il mistero dell'Incarnazione

di Don Patrick Troadec, FSSPX


Articolo pubblicato sul sito informazioni della Fraternità San Pio X
 
In due parti: prima parte  - seconda parte




Incarnazione (Piero di Cosimo)


Il mistero dell’Incarnazione che la liturgia ci fa rivivere col ciclo di Natale, è una fonte inesauribile di contemplazione. Per facilitare questa considerazione in questo articolo riassumiamo i principali insegnamenti della Chiesa su questo argomento.

Le convenienze dell’Incarnazione

Per noi, la vita di Dio è un mistero. Dio è luce, ma per noi questa luce è abbagliante; essa rimane inaccessibile. Dio abita «una luce inaccessibile», ci dice San Paolo: « Lucem habitat inacessibilem (1 Tm 6, 16). Di conseguenza, l’imprudente che «volesse scrutare le profondità di Dio verrebbe schiacciato sotto il peso della Sua gloria (Pr. 25, 27).

Così, nella vita spirituale è importante non cercare di voler comprendere perfettamente i misteri divini. Essendo Dio infinitamente al di sopra di noi, non meraviglia non riuscire a cogliere perfettamente chi Egli è. Come dice l’autore dell’Imitazione di Cristo nel libro IV, Dio può fare più di quello che si può concepire. Quello che Egli si aspetta da noi è che abbiamo una fede profonda e una vita pura. Quindi, riconosciamo in tutta semplicità i nostri limiti.

Tuttavia, se Dio è di per Sé inaccessibile, Egli ci ha inviato Suo Figlio per farcelo conoscere. «Nessuno ha mai visto Dio – dice San Giovanni – ma il Verbo di Dio, Figlio unico del Padre, ce lo fatto conoscere» (Gv. 1, 18).

Non dimentichiamo che il Verbo incarnato è il primogenito di tutte le creature (Col. 1, 15), Colui che è prima di tutto e al di sopra di tutto. Egli riassume in Sé tutta la creazione. Egli è il modello e la perfezione di tutto (Ef. 1, 10). Egli è l’oggetto della compiacenza del Padre (Mt. 3, 17). Il resto vale solo in Lui e per Lui. E’ dunque Nostro Signore che ci permette di conoscere Dio senza per questo esaurire il Suo mistero.

Se la conoscenza di Dio nella Sua vita intima è impenetrabile, noi possiamo in cambio scoprire la convenienza di certi misteri della religione, e insieme i legami che uniscono questi misteri tra di loro, dal momento che le cose sono come devono essere.
Dio avrebbe potuto fare le cose diversamente; avrebbe potuto non incarnarsi, avrebbe potuto salvarci senza soffrire, ma ha voluto incarnarsi e ha voluto soffrire. E i teologi e gli autori mistici hanno dimostrato la fondatezza del piano divino.

Noi quindi vedremo di ricercare perché il Verbo si è incarnato e ammireremo le convenienze del piano divino: poi vedremo come l’Incarnazione riveli diversi attributi di Dio e in particolare la Sua onnipotenza, la Sua saggezza, la Sua bontà e la Sua giustizia. Infine cercheremo di vedere l’armonia di questi tre misteri inseparabili: l’Incarnazione, l’Eucarestia e la Comunione.

Il motivo dell’Incarnazione

Prima di sondare le perfezioni del Verbo fatto carne, cerchiamo di ricordarci perché si è incarnato.

Il primo uomo ha peccato. Egli era uscito dalle mani di Dio, libero, innocente, santo; ma ha abusato della sua libertà: si è separato da Dio per volgersi in maniera sregolata verso i beni terreni. Di conseguenza si è trovato spogliato della grazia, ferito nelle sue facoltà naturali, condannato alla privazione eterna del Sommo Bene che egli aveva offeso; ed anche al tormento eterno dei sensi che aveva voluto soddisfare con piaceri disordinati.

In sé il male era irrimediabile; poiché Dio è il Sommo Bene e il male è la negazione o il rifiuto del Sommo Bene. Colui che commette il male dice di no a Dio, quindi si separa da Dio. Il peccato si definisce come « aversio a Deo, conversio ad creaturam » ( S. th. I-II a 4, q 87): l’avversione a Dio e la conversione, cioè l’attaccamento sregolato, alla creatura.

