UOMO E LIBERTÀ:
IL RITORNO ALL’UOMO INTEGRO

di Mirella Manera

Pubblicato da Silvana De Mari sul suo sito







In questo periodo sento nel cuore una domanda urgente, una necessità che non posso
 più rimandare.
 Abbiamo capito a nostre spese quanto l’epoca che stiamo vivendo ci conduca
 verso un progetto disumanizzante di essere umano.

Abbiamo vissuto nella convinzione di poter dominare il mondo con la tecnica 
perché possiamo assegnare una durata alla vita, riprodurla oppure decidere di
 eliminarla fin dalla sua origine con una semplice pillola, modificare il mondo per
 adattarlo alla nostra bramosia, creare malattie in laboratorio ed eliminarle attraverso 
altre pillole e sieri, possiamo essere un genere neutro e insegnare ad altri ad esserlo, 
possiamo essere soli, ma accedere alla comunità mondiale dalla sedia di casa nostra,
 con un semplice click dal cellulare.

Abbiamo stabilito in modo unilaterale la misura del giusto facendola coincidere 
con ciò che possiamo creare, fare, sperimentare, realizzare e l’opera dell’uomo è 
diventata il modello unico da seguire per essere considerati e accettati dalla comunità.

Abbiamo creato un mondo moralista ma privo di morale perché abbiamo 
orientato i valori per avvallare questo dominio che l’uomo pretende di esercitare su
 tutto e tutti e coloro che non vi soggiacciono sono censurati, esiliati, osteggiati,
 dileggiati e soprattutto calunniati.
Abbiamo ridotto il contenuto delle nostre libertà al tecnicamente possibile.

Abbiamo ridotto l’etica al tecnicamente possibile perché oggi quando l’essere 
umano afferma “io posso”, quella possibilità diventa anche buona solo in quanto
 realizzabile dall’uomo grazie alle sue conoscenze e capacità e ad essa si danno le
 vesti di cosa buona e giusta, anche se l’effetto è disumanizzante.

Abbiamo diminuito il concetto di giustizia all’umanamente possibile, “io ho
 diritto perché posso” e potendo fare molto grazie alla tecnica e al progresso, abbiamo 
visto uno schizofrenico proliferare di leggi e di nuovi diritti.
 E i diritti sono diventanti l’espressione della volontà dell’uomo di dominare il
 mondo invece che il mezzo per raggiungere la giustizia per il singolo e l’armonia 
nella società.
 Ma leggi e diritti che hanno come scopo quello di assecondare la fame di potere
 dell’uomo e la sua volontà di trarre profitto anche dalla vita degli uomini, come fossero merci, generano azioni che, seppur legittime perché provenienti dalle Autorità 
competenti, sono amorali perché deprivano l’essere umano della sua sacralità.

Abbiamo ridotto la retta dell’orizzonte vocazionale dell’uomo ad uno scopo, fare 
quanto io essere umano posso fare, abbandonando la dimensione del Mistero che
 regna dentro la persona umana e dico Mistero perché oggi possiamo decidere quando
 morire e persino quando dare corso alla vita artificialmente, ma non è possibile
 conoscere perché proprio quella vita e non un’altra e nessuna tecnica ce lo potrà 
mai spiegare; il significato della vita di ciascuno di noi, anche in relazione alla
 comunità, non è misurabile, non è possedibile.

Abbiamo voluto atteggiarci a padroni del mondo perché ci siamo illusi che la 
libertà di plasmare il mondo ci avrebbe reso uomini liberi e soprattutto felici.
 Invece ci siamo consegnati volontariamente ad un nuovo padrone, replicando il
 dominio dell’uomo sull’uomo e abbiamo dimenticato che questo è un male che
 genera male.

Chi possiede la tecnica oggi esercita un governo sul mondo e l’economia, il
profitto che deriva dal controllo della tecnica sull’uomo, ha sostituito le
 democrazie, scalzato la politica, che è espressione dell’uomo libero nell’ambito
 di una comunità.

Eppure credo, percepisco che mai come in questo tempo di pandemia abbiamo
 compreso di esserci solo illusi. Perché per quanto si possa essere padroni del mondo,
 non si sarà mai padroni della vita.
 Con tutta la nostra tecnica, nessuna call on line potrà soddisfare la fame di un
 abbraccio, nessuna pillola che ci svuota il ventre potrà anche riempirci il cuore,
 nessun siero potrà far venir meno la necessità di una relazione di cura libera e
 amorevole, nessuna scelta di genere potrà neutralizzare pure l’orientamento del
 cuore, nessun manuale potrà mai codificare l’animo dell’uomo e il Mistero del
 senso di una vita.

Abbiamo capito che vogliamo emanciparci dal dominio dei padroni del mondo, che 
possiamo e dobbiamo dire no ad ogni forma distorta di potere dell’uomo sull’uomo, 
sia esso tecnocrazia o scientismo, mondialismo o greenismo ecc ecc

Ed ecco che mentre facciamo questo passo in avanti non possiamo fare a meno di
chiederci dove andare? Da dove ricominciare? Su quali basi rifondare?
 E non possiamo sfuggire a questa domanda o pensarci dopo perché allora stiamo
 solo preparando la strada per un nuovo padrone.
 Dobbiamo affrontare la crisi, cioè la scelta, nel suo significato etimologico.

