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Benedetto XVI e la sua sindrome di Stoccolma ![]() Radio Spada: Buongiorno Eccellenza, La ringraziamo per il dialogo che intratterremo. Partiamo da Galleria neovaticana, il libro di Marco Tosatti di cui Lei ha scritto la prefazione. Ci permetta di raccontarLe un aneddoto: non era passata che qualche ora dall’annuncio dell’invio in stampa, e già su Twitter si manifestava un profilo con un sondaggio – basandosi solo sulla copertina e sul titolo, evidentemente – per chiedere quanto fosse evangelico stampare un volume dedicato a scabrose accuse e a fatti non sempre edificanti. Cosa risponderebbe a questa obiezione? Mons.Viganò:
Mi sia qui permesso di ricordare che Benedetto XVI nei mesi che
precedettero la sua decisione di assumere il titolo singolare di “papa
emerito”, istituì una Commissione cardinalizia, presieduta dal
Cardinale Herranz, e composta dai Cardinali Tomko e De Giorgi, con
l’incarico di svolgere un’accurata indagine concernente le notizie
riservate diffuse da Vatileaks. In quell’occasione, dovetti insistere
con il Cardinale Herranz perché potessi deporre, atteso che non
era sua intenzione interrogarmi nonostante fossi coinvolto in prima
persona come autore dei documenti riservati destinati al Pontefice, che
erano stati trafugati e consegnati alla stampa. Consegnai loro un
corposo dossier in cui rendevo conto di tutte le disfunzioni e della
rete di corruzione di cui ero venuto a conoscenza e che ebbi a
fronteggiare come Segretario Generale del Governatorato. Accompagnai
quel dossier con una lettera, in cui tra l’altro scrissi: “Sono
molto addolorato per il grave danno procurato alla Chiesa e alla Santa
Sede dalla fuga di tanti documenti riservati… Se vi sono dei
responsabili per tali atti inconsulti, ben più grave è la
colpa di chi si è reso responsabile di tanta corruzione e
degrado morale nella Santa Sede e nello Stato della Città del
Vaticano, e quella di alcuni cardinali, prelati e laici che, pur
sapendo, hanno preferito convivere con tanta sporcizia, addormentando
le loro coscienze pur di compiacere al superiore potente e far
carriera. Spero che almeno questa Commissione Cardinalizia, per amore
alla Chiesa, sia fedele al Santo Padre e faccia tutta la pulizia
necessaria da Lui voluta e non permetta che questa Sua iniziativa sia
ancora una volta insabbiata… Numerosi sono stati i giornalisti di vari
paesi che hanno cercato di contattarmi… Sono stato zitto, per amore
alla Chiesa e al Santo Padre. La forza della verità deve sgorgare dall’interno della Chiesa
e non dai media… Prego per Voi Cardinali, perché abbiate il
coraggio di dire la verità al Santo Padre; e prego per il Santo
Padre, perché abbia la forza di far sì che essa venga
alla luce nella Chiesa.”