Dio allora deve punire il male per soddisfare la Sua giustizia, l’uomo non può soddisfarla da sé perché il peccato lede la maestà di un Dio infinito. Ma se la giustizia di Dio esige un castigo infinito, la Sua misericordia sollecita un immenso perdono.

Il Figlio di Dio, prendendo compassione per l'umanità decaduta, ha deciso di risollevarla e salvarla. Disse a suo Padre: "O Padre, Tu non vuoi più queste offerte, questi sacrifici, che non sono abbastanza degni di Te. Ma tu mi hai formato in un corpo. E perché me l'hai dato? Perché, o Padre, io faccia la tua volontà. Tu esigi che io te lo offra in sacrificio…  eccomi qui: Ecce venio, in capite libri scriptum est de me ut faciam, Deus, voluntatem tuam. A capo del libro della mia vita sta scritto che io devo, o Padre, fare la tua volontà; così farò, perché ti è gradito (Eb 10,5-7; cfr Sal 39,7-9). »

La realizzazione del mistero

Per compiere questo disegno di salvezza dell’umanità, Dio decide di venire in questo mondo per mezzo del seno della Vergine Immacolata. Così, la Santa Vergine si trova in cime alla creazione: è per ella che il Verbo entra in questo mondo. Appena Lui si presenta, lei Lo accoglie, Lo adora; umile, docile, pura, amorevole, si apre e si arrende a Lui secondo tutta la sua volontà.

«O Gesù, Dio d’amore, Dio dato per amore, com’è dolce pensare che il cuore di questa Vergine sia stato il primo passo per venire in questo mondo per redimerlo dal suo peccato! »

La tappa seguente è per Gesù una vita dolorosa che va dalla mangiatoia alla Croce, da Betlemme al Golgota. Gesù l’accetta generosamente e perfino con gioia.

Tuttavia, per beneficiare della salvezza che Egli ha meritato per l’uomo, questi deve aprire il suo cuore all’azione della grazia, e non appena lo fa, Nostro Signore è pieno di gioia.

Ecco dunque che l’oltraggio fatto a Dio dall’uomo è pienamente riparato; e la gloria di Dio, che la creazione doveva cantare, compromessa per un momento, è abbondantemente riparata, al punto che la Chiesa, il Giovedì Santo, canta: «O felix culpa!»: o felice colpa.

Come possiamo affermare una cosa simile? Certo, il peccato originale ha avuto degli effetti disastrosi. Esso ha comportato la corruzione della natura in ogni uomo: l’oscuramento dell’intelligenza al punto che l’uomo spesso confonde il bene e il male e cerca la sua felicità nella creatura; una ferita nella volontà colpita dalla malizia e portata alla rivolta; piaghe e ferite nelle facoltà sensibili indebolite nel concorso che dovevano prestare alla volontà, e che si muovono con sfrenata violenza verso piaceri colpevoli. Tutto questo è vero. E come conseguenza di questo indebolimento dell’uomo, quanti uomini cadono nel peccato mortale con tutte le incalcolabili drammatiche conseguenze che esso comporta: perdita dell’amicizia di Dio, privazione della grazia santificante e di tutti i meriti precedentemente acquisiti. Tutto questo è vero.
Ma a fianco di tanti mali, il peccato ha avuto come conseguenza anche il fatto di mettere meglio in luce le perfezioni di Dio, che senza di esso sarebbero rimaste oscure.




Incarnazione (Piero di Cosimo)


L’Incarnazione: manifestazione degli attributi divini.


San Giovanni Damasceno dice che l’Incarnazione manifesta ad un tempo la potenza di Dio, la Sua bontà, la Sua giustizia e la Sua saggezza.

