. Egli considera ciò un onore – (è un onore - dichiarò infatti nel corso di una intervista del 2018 – essere chiamato rivoluzionario). Egli, applicando questo metodo, porta avanti, talvolta apertamente, talvolta di nascosto, una dottrina «nuova». Perciò egli esercita comunque un’azione magisteriale, cioè un magistero, anche se spesso non è quello che ci si dovrebbe attendere da un Papa: la concezione della coscienza, esposta nella lettera inviata a Scalfari nel 2013 e pubblicata da «La Repubblica» l’11 settembre dello stesso anno, l’esaltazione di Lutero (fatta con un pellegrinaggio, con l’esposizione di una statua di uno dei peggiori eretici in Vaticano, con l’autorizzazione all’emissione di un francobollo celebrativo), la «promozione» dell’adulterio (sia con suggerimenti telefonici offerti ad una fedele argentina, sia soprattutto, con l’Esortazione «Amoris laetitia» e i «discernimenti» proposti) e via dicendo, sono dimostrazioni della condivisione di una «linea» di pensiero non proprio fedele al Vangelo, al magistero pontificio precedete, alla dottrina codificata dai Concilii. E’ una «linea» alternativa, sostitutiva di diversi dogmi e di diverse leggi di Dio.

Può avere attenuanti. Questo sarà Dio a giudicarlo. A noi sembra che una delle cause di tutto ciò sia il mancato approfondimento delle questioni (che è un dovere morale personale), rivelato anche dalla dichiarazione relativa alle «unioni civili». Un’altra attenuante è data dalla cosiddetta «cultura cattolica» del nostro tempo e, in particolare, dalla dottrina del personalismo contemporaneo (che non è la concezione classica della persona). Una terza attenuante è rappresentata dal metodo (metodo narrativo e non definitorio), dal linguaggio (ambiguo, proprio della modernità), dalla ricerca di incontro a tutti i costi con il mondo, adottati e, quindi, fatti propri dal Concilio Vaticano II.
Le attenuanti, però, - com’è noto – non eliminano la responsabilità personale.


Tre chiose

Alle tre attenuanti elencate è opportuno fornire qualche breve parola di chiarimento. Ognuna di esse richiederebbe una lunga spiegazione e, soprattutto, postulerebbe di essere argomentata con riferimento a premesse culturali e a fatti storici. Ciò non è possibile in questa sede. Ci si limiterà, perciò, a brevi cenni.

a) Il problema della cultura cattolica

Già San Paolo raccomandò ai Tessalonicesi di esaminare tutto ma di ritenere solamente ciò che è buono (omnia probate, quod bonum est tenete; I lettera ai Tessalonicesi 5, 21). Inoltre, lo stesso San Paolo raccomandò ai cristiani del suo tempo di non conformarsi al mondo, alla mentalità secolare (Lettera ai Romani, 12, 2). Segno che già alle origini del Cristianesimo era viva fra i cristiani la tentazione di adeguarsi alle contemporanee mode di pensiero e di vita. Nel corso dei secoli, questa tentazione si è costantemente presentata. Soprattutto, però, nell’epoca moderna e contemporanea essa  ha trovato largo accoglimento. Si è ritenuto e si ritiene, infatti, di fare opera pastorale buona «battezzando» sistemi di pensiero, tendenze morali largamente praticate, regimi politici.
L’adeguamento ad ogni costo offre, da una parte, l’illusione di aver conquistato al Cristianesimo i suoi avversari e, dall’altra, esso è meno faticoso e (almeno apparentemente) più vantaggioso dell’opposizione. A questo proposito è esemplare l’opera della Segreteria di Stato.
Per richiamare solamente alcuni fatti, ricordiamo la politica che ha portato al Ralliement nei confronti della Francia laicista, massonica, anticlericale al tempo di Leone XIII, l’accoglimento del liberalismo politico (cardinale Gasparri e don Luigi Sturzo); l’illusorio tentativo di recuperare il Fascismo (padre Gemelli e Pio XI); l’abbraccio con l’americanismo (già condannato da Leone XIII) e la democrazia moderna (Montini quale Sostituto alla Segreteria di Stato e, in parte, Pio XII); la linea della ostpolitik del cardinale Casaroli e di Paolo VI; l’apertura alla Cina del cardinale Parolin e di papa Francesco.