Radio Spada: Come si sa,
andando oltre il tema morale, risulta impossibile non individuare nel
tracollo dottrinale il cardine stesso della crisi nella Chiesa. In
relazione a questo, in più occasioni Lei ha manifestato una
critica serrata al Vaticano II. Sul punto Le chiederemmo una
specificazione ulteriore. Parlando con Sandro Magister ha attaccato:
«la favola bella
dell’ermeneutica – ancorché autorevole per il suo Autore –
rimane nondimeno un tentativo di voler dar dignità di Concilio
ad un vero e proprio agguato contro la Chiesa». Possiamo
dunque chiarire che il problema non è individuabile solo dal
Vaticano II ma nel Vaticano II? Detto in altri termini: il processo
rivoluzionario ha avuto una svolta con il “Concilio” e non solo dopo il
“Concilio”? Non semplicemente lo spirito vaticansecondista, ma anche la
lettera è da mettere sotto accusa?Quella mole di informazioni, assieme alle altre prove raccolte dai tre Cardinali, avrebbe consentito un’operazione di pulizia: tutto è stato insabbiato! e può solo costituire un ulteriore elemento di ricatto per i nomi ivi contenuti e, da ormai otto anni, un’occasione di discredito nei confronti di chi viceversa ha servito fedelmente la Chiesa e la Santa Sede. Necesse est enim ut veniant scandala; verumtamen væ homini per quem scandalum venit (Mt 18, 7). Denunciare la corruzione dei chierici e dei Prelati si è imposto come un gesto di carità nei riguardi dei fedeli e un atto di giustizia nei confronti della Chiesa martoriata, perché da un lato mette in guardia il popolo di Dio dai lupi travestiti da agnelli e li mostra per quello che sono, e dall’altro dimostra che la Sposa di Cristo è vittima di una conventicola di lussuriosi avidi di potere, allontanati i quali essa può tornare a predicare il Vangelo. Non è chi porta alla luce gli scandali che pecca contro la carità evangelica, ma chi quegli scandali li compie e li copre. Le parole del Signore non danno adito ad equivoci. Mons. Viganò:
Non vedo come si possa sostenere che vi sia un presunto Vaticano II
ortodosso di cui nessuno ha parlato per anni, tradito da uno spirito
del Concilio che pure tutti elogiavano. Lo spirito
del Concilio è ciò che lo anima, quello che ne determina
la natura, la particolarità, le caratteristiche. E se lo spirito
è eterodosso mentre i testi conciliari non sembrano essere
dottrinalmente eretici, questo è da attribuire ad un’astuta
mossa dei congiurati, all’ingenuità dei Padri conciliari e alla
connivenza di quanti hanno preferito guardare altrove, sin dall’inizio,
piuttosto di prendere posizione con una chiara condanna delle
deviazioni dottrinali, morali e liturgiche.
I primi ad essere perfettamente consapevoli dell’importanza di mettere mano ai testi conciliari per poterli poi usare per i propri scopi furono Cardinali e Vescovi progressisti, in particolare tedeschi e olandesi, con i loro periti. Non a caso essi fecero in modo di rifiutare gli Schemi preparatori preparati dal Sant’Uffizio e ignorarono i Desiderata dell’Episcopato mondiale, ivi compresa la condanna degli errori moderni, specialmente del comunismo ateo; riuscirono anche ad impedire la proclamazione di un dogma mariano, vedendo in esso un «ostacolo» al dialogo ecumenico. La nuova leadership del Vaticano II fu possibile grazie ad un vero e proprio colpo di mano, al ruolo preminente del Gesuita Bea e all’appoggio di Roncalli. Se gli Schemi fossero stati mantenuti, nulla di quello che uscì dalle Commissioni sarebbe stato possibile, perché essi erano impostati sul modello aristotelico-tomistico che non permetteva formulazioni equivoche. La lettera del Concilio va quindi messa sotto accusa perché è da questa che è partita la rivoluzione. D’altra parte: sapreste citarmi un caso nella storia della Chiesa in cui un Concilio Ecumenico sia stato deliberatamente formulato in modo equivoco per far sì che ciò che esso insegnava nei suoi atti ufficiali venisse poi sovvertito e contraddetto nella pratica? Ecco: basta questo per catalogare il Vaticano II come un caso a sé, un hapax sul quale gli studiosi potranno cimentarsi, ma che dovrà trovare soluzione da parte dell’Autorità suprema della Chiesa. Radio Spada: Come è avvenuta la Sua presa di coscienza in relazione a questa crisi? Un processo graduale? Un fatto immediato e sviluppatosi nel breve periodo? Mons. Viganò:La
