Santa Chiara d’Assisi o Chiara Lubich da Trento?


di Cristina Siccardi


Pubblicato su Corrispondenza Ronana






L’11 gennaio è stato emanato il Motu proprio «Spiritus Domini» di papa Francesco sulla modifica del can. 230 § 1 del Codice di Diritto Canonico circa l’accesso delle persone di sesso femminile al ministero istituito del Lettorato e dell’Accolitato in forma stabile e istituzionalizzata con un apposito mandato.
Le donne che leggono la Parola di Dio durante le celebrazioni liturgiche o che svolgono un servizio all’altare, in realtà, già c’erano con una prassi autorizzata dai vescovi. Si tratta di ulteriori passi, diocesani e oggi del magistero pontificio della Chiesa, verso la protestantizzazione ufficiale.
 
Proprio in questi giorni la Rai ha mandato in onda una fiction dedicata ad una donna che si definiva cattolica, ma era, nella sostanza, molto in linea con lo spirito protestante, Chiara Lubich (1920-2008). Il film televisivo Chiara Lubich – L’amore vince tutto, diretto dal regista Giacomo Campiotti e interpretato da Cristiana Capotondi, è la dimostrazione che non basta più, ormai, manipolare la figura dei santi per condurli sulle linee guida della secolarizzazione della Chiesa, ma già si introducono modelli che rappresentano il nuovo corso della Chiesa postconciliare, fra cui, certamente, giganteggia Chiara Lubich, fondatrice, nel 1943, del movimento dei Focolari, e che ha posto al centro della sua esistenza la fraternità universale, proprio ciò che persegue con tutte le sue forze papa Francesco, immortalato in questo gennaio sulla copertina di Vanity Fair («La Fiera della Vanità») con la sua enciclica Fratelli tutti.

Tuttavia, la fiction ha acceso la protesta di alcuni fuoriusciti dal movimento, i quali sostengono che il lungometraggio ha trascurato i problemi legati ad episodi di manipolazione psicologica e/o suicidi; inoltre, non è stato dato spazio al recente scandalo di pedofilia scoppiato in Francia, che vede una trentina di vittime di ex focolarini. Tali denunce e polemiche sono arrivate, già prima del film, al Dicastero dei Laici per chiedere il blocco della causa di beatificazione della Lubich. C’è anche chi ha scritto al Corriere della Sera per lamentare il peana della Lubich nella fiction e per esternare un forte malessere sorto dalla profonda delusione nell’aver «dato tutto — spiritualmente, psicologicamente e materialmente e ciascuno in modo diverso — per seguire un ideale di vita che si è rivelato poi una bugia».

Chiara Lubich è considerata una figura altamente rappresentativa della pace fra i popoli, del dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale, ma anche dell’emancipazione della donna nella Chiesa. Non è certo un caso che ella abbia avuto dei riconoscimenti per i suoi meriti da istituzioni come l’Unesco, che le conferì il Premio per l’Educazione alla pace 1996, e il Consiglio d’Europa, che le riconobbe il Premio Diritti Umani 1998.

Nata a Trento il 22 gennaio 1920, da madre cattolica e padre socialista, venne battezzata con il nome di Silvia e prese quello di Chiara, in onore di santa Chiara d’Assisi, quando entrò nel Terz’Ordine francescano. A 15 anni entrò nell’Azione Cattolica, divenendo dirigente giovanile diocesana. Diplomata alla scuola magistrale, nell’autunno del 1942, dopo un incontro con il frate minore cappuccino Casimiro Bonetti (1915-2014), che si definì in un’intervista di Avvenire del 23 gennaio 2010, «scintilla inconsapevole del fuoco di Chiara Lubich», entrò nel Terz’Ordine francescano «per rianimarlo e ringiovanirlo». In quel contesto fece conoscenza di una diciottenne, Natalia Dallapiccola, che sarà la prima a seguirla nel suo movimento, dedito soprattutto all’unione politico-spirituale fra le religioni. Mentre il fratello Gino decise di aggregarsi ai partigiani comunisti, ella, a fronte degli eventi bellici che devastarono l’Europa durante la seconda guerra mondiale, si convinse che era «l’Amore la salvezza del XX secolo», come lascia scritto in una sua lettera del 1944.