Su un piano parzialmente diverso (meno pragmatico e più dottrinale), ma in continuità con questa «linea», va considerata la benedizione della «laicità» francese, rectius l’elogio (in occasione del suo centenario) della legge della laicità (combattuta da San Pio X e considerata, invece, cristiana da Giovanni Paolo II) da parte di papa Wojtyla; la tesi secondo la quale il liberalismo sarebbe l’anima del Cristianesimo (Benedetto XVI); l’erroneo insegnamento secondo il quale Lutero (confutato e giustamente considerato eretico dal Concilio di Trento) sarebbe un riformatore da apprezzare (papa Francesco).
Lo scrisse apertamente Eugenio Scalfari dopo un colloquio (sollecitato apertamente da Bergoglio) su «La Repubblica» pochi giorni prima del viaggio a Lund di papa Francesco.
Soprattutto però va considerato, a questo proposito, l’atteggiamento metodologico del Concilio Vaticano II che tentò un «recupero» della modernità al Cristianesimo, non riuscendovi – è vero – ma presentando la Chiesa cattolica prona dinanzi al mondo.

Ciò dimostra che la cultura cattolica contemporanea si pone in un rapporto di costante subordinazione rispetto alla cultura elaborata in opposizione al Vangelo. I tentativi fatti nella seconda metà del secolo XX di dimostrare che il marxismo era «recuperabile» alla dottrina cattolica (essendone, per taluni, figlio) analogamente a quanto era stato fatto da San Tommaso d’Aquino con l’aristotelismo, non consideravano che Aristotele non si poneva «contro» il Cristianesimo (cosa impossibile essendo vissuto prima di Cristo), come invece fa Marx, sviluppando le premesse del pensiero illuministico.
Emblematica, a questo proposito, è la posizione di Maritain che negli anni trenta del Novecento sostenne la tesi del marxismo come eresia cristiana, tesi sconfessata subito da Pio XI, che definì, invece, il marxismo come dottrina intrinsecamente perversa.

b) Il personalismo contemporaneo

Il personalismo contemporaneo è un esempio di cedimento sul piano dottrinale ai sistemi del pensiero moderno. In particolare nei confronti dell’idealismo e dell’esistenzialismo ateo. Esso si è rivelato una forma di radicale individualismo; in quanto tale, dottrina aperta soprattutto al liberalismo (non solo politico) e al radicalismo. La sua diffusione in campo cattolico è stata facilitata, non solamente da quanto appena osservato sub a), ma anche dal fatto che esso sembrava un’alternativa «accettabile» ai sistemi politici totalitari, al positivismo morale e giuridico, al soffocamento (se non addirittura alla soppressione) della persona (o quanto meno dell’individuo).
Nella seconda metà del Novecento questa dottrina ispirò diversi ordinamenti giuridici positivi. Attualmente vive la «sua» stagione, la stagione di piena realizzazione. L’autodeterminazione assoluta della persona è diventata, infatti, un cardine degli ordinamenti costituzionali. Essa è pienamente praticata nel costume. Viene considerata il più fondamentale dei diritti fondamentali. Si ritiene, infatti, che in tutte le circostanze e con riferimento ad ogni opzione, ognuno abbia il diritto di vivere come vuole e che ogni pretesa sia un diritto. Ciò spiega la legislazione relativa al riconoscimento del divorzio, dell’aborto procurato, del «matrimonio» omosessuale (le cosiddette «unioni civili»), dell’utilizzo del proprio corpo per finalità di comodo, dell’assunzione di sostanze stupefacenti per scopi non terapeutici, dell’eutanasia, del suicidio assistito e via dicendo.
Papa Francesco, di cultura sostanzialmente peronista e gesuitica contemporanea (lontana, quindi, da quella di Sant’Ignazio di Loyola e aliena dallo spirito della «compagnia», predisposta al combattimento per l’ortodossia, abbeveratosi (si iscrisse a un dottorato in Germania) a una parte delle dottrine «tedesche» (come diversi uomini di cultura argentini), «accoglie» e divulga alcune istanze – non tutte, in verità – del personalismo contemporaneo. Ciò lo porta anche a sostenere coerentemente (anche se assurdamente) l’opportunità del riconoscimento delle «unioni civili».

