BARBARA REYNOLDS E DANTE





Dante, in ginocchio, e Beatrice davanti alla Croce con Cristo
Paradiso, canto quattordicesimo
Illustrazione di Gustave Doré


Nel periodo di mezzo, anno 2007, l’Editrice Longanesi, pubblicava un’opera della scrittrice inglese Barbara Reynolds dal titolo “Dante: la vita e l’opera”.
Una novità che ci affrettammo ad ordinare presso il nostro libraio, desiderosi di conoscere il taglio critico e le eventuali prospettive entro cui l’autrice aveva collocato la nostra Maggior Musa. Tutto ci aspettavamo ma che, dalla fantasìa della Reynolds, uscisse fuori un Dante di nuovo conio (pag. 23), un Dante dedito, con i suoi compari ‘fedeli d’amore’, a “bevande medicinali” - id est: droga - e, pertanto, tossicodipendente, beh! mai lo avremmo sospettato.
Sospesi tra un moto di indignazione e di una irrefrenabile risata, decidemmo di indirizzare alla pretesa dantista una lettera in cui cercammo di limitare alquanto la vis polemica nei confronti di una signora. Eccone, pertanto, il testo che abbiamo recuperato dal riordino delle nostre scartoffie e che proponiamo ai lettori.

GENT.MA BARBARA REYNOLDS
c/o I. B. TAURIS&Co Ltd
6 SALEM ROAD
LONDON W2 4B (England)
   
Gent. ma Prof.ssa:
                                     non è bastato aver descritto Dante, già con i commenti di G. Rossetti, come eretico, ghibellino e, poi successivamente come alchimista, templare, occultista, pederasta per via dei suoi rapporti di discepolato con Brunetto Latini, cataro-albigese ed anche fedele d’amore! Il tutto, senza uno straccio di prova documentale o di esito storico, ma il tutto galleggiando come cuòra su una marrana di supposizioni oracolari, intellettualoidi e idiote.

Ora, dopo le sciocchezze predicate da Guénon, da Aroux, da Valli, da Pascoli, da Benini, da Cerchio ecc. arriva Lei, cara prof.ssa, col suo DANTE: LA VITA E L’OPERA, Ed. Longanesi (Italia), ad annunciarci, con debita cautela ma con altrettale evidenza, l’ipotesi che, probabilmente, Dante sniffava, insieme ai suoi compagni di brigata – i soliti (e te pareva!) “fedeli d’Amore” - o trangugiava qualche beverone medicinale – diciamo: droga – allo scopo di raggiungere stati di acuta coscienza o di estasi o di aura mistica al modo d’uno sciamano siberiano o pellerossa tanto cari al Castaneda.
 
Intanto è da verificare se la narcosi produca quegli stati metafisici di acutezza mentale e di consapevolezza, dal momento che, come è noto, queste sostanze determinano, al contrario, abbassamento della lucidità e dell’autocoscienza sprofondando il soggetto in stati di alienazione e di dissociazione che sono l’opposto dell’estasi vigile e cosciente.
I marciapiedi di questo mondo sono lastricati di cadaveri di quanti presunsero raggiungere le vette della creatività con l’ausilio delle droghe. Si faccia il conto, ad esempio, di quanti accreditati monumenti della musica rock – e sono centinaia – son finiti nelle braccia della “Signora nera” per l’uso di stupefacenti, le cui creazioni soggiacciono sotto la coltre dell’oblìo. Vedasi Kerouac, Burroughs, Ginsberg le cui opere altro non sono che ciarpame e dissoluzione, coperte già dall’oblìo del tempo. Parce sepultis!

Il che, gentile prof.ssa, non è il caso, e deve convenirne, di Dante, ché la sua Divina Commedia, risulta essere, dopo la Sacra Bibbia, il libro più stampato, letto, commentato e amato.

La verità che riguarda Dante è semplice, davanti a tutti, anche davanti a Lei: egli è cristiano cattolico, nonostante abbia ficcato in inferno Papi, cardinali e chierici, e non La starò a tediare citandoLe i luoghi della Commedia in cui il Poeta si professa figlio della Chiesa Cattolica. Dante è questo: un grande Poeta, altissimo letterato, uomo dalla vasta e dolorosa esperienza di vita, ma niente di occulto o di stravaganza o di deboscia.

Tutte queste ciarle e tutta questa poltiglia magico-misterico-esoterica, che taluni rimescolano intorno a lui, è il prodotto di menti malate che, invece di indagare il mistero della sublimità della sua poesìa, fremono per l’ansia di scovare qualche cenno di malsana natura, al di là dei limiti della ragione, del buon senso e della Storia, allo scopo di ridurne l’altissima dimensione etica, politica, culturale, letteraria, spirituale a quella di un comune personaggio. 

Sono curioso di conoscere le Sue fonti storiche e documentali con cui Lei ha creduto di poter formulare la sua sciocca, bischera ed offensiva ipotesi che si allinea alle tante altre sciocchezze e alle fantasìe su un Dante misterioso, nascosto e dalla doppia vita.

Quando ci si incammina su simili sentieri è buona norma, oltre che buona condotta, agire con cautela rifuggendo la lusinga delle novità non dimostrate e né dimostrabili. Diversamente, si corre il rischio di essere seppelliti da una valanga di risate e dal giudizio del Tempo e della Storia.
                                                                                                                                                                  I miei rispetti.
Santa Marinella 16 novembre 2007  
                                                                                                                                                       
Prof. Luciano Pranzetti 









febbraio 2021
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI