Riflessioni sulla canonizzazione
della Levi Montalcini


di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro

l'articolo è stato pubblicato su Corrispondenza Romana

Non fosse che l’amore per la cronaca, non ci si può esimere dal riportare gli elogi elevati nel mondo cattolico in morte di Rita Levi Montalcini.
Ma la cronaca, come sempre accade, è impietosa poiché contro i fatti non valgono gli argomenti. E i fatti dicono che quei cattolici che si sono lanciati nell’elogio della scenziata appena scomparsa appaiono, quanto meno, disorientati.
Bastava tacere, e invece no. Lucio Romano, Presidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita, emanazione della Conferenza Episcopale Italiana, ha preferito parlare: «La scomparsa di Rita Levi Montalcini rappresenta una grande perdita per la scienza italiana e internazionale (…) Ne ricordiamo l’autorevolezza scientifica e l’instancabile impegno civile e personale per il Paese (…) La sua incessante testimonianza del valore della scienza continuerà ad essere esempio e sprone per i giovani che si impegnano per una ricerca al servizio dell’uomo».

Per non essere da meno, padre Federico Lombardi, portavoce della Sala Stampa Vaticana, parlando della Levi Montalcini ha detto: «Figura eminente non solo per gli altissimi meriti scientifici ma anche per l’impegno civile e morale che l’ha resa persona esemplare e ispiratrice nella comunità italiana e internazionale». Viene da chiedersi se davvero si può definire Rita Levi Montalcini, prima donna a far parte della Pontificia Accademia delle Scienze, una «persona esemplare». Esemplare è ciò che si deve imitare per la sua perfezione. Nel linguaggio della Chiesa, esemplare è un santo. Ma la cronaca è la cronaca, ed ecco che cosa dice a proposito di questa scienziata «esemplare» anche per tanti cattolici.

Prima di lanciarsi negli elogi, bastava leggere i giornali per scoprire che Rita Levi Montalcini «ha coniugato ricerca scientifica e impegno civile. Si pensi al suo apporto nelle battaglie per il divorzio, l’aborto, gli anticoncezionali. E ancora per contrastare leggi confessionali come la 40». E ancora: «Accanto alla carriera di accademica e ricercatrice, Rita Levi Montalcini si è sempre distinta anche per le sue battaglie in favore delle donne. Negli anni ‘70 partecipò attivamente alle iniziative per la regolamentazione dell’aborto e rinunciò ad avere un marito e una famiglia per dedicarsi completamente alla scienza. Portò avanti anche progetti per aiutare le donne africane ad emanciparsi». Un’emancipazione che, evidentemente, comprendeva le categorie dell’ «aborto gratuito, sicuro e garantito» che si accompagna alle politiche degli organismi internazionali maltusiani.

Secondo la «esemplare» scienziata, uno strumento di emancipazione femminile è ad esempio la RU486, a proposito della quale  il 25 novembre del 2009 Rita Levi Montalcini dichiara: «Penso molto bene di questo farmaco. Conosco colui che l’ha scoperto, è venuto da me e posso dire che i risultati sono straordinari». Secondo il premio Nobel la pillola abortiva Ru486 «ha dato risultati straordinari». «Come Associazione Luca Concioni ‒ si legge sul sito di Radicali Italiani all’indomani della dipartita della studiosa ‒ l’abbiamo avuta accanto in tanti appelli nazionali e internazionali, è stata esempio e testimonianza di quanto occorresse la voce di scienziati autorevoli a sostegno delle iniziative per la libertà di ricerca scientifica». Quando in Italia venne indetto il referendum contro la legge 40 del 2004 per renderla ancora più permissiva, Rita Levi Montalcini spiegò che sarebbe stato «un dovere di tutti votare quattro sì». La considerava «una legge ingiusta e immorale».

Capitolo Eutanasia. In un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera”, la Levi Montalcini concluse che «nessuno ha il diritto di sopprimere la vita», per poi aggiungere: «L’eutanasia potrebbe essere concessa, sempre e soltanto nella fase terminale di malattie che provocano gravi sofferenze, in seguito a processi degenerativi o neoplastici senza speranza di guarigione. Sono favorevole all’eutanasia soltanto per la propria persona attraverso un testamento “biologico” stilato, a norma di legge, in pieno possesso delle proprie facoltà mentali, nel quale si dichiari che qualora non si fosse più in grado di possedere le facoltà di intendere e di volere, una commissione di medici esperti può porre fine alle gravi sofferenze o a una vita priva di capacità cognitive».

Aborto legale, aborto chimico, Fivet, eutanasia: le tesi di Rita Levi Montalcini sono indiscutibilmente tutte pro-choice e anti-vita. Tesi a corollario delle quali si possono citare altre perle poco esemplari. «Qualche anno fa ‒ racconta Umberto Veronesi ‒ l’ex ministro dell’Istruzione Letizia Moratti decise per la scomparsa di ogni accenno al darwinismo dai programmi delle scuole medie. Firmammo insieme (a Rita Levi Montalcini) un appello con altri scienziati perché ci si ripensasse. E vincemmo».
«Sono atea», ha spiegato l’«esemplare» scienziata. «Non so cosa si intenda per credere in Dio».

E, coerentemente, ha voluto esequie civili e la cremazione del suo corpo.
Si può definire autorevole scientificamente una persona che chiama “farmaco” la RU486, definito da Jérôme Lejeune «pesticida umano»?
Si può definire «esemplare» una persona che si è battuta per divorzio, aborto legale, fecondazione artificiale, eutanasia?
Si può definire «instancabile impegno civile» un’azione che contraddice il diritto alla vita in tutti su tutte le frontiere della bioetica?
Insomma, cronaca. Banalissima, impietosa cronaca: di un disastro dottrinale.





gennaio 2013

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