L’Incarnazione, opera dell’onnipotenza divina

Essa rivela l’onnipotenza divina perché Dio si fa uomo. Il fatto di unire in una sola persona due nature così lontane come la divinità e l’umanità, è la manifestazione dell’onnipotenza divina. La distanza fra la divinità e l’umanità è tale che San Paolo parla di annientamento per descrivere l’Incarnazione. Egli dice: Gesù Cristo annientò se stesso, assumendo la condizione di schiavo» (Fil. 2, 7). E se ci si chiede come questo sia possibile, si può rispondere con la parola che l’Arcangelo Gabriele rivolge alla Santa Vergine quando le dice che sua cugina è incinta, nonostante fosse sterile e in età avanzata: «Niente è impossibile a Dio» (Lc. 1, 37). Ecco perché San Giovanni Crisostomo afferma: «Non cercate come questo è avvenuto: dove interviene Dio, l’ordine della natura è superato. Egli l’ha voluto, dunque l’ha potuto; Egli è disceso verso di noi: e fu la nostra salvezza.

L’Incarnazione capolavoro di saggezza

Essere saggi significa proporzionare i mezzi al fine. E’ saggio colui che usa dei buoni mezzi per raggiungere il fine che si è proposto. Ma esiste una saggezza ancora più elevata: essere capaci, non solo di riparare al male, ma di far uscire il bene dal male.

Quello che tutti gli uomini dovrebbero riconoscere è che l’uomo è un essere decaduto. L’uomo per natura è un essere ragionevole, e tuttavia si trovano ben pochi uomini che vivono in maniera veramente ragionevole. L’aveva già sottolineato Blaise Pascal.

E più gli uomini negano l’esistenza di Dio, più è difficile per loro superare se stessi, dominare se stessi, domare le proprie passioni, assicurarsi il pieno controllo di se stessi. Ciò indica che la natura umana, lasciata a se stessa, è incline al male. L'uomo per natura è egoista, orgoglioso, carnale.

Ora, Dio ha creato un universo pienamente armonioso, ordinato. Vi sarebbe quindi solo l’uomo che avrebbe fallito, nonostante sia il re della creazione? Questo è insostenibile. Questo è il segno che Dio non ha creato l’uomo nello stato in cui è oggi. Quindi egli è decaduto dallo stato originale nel quale viveva nell’ordine. E la fede ci conferma che l’uomo è stato privato dello stato di perfezione a causa di un atto di disobbedienza a Dio.

Quale sarà quindi per la saggezza divina il mezzo per risolvere il grande problema del male? Certuni pensano: Dio aveva solo di dimenticare il peccato e fare come se non fosse accaduto. In realtà, essendo il male la negazione del Sommo Bene, Dio deve esigere una soddisfazione proporzionata al male. Ed ecco perché Dio nella Sua saggezza ha deciso di incarnarsi.

Avendo l’uomo peccato per orgoglio, Dio s’è umiliato. Avendo l’uomo disobbedito, Nostro Signore ha obbedito; avendo l’uomo gustato un piacere proibito, Nostro Signore berrà un calice amaro fino alla feccia.

Queste lezioni sono state comprese nel corso della storia della Chiesa dai cristiani ferventi e soprattutto dai Santi. Essi a loro volta hanno cercato di seguire il divino Maestro sulla via dell’umiltà, dell’obbedienza, della mortificazione, della Croce portata con amore.

L’Incarnazione opera della bontà divina

L’Incarnazione è, non solo un’opera dell’onnipotenza divina, della Sua saggezza, ma anche della Sua bontà.

Dio si è fatto uomo perché l’uomo ritrovi la sua amicizia con Dio e sia reso partecipe della Sua natura divina.

San Paolo, nella sua epistola agli Efesini dice che l’Incarnazione è un’opera della bontà infinita di Dio: «Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati. Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo (Ef. 2, 4-10).

Nel capitolo seguente, San Paolo augura ai fedeli che possano «conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza» (Ef. 3, 19),

L’incarnazione opera della giustizia di Dio

Come si manifesta la giustizia di Dio nell’Incarnazione?

