Woke, la dottrina del risveglio


di Roberto Pecchioli


Pubblicato su Accademia Nuova Italia






Come è potuto accadere? Come è possibile che sia crollato tutto? Capovolgimento dei principi basici della comunità, censura, proibizionismo verbale, politicamente corretto, blocco del pensiero, paura e divieti diffusi a piene mani. La rivoluzione francese iniziò con egalité, libertè e fraternité e finì nel Terrore e nella ghigliottina quotidiana di massa, davanti alle tricoteuses indifferenti: la banalità del male.
La grande cancellazione, il Reset diventato progetto concreto, il divieto della libertà e del libero pensiero, la prevalenza schiacciante di monopoli privati rispetto alla dimensione pubblica. Madamina il catalogo è questo, l’elenco della follia postmoderna, lungo come la lista delle conquiste di Don Giovanni, rivelate da Leporello a Donna Elvira.

Nel cruciale Enten- Eller, l’opera di Soren Kierkegaard che esplora le modalità esistenziali della vita etica e della vita estetica, il pensatore danese giunge a una sconsolante conclusione attraverso un aneddoto. “Scoppia un incendio nel retroscena di un teatro. Un attore vestito da pagliaccio esce per avvertire il pubblico: tutti hanno pensato a uno scherzo e hanno applaudito. Lo ha ripetuto: l’applauso è stato ancora più forte. Penso che sia proprio così che il mondo finirà, tra gli applausi degli astuti, convinti che sia uno scherzo.” 

L’incendio non solo si è propagato ovunque, ma arruola nuovi piromani, mentre i pompieri latitano e troppi pensano che sia tutta una messinscena. Gli incendiari, per sovrappiù, sono convinti della necessità liberatoria del rogo. La scintilla si è fatta fiamma e chi la alimenta ritiene di essere woke, risvegliato. Woke è uno dei termini in voga nel mondo anglosassone tra i protagonisti dell’ondata distruttiva in atto.
Si autodefinisce woke chi è consapevole delle ingiustizie sociali, in particolare del razzismo. Significa sveglio, vigile, cosciente: la scimmia postmoderna della coscienza di classe marxiana.

L’aggettivo woke nacque nello slang afroamericano negli anni ‘60, con il significato di bene informato, aggiornato. Si è diffuso nel lessico comune grazie all’incitazione e all’hashtag #StayWoke, usati per tenere alta l’attenzione dei media sociali sulle questioni sollevate dal movimento Black Lives Matter .
E’ la “dottrina del risveglio” di una generazione il cui unico intento è la cancellazione. La nostra definizione fa riferimento al titolo di un saggio in cui Julius Evola si proponeva di mettere in luce la natura vera del buddhismo, dottrina ridotta a sostegno di una debole etica avente per fondo la compassione, l'umanitarismo, la fuga dalla vita perché “la vita è dolore”. Il risveglio nella forma woke contiene la stessa degradazione, il medesimo vuoto del falso spiritualismo.

Non sorprende che Tim Cook, CEO di Apple, abbia tenuto un’applaudita conferenza presso un gruppo di attivisti woke, i sedicenti SJR, social justice warriors, i guerrieri della giustizia sociale, la nuova sinistra estrema americana. Il multimiliardario affermò senza vergogna “di avere un solo messaggio per coloro che promuovono l’odio, la divisione e la violenza: non c’è posto per voi nelle nostre piattaforme”. La domanda è ovvia: chi decide ciò che è odio, divisione, violenza? La risposta è irrefutabile: loro stessi, Big Tech, la plutocrazia giacobina, con l’appoggio della cultura politicamente corretta degli indignati e degli offesi e l’applauso della piazza woke, i sonnambuli che si credono desti.

Istruttiva è la motivazione di Twitter per la chiusura dell’account di Trump: poiché il Satana dal ciuffo biondo non assisterà all’insediamento di Joe Biden, ciò “potrebbe essere interpretato come un invito ad attaccare il nuovo presidente.”
Cultura del sospetto, processo alle intenzioni e sostituzione di Dio, sino a ieri il solo in grado di giudicare pensieri, parole, opere e omissioni.
Avvolti nel mantello del buonismo, i risvegliati non perdono occasione per difendere la libertà di espressione … della loro parte. Nulla di nuovo: i giacobini esclusero dalla tolleranza gli intolleranti, categoria comprendente tutti i non giacobini.
Karl Popper non la pensava diversamente: la sua “società aperta” era chiusa a chiave, sigillata agli avversari.
John Locke, padre nobile di tutti gli woke della terra, dopo la “gloriosa rivoluzione” inglese di fine Seicento, scrisse la Lettera sulla tolleranza, da cui escluse i cattolici.

I risvegliati odierni ricordano l’ultimo romanzo di James Joyce, Finnegans Wake, il risveglio – o la veglia - di Finnegan, la storia della morte e della comica resurrezione del protagonista. La narrazione si svolge interamente all’interno di un sogno. Sono abolite le regole grammaticali e ortografiche, sparisce la punteggiatura e le parole si fondono per riprodurre la simbologia onirica. La differenza con la realtà è il risveglio successivo.
I sonnambuli woke sono l’espressione di un mondo capovolto, che chiama bene il male e risveglio il sonno narcotico della ragione. Un incubo, dinanzi al quale spetta a noi di restare svegli e sobri, come chiese Paolo di Tarso nella Lettera ai Tessalonicesi.

