La leggenda dell’ermellino della Madonna


di Hugh O’Reilly


Pubblicato sul sito  Tradition in Action




L’ermellino fa parte dell’araldica del Ducato di Bretagna in Francia. Vado dai cronisti di un tempo per trascrivere la bella leggenda di come l’ermellino fu introdotto nello stemma in Bretagna, conservando il più possibile il fascino e la freschezza del racconto originale francese.

Nell’epoca in cui il valoroso Re Artù regnava sulla Grande Bretagna, e non posso dirvi quanti giganti tagliò in due, quante donzelle salvò dai loro rapitori, quanti incantesimi spezzò e, cosa mille volte più preziosa e lodevole, il numero infinito di chiese che costruì e cappelle e oratori che arricchì. Inoltre, chi può descrivere la sua devozione al Buon Dio nostro Padre, alla nostra Santa Madre Chiesa e, soprattutto, la sua devozione alla Beata Vergine Maria?

Ora, al tempo in cui Leone I era Imperatore dei Romani, il tribuno romano Flolo governava la Gallia. Flolo era empio e miscredente e perseguitava i pii seguaci di Gesù Cristo. Bestemmiò anche contro la Santissima Vergine, tanto cara a Re Artù. Ovunque ordinò la distruzione delle statue sacre e delle reliquie della Madonna.





Un cavaliere chiama Re Artù codardo per non aver recuperato la Gallia


Un giorno, mentre l’estate stava finendo e le foglie cominciavano a coprire le strade, Re Artù si trovava nel castello di Windsor quando un cavaliere connivente con Flolo lo chiamò codardo perché era stato cacciato dalla nobile terra di Gallia e non aveva osato combattere per recuperarla. A causa della sua codardia, continuò il cavaliere, Artù sarebbe morto privato del bellissimo regno di Gallia che gli era stato donato dal Santo Padre, il Papa.

Il volto di Artù si arrossò e giurò al Dio del Paradiso e alla sua dolce Madre che prima che passassero sei mesi avrebbe sfidato l’empio Flolo.

Artù mantenne la parola. Mentre si avvicinava la primavera, sbarcò in Gallia. In essa tutto fioriva, ma nessun nemico appariva. Artù mandò davanti a sé cinquecento guerrieri vestiti di ferro e duemila arcieri, ma trovarono solo gente che fuggiva da loro. Allora Artù cominciò a pensare che non doveva venire a spaventare quei poveri borghesi e contadini.

Improvvisamente, le trombe suonarono nel campo dove si era accampato il Re dei Britanni. Un gruppo di messaggeri di Flolo era arrivato per prendere accordi per una battaglia. Artù li ricevette sotto la sua tenda, circondato dai suoi paladini. Un araldo si fece avanti e con voce forte e sonora, in nome di Flolo, sfidò il cavaliere più coraggioso dell’esercito bretone ad incontrarlo in un combattimento singolo, dicendo che era inutile spargere molto sangue in una simile lite. Colui che sarebbe stato vittorioso sarebbe stato il padrone della Gallia.

Flolo, un uomo che torreggiava come un gigante con un’altezza di tre metri e capace di sradicare una solida quercia a braccia nude, era sicuro di sconfiggere lo sprovveduto avversario che avrebbe osato affrontarlo. Dopo aver lanciato questa sfida, l’araldo gettò a terra il guanto di ferro di Flolo.

I cavalieri si precipitarono a raccoglierlo per avere la gloria del combattimento, ma Artù li fece indietreggiare. “Appartiene a me”, disse, “entrare in questo campo di battaglia, poiché il premio di questo torneo è riservato a me”.

Rivolgendosi all’araldo, disse: “Vai a dire al tuo padrone che Artù lo sfida a un combattimento a morte senza pietà né perdono. Che Dio conceda la vittoria alla causa più giusta”. Tutti i cavalieri si fecero il segno della croce e dissero “Amen”.




Artù con la sua spada Excalibur


Il luogo scelto per il combattimento fu l’isola di Notre Dame di Parigi. Lì, al mattino, in piena vista dei due eserciti, i due campioni entrarono nell’arena. Artù aveva assistito piamente alla Messa e con fede e fiducia aveva detto le sue abituali preghiere invocando la protezione della Santa Vergine Maria, sua buona e venerabile patrona. Flolo aveva innalzato la sua supplica a Bacco, il diavolo degli ubriaconi, affinché gli desse forza e coraggio.

I due campioni si incontrarono e caricarono l’un l’altro al galoppo. Lo scontro tra loro fu così forte che i cavalli caddero a terra e le loro lance si infransero sui rispettivi scudi. Si rialzarono rapidamente in piedi per attaccarsi furiosamente con le loro spade.

La pesante spada del gigante cadde sulla testa di Artù con una forza così tremenda che egli, nonostante la sua forza, sentì le ginocchia piegarsi sotto di lui e quasi svenne. I coraggiosi cavalieri che guardavano gemevano in cuor loro nel vedere il loro Re perdere. Il gigante vide il vantaggio che stava ottenendo e, alzando la sua pesante spada, si preparò ad ucciderlo subito.

Proprio in questo momento critico tra i due coraggiosi campioni, la Santa Vergine Maria apparve avvolta in un manto di ermellino, che gettò sullo scudo di Artù. Questo, per la sua straordinaria brillantezza, abbagliò così tanto gli occhi di Flolo che egli rimase momentaneamente accecato, stupito e terrorizzato. Benché gravemente ferito, Artù diede un colpo furioso con la sua spada Excalibur sulla testa del gigante e la mozzò, lasciandolo a terra senza vita.

Artù non era a conoscenza dell’apparizione e dell’aiuto miracoloso che gli era stato dato. Ma quando ne fu informato più tardi, ordinò di costruire una chiesa in onore della Beata Vergine Maria, Madre di Dio, in quel luogo esatto, dove oggi c’è la Chiesa di Notre Dame di Parigi.

Decise allora che Hoel, suo nipote, sesto duca di Bretagna, mettesse il manto di ermellino sul suo stemma. Questo fu fatto e da allora è sempre stato portato dai duchi di Bretagna, che fu unita alla corona di Francia sotto il re Francesco I, con grande gioia dei britannici e approvazione degli Stati di questa provincia nell’anno 1532.

Estratto adattato da
G. Eysenbach, La Histoire des Blasons & Science des Armoiries - pp. 115-12









aprile 2021

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