Essa si manifesta in Nostro Signore che viene in questo mondo a riparare le nostre colpe. Egli viene come vittima dei nostri peccati. Facendosi uomo, Gesù Cristo, il Verbo incarnato, va a pagare tutto il debito dovuto a Dio per il peccato. In quanto persona divina Egli può compiere degli atti dal valore infinito. Egli può dunque cancellare l’ingiuria fatta alla maestà divina, offrendole una riparazione dal valore infinito.
Certo, il minimo atto del Verbo incarnato sarebbe bastato per assicurare questa riparazione, ma ciò che sarebbe bastato per una giustizia rigorosa non è sufficiente per il suo amore. Per manifestare più perfettamente il suo amore, si è spinto fino a sopportare la Sua Passione e la Sua morte.

E per ciò stesso, Egli ha anche vinto il demonio; e lo ha annunciato in questi termini: «ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori» (Gv. 12, 31). Certo, Dio non ha tolto al demonio tutto il potere, San Paolo ha anche predetto il progresso del male verso la fine dei tempi: «negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, senza religione, senza amore, sleali, maldicenti, intemperanti, intrattabili, nemici del bene, traditori, sfrontati, accecati dall’orgoglio, attaccati ai piaceri più che a Dio, con la parvenza della pietà, mentre ne hanno rinnegata la forza interiore» (2 Tim. 3, 1-5).
Si tratta di «uomini dalla mente corrotta, riprovati in materia di fede» (2 Tim. 3, 8-9).

Ed è precisamente in questa empietà che il demonio trova il suo giusto castigo: la morte alla quale accompagna Gesù Cristo segna la fine del suo regno. Questo è quello che la liturgia della Chiesa ricorda nel prefazio della Croce: «o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: che hai procurato la salvezza del genere umano col legno della Croce: cosí che da dove venne la morte, di là risorgesse la vita, e chi col legno vinse, dal legno fosse vinto: per Cristo nostro Signore».

Così Nostro Signore ha cancellato la macchia originale e placato la giusta collera di Dio facendosi uomo e morendo per noi sulla croce. Ed Egli al tempo stesso ha umiliato il demonio facendo in modo che ciò che sembrava essere la sua vittoria fu in realtà la sua disfatta. Mettendo a morte Cristo, il demonio credeva di aver vinto per sempre. Ora, è proprio con questa morte che egli è stato vinto.

Si può aggiungere che la giustizia di Dio appare nel fatto che ha voluto che il demonio fosse vinto da quella stessa natura umana che egli aveva portata al male. Egli aveva sedotto un uomo e tramite questo solo uomo aveva corrotto tutta la discendenza di Adamo. Ebbene, il suo impero sarà rovinato da un Uomo che infonderà la grazia in ogni anima che accetterà di lasciarsi guidare da Lui.

Così, si può dire che l’Incarnazione è veramente il capolavoro della giustizia infinita di Dio.

E da parte nostra, riconoscendo che Nostro Signore è Dio, non dimentichiamo di riconoscere che Egli è, non solo il Dio degli individui, il Dio delle famiglie, ma anche il Dio delle società. Dio ha creato l’uomo con una natura sociale: la società ha dunque dei doveri da renderGli. Quindi, dobbiamo supplicare il buon Dio che Gesù Cristo, il Verbo incarnato, in quanto creatore dei popoli come degli individui, ritrovi i suoi diritti sulle nazioni. Possano infine le nazioni accettare la conoscenza della salvezza come noi diciamo nel Benedictus: « Ad dandam scientiam salutis plebi ejus, in remissionem peccatorum.» per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
 nella remissione dei suoi peccati. (Lc. 1, 77).





Annunciazione (Leonardo da Vinci)



Tre misteri inseparabili: l’Incarnazione, l’Eucarestia, la Comunione.

Se lo studio del mistero dell’Incarnazione ci ha rivelato le convenienze del piano divino, e cioè la validità di questo mistero, in vista del peccato dei nostri progenitori che Nostro Signore è venuto a cancellare, lo studio congiunto dell’Incarnazione, dell’Eucarestia e della Comunione ci fare vedere l’armonia che esiste tra questi tre misteri.