Ripugna il senso di superiorità morale – autentico razzismo etico - da cui è animata la schiera woke. Una sua esponente è la giovane scrittrice Jia Tolentino, ex studentessa di una ricca scuola privata evangelica. Per lei, l’educazione religiosa - prontamente rinnegata – ha avuto un unico merito: “mi ha dato una prospettiva di sinistra sul mondo, l’ossessione per la moralità quotidiana, la consapevolezza di essere nata in una situazione compromessa, e il bisogno di indagare continuamente le mie idee riguardo a che cosa significhi essere buoni.”
Essere “di sinistra” significa aderire a un Bene assolutizzato, identificato con l’idea di uguaglianza, il relativismo etico e soprattutto un ossessivo antirazzismo.

A noi sembra lo scatenamento di pulsioni distruttive, l’istinto dell’orda, una barbarie avida di macerie, Gog e Magog dell’Apocalisse. Sbigottisce il degrado della sinistra “sociale”, diventata la claque isterica dei miliardari BigTech in nome dell’azzeramento della civiltà, ribattezzato risveglio, consapevolezza, il termine con cui lo scrittore Giuseppe Culicchia traduce woke. Atterrisce il greve materialismo dei “risvegliati”, inveramento degli ultimi uomini di Nietzsche che ammiccano e credono di aver inventato la felicità nella cancellazione, nel rifiuto dell’eredità.

Viene in mente un film di Ingmar Bergman, La vergogna.
Una coppia cerca invano di sfuggire alla guerra su un’isola. Le vicissitudini li cambiano profondamente, la loro casa è data alle fiamme, e l’uomo, una volta mite, contagiato dalla guerra, arriva a derubare e uccidere. Alla fine, i due cercano di fuggire, ma il mare è pieno di cadaveri. Analogamente, le intenzioni iniziali hanno prodotto un risveglio carico di odio, una smania di fare tabula rasa che non distingue il bene e il male e chiama nemico chiunque attraversi la strada e sia riconosciuto diverso.
E’ un assolutismo utile idiota del totalitarismo invertito del capitalismo monopolistico, un nazismo oligarchico capovolto, privo di ogni ideale, di cui movimenti come quello woke e i “guerrieri della giustizia sociale “, pupazzi in mano all’oligarchia miliardaria, sono le truppe d’assalto e la polizia politica volontaria.

Nella dottrina del risveglio woke, tutto è tremendamente semplice: loro sono il Bene e la Verità. Ogni eccezione è rimossa, primo passo per l’esclusione dal consesso civile.
Chi non la pensa come loro non è qualcuno che sbaglia: perde la qualità di uomo e diventa un nemico assoluto di cui è giusto e “morale” perseguire la distruzione, come spiegò Carl Schmitt nella Teoria del partigiano. E’ una visione da cui è assente il labirinto, in cui tutto – rischiarato, illuminato – procede in linea retta verso il Bene, coincidente con l’Uguale e l’Equivalente.
Il mondo perfetto woke è il vero Aleph, “il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli, il punto in cui convergono tutti i punti, una piccola sfera cangiante, di quasi intollerabile fulgore”.
La differenza con l’Aleph di Borges sta nella comprensione che il suo movimento “era un’illusione prodotta dai vertiginosi spettacoli che racchiudeva. Ogni cosa era infinite cose, perché io la vedevo distintamente da tutti i punti dell’universo”. 
Nel mondo rischiarato, consapevole, unico Aleph è ciò che raggiunge lo sguardo miope di una generazione a cui è stata chiusa la mente, fino ad applaudire l’oligarchia miliardaria detentrice del biopotere (scoperto da un marxista, Michel Foucault) “da sinistra “, parola il cui significato diventa ogni giorno più misterioso, a meno che non si consideri sinonimo e sintesi di bene, verità e giustizia.

Alcuni mesi fa è apparso un articolo illuminante del filosofo americano Edward Feser, “L’ideologia woke è un disordine psicologico”. Gli scritti di Feser, tomista, non sono tradotti in italiano, ma è possibile conoscerli attraverso il sito <pellegrinidellaverita.com>. 
La tesi di Feser è che la tendenza alla tirannia che già Platone attribuiva alla democrazia è conseguenza dell’egualitarismo, del relativismo morale e della licenza sessuale: non esattamente cause di destra. E’ anche il significato della famosa allegoria della caverna di Platone. Gli abitanti delle caverne sono incatenati in modo tale da non vedere altro che immagini oscure proiettate da statue e fiamme tremolanti, rappresentazioni di oggetti. Quando un abitante della caverna fugge, scopre che tutto ciò che lui e i suoi simili avevano chiamato realtà non sono che rappresentazioni distorte. Ritorna e cerca di spiegarlo, ma gli altri lo giudicano folle, tanto offesi dalla sua critica alle loro certezze da cercare di ucciderlo.

