Viaggio del Papa in Irak

qualche voce controcorrente

 


di Aldo Maria Valli



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“Che cosa ha ottenuto questa visita? Niente e meno di niente”.

In mezzo a tante voci che hanno commentato in modo favorevole il viaggio di Francesco in Iraq, spicca, perché nettamente controcorrente, quella di Robert Spencer, che su Jihad Watch sottolinea l’assenza di esponenti ebrei dall’incontro religioso di Ur e deplora il «silenzio di papa Francesco sulle politiche antisemite irachene dopo che è emerso che il governo iracheno ha impedito agli ebrei di partecipare al servizio interreligioso del pontefice nel luogo di nascita di Abramo».

Blogger e scrittore, direttore del blog Jihad Watch sull’estremismo islamico e fondatore del gruppo Stop Islamization of America, Spencer afferma, citando il Jerusalem Post, che «una delegazione di ebrei non ha potuto partecipare all’evento “abramitico” anche se il Vaticano aveva invitato i rappresentanti [ebrei] a essere presenti perché il governo iracheno ha ostacolato gli sforzi per qualsiasi ebreo di viaggiare in Iraq».

Parlando con Church Militant – riferisce Spencer – Edwin Shuker, di origine irachena, vicepresidente del Consiglio dei deputati degli ebrei britannici, ha affermato di «credere sinceramente che il Vaticano sia stato indotto in errore dal governo iracheno facendogli pensare che ci sarebbe stata una presenza ebraica a Ur».

«È triste che il governo iracheno abbia impedito agli ebrei, figli di Abramo, di partecipare a quella che doveva essere una preghiera per la pace», ha detto da parte sua il rabbino Elchanan Poupko, del Consiglio rabbinico d’America.

Chiedendosi perché un rabbino non fosse presente come parte dell’evento papale, l’analista, scrittore e attivista per la pace del Medio Oriente Yoni Michanie ha detto che Francesco avrebbe dovuto parlare di questa assenza.

Secondo Spencer, tuttavia, anche nel caso in cui fossero stati invitati gli ebrei non sarebbero intervenuti. «Poiché il Corano è profondamente antisemita e definisce gli ebrei i peggiori nemici dei musulmani (5:82), sotto la maledizione di Allah (9:30), e invita i musulmani a fare guerra e a soggiogarli (9:29), è probabile che i leader ebrei non credessero di essere al sicuro o rispettati lì, il che costituisce una visione dell’Islam più realistica di quella che ha Francesco».

Da Gerusalemme il rabbino David Rosen, figura di spicco nel dialogo interreligioso, commenta così, per AsiaNews, il viaggio di Francesco in Iraq: «Questa visita di papa Francesco si ricollega alla Dichiarazione sulla fratellanza firmata ad Abu Dhabi due anni fa: è un gesto che spero porti frutti. Dalla mia prospettiva, però, mi auguro anche che questo percorso si espanda ulteriormente, perché al momento resta ancora un’iniziativa solo tra cristiani e musulmani. Sono contento che ora coinvolga tutto il mondo islamico. Ma sarebbe altrettanto importante che questo riconoscimento di fratellanza includesse anche una rappresentanza ufficiale dell’ebraismo. E questo non solo per il legame profondo che esiste con il cristianesimo, ma anche per quanto significherebbe per l’islam. Fino a quando non ci si arriverà la Dichiarazione sulla fratellanza resterà esposta al rischio di essere male interpretata».

Circa l’efficacia del viaggio di Francesco, il rabbino Rosen afferma che il fatto che il papa sia andato a stringere la mano ad al-Sistani è importante, ma «dubito che quanti si sono disinteressati in questi anni alla presenza dei cristiani in Iraq e in Medio Oriente, o persino l’hanno osteggiata, si faranno persuadere dalle parole del papa. Le divisioni non sono tra le religioni e nemmeno tra le confessioni; sono interne alle stesse comunità».

Secondo Robert Spencer il papa, quando dice che il terrorismo «abusa della religione», commette un doppio errore: aderisce alla «finzione» secondo cui il terrorismo islamico nascerebbe da una deviazione dell’Islam, mentre invece la violenza è consustanziale al Corano, e ragiona come se nel mondo ci fossero terroristi cristiani in numero paragonabile a quelli islamici.






marzo 2021
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