Lasciando, per così dire, il seno di Suo Padre, al fine di condurre una vita terrena, il Verbo incarnato si è manifestato alle creature in tre modi. Egli ha preso dimora in Nostro Signore, l’ha prolungata nell’Eucarestia e la continua nell’anima che lo riceve nella santa Comunione. Dal Cielo, il Verbo eterno è venuto nel seno della Vergine Maria; dal seno di Maria Egli discende nelle mani del sacerdote, e dalle mani del sacerdote va nell’anima del comunicando: queste sono le tre tappe di Gesù Cristo in questo mondo.

I pastori della mangiatoia sospettavano che 2000 anni dopo la nascita del Bambino Dio, ci sarebbero stati uomini abbastanza privilegiati da ricevere nei loro cuori quello che avevano avuto la gioia di vedere? Sospettavano che questo bambino, sdraiato sulla paglia, avrebbe compiuto il più sorprendente miracolo nelle anime dei comunicandi, grazie al soffio fecondo del sacerdozio cristiano?

Sì, Betlemme, “la casa del pane”, si trova negli edifici cattolici, sia nelle sontuose cattedrali che nelle modeste cappelle e oratori. E lì, le anime che hanno fame di Dio sono nutrite dal pane che è sceso dal Cielo. Nel tabernacolo, avvolto in fasce eucaristiche, il Bambino nella mangiatoia riceve sempre omaggi da ricchi e poveri, da piccoli e grandi; e gli angeli del Cielo non cessano mai di ripetere intorno all’altare l’inno della Buona Novella: «Gloria in excelsis Deo”. Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà» (Lc. 2, 14). Il mistero dell'Incarnazione si perpetua nel mistero dell’Eucaristia.

Dal seno di Suo Padre, il Verbo di Dio si vedeva già rivestito dell’umanità, strumento della Sua tenerezza per gli uomini, e assaporava già le delizie della Sua unione con ciascuna delle nostre anime. L’Incarnazione e l’Eucarestia sono due visioni molto dolci per lo sguardo del cattolico fervente.

Se la contemplazione di questi tre misteri: l’Incarnazione, l’Eucarestia e la Comunione, umilia la nostra intelligenza, malgrado tutto essa è propria per suscitare in noi un amore ardente per il divino Maestro.

E se ci è impossibile penetrare a fondo questi misteri, ci è possibile scoprire i legami che li uniscono tra loro.

Somiglianza di origine di questi tre misteri

I tre misteri dell’Incarnazione, dell’Eucarestia e della Comunione si realizzano solo col concorso simultaneo di Dio e della creatura: di Dio che ne è la causa principale ed efficace, dell’uomo che acconsente all’azione divina.

Alla parola di Maria: «Sono la serva del Signore», Dio è sceso nel suo seno.
Alla parola del sacerdote: «Questo è il mio corpo. Questo è il calice del mio sangue», Nostro Signore si rende presente sull’altare sotto i veli dell’Ostia e sotto l’apparenza del vino.

Al cattolico che apre il suo cuore per ricevere Nostro Signore nella santa Comunione, Nostro Signore si rende presente nella sua anima.

Al pari dell’Arcangelo Gabriele che dice a Maria: «Il Figlio di Dio nascerà da te»; al pari di Nostro Signore che dice agli Apostoli: «Questo è il mio Corpo. Fate questo in memoria di me»; Nostro Signore dice ai cattolici in stato di grazia: «Prendete e mangiate». In tutti e tre questi misteri Dio chiede il consenso della Sua creatura.

Ora, se si guarda l’ambito nel quale si compiono questi misteri, si può osservare che:
- è una Vergine che concepisce l’Uomo-Dio, e questo concepimento miracoloso consacra la gloria della verginità e l’arricchisce delle prerogative della maternità;
- è sotto i veli di una bianca Ostia che Nostro Signore discende nelle mani del sacerdote. Col suo biancore, l’Ostia richiama la purezza di Gesù che discende sull’altare al momento della consacrazione.

Così deve essere il comunicando: egli deve tendere ad una purezza sempre più grande per essere sempre meno indegno di accostarsi ad un Dio così puro e così santo.

Come diceva Mons. Izart: « Se ci è voluto il grembo di una Vergine per accogliere Colui che risiede nel seno di Dio; se ci è voluto, al Figlio di Dio e di Maria, l’asilo inviolato delle specie eucaristiche; di quale delicatezza di sentimenti, di quale purezza di corpo, di quale integrità di anima, il comunicando non dovrebbe circondare la sacra persona di Gesù Cristo? Sì, santità dell’innocenza preservata o santità dell’innocenza recuperata con il pentimento, questa è la veste d’onore che Gesù ci chiede per unirci a Lui».




Natale (Domenico Ghirlandaio)


Somiglianza di natura dei misteri dell’Incarnazione, dell’Eucarestia e della Comunione

In questi tre misteri vi è un aspetto visibile che nasconde un aspetto invisibile, ed è l’aspetto invisibile il più importante.

Nell’Incarnazione ciò che è visibile è l’umanità di Nostro Signore; ma in realtà, dietro l’umanità si nasconde la Sua divinità. In Nostro Signore noi vediamo un uomo, ma la fede ci insegna che Egli è Dio. In Lui vi è solo una persona, ed è la persona divina. Così, la Sua divinità è nascosta sotto i veli dell’umanità.

Nell’Eucarestia, l’aspetto visibile è ciò che sembra essere il pane; ma in realtà si tratta di tutt’altro, poiché dietro le sacre specie si nasconde Nostro Signore rivestito del suo corpo glorioso. Così, esteriormente si direbbe del pane, ma in realtà è presente Nostro Signore.

Se nel mistero dell’Incarnazione, la divinità di Nostro Signore è nascosta dietro i veli della Sua umanità; se nel mistero dell’Eucarestia, Nostro Signore è nascosto sotto i veli dell’Ostia, nel mistero della santa Comunione Nostro Signore è parimenti nascosto nell’anima del comunicando.

Ma se Nostro Signore, pur essendo nascosto, è presente nell’anima del comunicando, non è per rimanere inattivo. Egli desidera occuparvi il posto che merita. Il Verbo incarnato desidera sostituirsi poco a poco a noi. Si comprende che il Dio che riempie il cuore del comunicando, è troppo grande per sopportare la presenza di un rivale. Dio desidera essere tutto per lui. Così, ogni comunicando è invitato a rendersi conto di quello che dice San Paolo ai Colossesi: «Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio!» (Col. 3, 3); o anche ai Filippesi: «Per me infatti il vivere è Cristo» (Fil. 1, 21).

Quando noi guardiamo a ciò che accade nel fondo dell’anima del comunicando, vediamo solo Nostro Signore, che lo sostiene e lo divinizza. Così, di contro, il comunicando deve glorificare Nostro Signore manifestandoLo.
Come diceva ancora Mons. Izart: «Poiché la Comunione fa di noi il velo di Cristo (velo in quanto non si vede), noi non siamo mai la tomba che Lo nasconde, ma lo strumento che Lo manifesta. (…) Camminiamo sulle tracce di questa bella legione di Santi e di Sante che sono state o che sono ancora nel mondo le radiose e santificanti schiere di Gesù Cristo».
Sì, Nostro Signore risplende attraverso il velo dell’umiltà, della purezza, della carità, della devozione delle anime generose che Lo ricevono con cuore ben disposto.

Somiglianza esteriore o della fisionomia

Infine, la similitudine dei tre misteri: dell’Incarnazione, dell’Eucarestia e della Comunione, si rivela con tre tratti principali in ciò che si può chiamare il loro aspetto esteriore o la loro fisionomia.

E’ proprio della nostra anima essere interamente nel nostro corpo e in ciascuna delle sue parti. Parimenti, il Verbo di Dio, prendendo possesso della natura umana la invade fin nella più intima profondità.  La divinità di Cristo è totalmente presenta in ogni parte della sua umanità.

Se adesso si guarda a ciò che si verifica nella santa Eucarestia, la fede ci insegna che Gesù è presente tutto intero sotto le specie eucaristiche e tutto intero fin nella minima particella.