Gli abitanti delle caverne rappresentano i cittadini della democrazia e le ombre sul muro sono le credenze illusorie diffuse dalla retorica di sofisti e demagoghi. L’uomo che fugge è il filosofo, Socrate nel modello platonico. Gli oggetti nel mondo fuori della caverna rappresentano le forme, la natura delle cose, il sole che li illumina corrisponde a ciò che Platone chiama “la forma del bene”, di origine divina.
L’ostilità degli abitanti delle caverne nei confronti dell’evaso è la stessa dei cittadini nei confronti di Socrate, condannato dalla democratica Atene. Oggi, gli esponenti della sinistra, sedicenti guerrieri della giustizia sociale, veri cani da guardia dell’oligarchia dominante, fanno la guerra alla polizia, bruciano aziende, rovesciano i monumenti, opprimono i dissidenti, ne distruggono spietatamente reputazione e sostentamento in nome di un programma “intersezionale” fatto di socialismo rimasticato e liberazione radicale.

Poiché i risvegliati e consapevoli woke conoscono solo la cultura dei loro ispiratori, saranno sorpresi di riconoscere – se un briciolo di senso critico è rimasto nel loro intelletto perfetto - che la cosiddetta “personalità autoritaria” descritta da Theodor Adorno è proprio la loro. Nel 1950, Adorno e altri della Scuola di Francoforte pubblicarono uno studio che fece epoca. Il loro bersaglio era l’autoritarismo, che ricondussero a vari atteggiamenti definiti “fascisti “, la scala F del testo.
Si trattava del conformismo (adesione ai valori convenzionali); la sottomissione nei confronti di personalità del cosiddetto gruppo interno; l’aggressione autoritaria contro chi viola i valori convenzionali; l’opposizione alla soggettività e all’immaginazione; la superstizione e lo stereotipo che fanno credere nel destino individuale e pensare per categorie rigide; la ricerca del potere e la durezza derivante dalla sottomissione e dal dominio; l’ affermazione della forza, la distruttività e il cinismo, intesi come ostilità contro la natura umana; la proiettività in senso psicanalitico, ovvero la  percezione del mondo come pericoloso e la tendenza a trasferire all’esterno impulsi inconsci; la preoccupazione per le libere pratiche sessuali moderne.

Alla luce della realtà effettuale, le pulsioni autoritarie di Adorno si manifestano soprattutto nel campo progressista. I valori convenzionali e il nuovo conformismo sono dettati dal progressismo, i cui fautori si conformano all’autorità del gruppo interno, Bill Gates in campo epidemiologico, Zuckerberg e Dosey padroni dei nuovi media sociali, i chierici della correttezza politica.
Quanto all’aggressività, non c’è nulla di più distruttivo della cancellazione culturale, modalità operativa woke che attacca ogni critica con modalità sempre più violente.

Quanto all’odio per soggettività e immaginazione, che dire degli algoritmi tesi a rintracciare e cancellare le idee difformi su Covid-19, Trump, teoria del genere e su qualsiasi altro tema sensibile?
La nozione stessa di politicamente corretto è un richiamo tirannico progettato per sopprimere la libera soggettività e l’immaginazione individuale. La rigidità “fascista” – nel beato universo woke, fascisti sono tutti gli “altri” - è oggi appannaggio delle categorizzazioni di segno progressista, maschio, bianco, eterosessuale, privilegiato, suprematista, razzista.
Nessun diritto di tribuna sui media liberal per chi ipotizza brogli elettorali o esprime scetticismo sui vaccini: i media mainstream non permettono che la loro voce venga udita. L’ossessione per il dominio è il marchio di fabbrica dei giganti di Internet, il cui potere di cancellazione equivale al rogo dei libri.

Chi distrugge statue e monumenti ha la stupida convinzione di riscrivere la storia. L’ostilità verso la natura umana si manifesta perseguitando chi confuta i discorsi egemonici. Amazon non vende certi libri, Youtube rimuove i video, Facebook e Twitter censurano politici eletti. Il mondo, sì, è davvero pericoloso, ma la minaccia, per lorsignori e per gli ascari woke, è la “destra” e tutti coloro che si rifiutano di sottostare alla narrazione imposta.
Non siamo noi cattivi a proiettare paure o ubbie, emarginati e zittiti in nome della Verità orizzontale e progressiva. Solo l’ultima preoccupazione “autoritaria”, quella relativa alla sessualità, riguarda i conservatori. Convinti che il sesso sia una questione binaria, aderiscono ai valori della famiglia naturale e spesso appartengono a una confessione religiosa. Fascisti. Adorno proiettava negli avversari atteggiamenti che gli erano vicini; Otto Weininger proclamava che odiamo negli altri ciò che odiamo in noi stessi.

I ribelli sono sempre una minoranza. La loro resistenza potrebbe sembrare inutile, ma gli effetti a lungo termine resteranno. I sonnambuli woke non prevarranno. Solo pochi specialisti conoscono i nomi dei suoi persecutori, ma nessuno ignora Socrate.











gennaio 2021

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