Insieme ad altre persone porta il suo aiuto ai poveri di Trento, così, nel 1947 prende forma il piano «Fraternità in atto» e nel febbraio 1948, in un editoriale firmato Silvia Lubich, pubblicato su L’Amico Serafico, il periodico dei Padri Cappuccini, lancia la proposta della comunione dei beni materiali e spirituali, che viene messo in pratica dal gruppo che gravita intorno a lei.
Sostenuta da religiosi che si modellavano sempre più sulla figura deformata di san Francesco d’Assisi, seguendo così i parametri modernisti (la pretesa di assoggettare la Chiesa alle istanze progressiste e liberali del pensiero relativista e secolarizzato) della storiografia francescana inaugurata dal pastore calvinista Paul Sabatier (1858-1928), la Lubich, nel 1946, prospetta una «fraternità universale» (cfr. C. Lubich, L’unità e Gesù abbandonato, Città Nuova, Roma 1984, p. 2) e non una fraternità nella conversione in Cristo: forza unitiva d’amore non nella Santissima Trinità, bensì nella volontà dell’uomo, senza differenze di credo religioso.

Prima ancora che si apra il Concilio Vaticano II, prima ancora, quindi, che la Chiesa ceda all’influsso nefasto delle idee illuministe e massoniche, la Lubich si fa “profetessa” dei giorni rivoluzionari ecclesiali: unione e comunione sono le sue parole d’ordine, con la pretesa di trasformare la vita di persone di ogni età, etnia, cultura e credo… secondo principi che oggi va proclamando papa Francesco: «È la spiritualità del “noi”. Non è un fatto solo spirituale, ma una realtà concreta con conseguenze a livello sociale, culturale, politico, economico» (Papa Francesco alla Comunità del movimento dei Focolari, Loppiano-Firenze, 10 maggio 2018).

Gli ideali della Lubich diventano realtà nei documenti del Concilio Vaticano II.
Leggere i suoi scritti spiritual-comunitari è come fare un tuffo nell’Assise che ha mutato la fisionomia della Chiesa, staccandola da Cristo e uniformandola al mondo, ai cosiddetti «lontani», per dialogare con essi, come dichiaravano Giovanni XXIII e Paolo VI, nell’ambizione umana e soggettiva, non oggettiva e soprannaturale, di legare tutti gli uomini della terra fra di loro in nome di un Vangelo interpretato con una chiave di lettura protestante, comunista e laica. A Trento, infatti, la comunità dei Focolarini, in particolare a partire dal 1945, venne accusata e criticata: mettere in comunione i beni e fare dell’unità un ideale poneva dei forti sospetti di protestantesimo e di comunismo, ma anche di fanatismo.
Inoltre, quella parola «Amore», nella sua accezione sentimentale e solidale, e non autenticamente cattolica, correlata al concetto di Carità prima verso la Santissima Trinità e poi verso il prossimo, causava contrasti, incomprensioni e biasimi.

Il vescovo di Trento, Carlo De Ferrari (1885-1962), ufficializzò la nuova realtà laicale il 1º maggio 1947 con l’approvazione dello «Statuto dei Focolari della Carità – Apostoli dell’unità» e nel marzo 1949 un decreto del dicastero vaticano oggi denominato Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica sancì la distinzione dei Focolari della Carità dal Terz’Ordine dei Cappuccini. La prima approvazione pontificia del movimento risale al 1962, sotto il pontificato di Giovanni XXIII, ad experimentum, confermata poi nel 1964.