mia presa di coscienza è stata progressiva, ed è iniziata
relativamente presto. Ma comprendere, o iniziare a sospettare che
quanto ci fu presentato come frutto dell’ispirazione dello Spirito
Santo fosse in realtà suggerito dall’inimicus homo
non è bastato a far crollare quel senso di sofferta obbedienza
alla Gerarchia, anche in presenza di molteplici prove della malafede e
del dolo di alcuni suoi esponenti. Come ho già avuto modo di
dichiarare, quello che allora vedevamo concretizzarsi – parlo ad esempio di alcune novità
come la collegialità episcopale o l’ecumenismo o il Novus Ordo –
potevano apparire come dei tentativi di venire incontro al comune
desiderio di rinnovamento, sull’onda della ricostruzione del
dopoguerra. Dinanzi al boom economico e ai grandi eventi politici, la
Chiesa sembrava doversi in qualche modo svecchiare, o così ci
dicevano tutti, ad iniziare dal Santo Padre. Chi era abituato alla
disciplina preconciliare, all’ossequio all’Autorità, alla
venerazione del Pontefice Romano non osava nemmeno pensare che quello
che ci veniva surrettiziamente mostrato come un mezzo per diffondere la
Fede e convertire alla Chiesa Cattolica tante anime era in
realtà un veicolo, un inganno dietro cui si celava, nella mente
di alcuni, l’intenzione di cancellare progressivamente la Fede e
lasciare le anime nell’errore e nel peccato. Radio Spada: Tema distinto ma
connesso a questo è quello relativo ai protagonisti della
stagione conciliare e post-conciliare. Fermiamoci un attimo sulla
figura di Ratzinger: risulta innegabile, pur con sfumature diverse, il
ruolo del teologo bavarese tanto al Vaticano II quanto dopo (ricordiamo
che dal 1981 al 2005 è stato Prefetto della Congregazione per la
dottrina della Fede, dal 2005 al 2013 ha regnato sul Soglio di Pietro,
dal 2013 è “Papa emerito”). Da parte nostra il giudizio sulla
portata del ratzingerismo è certamente negativo: sotto la sua
amministrazione della CdF hanno prosperato quelle stesse devianze che
oggi vediamo “fiorire” in modo esplicito; appena eletto al Soglio ha
tolto la tiara dallo stemma pontificio; ha proseguito sulla via
dell’ecumenismo indifferentista rinnovando le scandalose celebrazioni
di Assisi; a Erfurt è arrivato al punto di affermare «Il pensiero di Lutero, l’intera sua spiritualità era del tutto cristocentrica», nel Motu proprio Summorum Pontificum
ha definito la Messa di sempre e il Novus Ordo come due forme dello
stesso rito (quando al contrario implicano due teologie totalmente
diverse); ha poi creato questo ibrido improbabile del “Papa emerito
vestito di bianco” che – al netto delle intenzioni, che non giudichiamo
– sembra essere non solo un pericoloso equivoco, ma un ingranaggio
quasi necessario del dualismo che anima l’attuale dinamica della
dissoluzione ecclesiale. Questi pochi esempi, cui ne potrebbero seguire
molti altri, sono a nostro avviso rivelatori del fatto che Ratzinger,
da sempre e pur con ruoli e posizioni non identiche, è stato
dall’altra parte della barricata. Abbiamo già visto la Sua
affermazione sulla «favola bella dell’ermeneutica»,
ma anche in altre occasioni Lei ha fatto notare alcuni aspetti
problematici del pensiero di Ratzinger. Ci riferiamo in particolare a
una sua recente dichiarazione su LifeSiteNews in cui ha sostenuto: «Sarebbe
però auspicabile che egli, soprattutto in considerazione del
Giudizio Divino che lo attende, si allontani definitivamente da quelle
posizioni teologicamente errate – mi riferisco in particolare a quelle
dell’Introduzione al cristianesimo – che sono ancora oggi diffuse in
università e seminari che si vantano di chiamarsi cattolici».