Siamo chiamati a scegliere tra il cedere alle lusinghe del posso tutto, che
 riconducono l’uomo al misurabile e dominabile, e la necessità di riconoscere e 
accettare quanto è vero per l’uomo e cioè che la persona umana non si esaurisce
 nel tecnicamente misurabile o riproducibile ma appartiene ad un Mistero che
 nessuno può dominare o possedere, se non per un atto di superbia, perché nessuno
 può decidere quale sia il valore e il perché di una persona umana.

L’uomo a cui dobbiamo ritornare è un uomo integro perché non più amputato
 del suo Mistero e quindi un uomo libero di realizzare la sua umanità come 
individuo e come parte di una comunità.
 Solo l’uomo integro è un uomo libero.
 Noi siamo liberi perché siamo nati integri. Questa libertà discende dal diritto 
naturale e può solo essere riconosciuta tramite la parola ma essa comunque è.
 Per questo non dobbiamo avere paura di dire no, di procedere, di tornare alle
 nostre origini e di riconoscere che esse sono il bene per noi. 
E l’uomo integro è infatti quello che i nostri padri costituenti, dopo aver
 conosciuto la tirannia e la sopraffazione della persona umana, ci hanno
 consegnato nella nostra Costituzione proprio perché la sopraffazione e la
 tirannia non si potessero ripetere.

L’art 2 della Costituzione, articolo cardine, recita La Repubblica riconosce e
 garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni 
sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri
 inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

L’uomo visto nella nostra Costituzione è quindi un uomo concepito nei momenti
 essenziali della sua esperienza, sia nella concretezza della sua esistenza, sia nella sua 
multidimensionalità, materiale e immanente, spirituale e trascendente (Nicola
Occhiocupo)

E non sarà la politica a riconsegnarci questo uomo integro e libero se prima come
 società non usciamo dall’illusione di poter possedere il mondo e non
 riconosciamo, come diceva Capograssi, illuminato filosofo del diritto e giudice della
 prima corte costituzionale che “l’individuo ha la sua vita, la quale è soggetta a sue
 leggi e suoi fini, ha un suo destino, che si compie per mezzo di tutte le libere e
 spontanee formazioni dell’esperienza concreta …l’unico possibile fondamento ad un
 ordine che voglia essere ordinamento di vita e non di morte, è niente altro che
 questa intima costruzione della vita; rispettare la vita per come me è, con le leggi, le
 esigenze, i fini, le condizioni che sono sue, lasciare che la vita viva e si svolga
 secondo le profonde leggi che ne fanno la sua verità.

Le leggi profonde della vita non possono che essere quelle che rispettano il
 Mistero racchiuso dentro l’uomo, la sacralità della sua vita, senza pretese di 
possesso. Solo esse permettono, attraverso le libertà, il compimento di ogni destino,
 senza scopi finalistici di profitto.

In questa prospettiva la visione solidaristica dell’art. 2 della Costituzione 
significa che la comunità è il luogo di realizzazione del singolo e dello sforzo
 generoso di tutti per permettere che ciascuno possa compiere il destino cui è chiamato 
e con esso il destino della comunità.


Capograssi scriveva che l’uomo è sociale nel senso che “si dona e riceve, quando
 unisce la sua vita con la vita degli altri, dona il suo sforzo, e riceve lo sforzo degli 
altri e ne nasce quella vita più ricca di realtà che è la vita comune.”

La contrapposizione tra bene del singolo/bene collettivo oggi tanto invocata per 
sopprimere le libertà, è quindi un artificio che – per favorire gli interessi di chi si
 atteggia a padrone del mondo – vuole oscurare la possibilità che questi due poli –
singolo e comunità – si risolvano nell’armonia cui gli uomini sono chiamati. Come
 un accordo musicale che è composto di singole note che insieme formano un unico
 suono.

Per raggiungere la realizzazione individuale e l’armonia sociale è necessario un 
cammino di verità che respinga ogni artificio posto in essere dall’uomo padrone del 
mondo, che si illude di potere tutto.

Senza Verità non c’è giustizia reale e non ci potrà essere pace negli uomini e tra
 gli uomini.
 Rispettare la vita per come è, secondo le sue leggi vere, realizzare il proprio
 destino di essere umano libero con le sue esigenze spirituali, far confluire il
 proprio destino nella comunità è il disegno intriso di Verità che dobbiamo
 perseguire.

A questo disegno oggi dobbiamo dire sì, con una rinnovata consapevolezza e una 
riscoperta memoria dei padri costituenti.
 Perché sempre citando il Capograssi si possa avere un mondo umano cioè giusto di
 una giustizia realizzata con mezzi giusti, e libero, di una libertà realizzata per
 mezzo della libertà. Mondo umano della storia: mondo fatto dagli uomini, per gli
 uomini, ma umanamente cioè rispettando l’uomo e le leggi profonde e le profonde
 esigenze spirituali dell’umanità.

Milano, 30 gennaio 2021 
Avv. Mirella Manera






febbraio 2021
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