Ebbene, quando si riceve la santa Comunione, Nostro Signore non localizza la Sua presenza nel nostro corpo o separatamente nella nostra anima. Egli è tutto intero nel nostro corpo per purificarne e controllarne le inclinazioni, per depositare in esso un germe di immortalità. Ed è anche presente tutto intero nella nostra anima e tutto intero in ciascuna delle nostre facoltà: Egli comunica al nostro spirito dei lumi particolari, Egli mette nel nostro cuore affezioni tra le più pure e le più fedeli, Egli penetra nella nostra volontà per correggerne le debolezze e per imprimerle maggiore pugnacità nella battaglia.
Così, Nostro Signore si impossessa del comunicando nella totalità del suo essere.
E’ indubbio che questa azione di Dio nell’anima del comunicando dipende dalle disposizioni di questi. Dio non penetra nell’anima se questa non glielo permette. Egli la trasforma nei termini in cui essa Lo lascia agire. Purtroppo, tutti gli attacchi scomposti alla creatura spesso impediscono a Nostro Signore di abbellire l’anima come vorrebbe.

Si può anche trovare un’altra somiglianza tra questi tre misteri.

Il Verbo incarnato aveva due vite: una vita di beatitudine nella Sua divinità e una vita di sofferenze nel suo corpo mortale. E questi due flussi di vita scorrevano simultaneamente nella persona del Verbo, parallelamente e senza mescolanza.

Questo contrasto tra l’umanità del Salvatore tormentata dal dolore dalla mangiatoia alla Croce, e la Sua divinità colma di una felicità ineffabile, si ritrova nel mistero dell’Eucarestia tra il corpo di Gesù e le specie sacramentali.
Il corpo di Nostro Signore è ormai impassibile e immortale, è glorioso, ma le sacre specie possono purtroppo essere contaminate in cerimonie sacrileghe.

Se si guarda adesso l’anima del cristiano che si comunica: essa è, come abbiamo detto, arricchita di grazie straordinarie, ma al tempo stesso essa può restare in preda a grandi sofferenze. La presenza reale di Gesù nell’anima non elimina la battaglia da condurre per rimanere fedele a Dio. Così, in certi momenti, il comunicando può trovarsi in preda alla malattia, alle tentazioni, ai diversi attacchi del demonio, alle prove spirituali. In questi momenti dolorosi, bisogna ricordarsi di quello che diceva San Paolo: «quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor. 12, 10).

Infine, l’ultima caratteristica comune a questi tre misteri è che sono o devono essere indistruttibili.

Fin dal giorno dell’Incarnazione del Verbo nel seno di Maria, il Verbo di Dio non ha lasciato la Sua umanità. Anche la morte fu impotente nel dividere la loro unione. Anche dopo la morte di Nostro Signore, la Sua anima è rimasta unita alla Sua divinità al pari del suo corpo.

Parimenti, finché le sacre specie non subiscono gli attacchi della corruzione, contengono Gesù-Ostia.

E questa è una preziosa lezione per coloro che si comunicano. Gesù, così perfettamente unito alla sua umanità, così attaccato al legame sacramentale nella Santa Eucaristia, entra nell’anima del comunicando solo con il desiderio di rimanervi per sempre.
Come dice Sant’Agostino: «Egli non ci lascia mai se non Lo lasciamo noi stessi», cioè Egli lascia l’anima solo quanto questa Lo caccia col peccato mortale. Per evitare questa disgrazia supplichiamo Nostro Signore di darci la grazia di restargli fedeli e di preferire la morte alla profanazione.

Seguiamo dunque l’esortazione di Mons. Izart: «Rimaniamo fedeli a Gesù Cristo in un momento in cui i fedeli stanno diventando così rari! Rimaniamo fedeli al Suo amore in un momento in cui l’egoismo affligge o prosciuga tanti cuori! Rimaniamo fedeli alla virtù cristiana in un momento in cui le licenze senza nome, come torrenti impuri, trascinano il mondo nell’abisso! Rimaniamo fedeli a Colui che è buono, vero e bello, in un momento in cui intorno a noi si fa uno scandaloso miscuglio di vizi e di errori! E in un momento in cui il disgusto e la disperazione fanno tante vittime precoci, restiamo fedeli alla dolce speranza che la Comunione mette nelle nostre anime come pegno dell’eterna felicità! »







gennaio 2021
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