Le chiediamo dunque: se dovesse sintetizzare il Suo giudizio sul
pensiero del teologo bavarese cosa direbbe ai nostri lettori? Inoltre:
Lei ha avuto la possibilità di operare a stretto contatto con
Benedetto XVI, cosa può dirci di lui sul piano umano? Non
è – sia chiaro – una domanda su aspetti riservati, ma sulla
personalità che ha potuto conoscere da vicino.Quelle “novità” non piacevano quasi a nessuno, men che meno ai laici, ma ci erano presentate come una sorta di penitenza da accettare, avendone in cambio una maggior diffusione del Vangelo e la rinascita morale e spirituale di un mondo occidentale prostrato dalla Guerra e minacciato dal materialismo. Cambiamenti radicali iniziarono con Paolo VI, con la riforma liturgica e la drastica proibizione della Messa tridentina. Mi sentii personalmente ferito ed impotente quando, come giovane segretario all’allora Delegazione apostolica di Londra, la Santa Sede proibì all’Associazione Una Voce la celebrazione di una sola Messa secondo il Rito Antico nella cripta della Cattedrale di Westminster. Durante il Pontificato di Giovanni Paolo II alcune delle istanze più estreme del Concilio trovarono una spinta propulsiva nel pantheon di Assisi, negli incontri nelle moschee e nelle sinagoghe, nelle richieste di perdono per le Crociate e l’Inquisizione, con la cosiddetta purificazione della memoria. La carica eversiva di Dignitatis humanae e di Nostra ætate fu evidente in quegli anni. Venne poi Benedetto XVI e la liberalizzazione della liturgia tradizionale, fino ad allora ostentatamente avversata, nonostante le concessioni papali successive alle Consacrazioni episcopali di Ecône. Malauguratamente le devianze ecumeniche non cessarono nemmeno con Ratzinger, e con esse l’ideologia conciliare che le giustificavano. L’abbandono di Benedetto e l’avvento di Bergoglio continuano ad aprire gli occhi a moltissime persone, soprattutto ai fedeli laici. Mons. Viganò:
I punti che avete elencato, pur con alcune sfumature, mi trovano
purtroppo concorde, non senza un vivo dolore. Molti atti di governo di
Benedetto XVI sono in linea con l’ideologia conciliare, della quale il
teologo Ratzinger è da sempre strenuo e convinto sostenitore. La
sua impostazione filosofica hegeliana lo ha portato ad applicare lo
schema tesi-antitesi-sintesi
in ambito cattolico, ad esempio considerando i documenti del Vaticano
II (tesi) e gli eccessi del postconcilio (antitesi) componibili nella
famosa “ermeneutica della continuità” (sintesi); né fa
eccezione l’invenzione del Papato emerito, dove tra l’essere Papa
(tesi) e il non esserlo più (antitesi) si è scelto il
compromesso del rimanerlo solo in parte (sintesi). La stessa mens
ha determinato quanto è avvenuto per la liberalizzazione della
liturgia tradizionale, affiancata al suo contraltare conciliare nel
tentativo di non scontentare né i fautori della rivoluzione
liturgica né i difensori del venerando rito tridentino.
Il
problema è quindi di matrice intellettuale, ideologica: esso
emerge ogniqualvolta il teologo bavarese ha voluto dare una soluzione
alla crisi che affligge la Chiesa: in tutte queste occasioni la sua
formazione accademica influenzata dal pensiero di Hegel ha creduto di
poter mettere insieme gli opposti. Non ho motivo di dubitare che
Benedetto XVI abbia voluto a suo modo compiere un gesto di
conciliazione con le istanze del tradizionalismo cattolico; né
che egli non sia consapevole della situazione disastrosa in cui versa
il corpo ecclesiale; ma l’unico modo per restaurare la Chiesa è
seguendo il Vangelo, con uno sguardo soprannaturale e con la
consapevolezza che Bene e Male, per decreto di Dio, non possono esser
messi insieme in un fantomatico juste milieu,
ma che sono e rimangono inconciliabili e opposti, e che servendo due
padroni si finisce per scontentare entrambi.
Per quanto riguarda la
mia conoscenza diretta di Benedetto XVI, posso dire che negli anni del
suo Pontificato in cui ho servito la Chiesa in Segreteria di Stato, al
Governatorato e come Nunzio negli Stati Uniti, mi sono fatto l’idea che
egli si sia circondato di collaboratori inadeguati, inaffidabili o
anche corrotti, che hanno ampiamente approfittato della “mitezza” del
suo carattere e di quella che potrebbe essere considerata come una certa sindrome di Stoccolma soprattutto nei confronti del Card. Bertone e del suo Segretario particolare. Radio Spada: In alcuni articoli apparsi su CatholicFamilyNews.com si faceva notare come la Sua posizione sulla situazione della Chiesa sia prossima a quella di Mons. Bernard Tissier de Mallerais, uno dei quattro Vescovi consacrati da Mons. Lefebvre. Dalla stessa fonte si riportava una Sua frase secondo cui lo stesso Mons. Lefevbre sarebbe un confessore esemplare della Fede. Alla luce anche della ferma critica al Vaticano II e, d’altro canto, della Sua non adesione al sedevacantismo, verrebbe da ipotizzare che l’impostazione che Lei promuove sia molto vicina a quella della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Può dirci qualcosa in proposito? Mons. Viganò: Da molte parti del mondo cattolico, specialmente nei milieux
conservatori, si sente affermare che Benedetto XVI sarebbe il vero Papa
e che Bergoglio sarebbe un antipapa. Questa opinione si basa da un lato
sulla convinzione che la sua Rinunzia sia invalida (per il modo in cui
è stata formulata, per le pressioni esercitate da forze esterne
o per la distinzione tra munus e ministerium
papale) e dall’altro sul fatto che un gruppo di Cardinali progressisti
avrebbe cercato di far eleggere al Conclave del 2013 un proprio
candidato, in violazione delle norme della Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis
di Giovanni Paolo II. Aldilà della plausibilità di queste
argomentazioni, che se confermate potrebbero invalidare l’elezione di
Bergoglio, questo problema può esser risolto solo
dall’Autorità suprema della Chiesa, quando la Provvidenza si
degnerà di porre fine a questa situazione di gravissima
confusione..
Radio Spada: Parliamo del futuro. In questi anni burrascosi Lei ha inteso servire la Chiesa con interventi scritti, con video, partecipando a iniziative e con tutte le attività che chi La segue ben conosce. Per il domani intravede la possibilità che la Sua missione episcopale prenda forme diverse? Pensa a qualche attività specifica? Con una più marcata presenza pubblica? Mons. Viganò:
La mia età, le vicissitudini di questi ultimi anni e la
situazione della Chiesa non mi permettono di fare progetti, come
peraltro non ho mai fatto in tutta la mia vita. Lascio che la
Provvidenza disponga di me come crede, mostrandomi di volta in volta la
via che devo percorrere. Spero di tutto cuore che la mia testimonianza,
specialmente per quanto riguarda la comprensione dell’inganno che si
sta consumando nella Chiesa, permetta a Cardinali, a miei Confratelli
nell’Episcopato e nel Sacerdozio di aprire gli occhi, in un gesto di
umiltà, di coraggio e di confidenza nella potenza di Dio. Non
possiamo continuare a difendere la causa e l’origine della crisi
presente solo perché non vogliamo riconoscere di essere stati
tratti in inganno: questa ostinazione nell’errore sarebbe una colpa
peggiore dell’errore stesso.
Radio Spada: La ringraziamo per aver risposto alle nostre domande: speriamo non manchino occasioni per confronti futuri. Feria Quinta infra Hebdomadam III in Quadragesima (torna
su)
marzo 2021 |