Nella Chiesa, però, alcuni dubitavano sull’ortodossia di tale comunità, perciò nel 1951 venne avviato uno studio sul movimento e si tennero una serie di confronti con la giovane fondatrice, arrivando a chiederle, nel febbraio 1952, di dimettersi dalla guida del gruppo, sostituendola per dodici anni con Giosi Guella (1923-1995), una delle sue prime compagne, fino al 1965, quando Paolo VI riconobbe ufficialmente Chiara Lubich fondatrice e presidente del movimento dei Focolari.

A sostenere l’opera di Chiara Lubich ci fu anche la Democrazia Cristiana, perciò non stupisce che essa si espanse in tutta Italia, poi in Europa, fino ad arrivare, nel 1967, a tutti i cinque continenti. Per circa un decennio, fra il 1950 e il 1959, sui monti trentini, per le vacanze estive, si univano al movimento dei Focolarini giovani, famiglie, professionisti, politici, sacerdoti, religiosi, vescovi, i quali desideravano «fare esperienza» di quella nuova vita che prospettava orizzonti nuovi per l’umanità, colpita ferocemente dal recente conflitto mondiale. Fu allora che prese forma il primo abbozzo multiculturale di società rinnovata dal Vangelo, a cui sarà dato il nome di «Mariapoli».
Fra i politici che si ritrovarono a Fiera di Primiero, nel 1953, è da ricordare il concittadino della Lubich, allora Presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi (1881-1954). E nel 1959, a turno, giunsero nella Valle oltre 10.000 persone di 27 Paesi diversi, a tutte quelle persone, compresi i politici la fondatrice dichiara che la nuova era per i popoli è possibile:
«È arrivato il momento, in cui la patria altrui va amata come la propria» (C. Lubich, Maria Regina del Mondo, in L’attrattiva del tempo moderno, Scritti Spirituali/1, Città Nuova, Roma 1978, pp. 218 e ss).

Nella Mariapoli del 1956 nasce la rivista Città Nuova, che si svilupperà in Casa Editrice. Il successo dei Focolarini è folgorante e la presenza della Lubich sulla scena sociale, culturale e politica internazionale è sempre più incalzante: potremmo dire che la sua autorevolezza a livello globale è paragonabile a quella che ebbe Maria Montessori (1870-1952). I suoi viaggi e le sue conferenze in giro per il mondo sono innumerevoli. Qualche esempio: nel 1981 si trova a Tokyo ad esporre la sua esperienza spirituale davanti a 10.000 aderenti all’associazione buddista laica RisshoKoseiKai. Nel gennaio 1997 è a Chiang Mai, in Tailandia, dove è chiamata a parlare a 800 monaci e monache buddisti. Nel maggio dello stesso anno, è stata la prima donna bianca non musulmana a parlare nella moschea Malcolm X di Harlem a New York davanti a 3.000 musulmani aderenti alla Muslim American Society.

Il 2 maggio 1996, a Napoli, invitata ad un incontro da un gruppo di esponenti politici di vari partiti e coalizioni, la Lubich propone la fraternità assunta come politica in funzione del bene comune; tale pensiero viene esportato anche altrove, trovando il suo compimento istituzionale nella creazione del Movimento Politico per l’Unità (MppU) e Chiara Lubich ne delinea i tratti fondanti incontrando parlamentari di Slovenia, Spagna, Francia, Repubblica Ceca, Brasile (1998), Italia (2000), Inghilterra (Westminster 2004). Interviene sull’Unità dei popoli al Simposio della Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace (WCRP) nella sede dell’Onu a New York (1997), mentre nel novembre 2001 è a Vienna al convegno «1.000 città per l’Europa», dove propone «lo spirito di fratellanza universale nella politica come chiave dell’unità dell’Europa e del mondo».

Canonizzata sugli altari laici, oggi Chiara Lubich è serva di Dio per la Chiesa, infatti, il 27 gennaio 2015, nella cattedrale di Frascati, è stata aperta la sua causa di beatificazione con un messaggio di papa Francesco, che inneggia al suo spirito di fraternità universale.

Quale differenza passa fra santa Chiara d’Assisi e Chiara da Trento? A voi il giudizio.



gennaio 2021

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