c) Il problema dell’approfondimento delle questioni

Le affermazioni di papa Francesco raccolte nel documentario proiettato al Festival del Cinema di Roma, pongono diversi problemi.
1) Certamente, le persone omosessuali hanno il diritto di appartenere alla famiglia nella quale sono nate. Ciò sicuramente fino a quando esse sono minorenni. Nella famiglia, però, in questo caso, ci debbono stare da persone sottomesse alla patria potestà. Non possono pretendere di fare quello che vogliono. Conservano questo diritto anche da maggiorenni e nel caso facciano quello che vogliono? Per esempio, hanno il diritto di rimanervi se praticano ostentatamente l’omosessualità? Hanno il diritto di rimanervi se non si impegnano nella vita quotidiana nel lavoro o nella professione? I genitori hanno il dovere di mantenere per tutta la vita i figli che godono di salute e di capacità lavorativa? Hanno il diritto di rimanere nella famiglia le persone (normali o omosessuali) che disonorano la famiglia e la sfruttano?
2) Esiste un diritto assoluto a costituire una famiglia? Del diritto di costituire una famiglia gode chi ne ha la vocazione. Di questo diritto (il diritto è adempimento di un dovere) non tutte le persone godono perché persone. Ci sono, per esempio, persone che per scelta non costituiscono una propria famiglia.
3) Che cosa c’entra la legge sulle «unioni civili» con la famiglia? La famiglia non è un’«unione civile».
4) L’affermazione: «in questo modo sono coperti legalmente», che cosa significa? Significa forse che alla famiglia (quella naturale) devono essere assicurate dallo Stato assistenza (di ogni tipo: sanitaria, previdenziale, ecc.) e sostegno economico-finanziario?
Se questa fosse la «lettura» da dare all’affermazione, dovremmo dire che essa resta prigioniera del moderno Stato sociale di diritto, realizzazione ordinamentale molto discutibile e, in molti casi, contraria al diritto naturale. Se poi, andando oltre la famiglia naturale, fosse doveroso estendere la discutibile copertura legale che si reputa doverosa per la famiglia, alle «unioni civili», la questione avrebbe bisogno di (introvabili) giustificazioni morali e giuridiche.

Le dichiarazioni di papa Francesco pongono – come si vede – diversi problemi morali e giuridici che non possono e non debbono essere affrontati superficialmente.
Il contesto culturale peronista nel quale egli si è formato può indurre a ritenere che l’ideologia politica diventata effettiva in Argentina rappresenti l’unico orizzonte culturale di riferimento e che ad essa sia necessario far riferimento. La Chiesa, però, ha una dottrina che va oltre le mode. La sua dottrina è loro criterio di giudizio. Questo un Papa non lo deve mai dimenticare.

Conclusione

E’ stato rilevato (forse con una certa malizia)  che papa Francesco avrebbe fatto e avrebbe utilizzato le dichiarazioni sulla opportunità di legalizzare le «unioni civili» per almeno due scopi «operativi»:
1) per suscitare una reazione che portasse ad accusarlo di essere eretico. Questa accusa sarebbe a lui servita per dichiarare i suoi accusatori «nemici del Papa». Ciò lo avrebbe favorito nell’opera di «liberazione» da quanti si oppongono alla realizzazione dei suoi personali propositi e ostacolano la realizzazione celere della rivoluzione dentro la Chiesa. Non è dato sapere – le intenzioni non dichiarate sono note solamente alla persona che agisce e a Dio – se questo disegno corrisponde a verità. Quello che è certo è che da queste vicende la figura del Papa esce «ridimensionata». Per l’opposizione a Lutero e nei secoli successivi per l’opposizione alla Riforma, la figura e il ruolo del Papa erano stati opportunamente (forse necessariamente) esaltati. Dopo il pontificato di Bergoglio è certo che il Papa non è più il Papa della Controriforma. Nel bene e nel male.
Il secondo scopo sarebbe stato e sarebbe quello di appoggiare moralmente alcune riforme legislative relative all’omosessualità. E’ difficile credere che il Papa si sia prestato a fornire legittimazione etica a proposte e disegni di legge finalizzati a proclamare e tutelare i diritti dell’omosessualità, come quelli, per esempio, attualmente in discussione al Parlamento italiano. Le dichiarazioni, del resto, non hanno il potere di cambiare la natura delle cose; a meno che questo potere non sia ritenuto tale da papa Bergoglio sulla base dell’appartenenza simultanea a due Chiese, un tempo nemiche, oggi solamente diverse (causa soprattutto della svolta filantropica della contemporanea Chiesa cattolica «militante» e come conseguenza dell’ideologia che «divinizza» l’uomo, sostituendolo a Dio).




dicembre 2020
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